Il mio viaggio: India 2014

 

Sono a Varanasi da due giorni e ho incontrato Simone, mio figlio che in questo periodo vive praticamente lì. Questa parte dell’India mi piace perché è molto intensa e ricca di spiritualità!

India, Varanasi. Per le stadine della old town.

India, Varanasi. Lungo le stradine della Old town.

Il viaggio da Kathmandu è stato lungo ed anche faticoso: in autobus fino a due kilometri dal confine, poi in ciclo-risciò fino alla cittadina indiana di Sunauli, quindi, autobus fino a Gorakhpur. Qui c’è la prima stazione ferroviaria indiana e ho preso il treno notturno in vagone letto fino a Varanasi. L’amicizia con Jemma e Sam, due ragazzi australiani incontrati sulla corriera già a Kathmandu, è stata piacevole e di sostegno reciproco durante tutto il tragitto.

India, Varanasi. Panorama dalla terrazza della Brahamdev Ashram guest house

India, Varanasi. Panorama dalla terrazza della Brahamdev Ashram guest house

Dalla stazione ferroviaria di Varanasi ci siamo lasciati condurre all’hotel che, con molta insistenza, ci ha indicato il guidatore del motorisciò. Questo aveva anche un aiutante che gli sedeva accanto. Sono abilissimi a portarti dove vogliono loro, cioè dove hanno i loro accordi. Oggi, comunque, mi sono trasferita nell’alloggio di Simone, alla Brahamdev Ashram guesthouse che si trova vicino al Chausatti ghat, nella città vecchia. In passato, era un Ashram, un luogo di meditazione, ed i proprietari sono i bramini del tempio che sta accanto. Al piano terra, difatti, c’è un via, vai continuo di fedeli che attendono di essere ricevuti dal bramino anziano o dal figlio che sarà il suo successore. Il bramino anziano, in particolare, riceve continuamente gente, ascolta, parla, canta, brucia incenso producendo coltri di fumo. Gira spesso intorno ad un simbolo disposto al centro di una stanza e distribuisce benedizioni dipingendo un segno rosso sulla fronte, tra gli occhi dei fedeli. E’ il tilak, il simbolo del terzo occhio, quello che ti permette di vedere la realtà, al di là delle apparenze. Una sera partecipo con Simone alla cerimonia funebre organizzata in ricordo del fratello del bramino, morto circa una settimana prima. I bramini rappresentano il livello più alto del sistema delle caste che ancora è ben presente in India. Si distinguono dagli altri perché portano i capelli rasati e lasciano soltanto un ciuffetto sulla nuca: indossano, inoltre, un triplice cordone beige, che mettono a tracolla, a contatto con la pelle. Molti indiani portano soltanto il cordone, ma questi non sono bramini, anche se più volte mi è capitato di sentirli dichiararsi tali; sono soltanto dei fedeli che per qualche ragione di fede indossano il cordone. Qui, nell’abitazione del bramino defunto è esposta una sua gigantesca foto incorniciata con dei lumini accesi accanto. La cerimonia fa parte di un rituale indù ed ha lo scopo di liberare il defunto dai legami terreni che ancora lo trattengono! L’atmosfera della casa è molto serena, ma le donne non partecipano alla cerimonia. I figli del defunto ci accolgono con molta cordialità e ci invitano a prendere posto intorno alle pareti di una stanza. Ci sediamo in terra con le gambe incrociate e attendiamo: subito dopo arrivano i figli, sereni e sorridenti, con degli enormi secchi bianchi fumanti. Con un ramaiolo dorato ci versano il riso e le salse sulle foglie di banano che teniamo tra le mani. Qui, in India, per rito, si mangia con le mani e precisamente con la destra. Non è un’impresa facile! Bisogna separare un mucchietto di riso, appallottolarlo, intingerlo nella salsa e portarlo alla bocca senza farlo cadere!

India, Varanasi. Rituali al Dasaswamedh Ghat.

Varanasi, celebrazione di rituali al Dasaswamedh Ghat.

A Varanasi dedico molto tempo a gironzolare tra le stradine della città vecchia per osservare i ritmi di vita delle persone e degli animali. Ci sono vacche, vitelli e tori che camminano tranquillamente per i viottoli e lungo i ghat: vagano sempre alla ricerca di cibo che trovano tra le immondizie oppure sulle bancarelle dei venditori.

India, Varanasi. Ristorante di strada.

India, Varanasi. Ristorantini di strada lungo le stradine della città vecchia.

A sera si distendono ovunque, preparandosi per la notte. Questi animali, qui a Varanasi, ma in tutta l’India, sono molto rispettati, accarezzati, baciati, venerati. Un po’ dappertutto, si incrociano cani affamati che si accoppiano e si riproducono in continuazione. Dalle finestre della mia camera posso ammirare la distesa rossastra delle tegole dei tetti intervallati dal bianco cemento intonacato delle terrazze; sono i luoghi abitati dalle scimmie, di tutte le età, che insieme ai loro piccoli si arrampicano e saltano qua e là, sempre in cerca di qualcosa da mangiare. Riescono a recuperare cibo continuamente e ovunque, con grande rapidità.

India, Varanasi. Vendita di prodotti per i rituali.

Varanasi, vendita di prodotti per le puja.

Camminando per la città vecchia un giorno mi fermo in una zona sempre affollata da pellegrini e, soprattutto, brulicante di militari e guardiani. E’ l’ingresso al Wishwanath Temple, il tempio indù chiamato anche Golden Temple. I non indù non possono accedere al tempio vero e proprio, ed a tutti è vietato portare all’interno macchine fotografiche e cellulari. Entro porgendo anch’io, come gli altri visitatori, una composizione di collane di foglie e fiori: la offro ad uno dei variopinti santoni che stanno lì seduti, in attesa dei fedeli. Rimango un po’ ad osservare questi personaggi che distribuiscono benedizioni e predicono il futuro; alla fine non posso non ricevere anch’io una simpatica veggenza!

India, Varanasi. Veduta dala Tea-room della Old town.

Varanasi, veduta da una tea-stall della città vecchia.

Oggi è il 12 settembre ed è il mio compleanno! Una gran bella giornata! Pranzo con Simone nel ristorantino economico della città vecchia dove servono un buonissimo Dhal, il piatto fondamentale della cucina indiana a base di lenticchie che si consumano accompagnate da riso del tipo basmati, cotto a parte e servito in bianco. Nel piatto ovale d’acciaio a più incavi, assieme al Dhal mettono anche delle fette di pane, il chapati, e pure altre verdure cotte, sempre diverse. Dopo il pranzo ci spostiamo, come ogni giorno, nella vicina sala da tè per bere il garam chai, un tè caldo con molto latte e zucchero. Seduti sulla panca, dalla porta che dà sul viottolo salutiamo tutti i giorni la signora che lavora affacciata alla finestra. Stira e piega continuamente: sari, camice, tovaglie e lenzuola, senza un attimo di sosta. Per stirare usa un vecchio ferro riscaldato con delle bronze di carbone.

India, Varanasi. Di fronte alla Tea-room, nella città vecchia.

India, Varanasi. Bottega di una stiratrice nella città vecchia.

Qualcuno ci racconta che una quarantina di anni fa, sia lei che il marito, erano poverissimi. Con un duro lavoro, soprattutto per gli alberghi, con il marito che lavava i panni nel Gange e li stendeva lungo la riva ad asciugare e la moglie che li stirava, sono riusciti a costruirsi una grande casa che dista poco lontano dal centro.

India, Varanasi. Asciugatura dei sari lungo le rive del Gange.

India, Varanasi. Asciugatura dei sari lungo le rive del Gange.

Nella sala da tè ci raccontano, inoltre, che qui in India sono ancora le famiglie a combinare i matrimoni dei figli. La negoziazione di un matrimonio è una faccenda che va per le lunghe con più incontri per concordare la dote. La dote di una donna indiana si compone di due parti. In primo luogo ci sono il corredo e i suoi gioielli personali che rimangono di sua proprietà. E in secondo i regali che porta alla sua nuova famiglia ed a quella del bramino che celebrerà il matrimonio. Questa tradizione riguarda tutte le caste, dalla più alta alla più bassa e, una volta celebrato il matrimonio, la donna abbandona la casa materna per entrare a far parte per sempre della famiglia del marito. Qualche giorno fa un giovane massaggiatore che ho incontrato sulle gradinate del Dasaswamedh gath, mi aveva raccontato che nove anni fa aveva avuto una storia d’amore con una ragazza coreana, massaggiatrice pure lei, dalla quale è nato un figlio. Quando si è rivolto al padre per chiedergli l’autorizzazione a sposare la giovane, questi l’ha messo di fronte alla scelta tra il non sposare la ragazza e rimanere nella casa di famiglia o l’opposto. Lui ha scelto di rimanere nella casa del padre, ma ha mantenuto i contatti con la donna che ora vive in Corea con il figlio. Questa giovane sta per tornare a Varanasi con il bambino; vi rimarrà per un lungo periodo in quanto desidera avere dal ragazzo un altro figlio. In questi anni, nel frattempo, il giovane ha accettato un matrimonio di famiglia: ha una figlia piccolissima e la moglie di nuovo incinta. Ci spiega che le due situazioni sono giustificate in India, in quando il suo matrimonio è stato deciso dalla famiglia.

India, Varanasi. Il Darhasmadh Ghat di mattina presto.

Varanasi, il Dasaswamedh Ghat di prima mattina.

Terminato il garam chai’ e salutati i nostri numerosi amici della tea room, Simone ed io, c’incamminiamo verso il lontano tempio dedicato alla Dea Dourga, la divinità induista raffigurata come una donna che cavalca una tigre, con numerose braccia mani che impugnano diversi tipi di armi. Questa Dea, festeggiata a Varanasi in questi giorni, rappresenta l’incarnazione dell’energia creativa femminile ed ha in se entrambi i poteri di creazione e distruzione. La zona intorno al tempio è abitata da gente poverissima che vive in un gruppo di catapecchie polverose, simili a pollai, e da altre persone che se ne stanno giorno e notte accucciati lì, intorno al tempio. Il parco di baniani che c’è all’esterno dell’edificio è zeppo di immondizie di ogni genere. L’interno del tempio, invece, è accogliente e curato. Il Festival dedicato a Dourga è in pieno svolgimento nell’intera città, ma qui, il suo tempio diventa particolarmente significativo per l’evento. E’ affollatissimo ed è molto suggestivo per le coloratissime file di uomini vestiti di bianco, arancione o giallo attorniati da mandrie di donne coperte con sari di tutti i colori. Sotto un porticato, dentro ad un enorme pentolone, alcuni uomini sono indaffaratissimi: stanno preparando il ghee, il burro fuso, per il rituale che ne prende il nome. Da un’altra parte del tempio c’è una grossa calca di pellegrini impegnati a recitare una serie di mantra. Altri fedeli si stanno spingendo verso uno sfarzoso altare per poi inginocchiarsi lì davanti, a turno, a pregare e baciare e ribaciare le immagini della Dea. L’atmosfera è molto suggestiva e coinvolgente!

India, Varanasi. Il bagno delle donne.

Varanasi, il bagno delle donne.

C’è una grande afa oggi: la temperatura sta sfiorando i 40 gradi. Decidiamo di prendere un risciò e concordiamo il prezzo con uno dei tanti conduttori che stanno lì fuori dal tempio. Percorriamo un breve tratto, ma il conduttore fa troppa fatica a respirare. Ci sentiamo a disagio, non abbiamo il coraggio di proseguire: gli chiediamo di fermarsi e scendiamo molto prima del previsto!

India, Varanasi. Pellegrini in arrivo per il Festival del 16 settembre.

India, Varanasi. Pellegrini in arrivo per il Festival del 16 settembre 2014.

E’ il 16 settembre e sono ancora a Varanasi! Oggi sta piovendo a dirotto: le stradine ed anche la via principale in un attimo si sono trasformate in grossi torrenti impercorribili da qualsiasi mezzo. In un arco di tempo brevissimo, non più di un’ora, smette di piovere, le stradine via, via, dalle più alte a quelle più in basso si asciugano e tutto ritorna velocemente alla normalità. Ieri sono stata al Manikamba ghat, dove si svolgono maggior parte delle cremazioni. E’ stato molto toccante, in particolare, venire a conoscenza che negli edifici adiacenti stanno gli anziani che vengono lì ad aspettare la morte. La persona che mi ha fornito queste informazioni aveva i capelli tinti di un giallo rossastro e masticava, come tanti altri, il paan, la stimolante miscela di foglie di betel, di noce di areca e di altri ingredienti che macchia di rosso la bocca e i denti delle persone. Mi ha chiesto di donare 300 rupie per comprare la legna necessaria per cremare un povero. Ne avevo solo 2.80, l’equivalente di 3.50 euro e glieli ho dati. Forse sono piccole truffe, chissà!

India, Varanasi. Il Manikamka Ghat, luogo dove avviene la maggior parte delle cremazioni.

Varanasi, il Manikanka Ghat, il ghat principale delle cremazioni.

E dalle informazioni ricevute in seguito scoprirò che è stato proprio così! Non ci sono, non esistono proprio gli ospizi per i poveri qui! Ci sono delle case di riposo negli edifici lungo il Gange, ma soltanto per gli Shadu, gli uomini vestiti di giallo e arancione, i santoni, i seguaci di Shiva. Questi, il più delle volte, appartengono a delle famiglie ricche e per loro scelta hanno deciso di vivere in povertà; alla loro vecchiaia provvedono economicamente sia le loro famiglie d’origine sia i proventi che arrivano dalle donazioni in loro favore. Per i poveri di tutte le età, lungo la parte centrale della Main Road, c’è sempre qualcuno che cucina e distribuisce gratuitamente i pasti, due volte al giorno, all’ora di pranzo e verso sera, per la cena.

India, Varanasi. La mensa dei poveri lungo la Main Road.

Varanasi, la mensa dei poveri lungo la Main Road.

Nonostante non manchi il cibo, lungo tutta la città vecchia e ovunque, s’incontrano continuamente persone che chiedono con insistenza l’elemosina mimando il gesto della fame. Molti di loro sono mutilati, alcuni sono stati storpiati alla nascita per favorire l’offerta delle elemosine, ma molti di loro lo sono diventati in seguito alle amputazioni causate dalla lebbra.

India, Varanasi. La statua della divinità festeggiata viene caricata su una barca per poi venir immersa nel fiume sacro.

Varanasi, il festival del Durga Puja.

I giorni scorsi, prima del Dourga Puja ci sono stati degli altri grandi pellegrinaggi qui a Varanasi. Gruppi di donne ed anche di uomini con i loro figli dagli occhi bistrati in braccio sono arrivati sulle rive del Gange per il Festival dedicato alla fertilità ed al good luck dei bambini! Ora è ancora in pieno svolgimento il Festival del Dourga Puja, le celebrazioni in onore della Dea dalle 10 braccia. Le sue statue e quelle del suo seguito vengono preparate e decorate in laboratori appositi. Dopo essere state adorate per cinque giorni, vengono portate in processione su dei camion, o dei risciò lungo le vie della città. L’ultimo passaggio della cerimonia riguarda l’arrivo delle statue al Dasaswamedh gath, il maggiore dei ghat, e il loro trasferimento sulle barche che le porteranno al largo per immergerle poi nel fiume. In questo periodo, il Dasaswamedh gath già alle 7.30 di mattina è affollatissimo di pellegrini provenienti da ogni parte dell’India. Arrivano sulle gradinate del Gange, fanno il bagno e poi si recano a pregare al Golden Temple. Nel piazzale e lungo le scalinate dei ghat ci sono numerosi guru che tengono dei corsi di rituali.

India, Varanasi. Lezioni di rituali al Ghat.

India, Varanasi. Lezioni di rituali al Ghat.

Ogni gruppo affronta una tematica diversa, sempre legata al trascendente: molti di questi riguardano la ricerca di un contatto con i familiari da poco estinti. Ci sono molti bramini tra gli allievi dei guru ed anche molte donne che stanno lì, forse soltanto accanto ai loro mariti! Le donne indù di qualsiasi casta o fuori casta, sono sempre molto curate nel loro aspetto. Hanno i piedi e le mani dipinti di cinabro; portano molti ninnoli alle caviglie e tanti anelli alle dita dei piedi, delle mani e lungo il bordo delle orecchie. Stanno sempre avvolte nel loro sari che le coprono dalla testa ai piedi, anche quando s’immergono nel fiume. Dopo il bagno, si tolgono gli abiti incollati, con molto pudore, per indossarne degli altri, asciutti, simili ai precedenti. Gli uomini, invece, quando stanno sulle rive del Gange, sono tutti seminudi: indossano soltanto una lunga striscia di stoffa leggera che avvolgono intorno ai fianchi e con i lembi presi all’altezza delle ginocchia, fatti passare tra le gambe e arrotolati sulla vita formando una specie di mutandone, che accorciano o allungano a loro piacimento: il dhoti. Terminato il tempo dei rituali, quasi tutti gli uomini si rivestono con abiti comuni, simili a quelli indossati dagli occidentali e insieme ai familiari ed al loro gruppo di pellegrini se ne vanno verso il Golden Temple.

India, Varanasi. Pellegrini in fila per accedere al Golden Temple.

Varanasi, pellegrini in fila per accedere al Golden Temple.

Qui a Varanasi stanno per arrivare due fotografi da Roma che insieme a mio figlio dovranno realizzare un reportage sugli intoccabili addetti alle cremazioni.

Io me ne devo andare e così parto per Kolkata. In un immenso palazzo a colonne visito la ricca esposizione dell’Indian Museum, poi, raggiungo a piedi il Parco del Victoria Memorial, un luogo bello e ben curato che contiene uno degli edifici più grandiosi dell’India, costruito in ricordo della famosa regina. Qui, nel bellissimo parco, incontro un indiano di Varanasi che con modi molto familiari mi chiede informazioni sul mio viaggio e mi invita a sedere sulla panchina accanto a lui. In modo sempre affabile mi racconta che viene da Varanasi, che ha quattro figli ed è qui a Kolkata per cercare lavoro. Quando gli dico che la sera dopo vorrei andare a Darjeerling inizia a parlarmi assiduamente di quella città. Ha pronto un elenco scritto a mano delle cose interessanti da visitare lassù. Mi indica anche il nome di un buon hotel economico, che in seguito scoprirò essere inesistente. Terminato il suo racconto mi chiede 35 rupie per comprarsi una bibita, l’equivalente del costo di una Coca Cola o di una Pepsi. Fa molto caldo, lui ha parlato tanto per me e mi ha messa nella condizione di dovergli del denaro. Un episodio simile mi era già accaduto a Varanasi. Un indiano distinto nei suoi abiti tradizionali si era seduto vicino a me lungo la gradinata del Dasaswamedh gath parlandomi in modo amichevole di argomenti legati al trascendente. Ero convinta si trattasse di un dialogo alla pari, di una chiacchierata amicale, invece, alla fine, anche in questo caso la persona ha preteso un compenso, dicendomi che quello era il suo lavoro. Pensavo di aver imparato a prevenire queste situazioni, invece qui a Kolkata ci sono ricascata in pieno! E’ un po’ un’ossessione questa continua, abile, affinata richiesta di denaro!

India, Kolkata. Abitazioni di strada.

Kolkata, abitazioni di strada.

Il giorno dopo, prima delle sette di mattina m’incammino verso il Centro fondato da Madre Teresa, il Mother Teresa’s Mission. Lungo le strade assisto al risveglio della gente che vive in strada, la osservo mentre si alza e, munita di asciugamano e sapone, va rassegnata a far la fila per lavarsi alle fontane pubbliche e poi vaga, sempre rassegnata, in giro per la città.

India, Kolkata. Verso le sette del mattino per le vie del centro.

India, Kolkata verso le 7 del mattino per le vie del centro.

Sono tantissime le famiglie che vivono lungo i marciapiedi, in uno spazio reso abitabile soltanto da qualche telo steso per ripararsi dal grande caldo. Lungo la strada incrocio diversi carretti portati a mano da uomini che galoppano come cavalli. Sono gli uomini risciò: corrono velocissimi con i grossi carichi di persone e merci, ma io non avrò mai il coraggio di salirci su!

India, Kolkata. Un uomo-risciò.

Kolkata, uomo-risciò.

Al Mother Teresa’s Mission mi mescolo ad un gruppo internazionale di volontari che sta entrando nella struttura: sono lì per la colazione e per essere poi condotti con dei mezzi nei vari centri. Una ragazza spagnola mi confida che a Kolkata se non fai volontariato non c’è nulla di interessante da fare.

India, Kolkata. Lungo le vie cittadine verso le sette di mattina. cittadine verso le 7

Kolkata, verso le 7 del mattino.

Mi conferma che vale la pena di andare fino a Darjeeling, la cittadina situata su un crinale a 2134 metri di altitudine, tra le montagne dell’Himalaya, vicino al confine con il Nepal. Ci vado, naturalmente e mi piace molto! Il paesaggio tra le piantagioni di tè e le montagne innevate dell’Himalaya è incantevole!

India, Darjeeling. Panorama dalla Gandhi Road. Si intravedono la stazione ferroviaria del Toy Train e il Tempio indù sottostante.

India, Darjeeling. Panorama dalla Gandhi Road. Si intravedono la stazione ferroviaria del Toy Train e il Tempio indù sottostante.

Queste montagne il cui nome sanscrito significa dimora delle nevi, dove hima, é la neve e alaya la dimora, sono state da sempre il simbolo dell’aspirazione umana alla conoscenza del trascendente, a quello che rimaneva un immenso mistero divino. Lassù, tra quelle vette avvolte dalle nuvole e coperte da nevai e ghiacciai eterni, lassù su quelle cime stanno nascosti i segreti della saggezza e della serenità che solo alcuni uomini riescono a raggiungere.

India, Darjeeling. Festeggiamenti per il Durga Puja in Chowrasta.

India, Darjeeling. Festival del Durga Puja nel piazzale di Chowrasta, in cima alla collina.

Salgo lungo la riva che porta alla grande piazza di Chowrasta: in questi giorni la collina ospita il Festival del Dourga Puja che qui si festeggia qualche giorno dopo, rispetto a Varanasi. In occasione delle celebrazioni tutte le scuole del Bengala rimangono chiuse per cinque giorni e le famiglie indiane della media borghesia colgono l’occasione per trascorrere al fresco di Darjeeling una breve vacanza. Passeggiando per la cittadina osservo gli edifici coloniali, le chiese protestanti rigorosamente chiuse, i numerosi templi induisti e buddhisti sparsi un po’ dappertutto. Cammino fino al Mahakal Temple, un tempio che racchiude sia la religione buddhista che quella induista. Qui, un ragazzo nepalese mi dice di essere il bramino del tempio, ma non ha né cordone né rasatura con ciuffo; comunque è gentile e mi lega al collo il cordoncino rosso che ancora indosso.

India, Darjeeling. Vista panoramica dallo Stupa accanto al mercato.

India, Darjeeling. Vista panoramica dallo Stupa accanto al mercato.

Al Chowk Bazaar di Darjeeling ci vado spesso per lo più per osservare la gente, per guardare meravigliata i portatori e le portatrici che salgono lungo le scalinate e le stradine trasportando sulla schiena pesi notevoli, aiutandosi con un sistema di corde. La stazione ferroviaria, la Darjeeling Himalayan Railways, inaugurata nel 1881, con il suo Toy Train a vapore che è ancora in funzione per un breve tratto nel periodo dell’alta stagione, è tutelata dall’UNESCO.

India, Darjeeling.La stazione ferroviaria tutelata dall'UNESCO. In primo piano un portatore.

India, Darjeeling.La stazione ferroviaria tutelata dall’UNESCO. In primo piano un portatore.

Dai monti di Darjeeling torno in jeep a valle, fino alla prima stazione ferroviaria importante: quella di New Japaiguri. Mi siedo per oltre un’ora su una panchina, all’esterno della stazione, in attesa del treno per Patna. Lì, tra il parcheggio brulicante di taxi e risciò e la sonnolenta stazione ferroviaria, proprio sul piazzale, ci stanno molte donne e numerosi bambini. I piccoli sono sporchi e completamente nudi e mostrano senza nulla nascondere la miseria umana nella quale vivono.

India, Darjeeling. Lo stand delle jeep. E' una città situata a 2140 metri di altitudine, con strade dissestate e pochissimi mezzi pubblici.

India, Darjeeling. Lo stand delle jeep. E’ una città situata a 2140 metri di altitudine, con strade dissestate e pochissimi mezzi pubblici.

Nel percorso in treno tra New Japaiguri e Patna incontro un simpatico gruppetto di giovani pendolari: uno di loro è un ingegnere che lavora presso le Ferrovie dello Stato, uno è un bancario, due sono dipendenti della pubblica amministrazione. Nel primo tratto del percorso viaggio soltanto con l’ingegnere: ha soltanto 24 anni e con il conseguimento della laurea e il suo posto di funzionario delle Ferrovie dello Stato rappresenta un motivo di orgoglio per la sua famiglia, anche in quanto il nonno paterno, in passato, aveva ricoperto un incarico simile. Il ragazzo, però, vorrebbe lasciare questo lavoro monotono e di routine, desidererebbe viaggiare, conoscere il mondo, vivere delle esperienze nuove, ma il padre non glielo consente. Parliamo a lungo del problema e riusciamo insieme a convenire che l’unica possibilità sarebbe quella di cercare delle opportunità di viaggiare attraverso il lavoro, ad esempio, con un’attività di ricerca sui sistemi ferroviari delle altre nazioni. Il ragazzo è molto contento di aver condiviso con me questa sua prospettiva di vita futura e quando arriva a destinazione mi saluta con molto affetto. Agli altri giovani, sopraggiunti nel frattempo, chiedo qualche informazione riguardo alla situazione politica attuale dell’India. Mi rispondono che nutrono molta fiducia nel nuovo governo conservatore, ed in particolare sul modo di operare dell’attuale Primo Ministro Modi. Narendra Modi, difatti, è risultato vincitore nelle recenti elezioni con il suo Partito Popolare Indiano, un partito che sta all’interno della coalizione di Alleanza Nazionale. Questi ragazzi, ma anche molti altri giovani indiani incontrati nelle varie città, sono certi che con Modi, la situazione economica e sociale dell’India subirà un grosso cambiamento in un arco di tempo compreso tra i cinque e i dieci anni. Riguardo al problema legato alla carenza della fornitura dell’energia elettrica che penalizza tutto il Paese, questi giovani, molto informati e competenti, appoggiano decisamente la scelta di incrementare l’utilizzo dell’energia nucleare in sostituzione delle attuali carenti fonti idrauliche e fossili. C’è una gran bel dialogo con questi giovani, riguardo al significato ed ai valori che scegliamo per le nostre vite, alle nostre conoscenze culturali e politiche, alle nostre reciproche letture. Prima di scendere, il più loquace del gruppetto mi trascrive i titoli di alcuni libri della letteratura indiana che, a suo parere, sono fondamentali per la formazione delle persone. Sono tre titoli con i rispettivi autori che in seguito scoprirò non essere stati tradotti in italiano, a parte, forse, quello scritto da Mahatma Gandhi, ma con un titolo diverso:

-“Mansarovar” short stories di Premchand Munshi;

– “The Story of My Experiments with Truth di Mahatma Gandhi;

– “The Wonder That Was India” di Arthur Llewellyn Basham.

 Il gruppetto, compreso l’ingegnere, mi lascia a Katihar, molto prima di Patna, ma Nishu Jha ed anche gli altri, li ritrovo spesso in chat, su facebook.

India, New Japaiguri station. Bambini che vivono nella stazione ferroviaria.

India, New Japaiguri station. Bambini che vivono nella stazione ferroviaria.

Da Patna raggiungo la vicina Gaya con un altro treno e da lì, con un moto risciò collettivo arrivo a Bodhgaya, nello Stato Federato del Bihar. Qui c’è, un tempio buddhista importante, il Mahabodhi Temple, ed è fantastico!

India, Bodhgaya.Sabato pomeriggio del 18 ottobre 2014 al Mahabodhi Temple.

India, Bodhgaya.Sabato pomeriggio del 18 ottobre 2014 al Mahabodhi Temple.

Costruito nel VI secolo dopo Cristo, distrutto dagli islamici nell’XI secolo il tempio è stato più volte ristrutturato. L’albero di Pipal o Bodhi Tree, sotto il quale il Buddha, l’Illuminato, riposò sette giorni per ottenere l’Illuminazione, cioè la rivelazione delle verità supreme. L’albero è immenso, ma non è l’originale: potrebbe, però, essere rinato da alcune talee da esso trapiantate. Il Mahabodhi Temple è anch’esso molto vasto: qua e là sotto gli alberi ci sono tantissime persone sole e numerosi gruppi di monaci e pellegrini in meditazione. Nei fine settimana, più che mai, arrivano delle coloratissime processioni di fedeli appartenenti alle più svariate culture e religioni.

India, Bodhgaya. Meditazioni sotto l'albero di Pipal o albero del Bodhi.

India, Bodhgaya. Meditazioni sotto l’albero di Pipal o albero del Bodhi.

Camminano intorno al tempio in senso orario, cantano, pregano e si soffermano sotto il grande albero della Bodhi a raccogliere le foglie che lascia cadere. Rimangono poi lì seduti per molto tempo, in silenzio, in pace. Qui, nel tempio è proibito entrare con la macchina fotografica e con il cellulare. Noto con meraviglia che ci sono alcuni turisti che scattano delle foto e nei giorni successivi mi adeguo anch’io alle strategie da utilizzare per svicolare dai divieti. L’ultimo giorno mi scoprono e mi rimandano indietro, ma la soldatessa dell’ingresso mi concede di rientrare con il cellulare che utilizzo per fotografare. Il parco del tempio è vastissimo. Camminando lungo i viali scopro delle lastre con delle scritte: sono alcuni pensieri filosofici del buddhismo. Ne trascrivo alcuni, qua e là, tra gli spazi vuoti di un depliant che ho tra le mani.

India, Bodhgaya. Mahadodhi Temple, eretto nel VI secolo, raso al suolo dalle invasioni islamiche del XI secolo, ristrutturato nel 1882. Patrimonio UNESCO.

India, Bodhgaya. Mahadodhi Temple, eretto nel VI secolo, raso al suolo dalle invasioni islamiche del XI secolo, ristrutturato nel 1882. Patrimonio UNESCO.

Li riporto nonostante qualche probabile imperfezione:

Senses subouded and assuredly accomplished. Agin in the peace and serenity of solitude; the learned joyful reside in the forest as they leave their youth behind (Individua Lliberation Sutra).

I sensi si sottomettono e sicuramente giungono al termine (giungono a completamento). Di nuovo nella pace e nella gioia della solitudine; i sapienti felici risiedono nella foresta mentre si lasciano alle spalle la loro giovinezza.

 When the elephant of the mind is tightly bound with the rope of total mind fullness all fear will be gone and all virtues will fall into your hands. (Engaging in the Bodhisattiva Deeps) 

Quando l’elefante della mente è strettamente legato con il filo della completa pienezza della mente, tutte le paure spariranno e tutte le virtù cadranno nelle vostre mani.

The three planes of existence are as transient, as autumn clouds; the birth and deadh of sentient beings is like watching theatrical shows. The lives of sentient beings pass like a flash of lightning; they swiftly pas away, like water plunging down a step fall (Sutra Requested by Lalitavistara).

I tre piani dell’esistenza si muovono come le nuvole autunnali; la nascita e la morte degli esseri senzienti è come guardare uno spettacolo teatrale. Le vite degli esseri senzienti passano come un lampo di luce; se ne vanno velocemente, come l’acqua che si tuffa in una ripida cascata.

 Even gorgecus royal chariots wear out and indeed this body too wears out. But the dhamma of the good does not age; thus the good make it known to the good (The Buddha).

Perfino i magnifici cocchi reali e in verità anche questo corpo si logorano. Ma il dharma (la religione) dei buoni non invecchia; così il bene si fa conoscere al bene.

 Indeed, he who moves in the company of fools grieves for lone association with fools is ever painful, like partnership with an enemy. But association with the wise is happy like meeting one’s own kinsmen (The Buddha).

In verità, colui che sta in compagnia degli sciocchi si affligge in solitudine, l’associarsi con gli sciocchi è sempre doloroso, così come l’associarsi con un nemico. Ma stare in compagnia dei saggi dona felicità, come incontrare un proprio congiunto.

 By oneself is evil done; by oneself is one defiled. By oneself is evil left undone; by oneself is one made pure. Purity and impurity depend on oneself; no one can purify another (The Buddha).

Il male lo facciamo da soli; noi ci contaminiamo da soli. Il male viene lasciato incompiuto per nostra scelta; noi ci rendiamo puri da soli. La purezza e l’impurità dipendono da noi; nessuno può purificare un altro.

Let a men guard himself against irritability in bodily action; let him be controlled in deed abandoning bodily misconduct, let him practse good conduct in deed (The Buddha).

Lasciate che un uomo si guardi da sé dall’irritabilità nelle azioni fisiche, lasciate che si controlli nelle proprie azioni abbandonando le cattive condotte, lasciategli praticare la buona condotta nelle proprie azioni.

The sage do not wash away sins with water, neither do they remove sentient beings’ suffering with their hands; nor can they transfer own realisations to others.

They liberate beings by revealing the truth of suchness. (Udanavargatika)

I saggi non lavano via i peccati con l’acqua e non rimuovono con le loro mani le sofferenze degli esseri senzienti; non possono nemmeno trasferire la propria realizzazione agli altri. Possono però liberare gli esseri viventi rivelando tale verità.

Those whose minds have reached full excellence in the factors of enlightenment, who, having renounced acquisitiveness, rejoice in not clincing to things-rid of cankers, glowing with wisdom, they have attained nibbana in this very life. (The Buddha)

Coloro, le cui menti hanno raggiunto la piena eccellenza nell’illuminazione, che, avendo rinunciato all’avidità, gioiscono nel non attaccarsi alle cose, sbarazzandosi dei cancri, splendendo di saggezza, quelli hanno raggiunto il nirvana proprio in questa vita.

 The man who is without blind faith, who knows the uncreate, who has severed all links, destroyed all causes (for karma, good and evil), and thrown out all desires-he, truly, is the most excellent of men. (The Buddha)

L’uomo che non ha fede cieca, che conosce la distruzione, che ha reciso tutti i legami, distrutto tutte le cause (per il karma, per il bene ed il male) ed eliminato tutti i desideri, proprio lui, in verità, è il più eccellente degli uomini.

We who drinks deep the dhamma lives happily with a tranquil mind. The wise man ever delights in the dhamma made known by the noble one. (The Buddha)

Noi che beviamo profondamente il dharma (la religione) viviamo felicemente con una mente serena. L’uomo saggio si rallegra sempre nel dharma resogli noto da un virtuoso.

India, Bodhgaya. Ingresso al Tempio Buddhista Cinese, uno dei tanti appartenenti a diverse nazionalità.

India, Bodhgaya. Ingresso al Tempio Buddhista Cinese, uno dei tanti appartenenti a diverse nazionalità.

A Bodhgaya ci sono molti altri templi e monasteri buddhisti: appartengono alle più diverse nazioni asiatiche. Sono tutti invasi da folle di mendicanti deformi che stazionano lì in attesa dei visitatori: quando li vedono arrivare si trascinano fino ai loro piedi per chiedere, con insistenza e sfacciataggine, la carità.

Al Karma Temple Tibetano, all’ora di pranzo, distribuiscono i pasti sia ai pellegrini che ai bambini che gironzolano intorno. Lì di fronte c’è una scuola elementare pubblica: chiedo ai numerosi ragazzini la ragione per cui non vanno alle lezioni e mi rispondono che per loro è troppo difficile. E’ l’ora di pranzo anche all’interno della scuola color rosa: le maestre con titubanza mi lasciano assistere alla distribuzione del pasto fornito dal governo. Le due aule si svuotano rapidamente: i ragazzini e le ragazzine, circa una cinquantina, si siedono lì, accovacciati sul pavimento del corridoio ad aspettare che arrivi la cuoca con la pentola a versare nel loro piatto l’impasto di riso e legumi.

India, Bodhgaya. La scuola statale del centro.

India, Bodhgaya. La scuola statale del centro.

C’è un gran silenzio in questa scuola! Il giorno dopo, camminando tra le baracche che stanno accanto alla città vecchia vedo un piccolo edificio in muratura con la porta aperta e dei bambini appoggiati al parapetto esterno. E’ un’altra scuola senz’altro e forse è il momento della ricreazione, penso! Invece, mi dicono, non ci sono insegnanti in quella scuola: c’è soltanto la cuoca. Entro nell’unica aula: non ci sono arredi, ma soltanto dei grossi sacchi di juta pieni di riso, depositati in fondo, in un angolo. C’è una signora gentile e sorridente all’interno: è la cuoca della scuola che fra poco preparerà il pranzo per i bambini.

Più lontano dal centro, nel villaggio di Sujata, dopo il grande ponte sul fiume Falgu, raggiungo casualmente un’altra scuola: questa è gestita da un’associazione privata, la Gyanjyoty Rural Development Welfare Trust, e raccoglie una settantina di bambini delle zone rurali dei vicini villaggi. E’ una struttura grezza, una costruzione appena iniziata, priva di servizi igienici, molto povera e bisognosa di aiuto. Si regge a fatica grazie al lavoro ed al contributo di alcuni volontari, ma fa un grande sforzo per sopravvivere.

India, Bodhgaya. Mendicanti all'ingresso della zona pedonale.

India, Bodhgaya. Mendicanti all’ingresso della zona pedonale.

Riattraverso il ponte sul fiume Falgu e torno a Bodhgaya. Nella zona pedonale, nei pressi del Mahabodhi Temple, staziona un enorme numero di mendicanti, grandi e piccoli, ciechi e zoppi che chiedono la carità. Proprio lì, nel piazzale antistante alla zona pedonale, un giorno rimango colpita da una bambina sola, piccolissima, vestita di pochi stracci, che sta dormendo tutta ricoperta di mosche e vespe. Mi rivolgo ai poliziotti che stanno lì accanto perché controllino il suo stato di salute. Mi ascoltano e rassicurata torno accanto alla bambina che nel frattempo si era svegliata. Arriva un poliziotto barcollando: è completamente ubriaco e mi dice in malo modo e con la voce impastata che lì non c’è alcun problema e mi invita ad andarmene. Mi accerto sulle condizioni della piccola che in realtà stava solo dormendo. Il gruppetto di passanti che si era formato intorno mi racconta che la bimba è figlia di due genitori completamente ciechi e che la mamma ha un altro bambino più piccolo a cui badare. I genitori sono relativamente poveri perché entrambi ricevono un sussidio dallo Stato per la loro cecità.

India, Bodhgaya. L'arrivo delle processioni al Mahabodhi Temple.

India, Bodhgaya. L’arrivo delle processioni al Mahabodhi Temple.

L’ultimo giorno a Bodhgaya lo trascorro quasi tutto al Mahabodhi Temple, ma riesco a fare un salto anche al Museo archeologico per ammirare le colonne originali del grandioso tempio buddhista. Qui non c’è molto da vedere, ma le antiche colonne sono davvero un incanto!

India, Bodhgaya. Sabato 18 ottobre 2014, primo pomeriggio. Arrivo di pellegrini al Mahabodhi Temple.

India, Bodhgaya. Sabato 18 ottobre 2014, primo pomeriggio. Arrivo di pellegrini al Mahabodhi Temple.

Sono, ormai, arrivata alla fine di questo splendido viaggio, devo tornare a Delhi: il 22 ottobre, nella notte ho l’aereo per Venezia. Per fortuna ho già acquistato il biglietto da Gaya a Delhi! Arrivo alla stazione ferroviaria di Gaya in moto risciò insieme a dei simpatici ragazzi. Alcuni di loro sono venuti a Gaya per partecipare ad un concorso pubblico nella speranza di essere assunti nella Polizia di Stato. Entrata in stazione, apprendo subito che il mio treno porta un ritardo di ben 17 ore a causa dei lavori di rifacimento della linea ferroviaria per Delhi. Riesco a sostituire il mio biglietto, ma devo accontentarmi soltanto di un posto in piedi. Non c’è alternativa! Il viaggio è lunghissimo e c’è un’intera notte da trascorrere in treno. Tutto si risolverà per il meglio grazie alla collaborazione di più persone e, in particolare, di una giovane coppia di israeliani che mi cederanno uno dei loro due letti.

A Delhi trascorro molto tempo a gironzolare per il Main Bazar. Una mattinata la dedico alla Jama Masjid, la Grande Moschea, un luogo che avevo già visitato qualche anno fa, in compagnia di un’amica.

India, Delhi. Il piazzale interno alla Moschea Jama Masjid.
India, Delhi. Il piazzale interno alla Moschea Jama Masjid.

India, Delhi. Il piazzale interno alla Moschea Jama Masjid.

India, Delhi. Il piazzale interno alla Moschea Jama Masjid.

Questa volta la raggiungo a piedi e la rivedo con grande piacere, in solitudine, in silenzio! Sulla strada che porta dalla stazione ferroviaria di New Delhi alla Grande Moschea di Jama Masjid incontro un intenso traffico di carri trainati da bufali, di ciclo risciò, auto, taxi, camion e camioncini con un grande movimento di persone e merci.

India, Delhi.Incontri sul cavalcavia che sovrasta la stazione ferroviaria.

India, Delhi.Incontri sul cavalcavia che sovrasta la stazione ferroviaria.

Seduti su alcuni marciapiedi incontro anche diversi gruppi di artigiani con tra le mani i loro pochi attrezzi da lavoro: stanno lì in attesa che qualcuno li chiami a fare gli imbianchini, i muratori oppure i facchini.

India, Delhi, zona della Grande Moschea Jama Masjid. Imbianchini in offerta di lavoro.

India, Delhi, zona della Grande Moschea Jama Masjid. Imbianchini in offerta di lavoro.

Questo viaggio sta per terminare! Sono appena arrivata in taxi all’aeroporto di Delhi! Addio Delhi, addio dolce, cara India! Ritornerò! Ora, partenza per Zurigo e poi da lì per Venezia. Una corsa in corriera per la stazione ferroviaria di Mestre per prendere il primo treno diretto a Udine. Sto già pensando di ripartire al più presto!

Italia, Udine. Felice di arrivare nella mia città, ma già pronta a ripartire.

Il mio viaggio 2014: Nepal

Ci arrivo il 29 agosto, con tanta, tanta nostalgia della Cina. In aeroporto incontro una giovane coreana, Yiwan: insieme prendiamo un taxi e, valutato il costo, accettiamo di andare all’hotel che ci propone l’autista, nel quartiere di Thamel. L’autista, scoprirò in seguito, è uno dei gestori dell’hotel e questo è il loro metodo di procurarsi i clienti. Il giorno dopo Yiwan se ne va a Pokhara, al Nord, mentre io m’incammino verso il vicino grande Tempio Buddhista di Swayambhunath, situato in cima ad una collina. Il luogo è chiamato anche Tempio delle Scimmie per i numerosi amichevoli esemplari che vi abitano.

Nepal, Kathmandu. Il grande tempio buddhista Swayambhunath.
Nepal, Kathmandu. Il grande tempio buddhista Swayambhunath.

La maternità di questi animali, l’allattamento, il loro modo di cibarsi e di spulciarsi, come trasportano i piccoli sulla schiena o sotto la pancia mi affascinano molto e rimango un bel po’ di tempo lì seduta sulla scalinata ad osservarli. Anche il tempio è molto bello: si tratta di uno stupa buddhista, molto frequentato anche da pellegrini induisti. Queste due religioni riescono spesso a trovare dei punti in comune ed a condividere i loro differenti rituali negli stessi templi. A Kathmandu trascorro le giornate gironzolando molto per i mercati, visitando le botteghe che si aprono sulle viuzze, osservando le cerimonie con cibi, canti e cortei che si svolgono intorno ai templi induisti della città vecchia.

Nepal, Kathmandu. Rituali e offerte a Shiva in un tempietto accanto a Durbar Square.
Nepal, Kathmandu. Rituali e offerte a Shiva in un tempietto accanto a Durbar Square.

Durbar Square è il cuore di Kathmandu ed è formata da tre piazze tra loro collegate, ricche di architetture tradizionali e templi. All’aperto, tra le vie che portano alle piazze, sono esposti dei vecchissimi carri con sopra un tettuccio a baldacchino.

Nepal, Kathmandu. Esposizione di antichi carri accanto a Durbar Square.
Nepal, Kathmandu. Esposizione di antichi carri accanto a Durbar Square.

Hanno delle grandi ruote piene, in legno, dipinte tutte d’oro; sostengono imponenti cassoni colorati di rosso che, in passato, venivano trainati dai bufali e servivano al trasporto della gente.

Nepal, Kathmandu. Panorama sulla Durbar Square.
Nepal, Kathmandu. Panorama sulla Durbar Square.

Intorno alle piazze corrono qua e là numerosi ragazzini, con dei vestiti lerci e laceri: gironzolano tra i turisti chiedendo loro dei soldi per essere fotografati. Qui a Kathmandu ed anche nei dintorni ho visto molti bambini infilare la testa dentro dei sacchetti di plastica, respirare profondamente e poi stramazzare a terra strabuzzando gli occhi instupiditi. Nessuno li guarda, nessuno, pare accorgersi di loro!

Nepal, Patan. Durbar Square.
Nepal, Patan. Durbar Square.

Nei pressi di Kathmandu, visito Patan, la città della bellezza: c’è una Dubar Square anche qui, con templi e stupa che si ergono nella piazza e tra i viottoli secondari creando un susseguirsi di scenari spettacolari, ma l’assedio che i procacciatori di affari mettono in atto per adescare i turisti disturba il fascino di questo luogo. Un formicaio di giovani sta sempre lì, adagiato sui gradini, all’ombra di un edificio, accanto alla biglietteria, in attesa dell’occasione migliore per concludere qualche affare. Sono sempre pronti a scattare, inseguire, affiancare, assillare i turisti man mano che arrivano, attenti a non lasciar loro nessun margine di tregua. Vestono in modo quasi elegante, all’occidentale direi e parlano con facilità varie lingue che vantano di aver appreso dai turisti stessi. Si autodefiniscono guide turistiche, ma in alternativa, se la proposta non funziona, diventano subito parenti di proprietari di botteghe e laboratori da farti visitare, senza impegno; in realtà sono soltanto degli abilissimi procacciatori di clienti per numerosi negozi, ristoranti, hotel della cittadina.

Nepal, Patan. Il mercato.
Nepal, Patan. Il mercato.

Tutti gli ingressi ai centri storici delle città sono costosi qui in Nepal ed i biglietti acquistati consentono soltanto di passeggiare in quella zona centrale, escludendo la visita a qualsiasi altro sito. Qui a Patan, ad esempio, non è compreso nemmeno l’ingresso al Palazzo Reale che sta nella Durbar Square stessa!

Nella cittadina di Pashupatinath c’è un famoso tempio induista nel quale è vietato l’ingresso alle persone di altre religioni. Passeggiando lungo il fiume sacro Bagmati, di fronte al Tempio di Pashupatinath, si possono scorgere le varie fasi delle cremazioni che vanno dal momento dell’immersione nel fiume della salma avvolta in un sudario, alla sua disposizione sulla pira dove, in un tempo di circa quattro ore, verrà bruciata alla presenza dei familiari.

Nepal, Pashupatinath. Vista panoramica sul Tempio e sui ghat a nord.
Nepal, Pashupatinath. Vista panoramica sul Tempio e sui ghat a nord.

Le donne, in generale, non sono ammesse alla cerimonia perché considerate troppo emotive. I sei ghat per le cremazioni che si trovano a sud dei ponti sul Bagmati river sono destinati alla gente comune, mentre la parte a nord del fiume sacro è riservata alle persone privilegiate. Per qualche tempo rimango lì seduta lungo l’argine del fiume, insieme ad altri spettatori, a guardare i fuochi bruciare, poi m’incammino lungo la scalinata che sta di fronte al tempio: qui ci sono diverse loggette dalle quali sbucano i numerosi, pittoreschi santoni, pronti a farsi fotografare, in cambio di denaro.

Nepal, Pashupatinath. Incontro di sadu (seguaci di Shiva) lungo la scalinata del Tempio.
Nepal, Pashupatinath. Incontro di sadu (seguaci di Shiva) lungo la scalinata del Tempio.

Non lontano da Pashupatinath c’è Boudha, una piccola città con uno stupa buddhista- tibetano immenso ed un’atmosfera di spiritualità molto intensa. Folle di pellegrini camminano instancabili intorno al muro di mattoni imbiancato che circonda lo stupa: parlano tra di loro, si fermano a leggere i mantra incisi sulle quattro, cinque ruote di preghiera che ciascuna delle 147 nicchie contiene. Poi, riprendono il cammino facendo girare con pazienza, uno per uno, tutti i cilindri rotanti delle preghiere che incontrano lungo percorso.

Nepal, Boudha. Lo Stupa buddhista-tibetano di Bedhnath, ricostruito nel XIV secolo dopo i saccheggi moghul.
Nepal, Boudha. Lo Stupa buddhista-tibetano di Bedhnath, ricostruito nel XIV secolo dopo i saccheggi moghul.

L’atmosfera è magica! C’è tanta storia in questo luogo sacro: il primo stupa pare sia stato costruito già nel V secolo dopo Cristo, ma quello attuale è stato edificato nel XIV secolo, dopo i saccheggi compiuti dagli invasori moghul. In origine gli stupa venivano edificati per conservare reliquie sacre ed anche qui alcuni ritengono che nel sottosuolo siano sepolti dei frammenti delle ossa del Buddha.

Al ritorno, girando per le vie di Kathmandu, incontro Ratma, un professore che insegna inglese in una scuola privata e parla anche qualche parola di italiano. Ratma ha anche un secondo lavoro in un’agenzia turistica perché il guadagno di insegnante non gli è sufficiente per vivere. Mi fornisce molte informazioni su Kathmandu, sui dintorni da visitare, sulle zone del Nepal interessanti e diventiamo amici anche su facebook! Su consiglio del mio nuovo amico, il giorno dopo, raggiungo Bhaktapur, un’altra cittadina nei pressi di Kathmandu. In autobus incontro una studentessa diciannovenne ed un suo amico che si offrono di farmi da guida.

Nepal, Bhaktapur. Templi in Durbar Square.
Nepal, Bhaktapur. Templi in Durbar Square.

Bhaktapur rimane il luogo più costoso dei dintorni di Kathmandu, ma anche forse il più carino. Bhaktapur è conosciuta anche come Bhadgaon che in nepali significa Città del riso, ed anche come Khwopa, che in newari risulta la Città dei devoti. Il centro storico è tutto pedonalizzato e le stradine di ciottoli collegano un’infinità di templi, cortili, piazze. Tra le viuzze laterali si aprono scenari di attività artigianali con laboratori di vasai, tessitura, intagliatura del legno. Lungo i marciapiedi e i piccoli piazzali le donne anziane stendono legumi e granaglie ad essiccare al sole.

Nepal, Bhaktapur.Cereali e legumi ad essicare al sole lungo le vie del centro storico.
Nepal, Bhaktapur.Cereali e legumi ad essicare al sole lungo le vie del centro storico.

Sulle viuzze, ad ogni fontanella si vedono diversi gruppi di donne indaffarate a lavare i panni e le stoviglie delle loro case. Bhaktapur è una città affascinante! Le sue architetture medievali più antiche risalgono al XII secolo e si trovano nella zona orientale della città; tra il XIV e XVI secolo si sono estese verso la Durbar Square, verso ovest. Trascorro con i miei amici una giornata piacevole, ma sento il bisogno di ritornarci un altro giorno, da sola, in silenzio.

Nepal, Bhaktapur. Primo pomeriggio alla fontana pubblica.
Nepal, Bhaktapur. Primo pomeriggio alla fontana pubblica.

Al rientro in guesthouse, l’ultima sera, ritrovo con grande gioia Yiwin. E’ stravolta perché si è accorta che degli uomini la stavano osservando dalla finestrella del bagno mentre era sotto la doccia. E’ arrabbiata anche con il personale dell’hotel perché ha minimizzato l’accaduto. Non si sente tranquilla dopo l’episodio! Ceniamo insieme in un tipico ristorantino nepalese e ci raccontiamo le nostre reciproche esperienze. Partirà anche lei domani, ma per Seul! Dormirò nella sua camera quella notte!

Il mio viaggio 2014. Ritorno in Cina dalla Mongolia

Sono ritornata a Erenhot in Cina: l’atmosfera qui è più leggera e dinamica. Il costo del viaggio di ritorno da Zamyn Uud a Erenhot è stato molto più economico di quello dell’andata. Mistero! L’autobus per Datong partirà domattina. Saluto i cari amici cinesi che si sono aggiunti al gruppo e abbraccio Taka, che l’altra notte in hotel ha diviso il letto con la sua amica per lasciare me comoda in quello grande. Nahomi, partirà anche lei domani mattina e siamo felici di poter rimanere insieme ancora un giorno. Sia Nahomi che Taka insegnano giapponese in due diverse città, nella parte Nord-Est della Cina. Le due scuole sono entrambe private: guadagnano pochissimo, anche se usufruiscono della gratuità dell’alloggio.

A Datong, in autostazione, incontro un maturo poliziotto in borghese che mi indica il percorso per raggiungere l’ostello: mi accompagna, in modo protettivo, ad un taxi e mi regala la corsa. L’ostello è molto accogliente ospitale; stringo subito amicizia con Yining, una ragazza cinese che viaggia per la prima volta da sola. Stendiamo insieme un piccolo progetto che comprende la visita alla città ed ai siti interessanti che stanno nei dintorni. Il centro storico è stato in gran parte demolito allo scopo di recuperare l’aspetto originario di Datong: i cinesi preferiscono ricostruire a nuovo le parti urbanistiche presistente anziché restaurare gli edifici vecchi. L’aspetto che presentano i quartieri riqualificati qui a Datong, ma nella maggior parte della Cina sono molto pittoreschi, ma decisamente artificiali. Accanto alla città, visitiamo il Tempio Huayan: è suddiviso in due parti separate. Una zona è adibita a monastero, mentre l’altra ospita un museo ricco di statue di epoca Ming e Liao e numerosi dipinti murali realizzati sotto i Quig.

Cina, Datong, Tempio Huayan. Tempio Buddhista, costruito durante la dinastia Liao, 907-1125. Datong
Cina, Datong, Tempio Huayan. Tempio Buddhista, costruito durante la dinastia Liao, 907-1125.

Il Tempio Huayan, costruito durante la dinastia Liao, tra il 907 e il 1125, è orientato verso est per la devozione del popolo di allora al culto del sole. Sempre con Yining, trascorro una serata a camminare lungo le nuove mura che circondano la città. C’è un gran silenzio intorno e rimaniamo sedute sotto un cielo stellato spettacolare ed una fantastica luna piena. Le luci della città, la vista in lontananza sulle montagne appaiono, però, sempre e ovunque un po’offuscate a causa del grosso inquinamento atmosferico che attanaglia tutta la Cina e al quale nessuno sembra dare grande importanza.

Da Datong, un giorno, andiamo a Yungang in autobus, a visitare le grotte buddhiste cinquecentesche: sono splendide! Le 252 grotte che compongono il complesso, contengono molte delle più antiche sculture buddhiste presenti in Cina. Alcune grotte hanno all’interno delle pagode a pianta quadrata, finemente cesellate; sulle pareti sono visibili coloratissimi affreschi con animali, uccelli e angeli. Quasi tutte le grotte, racchiudono, inserite in piccole nicchie, delle minuscole rappresentazioni dei mille Buddha seduti. In otto grotte, invece, sono state scolpite delle enormi statue del Buddha: la maggiore è alta 17 m. Verso sera torniamo a Datong stanche e affamate; ci fermiamo ad osservare il Muro dei Nove Draghi che incontriamo spesso gironzolando per la città. Alto 8 metri, lungo 45,5 m. e largo 2 metri, questo muro, rivestito di piastrelle smaltate, rappresenta l’immagine di nove draghi intrecciati tra loro. E’stato costruito in epoca Ming per tenere lontani gli spiriti maligni e fa una certa impressione anche ora. Per cena ci concediamo una confezione di jiàozi, i ravioli di pasta, ripieni di carne e verdure, cotti al vapore. Li ordiniamo in un ristorante di lusso, dove la cena costa all’incirca 10 euro, ma noi desideriamo soltanto visitare gli interni e guardare come funziona l’organizzazione. Così, prenotiamo i nostri jiàozi e mentre attendiamo che li confezionino per portarceli in ostello, osserviamo il lavoro dei cuochi e delle cuoche in cucina, seguiamo con lo sguardo i camerieri e le cameriere elegantissimi che corrono avanti e indietro dalla sala da pranzo alla cassa; guardiamo incuriosite la gente che entra ed esce dall’imponente portone principale. Il giorno dopo, insieme ad un gruppo di ragazzi prendiamo un taxi e raggiungiamo il bellissimo Tempio Sospeso, un santuario buddhista arroccato su una montagna, sostenuto nel vuoto soltanto da alcuni lunghi pali appoggiati sulla roccia.

Cina, Datong, dintorni. Il Tempio Sospeso.
Cina, Datong, dintorni. Il Tempio Sospeso.

Costruito su un costone roccioso, 1500 anni fa, il monastero ospita un singolare sincretismo delle principali religioni locali: confucianesimo, taoismo, buddhismo. E’costituito da varie stanze adattate alla conformazione della montagna e collegate fra loro da un sistema di passerelle, scalette e strettissimi corridoi in legno che ondeggiano e traballano al continuo passaggio dei numerosi visitatori. Dopo un breve percorso in taxi, non lontano dal Tempio sospeso, ci avventuriamo verso la scalata del Monte Hendshan e raggiungiamo la vetta, alta ben 2017 metri! Questa montagna è un luogo sacro per i taoisti ed è ancora oggi sede di numerosi rituali e attività religiose. La leggenda narra che Zhang Guolao, uno degli 8 immortali della mitologia taoista, si rifugiò qui per vivere una vita in solitudine tra la natura incontaminata. Il paesaggio del Monte Hendshan è misterioso ed è composto da numerosi picchi, dirupi, caverne e alberi. C’è un gran silenzio intorno: si odono soltanto i suoni dello scorrere dei ruscelli e il cinguettio degli uccelli; tutto è perfettamente in armonia con gli insegnamenti taoisti. Il Tempio Beiyue Miao o Tempio del picco settentrionale che incontriamo lungo la salita, è rimasto l’unico luogo sacro della montagna interamente taoista sul Monte Hendshan: è un monastero umile e poco appariscente, proprio come richiede la tradizione taoista. L’essenza di questa filosofia sta nel ritenere il rapporto con la natura l’anima della vita e nel vedere l’essere umano come parte di essa. Lasciato il tempio Beiyue Miao e i silenziosi monaci taoisti che vivono lì, raggiungiamo la cima del monte Hendshan: una fatica indescrivibile, ma poi, condividiamo tutti insieme una soddisfazione immensa!

Dopo quattro notti trascorse nella bella, dolce, accogliente Datong prendiamo il treno e partiamo per Pingyao: sono ancora insieme alla cara Yining. Le amicizie, le condivisioni di alcuni momenti con le persone che incontro durante il viaggio sono una bella esperienza! Il viaggiare da sola mi offre la possibilità di conoscere diversa gente e di condividere con loro alcune scelte e allo stesso tempo di rimanere libera!

Cina, dintorni di Pingyao. La struttura della residenza Wang formata da 423 cortili.
Cina, dintorni di Pingyao. La struttura della residenza Wang formata da 423 cortili.

Pingyao è una cittadina con una storia di 2800 anni, dotata della più completa cerchia di mura di tutta la Cina; appare molto curata e valorizzata in tutto quello che può ricordare il passato. Pingyao, difatti, è la città fortificata di epoca Ming e Qing meglio conservata della Cina e, a differenza di molte altre, ha mantenuto il suo antico fascino riuscendo a sfuggire ai disastrosi rifacimenti operati dagli urbanisti comunisti. All’interno delle mura, ci sono quasi 4000 residenze della dinastia Ming e Qing. Le vie del centro antico sono decorate con lanterne rosse che di notte illuminano debolmente le antiche torri, le vecchie mura e le eleganti case a corte del centro storico, creando un effetto misterioso e suggestivo. Anche noi due, Yining e io, prendiamo alloggio in una delle case a corte della città vecchia, ora adibite ad albergo. Il giorno dopo, con una corsa in taxi collettivo raggiungiamo la casa padronale della famiglia Wang, nella periferia di Pingyao. Le dimensioni colossali del complesso ricordano più la struttura di un castello che la dimensione di una casa privata. Composta da 123 cortili che paiono ripetersi all’infinito all’interno dello stesso schema, la residenza della famiglia Wang si presenta conservata con estrema cura e attenzione in particolare nelle sue parti lignee. A Pingyao visitiamo un’infinità di vecchie banche e di sedi commerciali divenute ora museo. La città è stata un fiorente centro mercantile già all’epoca della dinastia Ming, ma fu solo in epoca Qing che iniziò la sua vera ascesa con la fondazione delle prime banche e l’emissione dei primi assegni circolari per facilitare il trasferimento di argento da un luogo all’altro. Era l’anno 1823. Anche a Pingyao troviamo un antico tempio della religione taoista: il Qìngxù Guàn, risalente alla dinastia Tang. L’edificio più antico di Pingyao rimane, però, il Tempio Dàcheng che risale al 1163 e si trova nel Tempio di Confucio, un grande complesso dove gli aspiranti burocrati venivano un tempo a sostenere gli esami imperiali. L’ultimo giorno della nostra permanenza a Pingyao ci spostiamo in autobus a Zhongdu, a sud-ovest della città per visitare il tempio buddhista di Shuànglìn denominato anche Tempio del Doppio Boschetto.

Cina, dintorni di Pingyao. Il Tempio Shuanglin, tra i campi di granoturco.
Cina, dintorni di Pingyao. Il Tempio Shuanglin, tra i campi di granoturco.

E’ un edificio immerso tra i campi di grano e conserva un gran numero di rare statue dipinte e riccamente scolpite risalenti alle dinastie Song (960-1279)e Yuan. Il tempio, costruito presumibilmente nel 571, presenta una storia di quasi 1500 anni. E’ stato ricostruito durante le dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911), quindi, la maggior parte degli edifici del tempio rispecchiano lo stile Ming e Qing. Attualmente, questo tempio, si presenta come un complesso molto suggestivo e autentico; occupa una superficie di 15.000 metri quadrati, è circondato da alte mura di terra battuta ed è, stranamente, rivolto a sud.

Torniamo a Pingyao e passeggiando lungo le vie della città vecchia incontriamo un gruppo familiare di turisti polacchi. Uno dei ragazzi è uno studente universitario e stringe una bella amicizia con Yining. La madre è un medico che viaggia spesso in Cina per approfondire le sue conoscenze riguardo ai metodi di cura praticati in questo Paese. Trascorriamo molte ore a chiacchierare insieme in una sala da tè e ci salutiamo con la promessa di mantenerci in contatto.

Lascio Yining che se ne torna su un’isola vicino ad Hong Kong, nella casa dai suoi genitori, e raggiungo Xi’An, una città divenuta un tempo il punto di partenza e arrivo della Via della Seta. Xi’An è una gran bella città con le sue imponenti torri: la Torre della Campana e quella del Tamburo, risalenti entrambe al XIV secolo e ricostruite durante il XVIII secolo. L’antica cinta muraria della città qui è ancora intatta. Costruita durante la dinastia Ming nel 1370, raggiunge un’altezza di 12 metri e forma un rettangolo di 14 kilometri di perimetro, circondato da un fossato ormai prosciugato. Le mura, ora restaurate o ricostruite sono percorribili a piedi oppure in bicicletta lungo l’intero perimetro. Xi’An è una città animata da un intenso fermento culturale ed economico. Il sabato e la domenica le stazioni ferroviarie e quelle degli autobus sono stracolme di gente che aspetta paziente, seduta o distesa sul piazzale, il momento di partire, nonostante ci sia un caldo infernale. Già molto presto, di domenica mattina, alla biglietteria del Museo di storia dello Shaanxi c’è una fila enorme di cinesi!

Cina, Xi,An. Museo di Storia dello Shaanxi.
Cina, Xi,An. Museo di Storia dello Shaanxi.

Il Museo contiene numerosi reperti dell’antica Xi’An supportati da informazioni e spiegazioni in inglese. A due passi dal Museo, con un gruppo di nuovi amici, visitiamo un moderno centro commerciale all’aperto composto da negozi, ristoranti e opere d’arte. Nella piazza principale ammiriamo le stupende fontane danzanti che c’incantano con i loro giochi d’acqua musicali. Lì accanto, tra il panorama urbano, vediamo spuntare la splendida Grande Pagoda dell’Oca Selvatica. Si tratta di una delle più belle pagode in stile Tang presenti in Cina; la sua pianta è più quadrata che rotonda ed è stata completata nel 652. Tutto l’insieme architettonico è incantevole! Il giorno successivo lo dedico all’Esercito di Terracotta: dal piazzale dell’autostazione c’è un servizio continuato di pullman per raggiungere il sito. Arrivata sul posto vengo assalita da numerose guide, che si offrono di accompagnarmi nel percorso. La struttura è molto vasta e, effettivamente, mi riesce difficile orientarmi; scelgo di aggregarmi ad un gruppo internazionale di studenti che mi accoglie con molta simpatia.

Cina, Xi'An. Lo spettacolare Esercito di terracotta.
Cina, Xi’An. Lo spettacolare Esercito di terracotta.

L’Esercito di Terracotta è composto da migliaia di soldati e cavalli di dimensioni reali risalenti a 2000 anni fa e scoperti casualmente, nel 1974, da alcuni contadini intenti a scavare un pozzo. La zona musulmana di Xi’An è molto animata: si trova accanto alla Torre del Tamburo e si snoda tra viuzze, mercatini e ristorantini ed ha il suo fulcro culturale e commerciale intorno alla Grande Moschea.

Cina, Xi'An. Aspetti del quartiere musulmano.
Cina, Xi’An. Aspetti del quartiere musulmano.

L’edificio religioso islamico è uno dei più grandi di tutta la Cina e rappresenta una sintesi di architettura cinese e islamica. La Grande Moschea, rivolta verso la Mecca, cioè verso ovest è caratterizzato dalla costruzione del Muro degli Spiriti, un elemento tipico dell’architettura cinese finalizzato a tenere lontani gli spiriti maligni. Anche a Xi’An c’è una casa tradizionale adibita a galleria d’arte, centro culturale e sala da tè. Questo edificio, in origine, era l’abitazione di Gao Yuesong, un funzionario di epoca Qing.

Cina, Xi'An. La Grande Moschea.
Cina, Xi’An. La Grande Moschea.

La struttura rimane una preziosa testimonianza del modello di casa a corte; è composta da sale di ricevimento, camere da letto, appartamenti per le servitù, un altare dedicato agli antenati e dallo studio ora divenuto una sala da tè.

La Cina mi piace molto! I giovani, con i loro entusiasmi, le loro generosità, la grande bontà che li accompagna mi inteneriscono tanto. Dopo Xi’An mi sposto a Luoyang, una tranquilla cittadina con un nucleo animato da stradine in pietra e vecchie case a corte. La Piazza Wangchéng rappresenta un simpatico luogo di ritrovo in tutte le ore del giorno per gli abitanti che qui si incontrano per praticare il tai chi, giocare a scacchi e a carte, per ballare o per distendersi e rilassarsi ovunque.

Cina, Luoyang. Aspetti della Piazza Wangchéng Quingniangong alle 8.30 di mattina di sabato 2 agosto.
Cina, Luoyang. Aspetti della Piazza Wangchéng Quingniangong alle 8.30 di mattina di sabato 2 agosto.

Verso sera, le strade del centro si animano con illuminazioni colorate e musica: ristoranti e mercatini si aprono nelle zone pedonali e gli abitanti dei palazzoni scendono in strada per sedersi sulle gradinate a chiacchierare e godere del fresco della notte.

Cina, Luonyang. 31 luglio 2014, verso sera, la gente scende lungo le vie della città, a prendere il fresco.
Cina, Luonyang. 31 luglio 2014, verso sera, la gente scende lungo le vie della città, a prendere il fresco.

Un giorno intero lo trascorro alle vicine grotte rupestri buddhiste di Longmen, patrimonio dell’UNESCO: sono una meraviglia! La loro costruzione è iniziata intorno al 494 d.C. dagli scultori della dinastia dei Wei, quando la capitale venne trasferita qui da Datong. Nei due secoli successivi, lungo le pareti calcaree a est e a ovest del fiume Yì Hè, sono state scolpite e dipinte oltre 1000 immagini e statue del Buddha e dei suoi discepoli. Il Tempio della Venerazione degli Antenati, scavato durante la dinastia Tang, tra il 672 e il 675, è la grotta più bella dell’intero complesso. Le figure create da questa dinastia hanno delle espressioni e delle posture più naturali rispetto a quelle realizzate nel periodo Wei, ma il loro scopo preciso è quello di incutere terrore. Il Buddha Vairocana, seduto al centro dell’enorme grotta, è alto 17 m. e pare che il suo viso sia stato modellato su quello dell’imperatrice Wu Zetian che ne commissionò l’opera.

Cina, dintorni di Luoyang. Le grotte buddhiste di Longmen, 494 d. C.
Cina, dintorni di Luoyang. Le grotte buddhiste di Longmen, 494 d. C.

Molte statue delle Grotte di Longmen sono state rubate e alcuni pezzi risultano attualmente esposti in importanti Musei stranieri; solo alcuni reperti sono stati sinora restituiti. Un giorno, con una lunga corsa in autobus verso la periferia meridionale di Luoyang, raggiungo il Museo delle Tombe Antiche dove ammiro numerose e accurate stanzette funebri con disposti accanto ad ogni sepoltura, gli oggetti cari appartenuti alla persona defunta. Il museo è molto fornito e contiene pure un’infinità di pitture murali e di oggetti in ceramica e bronzo, risalenti alle varie dinastie dell’antica Cina. In questo museo c’è pure una stanza appartata con una ricca collezione di materiale su Mao Zedong: rimarrà l’unica testimonianza da me incontrata su questo importante Presidente della Repubblica Popolare Cinese.

Arrivo a Chengdù nel primo pomeriggio: è una città moderna, con diversi riferimenti architettonici legati al recupero della storia passata.

Cina, Chendù. Scenario nella parte rigenerata della città.
Cina, Chendù. Scenario nella parte rigenerata della città.

Chengdù è divisa in due parti dal Fiume di Broccato, il cui nome rimane legato alla fiorente industria tessile presente sotto la dinastia degli Han orientali (25-220 d.C.). Da qui, le carovane cariche di rotoli di stoffe percorrevano la Via della Seta meridionale per raggiungere l’Occidente. Durante la dinastia Tang (618-907 d.C.) Chengdù occupava una posizione importante nella vita economica cinese e, trecento anni dopo, sotto la dinastia Song, è stata la prima al mondo a emettere la cartamoneta.

Il Tempio buddhista Wenshu, costruito durante la dinastia Tang, è dedicato alla Bodhisattva della Saggezza, che letteralmente significa Essere (satva) e Illuminazione (bodhi).

Cina, Chendù. La Torre del Tempio Wenshu, dedicato alla Bodhisattiva della Saggezza.
Cina, Chendù. La Torre del Tempio Wenshu, dedicato alla Bodhisattiva della Saggezza.

E’ il luogo di culto più grande e meglio conservato di Chengdù ed ha accanto uno dei vecchi quartieri riqualificati della città.

Cina, Chendù. Processione con mantra al Tempio Wenshu.
Cina, Chendù. Processione con mantra al Tempio Wenshu.

L’insieme della zona si presenta allegro e animato da strette viuzze fiancheggiate da case da tè, ristorantini, negozi e da numerose e simpatiche bancarelle che si snodano tutt’intorno. Qui, mi fermo in un banchetto-laboratorio a raschiare con carta vetrata ed acqua le bacche dell’albero della Bodhi, un antico fico sacro. Questi frutti diventano dei bellissimi ciondoli portafortuna, in particolare per i buddhisti, che li portano come collane o bracciali.

Ora sono in treno, sto viaggiando verso Guilin, al Sud della Cina. Guilin si caratterizza per i suoi splendidi parchi e per le Pagode Gemelle: quella del Sole e quella della Luna che si trovano immerse nel paesaggio del lago Shan. Passeggiando lungo le sponde del lago Ron si raggiunge la Porta Sud, l’unica sopravissuta all’originaria cinta muraria risalente alla dinastia Song. Questa zona appare sempre animata da persone che danzano o praticano il tai-chi.

Cina, Guilin.Tai chi intorno al Lago Rong.
Cina, Guilin.Tai chi intorno al Lago Rong.

Camminando ancora si arriva alla Collina dove si Accumulano i Colori e dopo circa un Kilometro si raggiunge la Porta Est, una porta in parte ricostruita che mantiene qualche resto della cinta muraria originale.

Cina, Guilin. Primo pomeriggio di metà agosto al parco del Lago Rong.
Cina, Guilin. Primo pomeriggio di metà agosto al parco del Lago Rong.

A Nord di Guilin c’è Yangshuò, una cittadina turistica molto conosciuta per i fantastici picchi calcarei che si ergono in mezzo al fiume Lì.

Cina, dintorni di Guilin, Yangshuò. Mercatino ambulante lungo la Pantao road.
Cina, dintorni di Guilin, Yangshuò. Mercatino ambulante lungo la Pantao road.

Raggiungo Yangshuò in corriera insieme a Gloria, una ragazza milanese incontrata in ostello. Gloria si è appena laureata in Lingue e Culture per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale con una tesi sul degrado ambientale in Cina e le risposte del governo. Dalla ricerca di Gloria emerge il fatto che il governo è consapevole del grave inquinamento che coinvolge la Cina, ma non è, per ora, in grado di affrontare un’alternativa all’utilizzo del carbone, una risorsa energetica abbondante nel Paese. Gloria si fermerà a Yangshuò per alcuni giorni: l’accompagno al suo nuovo ostello e poi ci separiamo.

 

Cina, dintorni di Guilin, Yangshuò. Pescatore e cormorani in posa per i turisti sulle rive del fiume Li.
Cina, dintorni di Guilin, Yangshuò. Pescatore e cormorani in posa per i turisti sulle rive del fiume Li.

Stanno appollaiati sulla barca, accanto ai loro padroni che probabilmente li utilizzano per catturare i pesci. Tutto ad un tratto vedo i pescatori remare velocissimi verso la riva: hanno avvistato in lontananza l’arrivo di un battello carico di turisti. Giunti sulla sponda, si piazzano lì con due cormorani sospesi alle estremità di un bastone e li offrono ai turisti, dietro pagamento, come scenario per le loro foto ricordo.

Oggi è l’8 agosto e sarebbe il compleanno di mia madre che compirebbe 89 anni: potrebbe ancora esserci! Ho una grande tristezza nel cuore: qualche giorno fa, aprendo la pagina web del giornale locale della mia regione, il Messaggero Veneto, un’azione che faccio assai raramente, mi è spiccato tra i necrologi il nome di un ex amore! Come sono volati questi anni! Era un ragazzone appena laureato quando ci siamo innamorati! Quanto è stato intenso questo amore, ma non ha avuto seguito! Come te ne sei andato presto! Chissà come! Non ti ho dimenticato, anche se la vita stessa ci ha separati! Verrò a trovarti al cimitero! Ciao, mio amore, così intenso e così irreale!

La Cina continua a piacermi molto! I ragazzi e le ragazze sono particolarmente umani; sembrano i nostri rari ragazzi sensibili, seri, alternativi che, mentre da noi rimangono un’eccezione, qui, in Cina, rappresentano la maggioranza. Da quel che ho capito circa il 70% dei ragazzi e delle ragazze cinesi frequentano l’università. Vi accedono attraverso una forte selezione e gli studenti iniziano ad esercitarsi ai test d’ingresso già nei primi anni delle superiori. La selezione avviene, comunque, anche prima, sicuramente già dalle scuole superiori dove si formano classi di serie A con docenti preparati e classi di livello B con insegnanti mediocri.

I giovani cinesi, in generale, seppur molto intelligenti e colti, non si interessano della vita politica cinese e poco o nulla sanno riguardo al sistema elettorale del loro Paese. Probabilmente non ne sentono l’esigenza avendo tutto quanto organizzatissimo al dettaglio ed essendo ogni controllo governativo mirato a prevenire qualsiasi dissenso. Il sistema di governo cinese si presenta come un’oligarchia gestita da un unico partito: il partito comunista. Il presidente è anche il capo del partito: le uniche elezioni democratiche sono quelle in cui il popolo viene chiamato a scegliere i suoi rappresentanti e poi, gli eletti, gli uomini del partito unico, si nominano tra di loro. La Cina è una nazione proiettata verso un capitalismo avanzato, ma l’inquinamento atmosferico si respira dappertutto: le città sono avvolte da una cappa di smog che ne annebbia la visibilità in tutte le stagioni, ma i condizionatori nelle caldissime estati e gli impianti di riscaldamento a carbone nei freddissimi inverni continuano a funzionare all’impazzata. Diverse pale eoliche e numerose centrali solari si intravedono in tutta la Cina, ma si continua ad usare il carbone in tutti i settori dell’industria, perché ce n’è in abbondanza e risulta ancora la fonte energetica più economica.

Da Guilin arrivo a Beihai, una cittadina di pescatori situata sul mare e lungo una spiaggia denominata la Spiaggia d’argento. Beihai è più povera degli altri luoghi da me visitati, ma anche più semplice.

Cina, Beihai. Al riparo dalla pioggia nella piazza principale.
Cina, Beihai. Al riparo dalla pioggia nella piazza principale.

Come sempre mi adatto al posto almeno dopo qualche ora, quando comincio a capire come muovermi. Raccolgo, ovunque, molte notizie parlando con i ragazzi che incontro durante gli spostamenti in treno. In Cina, soltanto i giovani tra i 16 e i 30 anni parlano l’inglese. Qui in ostello incontro Lion, un ragazzo di 24 anni che ha un mezzo lavoretto per 15 giorni all’ostello dove alloggio. Si è appena laureato ed ha intenzione di girare il mondo con poco denaro. Anche qui in Cina, come in Occidente, i giovani non vogliono più continuare la dura vita di lavoro e sacrifici dei loro genitori e cercano strade alternative. Lion è figlio di un imprenditore agricolo: è il maggiore di quattro fratelli, desidera rendersi indipendente dai genitori e non vuole continuare il lavoro di suo padre. Riguardo alla sua numerosa famiglia, mi spiega Lion che in Cina è possibile concedersela solo se si possiede la disponibilità economica di provvedere ad essa. Per quanto riguarda il numero dei figli, se puoi permettertelo economicamente, non rimani legato alla pianificazione demografica governativa che fino a poco tempo fa consentiva ai genitori di averne soltanto uno. Recentemente, comunque, la legislazione è cambiata e consente ai genitori, se entrambi figli unici, di poter avere fino a due figli. Con Lion visito la parte vecchia di Beihai: le viette e le architetture rappresentano un’importante testimonianza del periodo coloniale, ma nella Zhuhai Lu si possono intravedere delle tipiche case cinesi con i loro loggiati, Qilòu, ora divenuti degli eleganti negozi di perle.

Cina, Beihai. La città vecchia.
Cina, Beihai. La città vecchia.

Nel mercatino non lontano dalla spiaggia oltre ai prodotti alimentari, lungo le stradine, si possono trovare diversi altri servizi: il barbiere, l’estetista, la parrucchiera, il calzolaio, il lustrascarpe, il pulitore di orecchie ed anche i taxi risciò che se ne stanno assopiti all’ombra in attesa dei clienti. Accanto al porto c’è un fornito mercato del pesce con numerosi ristorantini di strada che cucinano, al momento, il pesce acquistato in autonomia dai clienti.

Cina, Beihai. L'attesa dei pescherecci.
Cina, Beihai. L’attesa dei pescherecci.

Saluto Lion che mi accompagna alla fermata dell’autobus; per l’ultimo tratto di strada accetto il passaggio di una signora in motoretta che carica il mio zaino sul davanti e mi trasporta fino alla stazione dei treni.

Arrivo a Kunmin, nello Stato federale dello Yunnan.

Cina, Kunming. Il quartiere del Flower Market.
Cina, Kunming. Il quartiere del Flower Market.

Kunmin è una grande città, molto occidentale, ma nonostante l’accogliente ostello e l’incantevole e animato Parco del Lago Verde, per me rimarrà soltanto un punto di riferimento per i successivi spostamenti. In ostello incontro due famiglie fiorentine in viaggio insieme a due figlie adolescenti in piena contestazione. Alla reception mi imbatto in due simpatici ragazzi trentini e scambio con loro quattro chiacchiere sui nostri reciproci viaggi. E’ la prima volta che incontro degli italiani durante tutto il mio viaggio, e rimarrà anche l’unica!

Raggiungo Dali in pullman.

China, Dali. Performance di danza verso sera in una piazzetta della Old Town.
China, Dali. Performance di danza verso sera in una piazzetta della Old Town.

Passeggio per la città vecchia e visito i numerosi negozi che si aprono lungo le vie del centro storico, ma mi sposto spesso, per lo più i dintorni.

Cina, Dali. Venditore di zucchero filato nella Old Town.
Cina, Dali. Venditore di zucchero filato nella Old Town.

Alcuni villaggi sono carini, ma decisamente moderni e molto turistici. Caicun, sul lago Erhai ha l’aspetto di una grande città fin troppo nuova!

Cina, dintorni di Dali. Turisti e venditrici di frutta lungo la riva del lago Erhài.
Cina, dintorni di Dali. Turisti e venditrici di frutta lungo la riva del lago Erhài.

La raggiungo in autobus, ma la fermata è un po’ lontana dal lago. Chiedo delle informazioni a un distinto passante, ma non parla inglese e non riesco a farmi capire. Poco dopo lo vedo sbucare dal parcheggio su un’enorme auto di lusso. Si ferma accanto a me e mi accompagna fino al lago. Riesco a capire che lavora in banca e che la sua auto è una Maserati. Un altro giorno mi reco nell’antica cittadina di Xizhou insieme ad una coppia di turisti spagnoli e visito un tradizionale laboratorio di batik, i tipici tessuti colorati mediante la copertura delle zone che non si vogliono tingere. Vado poi a visitare una casa tipica dell’etnia Bai costruita nel primo Novecento da un ricco mercante locale. Accanto alla casa c’è un piccolo tempio buddhista, divenuto un particolare luogo di incontro per le donne del paese. Xizhou è una cittadina tranquilla, avvolta in un silenzio quasi misterioso. Dietro le bancarelle del mercato o sedute accanto ai loro prodotti agricoli si vedono molte donne in costume tradizionale Bai. Gli uomini se ne stanno per conto loro. Sono là, seduti sulle gradinate del piazzale, vestiti tutti uguali, con pantaloni e camicioni blu; in silenzio ci osservano, forse sono delle guide, forse aspettano qualcosa, ma rimangono lì immobili, muti, soltanto a guardare. Il giorno dopo, con un taxi collettivo, raggiungo Zhou Cheng. Il taxi si ferma e l’autista mi informa che l’unica risorsa della cittadina non è quest’altro laboratorio di batik. Decido di proseguire il viaggio insieme a due turiste cinesi e mi fermo qualche ora con loro a Shuan Lane. E’ un grazioso villaggio sul lago Erhai, con le stradine lastricate che fiancheggiano un porticciolo animato da coloratissime barche e un gran pullulare di eleganti negozietti, di accoglienti ristoranti, di animati bar e hotel. L’aspetto di Shuan Lane è abbastanza simile ad una piccola Venezia.

Ora sono a Lijiang, un luogo molto, molto turistico. Sulla corriera ho stretto amicizia con Matìas, un ragazzo argentino che fa il ricercatore all’università di Melbourne e con Daisy, una sua amica di Chengdù, ricercatrice pure lei. Entrambi si occupano di agricoltura. Daisy ha appena ricevuto una telefonata dall’università di Chengdù: deve proporre con immediatezza un piccolo progetto sperimentale che non guardi soltanto al monopolio delle grosse multinazionali, che già ne condizionano l’operato, ma non ne sia loro nemmeno d’ostacolo, però! Discutiamo a lungo e condividiamo un progettino che miri al recupero delle sementi originali e della biodiversità. Il boss, ricontattato al telefono da Daisy, ne rimane soddisfatto! Qui a Lijiang, passeggiando per le stradine stracolme di negozi moderni si possono ancora incontrare delle persone che indossano il costume tradizionale Bai, una delle minoranze etniche prevalenti nella zona. Le cittadine di Baisha e a Shuhè, nei dintorni, appaiono più interessanti del grande centro.

Cina, Bàisha, dintorni di Lijiang. Incontri lungo le antiche stradine.
Cina, Bàisha, dintorni di Lijiang. Incontri lungo le antiche stradine.

A Baisha c’è un ristorante che fa riferimento al dott. Ho Shi Xiu, un leggendario erborista descritto dallo scrittore e viaggiatore britannico Bruce Chatwin e da lui immortalato come il medico taoista delle Montagne del Drago di Giada. Qui le strade in blocchi di pietra sono in fase di rifacimento e piove a dirotto. Mi addentro in un porticato e visito la scuola femminile di pitture ricamate che si apre all’interno. La scuola con l’attività che la caratterizza ipotizza, con un gigantesco grafico disegnato su un immenso cartellone, un enorme boom nella richiesta dei suoi prodotti nei prossimi anni.

A poca distanza da Baisha c’è Shuhè con i suoi curatissimi vicoli, i corsi d’acqua valorizzati come luoghi da percorrere attraverso ponticelli e zone pedonali, una vastità di giardini con piante in fiore e alberi ombreggianti sulla moltitudine di arredi urbani disposti ovunque.

Cina, Shùnè, dintorni di Lijiang. Percorsi pedonali nella città vecchia.
Cina, Bàisha, dintorni di Lijiang. Incontri lungo le antiche stradine.

Gli sfondi delle vecchie case, il ponte con le carrozze ed i cavalli in attesa dei turisti, gli scorci dei vicoletti nascosti sono le location preferite di numerosi professionisti indaffaratissimi a realizzare una moltitudine di suggestivi, affascinanti servizi fotografici.

Cina, Shùnè, dintorni di Lijiang.Servizio fotografico su uno dei ponti della città vecchia.
Cina, Shùnè, dintorni di Lijiang.Servizio fotografico su uno dei ponti della città vecchia.

Shangri-la, la cittadina semidistrutta qualche tempo fa da un devastante incendio un tempo era conosciuta con il nome di Zhongdiàn oltre che con quello tibetano di Gyalthang.

Cina, tra Lijiang e Sangri-La. Paesaggio.
Cina, tra Lijiang e Sangri-La. Paesaggio.

E’ situata a 3200 metri di altitudine ed ha un’identità culturale molto vicina a quella tibetana. La città vecchia ha un grande fascino! Alla sera fa molto freddo e la gente si ripara all’interno dei numerosi locali con i vetri appannati dove sono stati accesi stufe e caminetti. Di giorno, passeggiando lungo la Sifan Jie mi addentro tra i vicoli acciottolati che si diramano ai suoi lati e scorgo i numerosi graziosi palazzi danneggiati dall’incendio; sono ora in fase di restauro assieme ai diversi stupa della città vecchia. Lassù in alto, su una collina, domina austero un monastero, il Guìshan Sì; accanto al tempio sorge la Zhuàn Jìng Tòng, la ruota della preghiera più grande del mondo: è alta 21 metri e contiene, al suo interno, 100.000 piccole ruote di preghiera.

Nei dintorni di Shangri-la raggiungo, con dei nuovi amici e attraverso un’escursione organizzata dall’ostello, il Parco Pùdàcuò e il Lago Sùdù Hù. Un’accurata organizzazione all’interno del parco, costituita da trasporti con autobus e barconi, da stradine e ponticelli pedonali in legno, facilmente percorribili, rendono piacevolmente accessibili tutte le zone dell’oasi.

Il Ganden Sumtseling Gompa, un monastero tibetano risalente a 300 anni fa, che ospita circa 600 monaci si trova a circa un’ora di cammino da Shangri-la ed è molto suggestivo.

Cina, Sangri-La, dintorni. Ganden Sumtseling Gompa, monastero costruito 300 anni fa.
Cina, Sangri-La, dintorni. Ganden Sumtseling Gompa, monastero costruito 300 anni fa.

Passeggiando nei dintorni del tempio incontro degli agglomerati di case contadine, con erette all’esterno delle strutture in legno per essiccare il fieno: sono molto simili a quelle utilizzate nelle nostre zone montane.

Anche il mercato di Shangri-la è particolare. Le bancarelle che stazionano lungo la strada principale sono gestite da donne in costume tibetano: alcune vendono dei funghi enormi, a forma di cono, che non ho visto mai da nessun’altra parte del mondo.

Cina, Sangri-La. Il mercato dei funghi.
Cina, Sangri-La. Il mercato dei funghi.

E ora, ritorno a Kunmin e viaggio aereo verso Kathmandu appena in tempo per non far scadere il visto cinese.