Varanasi (Uttar Pradesh) 2016

Varanasi, 15 febbraio 2016. Il Chousatti Ghat verso sera.

Varanasi, 15 febbraio 2016. Il Chousatti Ghat verso sera.

15 febbraio 2016

Da Chitrakoot insieme a Ben e Marissa prendiamo l’autorisciò fino al parcheggio dove stanno i mezzi che vanno un po’ più lontani. La stazione degli autobus per Allahabad sta a 9 km da qui, a Karwi. Il risciò ci porta, però, alla stazione ferroviaria di Karwi e gli autisti ci suggeriscono di prendere un ulteriore risciò. Ci sembrava di aver concordato un prezzo di 10 rupie a testa, ma quando arriviamo a destinazione, a pochi metri dalla stazione ferroviaria, secondo l’autista dovremmo pagare 100 rupje (1,50 euro) per una corsa di non più di 500 metri. Paghiamo le 30 rupje e ce ne andiamo, ma l’autista inizia a fare una gran scenata dicendo che la tariffa per quel tragitto è fissato in 100 rupie. Ben gliene dà altre 50, ma lui ci insegue affiancato da un altro indiano grande e grosso che ha chiamato a sostenere la sua causa. Alla fine Ben gli dà altre 100 rupie nonostante il mio disaccordo e quello gli restituisce soltanto le 50 e non le 30 che avevamo già pagato.

Varanasi, 18 febbraio 2016. Nei pressi del Dasaswamed Ghat durante la cerimonia serale.

Varanasi, febbraio 2016. Nei pressi del Dasaswamed Ghat durante la cerimonia serale.

Alle 9.30 prendiamo l’autobus governativo e attraversiamo dei villaggi sulle colline: a Lalapor c’è un tempio importante e ogni lunedì si tiene un caratteristico mercato dove la gente delle borgate arriva in bicicletta e con i trattori a vendere verze, cavoli, carote, patate, pomodori, aglio, cipolla e anche delle mercanzie. Percorriamo una strada dissestata con ai bordi dei grumi di sabbia e ghiaia ed anche delle tubature in cemento che indicano dei lavori di posa in opera dell’impianto fognario. Le case sono basse e dipinte di bianco con i tetti in paglia o con dei coppi piani, un po’ arrotondati, senz’altro fatti a mano. I campi dei dintorni sono coltivati a dhal (lenticchie), frumento e colza. Ci sono dei campi arati e altri lasciati ad erba per il bestiame al pascolo. Da lontano si vedono diverse greggi di pecore dal vello bianco, nero, o marrone. Le mucche stanno legate agli alberi di seesam che fiancheggiano i bordi della strada.

Varanasi, 17 febbraio 16.

Varanasi,  febbraio 2016.

Avvicinandoci ai centri abitati si vedono molte cave, dei cementifici e delle fornaci con delle file di camion e trattori lungo la strada. Seduto accanto a me c’è l’ impiegato di un college che si sta recando al lavoro. Sono le 11.00 e oggi gli è stato concesso un ritardo di un’ora e lavorerà comunque fino alla 16.00 come gli altri giorni. A Mao scende anche lui insieme a molta gente, ma tanti altri salgono e la corriera in un attimo è di nuovo piena. Il viaggio è lungo e sono in piedi: ho ceduto il posto ad una donna anziana che non riusciva a stare in equilibrio ed era caduta sul pavimento. C’erano dei giovani seduti accanto a me, ma nessuno ha fatto caso a lei.

Varanasi 18 febbraio 2016. Puje di bramini sui ghat.

Varanasi, febbraio 2016. Puja di bramini sui ghat.

Sulle colline il paesaggio è più arido: ci sono molti massi e qualche raro albero. La corriera suona continuamente il clacson con un suono simile a quello della littorina che negli anni ’50 sentivo quando andavo a trovare la mia nonna-matriarca che abitava ad Artegna, nella pianura del torrente Orvenco. La corriera ora sta attraversando un paesaggio pianeggiante e quando arriva ai villaggi s’infittiscono le persone che camminano con dei sacchi stracolmi sulla testa e con delle grosse borse tra le mani. Qualche anziano vestito di bianco, con le gambe storte, pare trascinarsi lungo il bordo della strada. Molti uomini si spostano su delle grandi biciclette nere, trasportando fasci di legna od erba, ma anche montagne di sacchi pieni di granaglie e altre mercanzie da vendere al mercato. Ad Allahbad cambiamo autobus e saliamo su quello diretto a Varanasi.

Varanasi, kedar Ghat, 21 gennaio 2016. Passaggio di pellegrini.

Varanasi, febbraio 2016. Passaggio di pellegrini al Kedar Ghat.

Attraversiamo degli enormi cavalcavia sotto i quali ci sono migliaia di ripari composti da lamiere e teli di plastica. Là sotto, anziani, bambini, uomini e donne trascorrono le loro vite e nessuno fa sì che avvenga una trasformazione.

Varanasi, 21 febbraio 2016, mattina. Puja per gli antenati.

Varanasi, febbraio 2016, mattina. Puja per gli antenati.

Da Allahbad a Varanasi il paesaggio è piano e la disposizione delle case e la strada paiono farsi più ordinate. Attraversiamo ancora dei centri abitati animati da affollati mercati e negozi. In una cittadina poco distante da Varanasi compaiono donne vestite di nero e coperte dal velo e degli uomini vestiti di bianco seduti su un muretto a chiacchierare. Lì accanto c’è una moschea e più avanti una chiesa cristiana entrambe poste in gran risalto.

Varanasi, Godonia, 23 febbraio 2016. Manifestazione per un anziano guru.

Varanasi, Godonia, febbraio 2016. Manifestazione dei seguaci di un anziano guru.

Entriamo a Varanasi: la città è in festa, qualcuno mi dice, per la festa delle puja. Da una parte e dall’altra della strada principale ci sono gruppi di giovani che ballano al suono di una chiassosa musica. Lungo la strada, a momenti, incontriamo dei cortei che sfilano con le statue delle divinità cantando dei mantra.

Varanasi, 22 febbraio 2016. Il levar della luna piena.

Varanasi, febbraio 2016. Il levar della luna piena sui ghat.

Ceno con Ben soltanto: Marissa è rimasta in camera a riposare. Ben è un ragazzo di soli 23 anni, molto intelligente: sta viaggiando da due anni e lo farà ancora per 4, poi inizierà gli studi universitari nel settore socio-politico più che altro per far contenta sua madre. Ha 3 sorelle tutte impegnate in lavori legati alle banche, mentre sua mamma ha da poco intrapreso degli studi nel campo della medicina cinese. Ben è il più giovane dei 4 fratelli; mi racconta che sua madre ha lasciato il marito quando lui aveva soltanto 8 mesi e da anni non ha alcun rapporto con il padre. Entrambi i genitori si sono, comunque, risposati.

Varanasi, 24 febbraio 2016. La benedizione del guru.

Varanasi, febbraio 2016. La benedizione del guru.

16-17 febbraio 2015

Varanasi: unica, insostituibile città, carica di vitalità ed energia. Quando arrivo la Brahmdev guest house è al completo e mi adatto a dormire in una stanzetta buia e anonima, di un alberghetto lì accanto. L’indomani mattina mi sposto alla Family house e qui è veramente un alloggio accogliente, familiare e pieno di luce. Oggi, però, si è liberata una stanza alla mia vecchia guest house e preferisco spostarmi là.

Varanasi, 27 febbraio 2016, Main Road. La preparazione del pasto per i poveri.

Varanasi, Main Road, febbraio 2016. La preparazione del pasto per i poveri.

Molta gente per le stradine mi riconosce e mi saluta: tornare qui è un po’ come tornare a casa. Febbraio è ancora nell’alta stagione e tutta la città è affollata di turisti occidentali. Marisa e Ben li incontro ai ghat: stanno con un gruppo di personaggi vestiti da sadhu e con i simboli shivaisti dipinti sulla faccia. Stanno passandosi una pipa di terracotta per tirare una boccata di fumo ciascuno.

Varanasi, 23 febbraio 2016. Notte di luna calante sui ghat.

Varanasi, febbraio 2016. Notte di luna calante sui ghat.

Qui ai ghat gli episodi di vita quotidiana si ripetono: donne che celebrano le puja per proprio conto, bramini con la corda a tracolla che impastano la farina con l’acqua per un diverso rituale, guru e preti che aspettano i clienti sotto gli ombrelloni per i loro business.

Varanasi, 21 febbraio 2016. Puja per le donne.

 Varanasi, febbraio 2016. Puja per un gruppo di donne.

Dopo la giornata piovosa di ieri, oggi è tornato il sole. Il fiume questa mattina più che mai è affollato di barche: ne sta ora arrivando una con un carico di bramini a bordo. Tengono dei piatti di metallo ora vuoti tra le mani. Quando quelli scendono, subito la barca si riempie di altri bramini, questa volta con i piatti pieni. Stanno andando, come i precedenti, a celebrare la puja al largo.

Varanasi, 27 febbraio 2016. Le donne del pellegrinaggio di Shimla, H. P.

Varanasi, febbraio 2016. Donne di un pellegrinaggio proveniente da Shimla (H.P.).

Sono da poco passate le 9.00: i cancelletti dei tempietti sono tutti aperti e lasciano ben vedere le sculture ed i dipinti delle divinità che stanno all’interno. A volte le persone si fermano davanti alle immagini sacre e pregano con le mani giunte. Più avanti un gruppo di soli uomini seduti in cerchio, vestiti un po’ alla montanara sta seguendo il discorso di un guru che parla al microfono. Una donna in sari e tre uomini a dorso nudo stanno allineati, a mani giunte, rivolti verso il sole e immersi a metà nel fiume.

Varanasi, 27 febbraio 2016. Sera davanti ad un tempio di Bengali Tola.

Varanasi, febbraio 2016. Sera davanti ad un tempietto di Bengali Tola.

Incontro un sadhu vestito di bianco e addobbato con collane, bracciali e anelli di ogni tipo. Ha 49 anni, è originario di Delhi e proviene da una famiglia di bramini: il padre era ingegnere. Ha un fratello minore con il quale non ha rapporti. E’ diventato sadhu a 30 anni senza aver mai avuto esperienze di lavoro. Dice di aver studiato magia nera a Kanpur, una città che sta a 4 ore da Varanasi, sempre nell’Uttar Pradesh.

Varanasi, 27 febbraio 2016. Mercatino di ortaggi all'ingresso del Dasaswamedh Ghat.

Varanasi, febbraio 2016. Mercatino di vegetali all’ingresso del Dasaswamedh Ghat.

18 febbraio 2016

Già nella prima mattinata i cortei nuziali stanno arrivando al Dasaswamedh Ghat.

Varanasi, 17 febbraio 16. Sposi.

Varanasi, febbraio 2016. Arrivo di uno sposalizio nei pressi del Dasaswamedh Ghat.

Oggi gli sposi sono tutti vestiti con l’abito tradizionale da marajà mentre le spose sono sempre coperte dal mantello rosso con i fiori dorati. Le spose portano dei vistosi ornamenti, forse in oro forse soltanto dorati, che partono dalla narice destra del naso e vanno a congiungersi con il lobo dell’orecchio. In più sono ricoperte da collane, bracciali, cavigliere, anelli alle dita delle mani e dei piedi che s’intravedono appena nei momenti in cui il manto scivola un po’ via.

Varanasi, 19 febbraio 2016. Il riposo della sposa.

Varanasi, febbraio 2016. Il riposo della sposa.

Sembrano tristi queste spose, dico ad un venditore di cartoline del ghat. Lui mi risponde che sono stanche per le puja del giorno prima che per tradizione si protraggono fino a tarda notte. Lascio il Dasaswamedh Ghat e cammino verso il Kedar Ghat.

Varanasi, 19 febbraio 2016. Uno sposo arriva al ghat tirando la moglie con la sciarpa annodata al mantello di lei.

Varanasi, 19 febbraio 2016. Uno sposo arriva al ghat tirando la moglie con la sciarpa annodata al mantello di lei.

Gruppi di uomini a dorso nudo stanno celebrando la puja insieme ad un sacerdote: paiono gli stessi di ieri, dei giorni scorsi e di mesi fa, ma sono sicuramente altri. Poco prima del Raja Ghat ci sono le solite distese di bucato appese a dei fili e appoggiate sulle pietre. Saluto il sadhu elegante incontrato ieri: sta insieme ad un altro santone dall’aspetto anche lui interessante. Stanno lì, seduti sotto un ombrellone, ad aspettare non si sa bene cosa.

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Varanasi, febbraio 2016. Il Manikarnika Ghat, il grande ghat delle cremazioni.

Sono già le 10.00 e fa molto caldo. Decine di barche cariche di pellegrini stanno andando nelle diverse direzioni dei templi. Venditori di borse da viaggio, di collane tenute appese sulle braccia, di cjai tenuto al caldo con un braciere legato sotto la brocca camminano instancabili su e giù per i ghat. Mucche, capre e cani scavano con il muso nei mucchi di immondizie accatastati qua e là, mentre colombi e pappagallini volano da un buco all’altro tra le pietre dei palazzi. Mi siedo all’ombra del solito tempietto: è ancora bagnato dai rigagnoli dell’acqua servita per lavarlo. Un prete sta recitando un mantra e un altro ha appena ritirato le offerte dopo la celebrazione di una puja.

Varanasi, 27 febbraio 2016. Ultimo raggio di sole.

Varanasi, febbraio 2016. Ultimo raggio di sole visto dall’altra sponda del Gange.

19 febbraio 2016

Ieri pomeriggio è arrivata Silvia, la mia amica di Roma: rimarrà qui fino al 28 febbraio! Questa mattina siamo andate insieme al Dasaswamedh Ghat ad osservare lo svolgimento delle puje, in particolare quelle celebrate per i numerosi sposi che in questo periodo arrivano qui, sul Gange. Le donne dei cortei arrivano al ghat con grossi pacchi avvolti in tovaglie con il necessario per le puja. Sull’ultimo gradino del ghat, quello che sta più vicino al Gange disegnano un cerchio giallo, poi, intorno dei punti rossi. Intorno ancora dispongono una coroncina di fiori e in mezzo appoggiano un piatto con delle specie di chapati, dei ceci, del riso. In parte bruciano dei bastoncini d’incenso, appoggiandoli in un vasetto di terracotta. L’officiante, se c’è, con il suo ciuffetto di capelli lunghi sulla nuca e con una sciarpa di lana legata al corpo in modo trasversale, toglie e petali dai fiori e li mette nelle mani di sposi e invitati, recitando una preghiera. Alla fine tutti gettano i petali nel fiume e si bagnano il volto con la sua acqua.

Varanasi, 27 febbraio 2016. Tramonto visto dall'altra sponda.

Varanasi, febbraio 2016. Tramonto visto dall’altra sponda del fiume.

Laggiù, un’altra coppia di sposi sta salendo su un barcone insieme agli invitati per andare a celebrare la puja nell’altra sponda e un altro corteo ancora è appena tornato da laggiù, su una grossa barca a motore. Un gruppo nuziale con un paggetto in abito da marajà e lo sposo vestito di rosa che sta tirando la moglie legata al mantello sta arrivando. Insieme a loro ci sono dei giovani che ora stanno danzando al suono dei tamburi. Uomini e donne sono vestiti in modo elegante e abbondantemente ingioiellati.

Varanasi, 27 febbraio 2016. Il tramonto sulla città visto dal di là del fiume.

Varanasi, febbraio 2016, verso sera. Barbiere al lavoro sull’altra sponda del Gange.

Celebrata la puja anche loro partono con una barca a motore, trascinando in acqua le lunghe corde con i fiori infilati negli intrecci. Le puje si susseguono con un ritmo incalzante mentre dei bambini in parte con i piedi immersi nell’acqua pescano con le calamite le monete appena donate al fiume.

Varanasi, 23 febbraio 2016. L'ora del tramonto sui ghat.

Varanasi, febbraio 2016. Tramonto sui ghat.

20 febbraio 2016

Giornata dedicata a rivisitare Sarnath insieme a Silvia. Un giro al centro archeologico dove ci sono i resti dei monasteri, degli stupa e dei templi costruiti nel luogo dove il Buddha (566-486 a. C.) ha pronunciato il suo primo sermone davanti soltanto a 5 persone, dopo aver raggiunto l’illuminazione.

Sarnath, Dhanekh Stupa, V secolo.

Sarnath, 20 febbraio 2016. Dhanekh Stupa, V secolo.

Durante il XIX secolo gli scavi hanno portato alla luce le rovine di monasteri, di stupa, di un tempio. Nel grande parco archeologico spicca imponente il Dhanekh Stupa, un edificio alto 34 metri. Gli intagli geometrici e floreali intorno alla superficie di questo stupa risalgono al V secolo d.C., ma alcune composizioni potrebbero appartenere al 200 a.C.

Dhanekh Stupa, V secolo.

Sarnath, 20 febbraio 2016. Dhanekh Stupa V secolo.

Il Museo archeologico che avevo già visitato qualche mese fa mi è parso più esteso e curato. Molte sculture di divinità, numerosi stipiti di antiche porte e bellissimi ombrelloni in pietra, insieme a numerosi oggetti finemente incisi sono stati recuperati durante gli scavi iniziati nel XIX secolo.

Sarnath, Museo archeologico, 20 febbraio 2016. Scultura in pietra del VII secolo.

Sarnath, 20 febbraio 2016, Museo archeologico. Scultura in pietra del VII secolo.

Prima di prendere il motorisciò per far ritorno a Varanasi entriamo a visitare il tempio Jainista che sta lì accanto. Questa religione è rappresentata da 24 profeti 11 dei quali nati a Sarnath. Il ventiquattresimo profeta, Mahavira (559-527 a. C.), visse 2400 anni fa e fu contemporaneo del Buddha. Durante la sua vita si è verificò una scissione dalla quale sono scaturite due correnti: Shvetambara (“vestiti di bianco”) e Digambara (“vestiti d’aria”). Questo di Sarnath è un tempio Digambara. Secondo i Digambara i 4 punti cardinali sono l’unico abito dell’uomo: il cielo è la sua coperta e la terra è il suo giaciglio.

Shiva e Parvati, X secolo.

Sarnath, 20 febbraio 2016, Museo archeologico. Una scultura del X secolo rappresentante Shiva e Parvati.

I maestri Digambara non si tagliano i capelli, ma se li strappano, prendono il cibo e l’acqua solo una volta al giorno servendosi delle mani nude. I maestri non si nutrono di tuberi che crescono sotto terra. Non usano lavare il proprio corpo per non uccidere i piccoli esseri viventi che vi stazionano.

Sarnath, 20 febbraio 2016. Alimentatore per la fiamma in una tea-stall.

Sarnath, 20 febbraio 2016. Alimentatore per la fiamma in una tea stall.

I maestri Digambara non parlano, non mangiano, non camminano dopo il tramonto quando siedono in meditazione. Sono completamente vegetariani, non usano medicine chimiche per curarsi, ma soltanto erbe medicinali.

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Sarnath, 20 febbraio 2016. Il tempio Jainista e lo stupa sullo sfondo.

Anche per il sesso c’è la regola di farlo unicamente con la moglie e soltanto ogni tre mesi. Durante la stagione delle pioggie i maestri Digambara stanno fermi in un luogo di ritiro. Dalle documentazioni fotografiche e scritte che il custode del tempio ci mostra e dai suoi racconti scopriamo più in dettaglio questa particolare religione. Osserviamo con curiosità le foto dei maestri rigorosamente nudi, scattate durante un intervento in parlamento, in incontri pubblici con M. H. Gandhi, con Sonia Gandhi, con Modi, con il Dalai Lama.

Sarnath, 20 febbraio 2016. Preghiera davanti al Dhaneskh Stupa,V secolo, il luogo dove il Buddha pronunciò il suo primo sermone.

Sarnath 20 febbraio 2016. Preghiera davanti al Dhaneskh Stupa V secolo. E’ il luogo dove il Buddha pronunciò il suo primo sermone.

21 febbraio 2016

Trascorriamo la mattinata ai ghat ad osservare lo svolgersi delle puja. Un gruppo in prevalenza di donne provenienti da varie parti dell’India sta celebrando insieme al bramino e ad alcuni mariti la puja a loro stesse dedicata. Qualcuno mi dice che la dea protettrice delle donne per quanto riguarda il denaro è Lakshmi, ma non sono certa che sia una credenza condivisa. Le donne tengono tra le mani un piatto con due ciotole contenenti una del colore giallo, l’altra della polvere rossa. C’è anche un vasetto, dei rametti e tanti petali di fiori. Stanno semisommerse nell’acqua del fiume e con il vasetto si versano ripetutamente l’acqua sulla testa ripetendo il mantra “Om nama Shiva”.

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Varanasi, 21 febbraio 2016. Pellegrinaggio dal Supremesakshi Temple, 62 Km da Chennai.

Con i bastoncini si strofinano i denti e le labbra, con il colore giallo, simbolo della purezza, poi con lo stesso colore si cospargono la faccia e i piedi, mentre con il rosso si fanno un segno l’una con l’altra, a metà della fronte, il punto centrale del corpo. Questa parte della puja è preparatoria, mi dice un marito di Visakhapatnam, nell’Andhra Pradesh. Se ho ben capito, la cerimonia proseguirà questa sera alle 18.00 e continuerà fino alla mattina, con l’accensione di 100.000 candele nei principali templi dell’India.

Varanasi 19 febbraio 2016. Puja sul Gange.

Varanasi, febbraio 2016. Puja sul Gange.

Proseguiamo verso il Kedar Ghat e lungo il percorso ci fermiamo ad osservare due ragazzi che stanno celebrando una puja insieme ad un guru per commemorare i defunti genitori. Qui, ognuno di loro sta impastando del riso con della farina e dell’acqua per poi formare delle piccole palline che dispongono in cerchio intorno al piatto. Anche in questa puja hanno degli stecchetti e dei petali di fiori. Più avanti, proprio dalla scalinata del Kedar Ghat sta scendendo un numeroso gruppo, anche qui quasi interamente di donne. Sono tutte vestite di rosso e fanno parte del Melmaruvathus Temple di Trichi, a 92 Km da Chennai. Portano con loro una fiaccola, dei petali, delle specie di zucche in mezzo alle quali accendono una candela allo scopo di sconfiggere le negatività. Anche su dei piatti accendono dei piccoli fuochi che alimentano gettando sopra della farina e con le fiamme accese vanno sul bordo del fiume cantando un dolcissimo mantra.

18 feb.Sera al dasaswamedh Ghat.

Varanasi, febbraio 2016. Sera al Dasaswamedh Ghat.

22 febbraio 2016

Abbiamo percorso la Main Road fino a Godonia e poi ci siamo dirette oltre la zona del Manikarmika Ghat. Ci siamo sedute in una delle logge che sporgono sul fiume all’altezza del Panchaganga Ghat, per osservare dall’alto lo svolgimento delle puje, i bagni degli indiani, il passaggio delle barche e il panorama osservati da un altro punto di vista. Ora, è appena arrivata una coppia con un bambino di pochi giorni per celebrare una puja sulla riva del fiume. Hanno con loro una grossa borsa con una scatola di metallo all’interno della quale stanno i barattolini con la polvere gialla, con quella rossa, delle grandi pastiglie bianche, dei petali di fiori, degli incensi, una collana di gelsomino, una candela, una noce di cocco, dei vasetti per attingere l’acqua. La giovane madre disegna con le mani una forma circolare sulla terra e la contorna con la polvere gialla. Al centro, insieme al celebrante e al marito mette i petali, la collana di gelsomino, delle rupie in carta e in moneta, una candela accesa. In una ciotola i tre mettono le pastiglie e in parte bruciano i bastoncini d’incenso. Il celebrante spruzza dell’acqua sulla donna e sul bambino e disegna ad entrambi il cerchio rosso sulla loro fronte ed anche sulla noce di cocco. Poco più là, immersa nel fiume sta una donna anziana che si ferma a lungo con le mani giunte a guardare il sole. Un altro anziano è appena arrivato al ghat e si sta spogliando per fare il bagno. Ora sta affidando il suo telefonino e il portamonete al guru affinché glieli custodisca durante il bagno.

Varanasi, 19 febbraio 2016. Banchetto nuziale sul ghat.

Varanasi, febbraio 2016. Banchetto nuziale sui gath.

Un gruppo di 4 donne vestite con dei golf in lana lavorati a mano sta dando dei doni al guru; lui se ne sta seduto sul palchetto di fronte a noi e parla con la bocca piena di pan. Le donne con il golfetto gli hanno donato molte patate e dei sacchetti con farina, riso, zucchero e altri cibi. Ora loro si stanno pettinando e truccando usando gli specchi che il guru mette a disposizione per le persone che fanno il bagno. Le donne ad una ad una ora vanno a salutare il guru baciandogli i piedi; poi salgono nel terrazzamento soprastante la loggia a ritirare gli abiti messi a stendere dopo il bagno nel Gange.

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Varanasi, febbraio 2016. Sui ghat. 

Guardando proprio sotto a noi vediamo due giovani uomini che stanno pregando a mani giunte e ad alta voce sulla riva: sono lì da molto tempo e uno di loro sta piangendo. Sta calando la sera e c’è la luna piena che sta levandosi a levante e la sua luce si riflette sull’acqua increspata del Gange. Ci sediamo sulla scalinata a lato del Dasaswamedh Ghat dove si sta completando la cerimonia che si ripete tutte le sere. Il sadhu aristocratico di Delhi che ho conosciuto qualche giorno fa sta recuperando le sue coperte per mettersi a dormire lì, sul ripiano di legno sopra il fiume. Sta passando di qui anche il sadhu che dirige la scuola di yoga del Dasaswamedh Ghat: mi riconosce e mi saluta.

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Varanasi, febbraio 2016. Vita sui ghat.

23 febbraio 2016

Questa mattina Silvia ed io abbiamo camminato ancora verso Godonia. Proprio all’incrocio di Bengali Tola c’era una grande manifestazione a sostegno di un anziano guru. Sfilavano ragazzi in divisa bianca, dei giovani cantavano e fuoriuscivano con le braccia dai cassoni dei camion, uomini e donne portavano striscioni inneggianti al guru, tutti avanzavano recitando dei mantra e distinguendosi per un distintivo che portavano puntato sul petto. Quando più tardi siamo scese ai ghat ci siamo fermate ancora ad osservare lo svolgimento delle numerose puje che si stavano svolgendo: alcune, con il celebrante riguardavano i matrimoni e le famiglie, altre, officiate da piccoli gruppi di donne per conto proprio avevano lo scopo di chiedere la protezione della Madre Ganga. I costi delle puja con celebrante variano a seconda dei destinatari a cui sono rivolte, se defunti o viventi, e sulla base della lunghezza del tempo che si vuole dedicare. Con il variare della qualità cambiano anche i prezzi che vanno dalle 1.000 rupie alle 5.000 (dai 14 ai 70 euro) ciascuna. Molte persone, anche appartenenti a famiglie diverse spesso si uniscono per celebrare un’unica puja e dividersi la spesa.

Varanasi 23 febbraio 2016. Tramonto.

Varanasi, 23 febbraio 2016. Tramonto.

24 febbraio 2016

Stiamo effettuando una passeggiata oltre il Manikarmika Ghat affollato dai parenti dei morti che stanno bruciando sulle pire e da centinaia di persone arrivate qui per celebrare le puja per i defunti attuali e per gli antenati. Tra diverse tea-stall, venditori di legna e barbieri indaffarati, pullula tutta una serie di piccoli truffatori che con grande professionalità chiedono dei contributi per i poveri a cui nessuno provvede a comprare la legna per la pira.

Varanasi, 23 feb notte

Varanasi, 23 febbraio 2016. Notte sui ghat.
Qualche tempo fa anch’io mi sono intenerita davanti a questi racconti e ho versato a uno di questi personaggi una congrua somma finita esclusivamente nelle sue tasche. Da tempo non presto attenzione a questi individui, ma oggi, attraversando il Manikarmika Ghat due di loro mi hanno chiesto quando muoio. Ho risposto loro ribaltando la domanda e mi hanno tranquillamente detto che morranno domani.
Varanasi, 19 febbraio 2016. Simbolio politico sulla Main Road.

Varanasi, febbraio 2016. Simbolo di un partito politico sulla Main road.

Bodhgaya, 25 febbraio 2016

Sono tornata a Bodhgaya per accompagnare Silvia a visitare un altro luogo sacro, oltre a Varanasi e Sarnath. Il treno, nel percorso fino a Gaya ha attraversato vaste pianure, a momenti interrotte da qualche filare di siepi e da alcuni alberi. Solo nei pressi di Gaya sono ricomparsi i gruppi di palme da cocco, inframmezzati da una moltitudine di altri alberi. Le risaie, i campi appena arati, quelli con i fiori gialli, sono animati dalle persone che sbucano tra l’erba alta e da capre, mucche e anche cavalli che pascolano qua e là.

Bihar, Bodhgaya, 26 febbraio 2016. Mhabodhi Temple, VI secolo. La statua dorata del Buddha seduto, alta 2 m.

Bihar, Bodhgaya, febbraio 2016. Mhabodhi Temple, VI secolo. La statua dorata del Buddha seduto, alta 2 m.

Le stradine sorgono in alto rispetto alla ferrovia, su dei terrapieni che sovrastano canali, stagni e risaie. In questa zona si vedono diversi cementifici e fornaci con le loro ciminiere fumanti che spiccano tra i pochi alberi della zona e camion, tanti camion sia accanto alle fabbriche sia vicino ai corsi d’acqua che raccolgono la ghiaia.

Bihar, Bodhgaya, Mahabodhi Temple, VI secolo.

Bihar, Bodhgaya, Mahabodhi Temple, VI secolo.

Attraversiamo le stazioni di Bhabua Road, di Sasaram, Deharianson, Sonmagar. Gli edifici e i porticati qui sono dipinti di rosso e le panchine sono sommerse da grossi sacchi di juta pieni di cereali. Più giù una fila di camion sta scaricando altri sacchi che andranno a riempire i vagoni dei treni merci. Quest’altra zona è prettamente agricola. Il treno attraversa villaggi dai tetti di paglia e altri con le case costruite in mattoni, tutti con una moltitudine di covoni gialli accatastati accanto. Le mucche qui sono legate mentre galline e capre, cani e maiali gironzolano intorno liberamente. Più avanti, in mezzo alla pianura compare una collina con tutt’intorno dei macchinari che scavano la sua roccia e i camion carichi che la trasportano altrove.

Bodhgaya, 26 febbraio 2016. Meditazioni al Mahabodhi Temple.

Bodhgaya, febbraio 2016. Meditazioni al Mahabodhi Temple.

E’ già sera quando arriviamo a Bodhgaya: il tempio Mahabodhi costruito nel VI secolo sulle rovine di un altro tempio fatto costruire dall’imperatore Ashoka quasi 800 anni prima nel luogo dove il Buddha ha avuto l’illuminazione, è affollato di fedeli. Il tempio, dopo essere stato raso al suolo nell’XI secolo dalle invasioni islamiche è stato restaurato in diversi periodi, l’ultimo dei quali è avvenuto nel XIX secolo.

Bihar, Bodhgaya, Mahabodhi Temple, 26 febbraio 2016. Un ramo dell'albero di pipal nato da una talea di quello sotto il quale meditava il Buddha.

Bihar, Bodhgaya, Mahabodhi Temple, febbraio 2016. Un ramo dell’albero di pipal nato da una talea di quello sotto il quale meditava il Buddha.

Sotto l’albero di Pipal, la pianta nata da una talea dell’albero sotto il quale il Buddha meditava, questa sera è attorniata da pellegrini vestiti di bianco impegnati in una preghiera collettiva. Anche di fronte stanno allineate molte persone accovacciate, immerse nel silenzio della meditazione. Tutto l’insieme del complesso è illuminato da luci bianche e colorate e molti altari sono decorati con corone e offerte di fiori appoggiati su dei piattini.

Bodhgaya, 26 febbraio 2016. Pellegrini in preghiera al Mahabodhi Temple.

Bodhgaya, febbraio 2016. Pellegrini in preghiera al Mahabodhi Temple.

26 febbraio 2016

Trascorriamo la mattinata quasi interamente al Mahabodhi Temple tra le voci dei canti, delle preghiere e dei mantra che si sovrappongono e a momenti arrivano a noi da più direzioni, trasportati dalle folate di vento che soffia leggero nell’aria calda.

Bodhgaya, 26 febbraio 2016. Mucalinda Lake, il luogo dove il Buddha trovò riparo dalla tempesta grazie all'intervento delle creature celesti.

Bodhgaya, 26 febbraio 2016. Mucalinda Lake, il luogo dove il Buddha trovò riparo dalla tempesta grazie all’intervento delle creature celesti.

A seconda dei posti in cui ci fermiamo le voci si fanno più chiare e il suono delle preghiere è distratto soltanto dallo stormire delle foglie dell’albero sacro che a momenti cadono tra i fedeli che accorrono a raccoglierle. L’albero della Bodhi attuale pare sia nato da un germoglio ricavato da quello originale sotto il quale il Buddha stava a meditare. Gruppi di pellegrini stanno girando più volte intorno al tempio principale con la corona buddhista o dei fiori tra le mani. Nel parco, tra i sentieri, i santuari e gli stupa, diversi pellegrini, da soli o in gruppo, stanno seduti a meditare. Anche sulla gradinata del Muchalinda Lake, tra le bandierine votive tibetane, di fronte alla statua di un cobra che si erge in mezzo allo stagno i pellegrini si fermano a meditare.

Bodhgaya, 26 febbraio 2016. Preghiera nel parco del Mahabodhi Temple.

Bodhgaya, 26 febbraio 2016. Preghiera nel parco del Mahabodhi Temple.

Una scritta racconta che qui, in questo luogo, il Buddha fu sorpreso da una violenta tempesta e che il dio serpente del lago venne a dargli protezione.

Bihar, Bodhgaya, 26 febbraio 2016. Mendicanti nella zona antistante il Mahabodhi Temple.

Bihar, Bodhgaya, 26 febbraio 2016. Mendicanti nella zona antistante il Mahabodhi Temple.

Nel primo pomeriggio mentre ci avviamo verso la stazione dei motorisciò, ci fermiamo ad ascoltare la musica che proviene da un’orchestrina improvvisata dai mendicanti che stazionano nella zona di accesso al tempio. Muniti di piatti, cucchiai, pentole e un tamburo sono riusciti a creare una piacevole e allegra composizione musicale che sta attirando turisti e pellegrini intorno a loro.

Concertino di mendicanti.

Bodhgaya, 26 febbraio 2016. Concertino improvvisato dai mendicanti.

27 febbraio 2016

Siamo ritornate a Varanasi. Questa mattina ci siamo incamminate verso Chowk attraverso la città vecchia. Ad un certo punto siamo tornate indietro e siamo sbucate al Manikarnika Ghat. Ci siamo fermate a guardare le varie celebrazioni delle puja: ogni volta che le osservo scopro dei dettagli nuovi.

Varanasi 18 febbraio 2016. Panorama di mattina sui ghat.

Varanasi, febbraio 2016. Mattinata tra i bucati stesi lungo i ghat.

C’erano quelle per le persone morte da pochi giorni che si diversificavano da quelle dei familiari deceduti da più tempo. Un gruppo proveniente da città diverse dell’Andhra Pradesh, tutti con un anello di paglia al dito anulare sta ora disponendo le palline di farina e acqua accanto agli stecchini mentre il celebrante sta posizionando davanti a sé delle fascine di fuscelli annodati insieme. Davanti a loro ci sono due uomini: uno giovane sta facendo la puja per il nonno morto 8 mesi fa, mentre l’altro, in età matura, sta ricordando il padre morto 11 giorni fa.

Varanasi 19 feb 16

Varanasi, febbraio 2016. Movimenti di pellegrini sul Gange.

Entrambi hanno davanti a loro una ciotola con i resti del familiare raccolti dopo la cremazione e proprio per questo fatto la loro puja richiede un rituale diverso. La madre del ragazzo ci dice che le donne non possono partecipare alla puja e, difatti, più tardi la vedremo soltanto andare al Gange ad attingere l’acqua da portare al figlio per la puja del defunto padre. Gettiamo per un attimo lo sguardo all’altra puja: sta terminando con l’utilizzo della coda di una mucca che se ne sta lì legata. Il celebrante le sta colorando il sedere e ora sta strofinando ogni parente con la sua coda per cacciare le negatività di ognuno. Il proprietario della mucca, dopo aver preso diverse rupie dai parenti dei defunti, mi si avvicina con la bocca impastata di pan e mi chiede 10 rupie per aver scattato qualche foto alla parte del rituale con la sua mucca. Più sotto, subito dopo il Marnikarmika Ghat c’è un’altra cerimonia. Qui c’è un altarino con la grande foto di un parente morto 15 giorni fa. Ci sono molti piatti allineati con vegetali in foglia, riso e soldi, ma i parenti tutti, comprese le donne se ne stanno in disparte lasciando l’officiante da solo, al centro.

19 feb Varanasi

Varanasi, febbraio 2016. Arrivo di un corteo nuziale al Gange.

Ora, pur essendo vicinissimi al ghat delle cremazioni, sta arrivando un numeroso gruppo di pellegrini: cantano e pregano, si fermano sulla riva del fiume e si bagnano il viso con l’acqua del Gange. Sono molti e fanno parte di un’unica famiglia. Le donne portano dei vasi tondi di terracotta sulla testa con sopra dei pacchi. Con loro c’è un uomo di mezza età, alto e magro, ma con una grossa pancia prominente. Si distingue dagli altri uomini per il turbante rosso che porta in testa e qualcuno mi dirà più tardi che è il sacerdote del tempio al quale appartengono.

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Varanasi, 27 febbraio 2016. Pellegrinaggio da Shimla al Manikarnikeswar Temple.

Vengono da Shimla e hanno intrapreso un lungo viaggio in treno per arrivare fin qui, a Varanasi. Ci invitano a seguirli al Manikarnikeswar Temple, un luogo costruito 150 anni fa sulle millenarie rovine di un edificio religioso.

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Varanasi, 27 febbraio 2016. Pellegrinaggio da Shimla.

Qui si soffermano soltanto alcuni minuti a guardare un profondo pozzo quadrato in fondo al quale ci sono delle immagini sacre. Il gruppo familiare prosegue poi verso l’Hanumalth Temple dove il sacerdote che viaggia insieme a loro si siede su un tavolone decorato, in posizine dominante, con sul davanti decorazioni di fiori e immagini sacre. Apre il grosso pacco di fogli scritti e disegnati che uno di loro trasportava sul capo avvolto in un drappo rosso. Le donne depositano i loro vasi d’acqua e si dispongono in disparte, sedute sul pavimento .

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Varanasi, 27 febbraio 2016. Le offerte agli dei del pellegrinaggio di Shimla.

Ogni vaso ha la forma sferica ed è in terracotta; sopra c’è una noce di cocco tenuta insieme da una corona di fiori attorcigliata intorno. Gli uomini seguono le azioni del loro prete e prendono accordi con i sacerdoti del tempio. Ad accogliere il gruppo di pellegrini ci sono anche dei ragazzi e un insegnante. Difatti qui, annessa al tempio, c’è una scuola di sanscritto, la lingua antica indiana, ed è frequentata da 20 allievi che alloggiano nell’ashram accanto.

Varanasi, 22 febbraio 2016. Scorcio di luna piena sulla città vecchia.

Varanasi, febbraio 2016. Scorcio di luna piena sulla città vecchia.

All’ora del tramonto prendiamo la barca per andare a donare al Gange i piattini con i fiori e la candelina. Ci fermiamo un po’ dall’altra parte del fiume ad osservare dalla sponda est il sole calare dietro i palazzi di Varanasi. Lì intorno vediamo mucchi di abiti abbandonati: sono i vestiti che i pellegrini abbandonano dopo il bagno, sostituendoli con quelli nuovi. In effetti, dalla riva Ovest vediamo quasi ogni sera dei grandi falò ardere qui e ora ci dicono che i pellegrini lo fanno per purificarsi.

Varanasi, 9 marzo 2016. Pellegrini alle imbarcazioni sui ghat.

Varanasi, febbraio-marzo 2016. Pellegrini in attesa delle imbarcazioni lungo i ghat.

Anche di là del fiume, sui ghat, dopo il bagno le persone e i bambini indossano degli abiti nuovi, ancora imballati nelle loro confezioni, ma non abbandonano lì i vecchi. Forse li lasceranno da altre parti! Al ritorno in barca udiamo dei suoni di tamburo provenire dall’Harishchandra Ghat, il piccolo ghat delle cremazioni. E’ la stessa musica che accompagna i matrimoni, ma Sonu, il nostro barcaiolo, ci spiega che questo, invece, è il suono per la cerimonia funebre di un ultra centenario.

Varanasi, 27 febbraio 2016. Le nostre offerte al Gange.

Varanasi, 27 febbraio 2016. Le candele dei desideri affidate a Madre Ganga.

Quando arriviamo al largo lasciamo andare le nostre candele nell’acqua alta del fiume e le guardiamo allontanarsi sempre insieme fino alla fine dell’ultima fiammella.

Varanasi 27 febbraio 2016. L'ora del tramonto dal di là del fiume.

Varanasi, 27 febbraio 2016. L’ora del tramonto dal di là del fiume.

28 febbraio 2016

Questa mattina Silvia è partita per Roma e questa sera Simone prenderà il treno per Delhi e da lì poi tornerà in Italia. Pranziamo insieme oggi, all’Annapurna Temple, il tempio dedicato alla dea del cibo dove chiunque può mangiare gratuitamente. Con noi c’è anche Edoardo, il suo amico di Macerata che insegna italiano in un’università privata di Delhi. Il thali (riso con legumi e verdure speziato) è squisito!

Varanasi, 28 febbraio 2016. Pranzo all'Annapurna Temple.

Varanasi, 28 febbraio 2016. Pranzo alla mensa gratuita dell’ Annapurna Temple.

29 febbraio 2016

Passeggiata lungo la città vecchia fino a Godolia e poi da un’altra parte fino a Chowk per poi entrare nei ghat e scendere sul lungo fiume verso il Dasaswamedh Ghat. Nella parte vecchia laggiù mi fermo un attimo al Lord Vishnu Temple dove, nelle cappelle ci sono due sacerdoti che distribuiscono benedizioni ai fedeli. Sulla strada del ritorno attraverso il Manikarmika Ghat, accanto a una grande bilancia con vicino una catasta di legna c’è una delle due sedicenti guide che ormai incontro ogni volta che passo di qui. Oggi mi chiede ancora quando muoio e di quanta legna ho bisogno. Più avanti ci sono le solite puja che i parenti celebrano per i defunti recenti e per gli antenati: una cerimonia oggi aveva 3 pupazzi di pasta costruiti con due palline di pasta sovrapposte ciascuno. Quella cerimonia era già giunta al termine e il protagonista stava già alzandosi per andare a donare l’offerta al fiume.

Varanasi, 5 marzo 2016. Pellegrini nella zona Manikarnika.

Varanasi, febbraio-marzo 2016. La zona del Manikarnika Ghat.

Al Dasaswamedh Ghat invece ci sono molte coppie di sposi e alcune stanno arrivavando al suono dei tamburi. Oggi c’è un elemento nuovo, per me, della tradizione indiana dei matrimoni: la madre della sposa, davanti al corteo, sostenuta da altre donne, si getta per terra distendendosi e gridando. La scena è continuata lungo tutta la scalinata fino a quando la madre è arrivata al fiume e si è bagnata il viso con l’acqua sacra.

Varanasi, 7 marzo 2016. Dasaswamedh Ghat.

Varanasi, febbraio-marzo 2016. Dasaswamedh Ghat.

1 marzo 2016

Passando per il Dasaswamedh Ghat vedo un ragazzo molto giovane con una corona di foglie verdi appesa al collo. E’ arrivato al Gange al suono di un grande tamburo. I familiari hanno preparato una cerimonia per lui solo, per chiedere alla madre Ganga di riservagli un buon futuro.

Varanasi, 9 maggio 2016. Dal Chousatti Ghat.

Varanasi, febbraio-marzo 2016. Dal Chousatti Ghat.

A pranzo torniamo ancora alla mensa gratuita dell’Annapurna Temple. Oggi siamo 5: Alina, Edoardo, due simpatici ragazzi giapponesi e io. La fila per accedervi è immensa e i numerosi poliziotti ci guardano meravigliati. Noi sorridiamo dicendo che apprezziamo molto questa iniziativa, ed è vero. Alle pareti stanno appesi numerosi tabelloni con i nomi dei benefattori bel evidenziati e con un elenco delle molteplici iniziative umanitarie di questo tempio. Ci spostiamo poi oltre Chowk e visitiamo il Kaal Bhairav Temple, dedicato a Rudra, il dio ispettore.

Varanasi, 1 marzo 2016. Kaal Bhairav, a temple dedicated to Lord Shiva.

Varanasi, 1 marzo 2016. Kaal Bhairav  temple dedicated to Lord Shiva.

Questa forma temibile di Shiva rappresenta la divinità protettrice dei poliziotti i quali, durante i loro festeggiamenti, gli donano dei liquori.

Varanasi, 1 marzo 2016. Rituali al Kaal Bhairav Temple.

Varanasi, 1 marzo 2016. Rituali al Kaal Bhairav Temple.

Non lontano da questo antico tempio c’è il negozio governativo per la vendita della marjuana: ci passiamo davanti, ne acquistiamo un po’ e ci dirigiamo verso il Gange. Usciamo nei pressi del Lal Ghat dove c’è una moschea proprio accanto ad un tempio induista.

Kaal Bhairav Temple, entrata.

Varanasi, 1 marzo 2016. Kaal Bhairav Temple, entrata.

Poco più giù c’è un palazzo dipinto di rosa con all’interno il Ramanand Temple e una scuola di sanscrito per una quarantina di ragazzi, esclusivamente bramini, in quanto solamente loro possono accedere alla lettura dei Veda.

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Varanasi, 1 marzo 2016. La scalinata del palazzo sul ghat che ospita una scuola di sanscrito.

L’insegnante di sanscrito e mantra e due suoi allievi ci accolgono in modo amichevole e stiamo un po’ di tempo seduti sul pavimento a chiacchierare con loro. L’insegnante ha 27 anni e fra 2-3 anni si sposerà con un matrimonio di famiglia. Mi chiede delle informazioni sulla mia professione e riguardo alla mia vita privata. In particolare vuole sapere se il padre di mio figlio ha una nuova compagna e alla mia risposta affermativa e giustificativa della situazione conseguente alla mia scelta di libertà, esprime delle parole favorevoli. Riguardo alla mia pensione ha voluto sapere invece se devo dare dei soldi ai figli e anche su questo punto l’ho rassicurato. Questo docente insegna qui come volontario, ma dice di essere il maestro di una scuola statale maschile che sta nei pressi del Gaya Ghat rivolta ai bambini dagli 8 ai 12 anni.

Varanasi, 1 marzo 2016. Il guru della scuola di sanscritto per soli bramini.

Varanasi, 1 marzo 2016. Il guru della scuola di sanscrito per soli bramini.

Dopo qualche tempo arriva lì un altro allievo nel quale riconosco il ragazzino che alcuni mesi fa avevo visto dar da mangiare al Gange. L’insegnante mi conferma che tutti i giorni alle 12.00 viene portato prima il cibo al Gange e poi al dio Rama che sta in un altarino al piano di sopra. Nella nostra grande stanza, in disparte c’è un sadhu che tiene una mano dentro ad un sacchetto arancione. Sta recitando un mantra, mi dicono, mentre lui sgrana assorto un rosario. E’ del Maharashtra, ci racconta, e là lavorava come agricoltore. Ha 45 anni, 3 figli, due maschi e una femmina, ed è diventato sadhu 10 anni fa. Di fronte a noi c’è una serie di sculture di divinità, ma a quest’ora sono coperte da una tenda in quanto, ci dicono, stanno dormendo. Nel piano soprastante c’è il dio Rama, anche lui nascosto dietro una tenda per il riposo pomeridiano che va dalle 12.00 alle 16.00. E’ quasi terminato il tempo della siesta e un ragazzino mi accompagna al piano di sopra per mostrarmi la cappella del dio Rama. Nella stanza accanto c’è un guru seduto immobile a gambe incrociate e il ragazzino me lo indica invitandomi ad entrare. Lo saluto velocemente con le mani giunte e scappo via: lui mi manda, attraverso i bambino, delle vere mentine bianche a forma di sfera.

Varanasi, dasaswamedh Ghat, 7 marzo 2016. Poveri.

Varanasi, Dasaswamedh Ghat. Mendicanti.

2 marzo 2016

Questa mattina sto camminando ancora lungo la strada che da Godonia porta a Chowk, ma decido di entrare presto nei ghat e sbuco poco più su del Dasaswamedh Ghat. Tornando poi nella direzione Sud mi fermo a leggere un quotidiano locale. Qui, al Dasaswamedh Ghat ci sono, come sempre, la serie dei celebranti le puja per i pellegrini già al lavoro di primo mattino e i cortei nuziali in continuo arrivo, alcuni silenziosi, altri al suono dei tamburi. Non mancano, naturalmente, i barcaioli, i barbieri, i venditori di cjai, di fiori e di immagini sacre, sempre indaffarati ad accalappiare clienti. Dopo un po’che me ne sto lì seduta mi vengono in mente degli amici che forse pensano di trovarmi al Chausatti Ghat e mi sposto a leggere lì, nella parte alta della gradinata, dove c’è un pezzettino di ombra.

Varanasi, Rana Ghat, 10 marzo 2016. Poco dopo il tramonto.

Varanasi, marzo 2016. Poco dopo il tramonto al Rama Ghat, nei pressi del Chousatti Ghat.

Arriva quasi subito uno dei due fratelli barcaioli, quelli che affermano di essere i cugini di Sonu, in quanto figli di due fratelli, ora entrambi defunti. Hanno tutti, sia loro che Sonu, le barche attaccate al molo del Chousatti Ghat, ma non si parlano. Già qualche tempo fa mi avevano fermata per dirmi questo, ma Sonu mi aveva detto che non era vero che erano parenti e la cosa per me era finita lì. Oggi, il fratello più giovane dei cugini mi ha rispiegato una faccenda fatta di beghe familiari, gelosie e rancori. In pratica le tre barche dei cugini sono una loro esclusiva proprietà mentre le tre barche di Sonu sarebbero del nonno paterno comune e dovrebbero essere divise a metà. Il nonno è ormai ultracentenario e vive con la madre e i fratelli di Sonu in una casa divisa a metà fra le due famiglie. La questione della divisione della casa è stata risolta in modo equo mentre quella della ripartizione delle barche no. Chiedo al cugino delle informazioni sull’ampia ferita rimarginata che Sonu porta tutt’intorno alla gola e, contrariamente a quanto mi aveva riferito lui tempo fa, come avevo già riportato sul blog, mi racconta che 10 anni fa il ragazzo aveva subito un delicato intervento chirurgico. Da quanto il cugino mi riferisce, intorno al collo di Sonu si erano formati dei noduli e all’interno avevano proliferato dei parassiti: la guarigione è avvenuta dopo una lunga convalescenza e in un clima di totale solidarietà tra le due famiglie.

Varanasi, 6 marzo 2016. Puja lungo i ghat. Le donne rimangono in disparte.

Varanasi, marzo-2016. Puja lungo i ghat. Le donne rimangono in disparte.

4 marzo 2016

L’atmosfera dei ghat è sempre piacevole. Rimango a leggere seduta qua e là, dove trovo un po’ d’ombra e ogni tanto passeggio verso il Main ghat e entro nella città vecchia a prendere un cjai nelle antiche chaiwalla. In questo periodo, tra il Dasaswamedh e il Rama Ghat si sono formati due gruppetti capeggiati da santoni vestiti soltanto di un perizoma e con il corpo dipinto di bianco.

Varanasi, 4 marzo 2016. Uno dei posti dove stazionano i baba seminudi.

Varanasi, 4 marzo 2016. Uno dei posti dove stazionano i baba seminudi.
Entrambi i gruppi tengono il fuoco sempre acceso, ma lo utilizzano in modo diverso. Un gruppo sta seduto intorno a parlare e fare esperimenti di “magia” con i turisti, passandosi contemporaneamente una pipa di terracotta. Nell’altro gruppo, un santone sta spesso alle prese con una piccola pentola per cucinare non si sa cosa. Insieme a lui sta un collega che forse aspetta distrattamente il cibo e poco distante altri, pochi personaggi, forse anche loro in attesa.
Varanasi, 4 marzo 2016. Una cucina improvvisata dai mendicanti lungo i ghat.
Varanasi, 4 marzo 2016. Una cucina improvvisata dai mendicanti lungo i ghat.
Anche intorno a questi due guru spettrali a volte si formano dei gruppi di turisti che chiacchierano e ridono passandosi la pipa di terracotta tra di loro.
Varanasi 3 marzo 2016. La preparazione dell cena.

Varanasi, marzo 2016. La preparazione della cena sui ghat.

5 marzo 2016

Ho camminato anche oggi da Godolia a Chowk e sono entrata nella città vecchia immergendomi nei vicoletti fino a che sono arrivata al Gange e precisamente al Gaay Ghat, un luogo molto vicino al grande ponte che non raggiungevo da qualche tempo. Quassù l’atmosfera è ancora più rilassata: c’è qualche celebrante disoccupato, un vitellino appena nato e la mucca che lo sta leccando, uomini che tranquillamente fanno il bagno e poi lavano i loro panni, capre distese sulle gradinate, ragazzi accanto al tempietto che stanno giocando a scacchi.

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Varanasi, marzo 2016. Pellegrini in attesa di celebrare la puya nella zona del Gaay Ghat.

Ci sono due bancarelle che vendono il cjai e hanno appese sul davanti le taniche bianche di plastica che servono per portare a casa l’acqua del fiume. Su un terrazzo costruito intorno ad un grosso albero si sente la voce di un celebrante parlare al microfono: sta radunando un gruppo di pellegrini arrivati qui per celebrare la puja sul Gange. Sotto, lungo la gradinata c’è un altro gruppo che sta aspettando il suo turno per il rituale. Arrivano da una cittadina che sta dalle parti di Mombay e hanno già riempito i loro vasetti di metallo con l’acqua del fiume. Qui, alla puja, mi dicono che parteciperanno anche le donne e che gli uomini non si metteranno a dorso nudo. Poco più avanti, però, c’è un altro gruppo immerso in un rituale: qui gli uomini hanno soltanto un panno intorno alla vita e le donne se ne stanno in disparte.

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Varanasi, marzo 2016. Gli elementi per la celebrazione della puya nella zona del Gaay Ghat.

Andando verso Sud incontro qualche turista solitario, maschio o femmina: sono sempre affiancati da un indiano. Non mancano, come sempre, i barcaioli e i massaggiatori alla caccia di clienti. Al Ram Ghat incontro un signore elegante che da tempo desidera mostrarmi il suo negozio di tessuti: un giorno o l’altro dovrò andarci. Attraverso la distesa di bucati messi ad asciugare sui lastroni: qui le scimmie stanno cercando cibo e una di loro ha trovato qualche cosa da mangiare nelle tasche di un paio di pantaloni. Sono quasi le 13.00: arrivo al Dasaswamedh Ghat dove si sta svolgendo una cerimonia intorno alle sculture di tre divinità trasportate sul palco per l’occasione.

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Varanasi, marzo 2016. Puja di uomini e donne nella zona del Gaay Ghat

Appena il suono si attenua arriva da sopra le gradinate il richiamo dei tamburi in festa per uno sposalizio. Ancora una volta assisto alla drammatizzazione del rituale della disperazione della madre della sposa per la perdita della figlia. Il percorso del gettarsi per terra, strisciare, rialzarsi inizia da lassù, oltre la gradinata e deve arrivare fino al Gange. Sono ormai poche le madri che eseguono questo faticoso rito.

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Varanasi, marzo 2016, dintorni del Daraswamedh Ghat. L’arrivo di un corteo nuziale con la madre della sposa che si trascina urlando per la perdita della figlia che sta andando sposa.

6 marzo 2016

Una mattinata trascorsa ad osservare il gran susseguirsi di cortei nuziali al Gange e l’arrivo di grosse folle di indiani che si stanno riversando lungo le strade e sui ghat per il Mahashivratri Festival, l’anniversario del matrimonio di Shiva.

4 marz 16

Varanasi, marzo 2016. Piccola puja lungo i ghat.

Verso sera è iniziata la marcia degli induisti: migliaia di indiani, quasi tutti uomini, stanno camminando a piedi nudi lungo i ghat e le strade, distribuendo il riso dei sacchetti che portano con loro e gettando qualche monetina ai numerosi mendicanti giunti qui per l’occasione. La marcia è partita dal Manikarnika Ghat e sta percorrendo un cammino di 85 km lungo i ghat per poi far ritorno attraverso le strade che portano ai principali templi dedicati a Shiva. Le tappe distano decine di Km l’una dall’altra e lì, ogni volta, viene celebrata una puja.

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Varanasi, marzo 2016. Cerimonia serale al Dasaswamedh Ghat.

L’atmosfera è allegra: ogni tanto raggiunge anche me qualche manciata di riso, ma lanciato come si fa da noi per gli sposi. Mi arrivano anche tre monetine, una ad una, da lontano. Molti, moltissimi ragazzi mi passano davanti e mi porgono la mano per un saluto festoso.

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Varanasi, marzo 2016. La lunga marcia degli induisti.

Alcuni di loro hanno i piedi rossi, colorati con l’henne per l’evento. Tutti hanno il simbolo di Shiva disegnato sulla fronte: le righe bianche inframmezzate dal punto rosso al centro. A momenti si sentono le voci gridare insieme “Shiva Raterì, Shiva Raterì…”, ma la maggior parte del cammino si svolge in silenzio e durerà fino a domani sera, quando tutti ritorneranno al Manikarnika Ghat.

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Varanasi, marzo 2016.  Mendicanti arrivati al Chousatti Ghat per l’occasione della grande marcia induista.

7 marzo 2016

Sto dedicando la giornata molto alla lettura sui ghat, tra le diverse celebrazioni di puja e seduta tra i numerosi pellegrini arrivati per il Mahashivratri Festival. Bambini con fratelli piccolissimi in braccio, uomini vestiti da sadhu, mendicanti anziane non mancano di avvicinarsi mimando con la mano il gesto della fame. A tutti rispondo di andare a mangiare ai templi dove il cibo è buonissimo. Ai bambini e alle bambine dico anche di andare a scuola, ma fanno finta di non capire.

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Varanasi, marzo 2016. Un momento notturno della marcia induista.

8 marzo 2016

Sono seduta all’ombra, sulla ripida scalinata del palazzetto dove abitano i barcaioli. Stanno arrivando voci di preghiere recitate e di mantra cantati da soli uomini: provengono dal tempietto che sta oltre il piccolo ghat delle cremazioni. Sulla scalinata che porta alla città vecchia, in una zona all’ombra delle case, stanno seduti, separatamente, gruppi di donne a chiacchierare. Più giù, verso il fiume, sono stati montati due teli di plastica su dei pali di bambù malfermi: sotto, all’ombra stanno celebrando le puja con gli uomini in primo piano e le donne dietro a guardare.

Varanasi, 11 marzo 2016, mattina. Il relax del celebrante.

Varanasi, marzo 2016. Il riposo di un celebrante lungo i ghat.

Mi sposto più avanti per cambiare lo scenario e vado a sedermi sotto un grosso albero di pipan, accanto ad un altro tempio, dopo il Kedar Ghat. Qui c’è un celebrante con un cestino rosso da pick- nik con all’interno i cibi da usare per le puja. e’ una puja per una singola persona che ora se ne sta con una noce di cocco sollevata in alto con le mani e davanti a sé ha un piatto con della polpa di anguria spezzettata. Verso sera rimango a lungo seduta su un tavolone nei pressi del Daramswamedh Ghat; me ne sto lì a guardare le barche che arrivano con i turisti per assistere alla cerimonia, i cani con i chiari segni della rogna sul corpo che gironzolano, gente di diverse religioni che passeggia tranquilla.

Varanasi, 3 marzo 2016. Sera lungo i ghat.

Varanasi, marzo 2016. Notte lungo i ghat.

Le luci dei templi si accendono al calar del sole subito seguite da quelle degli alberghi e delle case. Da una parte e dall’altra ci sono i due borning ghat in piena attività e le fiamme sono ben visibili anche da qui. Finita la cerimonia, il Gange si riempie di piattini con le candele dei desideri accese. Ora stanno concentrate nei pressi del Manikarmika Ghat e di là del fiume, sull’altra sponda, dove la corrente le sta portando.

Varanasi 3 marzo 2016. Spettacolo.

Varanasi, marzo 2016. Cermonia al Dasaswamedh Ghat.

9 marzo 2016

Tra una lettura e l’altra sui ghat, verso sera mi si è avvicinato uno dei due cugini barcaioli di Sonu per dirmi che lui in questi giorni sta al villaggio. Lì, secondo la sua versione, diversa da quella di Sonu, hanno una casa e un tempio in comune. Il villaggio sta a 25 Km da qui ed il tempio, dedicato alla dea Adalpura, è meta di pellegrinaggi e di celebrazioni di puja per dieci giorni in questo periodo e termineranno domani sera.

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Varanasi, 9 marzo 2016. Negozio di barbiere sul ghat.

Più tardi, accanto al Dasaswamedh Ghat dove si stava celebrando la cerimonia serale si è seduto accanto a me il sadhu che insegna yoga in una scuola di sua proprietà. L’ho conosciuto tempo fa e allora mi aveva detto che era un medico e a 25 anni aveva scelto di diventare sadhu. Questa sera mi ha raccontato che ha troncato tutti i contatti con la sua famiglia nonostante sua madre sia ancora viva. E’affetto da una malattia incurabile che gli provoca forti dolori alle articolazioni, diminuzione della vista e una degenerazione progressiva di tutto l’organismo. Una volta, in passato, gli avevo detto che secondo me c’era una contraddizione tra l’essere sadhu e il possedere una scuola privata. Questa sera, senza che gli dicessi nulla, si è giustificato dicendo che è impossibile non aver un minimo di lavoro per poter disporre di una casa, avere degli abiti e del cibo. Lui è sempre molto curato nei suoi abiti arancione e quando parla si liscia continuamente la lunga barba sempre fresca di shampo.

Varanasi, Rama Ghat. Panorama dalla tea-stall.

Varanasi, 9 marzo 2016. Tea-stall al Rama Ghat.

10 marzo 2016

Questa mattina accanto al Dasaswamedh Ghat, sulla gradinata sul retro del tempio rosso dedicato a Shiva e davanti all’altro tempio lì accanto c’è un pellegrinaggio composto quasi esclusivamente da donne provenienti da Kannijakumari.

Varanasi, 10 marzo 2016. Donne di Kannijakumari.

Varanasi, 10 marzo 2016. Puja di donne provenienti da Kannijakumari mentre costruiscono il lingam di Shiva con sabbia e acqua.

Per le puja si sono formati due gruppi: uno, con un anziano guru locale, molto direttivo, sta celebrando il rituale per gli antenati mentre l’altro, composto esclusivamente da donne, con il proprio guru di Kannijakumari, sta costruendo su un piatto un lingam di Shiva fatto di sabbia e acqua. Terminata la forma, il guru aggiunge in ogni piatto della polvere rossa e gialla, del riso e un ramoscello con delle foglie verdi con il quale le donne iniziano a benedire il lingam: usano l’acqua del Gange che tengono in un vasetto. Il guru porge poi ad ogni donna una collana di fiori gialli che loro posano intorno alla composizione insieme ad una bustina di mentine bianche. Accanto ad ogni piatto il celebrante mette dei grossi pezzi di zucchero appoggiati sopra a dei bastoncini di paglia e accende il fuoco. Le donne accostano le mani alla fiamma e poi si alzano in piedi, congiungono i loro palmi guardando verso il Gange e vanno in barca a portare i piatti con i lingam al fiume.

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Varanasi, 10 marzo 2016. La puja delle donne di Kannijakumari.

Il guru rimane lì a contare e ricontare i soldi delle offerte: 500-600 rupje (7,00-8,00 euro). Fa molto caldo: mi siedo all’ombra di un telo di plastica di una bancarella dove sta una giovane donna strabica che vende tutto l’occorrente per le puja. In lontananza, da un barcone, arriva il suono dei tamburi che stanno accompagnando un corteo nuziale. Le donne della puja stanno ritornando e insieme all’altro gruppo ora vanno a visitare i due templi accanto. Verso sera, mentre me ne sto seduta al Chausatti Ghat passa un corteo funebre con la salma avvolta in un drappo di colore arancione. Recitano il mantra: “ Ram Nam” “il nome di Rama” e il gruppo di parenti risponde: “Sat He” “E’ la verità”. Stanno andando verso il Manikarmika Ghat che, come l’Harischandra Ghat sta bruciando pire in continuazione, a tutte le ore del giorno e della notte.

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Varanasi, 10 marzo 2016. Verso sera lungo i ghat a Sud.

E’ l’ora del tramonto: la sabbia dell’altra sponda del fiume ha assunto un colore giallo oro ed anche l’acqua del Gange ha preso dei riflessi dello stesso colore. Parlo un po’ con Sonu che è rientrato dalla settimana trascorsa al suo villaggio d’origine. Mi dice che le informazioni che mi hanno fornito i suoi cugini barcaioli riguardo al tempio e alla casa che possiedono in comune sono errate. Sono due verità raccontate da entrambi come fossero entrambe vere. Più tardi Sonu arriverà con una grossa bottiglia di whisky che mi assicura condividerà con diversi suoi amici.

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Varanasi, 10 marzo 2016. Crepuscolo sui ghat, verso Nord.

Mi sposto verso la tea-stall del Rama Ghat e guardo i colombi appollaiati sui fili della luce che si congiungono attraverso un palo all’hotel del Rama Palace. Più tardi, sulla scalinata accanto al Dasaswamedh Ghat, parlo un po’ con il barcaiolo che ha un negozietto lì sul ghat. Mi dice che ha anche l’incarico di curare il tempietto dedicato a Mahashivratri, quella cappella che sta lì sotto, vicino al Gange. Difatti tutti le sere la vedo illuminata e per il recente festival era abbellita con una moltitudine di luci colorate. Mi è sfuggita la celebrazione della puja che lì avviene solo due volte all’anno: il 6 marzo per il Mahashivratri Festival e nel mese di novembre per il Divali Festival, la festa della luce.

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Varanasi, 10 marzo 2016. Sera lungo i ghat.

11 marzo 2016

Sono tornata ancora ai ghat a guardare le puja. Oggi mi sono fermata nei pressi del Kedar Ghat dove c’erano due tendoni verdi sistemati nei territori di competenza dei due celebranti. Uno stava attendendo i fedeli schiacciando un pisolo seduto sulla sedia di plastica bianca mentre l’altro oltre ad essere seduto all’ombra del tendone si riparava ulteriormente dal sole con un ombrello nero. Avevano un unico aiutante, spettinato e vestito di nero, che s’affannava a disporre il necessario per le puja nei piatti e a servire ai suoi padroni il cjai con i biscotti. Più tardi, al Chausatti Ghat mentre sto chiacchierando con Sonu, appena rientrato dal villaggio, arriva un numeroso gruppo di pellegrini da Bangalore e si siedono sui lastroni di pietra ad ascoltare le parole dei due guru vestiti di arancione che viaggiano con loro. Oggi, al ristorante di Godonia dove vado spesso a pranzo, ho visto il giovane proprietario strattonare più volte uno degli inservienti che forse se ne stava troppo tempo accovacciato vicino a una bacinella, a far finta di lavare i piatti.

Varanasi, 13 marzo 2016. Lungo i ghat.

Varanasi, marzo 2016. Lungo i ghat.

12 marzo 2016

Quando sono a Varanasi, il mio tempo lo trascorro in gran parte sui ghat: a leggere, a guardare il fiume e le barche che lo percorrono, a chiacchierare con la gente, a far nulla. Nella stanza mi diverto ad appendere le banane alla finestra e ad osservare le strategie che mettono in atto le scimmie per afferrarle attraverso le aperture della rete di protezione.

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Varanasi, marzo 2016. Studio di barbiere in attesa di clienti sul Dasaswamedh Ghat.

Ogni giorno è diverso e interessante anche se mi muovo più o meno negli stessi luoghi: i ghat, la città vecchia, i ristorantini, le chaiwalla. Raramente faccio l’elemosina e quando i mendicanti mi mimano il gesto della fame li invito ad andare ai templi dove c’è del cibo per tutti. Ai bambini mendicanti dico loro di andare a scuola dove possono usufruire, oltre all’istruzione, di un pasto al giorno gratuito.

Varanasi, Main Road, 12 marzo 2016. Da un ristorantino

Varanasi, 12 marzo 2016. Da un ristorantino sulla Main Road.

Stasera fa freddo: nel pomeriggio è piovuto e la temperatura si è abbassata notevolmente e ora si è alzato un forte vento. Nella chaiwalla del Rama Ghat uno studente di Luknow che frequenta la facoltà di ingegneria meccanica in un college privato si siede accanto a me per chiacchierare del più e del meno. Un uomo di mezza età con gli occhi sbarrati e assenti beve un cjai e cerca di allontanarsi senza pagare. Il barista lo richiama e lui, da lontano, gli mostra 10 rupje, forse le uniche che possiede e io gli offro il cjai. Mentre cammino verso il Dasaswamedh Ghat, una famiglia del Jharkhand in pellegrinaggio a Varanasi con tutte le generazioni dirette e acquisite mi chiede di farsi fotografare insieme a me. Sono in tanti, ma mi assicurano che la loro famiglia in realtà è ancora più numerosa in quanto molti dei componenti sono rimasti a casa.

Varanasi, Godonia, 14 marzo 2016. Manifestazione di lavoratori.

Varanasi, Godonia, marzo 2016. Manifestazione di lavoratori.

13 marzo 2016

E’ una giornata nuvolosa, un po’ fredda e a momenti piove. Leggo come ogni giorno seduta qua e là. A pranzo vado nel ristorante di Godonia dove avevo visto strattonare il cameriere. Lo individuo: non sembra nemmeno lui! Oggi è pulito, con la camicia appena stirata, un bel taglio di capelli e dei baffi che lo fanno apparire assolutamente diverso.

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Varanasi, marzo 2016. Chousatti Ghat.

Verso sera mentre me ne sto tranquilla a leggere sulla gradinata accanto al Dasaswamedh Ghat mi si avvicina un anziano vestito di bianco: dice di essere il prete di un Tempio delle scimmie, precisamente di quello che sta più a Nord. Mi chiede le solite informazioni e poi mi recita un mantra toccandomi la sommità del capo. Ripete il rituale velocemente, per ben tre volte: alla fine mi chiede una donazione che gentilmente gli rifiuto. Più avanti incontro il baba che tempo fa si è seduto accanto a me in modo amichevole e alla fine ha preteso dei soldi dicendomi che quello era il suo lavoro. Quella volta glieli ho dati, ma in seguito ho sempre rifiutato i contatti con lui e, ora, ogni volta che lo incrocio fa finta di non vedermi o mi guarda con ostilità. Sul tardi, passeggiando lungo i ghat con Alina incontriamo il sadhu che possiede una scuola di yoga: lo saluto chiamandolo “baba” e mi sorride. Lo vedo spesso camminare su e giù per i ghat frettoloso e assorto, con una borsa di cuoio a tracolla.

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Varanasi, marzo 2016. Lungo i ghat.

14 marzo 2016

E’ piovuto a dirotto tutta la notte con un ulteriore, notevole abbassamento della temperatura. Questa mattina sia le stradine lastricate sia le vie asfaltate sono ricoperte di un misto di fango, sterco e immondizia nonostante il lavoro degli spazzini impegnati a ripulire il tutto.

Tramonto sui palazzi.

Varanasi, marzo 2016. Tramonto sui palazzi dei ghat.

Cammino fino a Godonia e poi raggiungo Chowk; da lì entro attraverso le stradine nella zona del Manikarnika Ghat e poi scendo al fiume. Lungo la strada incrocio diversi cortei funebri e qui al ghat ci sono ora diversi gruppi di parenti maschi in piedi accanto alle pire che ardono. Mi siedo a leggere più a Sud, sotto uno degli “ombrelloni” in cemento che fiancheggiano quella parte di lungofiume. Uno dei miei amici sadhu, quello aristocratico, che di solito vive e dorme sulla riva del Gange, si ferma a salutarmi. Ha dormito in guest house la notte scorsa e ha pagato 200 rupie. Questo è uno dei sadhu che non chiede l’elemosina ed è molto cordiale ed educato. Più tardi si siedono accanto a me dei ragazzi rumorosi e decido di spostarmi più avanti, vicino al Dasaswamedh Ghat.

Tramonto.

Varanasi, marzo 2016. Tramonto sul Gange.

Qui viene a salutarmi un giovane bramino che praticamente trascorre le sue giornate sul ghat ad attendere i fedeli per celebrare le puja. E’un bramino serio, non rincorre i fedeli e attende che questi vadano da lui per scelta. Alla fine arriva anche il giovane barbiere che diversi mesi fa mi ha tagliato i capelli: ora ha imparato a fare anche i massaggi e naturalmente si propone con insistenza per una cosa o l’altra. Gli piace attirare la mia attenzione e così mi fornisce qualche informazione su un baba vestito di nero che ora sta chiacchierando qui accanto. Mi dice che è diventato molto ricco facendosi pagare per farsi fotografare e ora possiede due lussuose case dove abitano le sue due mogli.

Varanasi, Chausatti Ghat, 19 marzo 2016. Tardo pomeriggio sui ghat.

Varanasi, marzo 2016. Tardo pomeriggio al Chousatti Ghat.

Oggi Alina partirà per il Kazakistan. Pranziamo assieme al ristorante di Godonia e quando usciamo ci imbattiamo in una affollata manifestazione sindacale: sono i lavoratori di una grossa fabbrica che non vogliono perdere il loro posto di lavoro.

Varanasi, 30 marzo 2016. Barbiere di Godonia.

Varanasi, marzo 2016. Bottega di barbiere a Godonia.

16 marzo 2016

Sono ammalata: ho un forte mal di testa e mi sento la febbre. Ieri mattina sono andata al Chausatti Ghat a leggere: mi sono seduta sulla gradinata dove c’era un po’ d’ombra, ma sono rientrata quasi subito in guest house tutta infreddolita. Ho dormito tutto il giorno e la notte. Oggi sto meglio, ma sono uscita solo per il pranzo e per qualche piccolo acquisto. Alina, Bernardo, Matteo e suo fratello, i ragazzi e la ragazza che avevo incontrato a Chitrakot sono tutti partiti lasciando un certo vuoto. Sulle stradine di Bengali Tola si affacciano nuovi volti occidentali che vanno a riempire per molte ore della giornata i ristoranti organizzati appositamente per i turisti. Prima di rientrare in guest house faccio un salto al Chousatti Ghat: rimango sulla parte alta della gradinata ad ammirare la splendida luce del sole pomeridiano che ha colorato con i suoi riflessi l’acqua del fiume e sta abbagliando i turisti che tornano in barca dall’altra sponda.

Varanasi, 22 marzo 2016. Sera di fronte al Dasaswamedh Ghat.

Varanasi, marzo 2016. Verso sera nei pressi del Dasaswamedh Ghat.

17 marzo 2016

Sto decisamente meglio e sono già arrivata, dopo un percorso circolare attraverso la città vecchia, al Chausatti Ghat. Sto completando di leggere “La donna in bianco” di Collins, un libro che mi ha tenuto compagnia in questi giorni di indisposizione. Devo dire che con la buona lettura, l’accesso a internet e la mia camera piena di luce ed energia i tre giorni di malattia sono trascorsi con leggerezza.

Varanasi, 18 marzo 2016, tardo pomeriggio. Passeggiando lungo i ghat.

Varansi, marzo 2016, tardo pomeriggio. Incontri, passeggiando lungo i ghat.

A pranzo vado in un ristorante turistico e si siede accanto a me una ragazza israeliana di 23 anni: Ataliya. Ha prestato i 2 anni di servizio militare previsti nel suo Paese, ha lavorato come cameriera a Tel Aviv e ora sta viaggiando in attesa di decidere a quale indirizzo universitario iscriversi. Vorrebbe fare la scrittrice e già, durante questo viaggio, sta scrivendo delle storie.

Varanasi, 23 marzo 2016. Plenilunio sul Gange vista dal Dasaswamedh Ghat.

Varanasi, marzo 2016. Penilunio visto dal Dasaswamedh Ghat.

Nel pomeriggio vado ad attendere il calar del sole al Dasaswamedh Ghat e mi siedo su un terrazzamento sopra il Gange. Da lì posso vedere in lontananza sul fondo le fiamme altissime delle pire del Manikarnika Ghat e verso Ovest i palazzi attraversati da un piccolo raggio di sole che ancora riesce a raggiungerli. Le barche con i turisti giunti qui per la cerimonia serale sono attorniate dalle fiammelle delle candele dei desideri che piano, piano si stanno allontanando seguendo la corrente del fiume. Al Chausatti Ghat mentre sto seduta a leggere mi si avvicina un giovane chiedendomi i soldi per un cjai. Vabbeh – solo 5 rupje per il cjai– gli dico. Lì accanto c’è un indiano che sta osservando la scena e il mendicante rifiuta le 5 rupje che gli porgo e si rivolge alla terza persona sostenendo di avermi chiesto anche i soldi per comprarsi qualcosa da mangiare oltre al cjai e pretende ora questo come un suo diritto. Chiamo Sonu che sta seduto poco lontano e gli chiedo di aiutarmi a capire la situazione. Immediatamente il mendicante mi richiede le 5 rupje e se ne scappa via.

Varanasi, 19 marzo 2016. Panorama notturno sugli altarini illuminati visti dal Dasaswamedh Ghat.

Varanasi, marzo 2016. Panrama notturno sugli altarini illuminati nei dintorni del Dasaswamedh Ghat.

A cena si siede accanto a me un ragazzo giapponese che abita poco lontano da Fukuscima. Sta trascorrendo in India i suoi 15 giorni di ferie e oltre a Varanasi ha visitato soltanto Agra. Ha frequentato le scuole superiori e ora lavora in un’azienda editoriale. Si siedono al nostro tavolo anche due signore indiane di Hildamabad: sono insieme alle loro famiglie e sono parte di un gruppo numeroso. Il ristorantino è piccolo e mentre alcuni si adattano a sedersi su una panca senza tavolo, gli altri devono alternarsi per la cena. Si fermeranno a Varanasi per 15 giorni: visiteranno diversi templi e celebreranno le varie puja.

Varanasi, 27 marzo 2016. Scorcio sul Dasaswamedh Ghat.

Varanasi, marzo 2016. Scorcio di paesaggio sul Dasaswamedh Ghat.

18 marzo 2016

Camminando sono arrivata a Godonia e all’incrocio ho svoltato a destra per Chowk per poi addentrarmi tra i vicoletti, che ancora non conosco benissimo, e arrivare al Gange. Lungo la Main Road e accanto ai vicoli che portano al Golden Temple c’è un gran numero di militari armati di fucile e bastone d’acciaio. Molti di loro hanno le stellette sulle spalle, altri dei medaglioni che pendono sulle braccia e alcuni indossano il giubbotto antiproiettile e il casco. Forse è un’impressione solo mia, ma paiono più numerosi e organizzati del solito. Camminando nei vicoletti un ragazzo mi riconosce per avergli chiesto un’informazione pochi giorni fa: in effetti, quando non so dove mi trovo chiedo sempre l’aiuto della gente. Molto spesso, però, gli indiani ti chiedono se ti ricordi di loro soltanto per cercare un approccio e proporti con insistenza degli acquisti.

Varanasi, 25 marzo 2016. Pellegrini del Sud al Gaay Ghat, verso le 12.00.

Varanasi, marzo 2016. Pellegrini dell’India del Sud al Gaay Ghat, verso le 12.00.

Ho appena superato uno svicolo: mi siedo sul ripiano di una vetrina di un negozio ancora chiuso e poco dopo arriva un funerale e gira dall’altra parte. Torno indietro e seguo quella via e, incrociando un altro corteo funebre arrivo direttamente al Manikarnika Ghat. Qui, tra i parenti dei defunti che assistono alla cerimonia della cremazione del loro congiunto ci sono diversi turisti occidentali: sono sempre accompagnati dalle immancabili pseudo guide indiane. Guardo con tristezza la salma che gli addetti stanno togliendo dalla portantina per distenderla sulla pira e proseguo lungo gli altri ghat fino al raggiungere il Dasaswamedh. Mi siedo all’ombra su un tavolone e leggo il giornale. Un bambino viene a sedersi accanto a me e insiste per attaccare discorso. Mi alzo per cambiare posto e il bambino mi chiede 10 rupje. Gli rispondo di andare a scuola e vado a sedermi su un altro tavolone poco più giù.

Varanasi, 19 marzo 2016. Aspetti di vita sui ghat.

Varanasi, marzo 2016. Aspetti della quotidianità nei pressi dl Manikarnika Ghat.

Ci sono degli anziani vestiti di bianco lì, dei barcaioli, mi diranno poi. Mi soffio il naso ed essendo reduce di un grosso raffreddore faccio un po’ di rumore. Gli uomini seduti accanto a me s’indignano e mi fanno cenno di andarmene. Mi spiegheranno poi che qui in India ci si soffia il naso leggermente e che nei casi come il mio si va dal medico. Dico loro che mi dispiace e che non ero a conoscenza di questo fatto e tutto si tranquillizza. Mi vien da pensare che loro sputano ovunque, si soffiano il naso lasciando cadere il muco in terra, fanno pipì ovunque, ma il rumore del soffiarsi il naso non lo ammettono. Vabbeh, pace fatta! I due barcaioli approfittano dell’amicizia per propormi subito un affare: l’acquisto di una collana di semi carica di energia per 500 rupje che poi scenderanno a 100. Sorrido divertita e li saluto.

Varanasi, 31 marzo 2016, Rajendaprasad Ghat.

Varanasi, marzo 2016.  Pomeriggio al Rajendaprasad Ghat.

Nel tardo pomeriggio davanti ad un tempietto, poco prima dell’Harischandra Ghat, incontro un giovane dell’India del Sud vestito in modo elegante, senza scarpe come previsto per l’accesso ai templi, ma con i calzini ai piedi. Sta seduto in posizione yoga e quando mi vede mi si avvicina per darmi un foglio con delle informazioni sullo yoga. Lui è un insegnante di yoga, ma si dedica anche al commercio di manufatti tra l’India e il Nepal. Sta facendo un digiuno di una giornata intera, una prassi importante per gli induisti, in questo periodo di luna crescente. Quando arrivo accanto al Rama Palace, sento parlare italiano: mi giro e vedo un indiano che fa da guida e due turisti di La Spezia che lo seguono. Uno dei due turisti, Andrea Ratti, mi dice che è un dermatologo di 53 anni e che con gran fatica è riuscito a ritagliarsi 10 giorni di vacanza. Ha un figlio di 16 anni e sta attraversando un periodo di crisi matrimoniale. L’uomo che lo accompagna è un colonnello dell’aereonautica che cerca di allontanarsi molto velocemente da me richiamando più volte l’amico che, invece, vorrebbe chiacchierare un po’.

Varanasi, 18 marzo 2016. Notte sui ghat.

Varanasi, 18 marzo 2016. Notte sui ghat.

Più avanti mi fermo a parlare con il barcaiolo di un piccolo tempio e che gestisce un negozietto accanto al Dasaswamedh Ghat. E’ un uomo di 46 anni che non è mai andato a scuola. Non sa né leggere né scrivere e a stento riesce ad apporre la sua firma. Anche i suoi 4 fratelli e le due sorelle sono nella stessa situazione. Sua moglie, invece, ha frequentato la scuola fino alla quinta classe ed è in grado di leggere e scrivere in modo elementare. Hanno due figli: un ragazzo di 12 anni e una bambina di 2 che, mi rassicura il padre, avranno la possibilità di frequentare tutta la scuola che i genitori non hanno potuto concedersi.

Varanasi, 19 marzo 2016. Celebrazione di apertura dell'Holi Festival in un tempio di Bengali Tola.

Varanasi, 19 marzo 2016. Celebrazione di apertura dell’Holi Festival in un tempio di Bengali Tola.

19 marzo 2016

Passando per Bengali Tola vedo uno dei templi dedicati a Shiva animato da suoni di campane e canti. Oggi è la giornata d’apertura dell’Holi Festival, la festa della gioia e tutti i templi dedicati al dio sono in festa. Lungo le strade s’incontrano giovani, ma anche persone avanti con gli anni colorate di rosso dalla testa ai piedi. Qui, al tempio, c’è un grande afflusso di fedeli: alcuni stanno portando le offerte al guru che sta seduto sull’entrata, altri stanno accendendo le candele e pregando davanti agli altarini, altri ancora girano intorno alla parte centrale del tempio.

Varanasi, Chaukhambla, 25 marzo 2016. Mercatino di fiori e orto-frutta lungo i viottoli della città vecchia.

Varanasi, Chaukhambla, marzo 2016. Mercatino di fiori e orto-frutta lungo i viottoli della città vecchia.

Continuo a camminare tra i vicoletti e vado oltre Chowk in una zona denominata Chaukhambha. Attraverso piccoli mercatini di verdure, schivando qualche ingombrante mucca, passo davanti a tanti negozietti di alimentari, dei tempietti appena lavati e addobbati con fiori freschi e candele accese. Alzando lo sguardo intravvedo diversi antichi palazzi in condizioni disastrose, molti paiono abbandonati, alcuni hanno le finestre murate. L’esigenza di restauri architettonici emerge un po’ dappertutto qui a Varanasi. Soltanto pochi giorni fa è crollato un pezzo di un antico tempio non lontano da qui, al Manikarnika Ghat.

Varanasi, 25 marzo 2016. viottoli di Chaukhambla.

Varanasi, marzo 2016. Viottoli di Chaukhambla.

Cerco l’uscita che mi porta verso il Gange: sono arrivata fin quasi al grande ponte ferroviario che sta a Nord della città. Ridiscendo lungo i ghat: fa molto caldo e mi siedo a leggere il giornale all’ombra di un ombrellone di cemento che sta dopo il borning ghat. Arriva un indiano che mi prende la mano e, nonostante le mie resistenze, continua a massaggiarmela. Mi alzo per andarmene, ma lui mi prende ora l’altra mano e mi massaggia entrambe le braccia. Scappo via e lui mi insegue chiedendomi 200 rupje per il massaggio, poi, abbassa il prezzo a 100, poi mi chiede un appuntamento per il giorno dopo. Verso sera cerco di andare al Golden Temple: la folla in fila per l’entrata è infinita: giovani colorati di rosso con i piedi scalzi spingono la calca di persone inneggiando a Shiva.

Varanasi, 23 marzo 2016. Holi Festival sui ghat nella zona del Tempio delle scimmie.

Varanasi, marzo 2016. Passaggio di ragazzi colorati per l’Holi festival nei pressi del Tempio delle Scimmie.

Non c’è un filo di spazio tra le persone e si rischia veramente di cadere e venir calpestati. Torno al Dasaswamedh Ghat dove si sta svolgendo la cerimonia serale. Mi siedo su una sporgenza in cemento accanto a due indiani vestiti di bianco, uno zio anziano e suo nipote di mezza età. Sono di Andarabath e stanno facendo un viaggio organizzato di 10 giorni. Qui a Varanasi si fermeranno soltanto una notte e domani andranno a visitare l’ashram del Saibaba, nel Maharashtra.

Varanasi, 23 marzo 2016. Holi Festival sui ghat.

Varanasi, marzo 2016. Holi Festival sui ghat.

20 marzo 2016

Stamattina alla tea-stall di Bengali Tola parlo a lungo con un ucraino di 43 anni che vive in India da ben 2 anni, a parte delle brevi interruzioni in Nepal e Sri Lanka per prolungare il visto. Mi racconta che il primo anno ha vissuto all’aperto, ma ora non riesce a reggere quel ritmo e sta in una guest house dove paga 100 rupje per notte. Il suo futuro, mi dice, sta nelle mani di Shiva, ma non desidera rientrare nel suo Paese. In Ucraina, prosegue, si ammazzano gli uni con gli altri e il popolo non sa bene cosa fare: se vuole rimanere con la Russia o divenirne indipendente. Di sera, mentre si sta svolgendo la cerimonia del Dasaswamedh Ghat me ne sto seduta sul terrazzamento che copre il tempietto dedicato a Shiva.

Varanasi, 27 marzo 2016. Nei pressi del Dasaswamedh Ghat, la domenica di Pasqua.

Varanasi, marzo 2016. Venditore di pifferi sui ghat.

Arriva il ragazzo che avevo incontrato due giorni fa accanto ad un altro tempio. Oggi è più allegro, ma indossa sempre i calzini anziché rimanere scalzo come gli altri. Mi dà un foglio da leggere anche questa volta: parla delle tre mogli di Shiva e domani dovrò dirgli cosa ne penso.

Varanasi, 22 marzo 2016, Bengali Tola. Mercato delle erbe per l'Holi festival.

Varanasi, marzo 2016, Bengali Tola. Mercato delle erbe per l’Holi festival.

21 marzo 2016

Ho un appuntamento con Prakash, l’indiano dei calzetti. Oggi mi ha portato degli altri fogli da leggere e riguardano la storia di Shiva che, secondo lo scritto, è stato l’ideatore dello yoga ben 7.500 anni fa. Riguardo ai fogli precedenti che parlano delle 3 mogli di Shiva (Kali, Parvati, Ganga) e del supporto da loro fornito al marito gli dico che, secondo me, è una condizione generale delle donne quella di vivere in funzione dei desideri del marito. L’indiano che ha 36 anni e non ha famiglia, ora abita al Centro Yoga Anandamurti che sta dalle parti dell’università, a cui fa riferimento anche per le sue lezioni. Uno dei lavori che ha in progetto riguarda l’abbinamento delle lezioni di yoga alle visite turistiche per dei gruppi di 5-6 persone da accompagnare per tre settimane a visitare sei città dell’India. Costo: 75 dollari, compresi gli spostamenti in treno, pullman, risciò, l’albergo, la prima colazione, le lezioni di yoga, la guida. Per ora, fra una settimana andrà in Nepal ad acquistare delle coperte da rivendere in alcuni negozi dell’India.

Varanasi, 31 marzo 2016. Un sarto di Godonia.

Varanasi, marzo 2016. Un sarto di Godonia.

Poco prima della chiusura dei negozi passo dal sarto a ritirare l’abito che mi ha confezionato. E’ molto bello, lo indosso per la cena, ma fa caldo e l’abito è troppo pesante. Faccio un salto al ghat per vedere la luna piena, ma devo rientrare immediatamente in guest house per liberarmi del bellissimo soffocante involucro.

Varanasi, 28 marzo 2016. Incontri sui ghat.

Varanasi, marzo 2016. Incontri lungo i ghat.

22 marzo 2016

L’aria oggi è più fresca : si è alzato un venticello delicato che pare soffiarmi tra i capelli. Al mercatino di Bengali Tola in occasione dell’Holi, il festival dei colori, sono comparse delle donne che vendono delle nuove erbe. Tra queste riconosco soltanto le spighe di grano, ma un mio amico fotografo mi assicura che sono tutte commestibili. Il festival è in pieno svolgimento: lungo i viottoli e sui ghat gruppi di ragazzini inzuppati di colore stanno nascosti per lanciare indisturbati sacchetti di plastica con all’interno acqua colorata. Accanto hanno dei secchi di riserva con i colori: giallo, verde, rosso, blu. Le pietre dei viottoli e dei ghat, l’asfalto delle strade principali sono impregnati degli schizzi di colore lasciati dai sacchetti che cadono in terra dopo aver colpito la gente che cammina. Congiungo le mani pregando i ragazzini di non mirare a me, ma vicino al Chausatti Ghat mi arriva un bel sacchetto di colore rosso sulle gambe. Vado a sedermi al Dasaswamedh Ghat a leggere il giornale nello stesso posto dove l’altro giorno mi sono soffiata il naso suscitando tanta indignazione tra i barcaioli. Poi, mi sposto più a Nord, sotto gli ombrelloni di cemento. Tre sorelle di Calcutta insieme al figlio di una di loro hanno appena fatto il bagno e stanno indossando dei sari nuovi ancora rigidi di appretto. Staranno qui a Varanasi per 7 giorni. Mentre loro si avviano lungo la gradinata che porta al Golden Temple arriva un’altra schiera di pellegrini appena scesa da un barcone e anche loro vanno nella stessa direzione. In questo posto gironzolano capre e montoni e, con l’aumentare della temperatura, il loro odore mi arriva con delle vampate molto intense, ma rimango ancora un po’ a leggere: ho iniziato un libro sull’India, di Hermann Hesse, ma non sono in sintonia con questo scrittore.

Varanasi, 27 marzo 2016. Vista dal Krisna Temple sul Dasaswamedh Ghat.

Varanasi, 27 marzo 2016. Vista dal Krisna Temple sul Dasaswamedh Ghat.

Ritorno verso il Dasaswamedh Ghat: fotografi, barcaioli, barbieri, massaggiatori, venditori di fiori e cibi hanno il volto colorato di un colore dell’Holi e alcuni di loro indossano una maschera o una parrucca variopinta. C’è un gruppo di musicisti più in là che sta suonando da ore i tamburi mentre dei giovani danzano muovendo braccia e gambe seguendo il ritmo: intorno a loro si sono fermati numerosi spettatori che si sono disposti in cerchio.

Varanasi, 22 marzo 2016. Musica e danze sui ghat per l'Holi Festival.

Varanasi, 22 marzo 2016. Musica e danze sui ghat per l’Holi Festival.

23 marzo 2016

Sono le 11.00 di mattina e sono fuori da tre ore, seduta un po’ al Chausatti Ghat un po’all’ombra della loggia del vicino Tempio delle Scimmie, quello che sta più a Sud. L’Holi Festival è in pieno svolgimento e alcune bombe d’acqua colorata e diversi spruzzi d’acqua mi hanno raggiunta da ogni parte tingendomi di rosso, viola, giallo la testa e gli abiti, nonostante abbia cercato di rimaner nascosta. Centinaia, forse migliaia di ragazzi e ragazze di diverse nazionalità stanno rincorrendosi lungo i ghat per spruzzarsi addosso getti di colore usando enormi fucili giocattolo. Altri giovani stanno appostati sui tetti a terrazza degli edifici attenti a colpire con rovesci e sacchetti d’acqua colorata i passanti. E’ la festa dei colori, della primavera e della gioia che concede a tutti la libertà di esprimersi e scherzare usando i colori. Nelle stradine, nelle piazzuole dove stavano le statue della dea Holinka con un bambinello in braccio, appoggiate sopra delle cataste di legna e sterco di vacca sono ora rimaste le ceneri fumanti dei falò accesi nelle diverse ore della scorsa notte.

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Varanasi, marzo 2016. Residui dei festeggiamenti dell’Holi festival lungo i ghat.

Già dal mattino, poi, accanto al millenario Chousatti Temple e sul suo ghat sono comparse delle postazioni di venditori con collane di garofani gialli e rossi, di mazzetti di roselline ed erbe inseriti all’interno di una foglia secca messa prima in ammollo per ammorbidirla. Sono le offerte da portare alla statua della Madre che sta al Chousatti Temple, mi dicono. All’interno del tempio, mi racconterà Raul qualche giorno dopo, ci sono 604 dee madri protettrici della popolazione. Verso sera la gradinata del Chousatti Ghat e la stradina che porta alla mia guest house che sta di fronte al tempio, sono affollate di fedeli che fanno la fila spingendosi per entrare a baciare i piedi della statua principale e donarle le offerte. Oltre ai militari appostati lì accanto per controllare la situazione ci sono anche le vedove che chiedono l’elemosina ogni mattina, ma per l’evento di oggi sono rimaste qui tutto il giorno ad aspettare i fedeli. Le donne della fila si sono coperte il capo con un lembo del sari e paiono delle madonne o delle sante. Gli uomini e i bambini sono vestiti a festa con abiti un po’ simili ai nostri anni ’50. Le bambine stanno per mano ai loro padri e indossano abitini di tulle che le fan sembrare a delle vecchie bambole. Le ragazzine anche loro vestite di tulle e pizzi colorati calzano sandali con i tacchetti che le fanno ondeggiare e traballare sulle pietre irregolari che ricoprono ghat e vicoli.

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Varansi, marzo 2016. Festeggiamenti dell’Holi festival lungo i ghat.

24 marzo 2016

Lunga camminata fino all’Assi Ghat sotto il sole cocente già dal mattino. I lastroni delle pavimentazioni portano ancora le tracce dei festeggiamenti terminati ieri, ma gli spazzini hanno pulito e bruciato la maggior parte delle immondizie con un veloce ed incredibile lavoro notturno. Oggi tutto appare quieto e anche gli attivissimi giovani giapponesi e coreani, grandi protagonisti degli spruzzi con le sofisticate pistole ad acqua oggi sono impegnati a fare acquisti di sari e souvenir nei negozi della città vecchia.

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Varanasi, marzo 2016. Celebrazione di una puja.

All’Assi Ghat mi siedo all’ombra di un grande albero di Pan e leggo qualche capitolo del libro di Hermann Hesse. Un ragazzo di 25 anni, figlio di barcaioli e barcaiolo egli stesso si siede accanto a me per raccontarmi qualche pezzo di storia induista. Ha frequentato soltanto 6 classi, ma parla un buon inglese ed è molto colto. Nel tardo pomeriggio vado al Chausatti Ghat e Sonu, il mio amico barcaiolo, arriva con il cjai acquistato alla bancarella del Rama Ghat lì vicino. In 2 settimane ho visto ben 2 volte Sonu con una bottiglia di whiski, ma l’altro ieri ha dormito tutto il giorno sulla barca dopo essersi ubriacato. Gli ho parlato con affetto ieri e gli ho riparlato anche oggi. So che sarà difficile che riesca a mantenere la promessa che non lo farà più.

Varanasi, 25 marzo 2016. Gaay Ghat

Varanasi, 25 marzo 2016. Gaay Ghat.

25 marzo 2016

In mattinata vado da Godonia a Chowk e di nuovo tra i vicoletti antichi di Chaukhambha con i minuscoli mercatini di ortofrutta e fiori posizionati sulle pietre ai lati dei viottoli. Un indiano che da tempo mi propone dei massaggi mi dice che la zona di Chaukhambla è abitata da gente ricca, ma io non riesco a scorgerla.

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Varanasi, 25 marzo 2016. Mercatino  a Chaukhambha.

Più avanti, nella direzione del fiume, le abitazioni si fanno più povere e l’insieme appare suggestivo e surreale. Rimango più a lungo delle altre volte in questa zona, a Nord di Varanasi: sono arrivata quasi sotto il grande ponte ferroviario sopra il Gange. Le abitazioni sono delle casupole molto povere animate da tempietti colorati di rosso o giallo presenti un po’ ovunque. Ci sono donne che allattano sedute sugli usci delle case e bambini molto piccoli, nudi, che giocano intorno ad una fontanella.

Varanasi, 25 marzo 2016. Interni del Rag Ghat.

Varanasi, 25 marzo 2016. Interni del Rag Ghat.

Cammino lentamente cercando di non farmi scorgere: tra le casupole ci sono delle cestaie che intrecciano ramoscelli teneri attorniate da stormi di bambini che corrono loro intorno. Lì accanto ci sono molti fasci di rami lunghi e sottili: stanno accatastati e quando di lì a poco raggiungerò il Gange ne vedrò degli altri messi in acqua a macerare. Nella città vecchia che sta poco prima del Rag Ghat c’è una stalla all’aperto e la parete della casupola accanto è tappezzata con dello sterco disposto con un perfetto ordine geometrico ad essiccare.

Gaay Ghat, 25 marzo 2016. Dopo puja 2

Varanasi, 25 marzo 2016. Termine di una puja al Gaay Ghat.

Dal Rag Ghat scendo giù fino al vicino Gaay Ghat: qui ci sono centinaia di pellegrini dell’India del Sud che hanno appena terminato il rituale della puja e stanno portando le loro offerte alla madre Ganga. Lancio uno sguardo verso il grande ponte costruito dagli inglesi durante il periodo imperiale e vedo un corpo adulto galleggiare su una portantina. Si tratta senz’altro di un sadhu i cui corpi vengono lasciati al Gange dopo morti.

Varanasi, 25 marzo 2016. Rag Ghat.

Varanasi, 25 marzo 2016. Rag Ghat.

26 marzo 2016

Giornata di un caldo torrido. Mentre me ne sto tranquilla a leggere sotto un telone arriva un ragazzo di 25 anni: è una guida turistica in cerca di clienti. Mi chiede delle informazioni sulla mia famiglia e sulla mia professione e alla fine pretende dei soldi per il fatto che io ho un reddito fisso e lui no. Risalgo la gradinata e cammino verso Godonia. Alcune madri con i bambini semi nudi a cavalcioni sui loro fianchi mi mostrano il biberon per farsi acquistare il latte da dare ai bambini: è un metodo molto diffuso qui, ma non mi lascio commuovere. L’elemosina la do soltanto qualche volta alle vedove che stanno tutte le mattine sedute sui muriccioli accanto al Chousatti Ghat. Verso sera, invece, mentre sto ammirando i movimenti delle barche sul Gange e della gente sui ghat arriva, come ogni sera ormai, il ragazzo che non toglie mai i calzetti. Devo essere diventata un punto di riferimento per lui che ogni sera prende l’auto risciò dalla lontana zona universitaria per venire qui a far quattro chiacchiere con me. Oggi mi parla velocissimo dei suoi progetti futuri e devo fare molta attenzione a cogliere il filo dei suoi discorsi. E’ molto religioso ed è legato in particolare alla figura di Shiva alla quale fa spesso riferimento e a cui si affida.

Varanasi, Dasaswamedh Ghat, 23 marzo 2016. Notte di luna piena.

Varanasi, Dasaswamedh Ghat, marzo 2016. Notte di luna piena.

27 marzo 2016

Mi fermo alla tea-stall di Bengali Tola e un anziano indiano si è seduto accanto a me. E’ un avvocato che abita ed ha lo studio proprio lì di fronte, in un palazzo che si affaccia sul Gange e che vorrebbe farmi visitare. Fa molto caldo anche oggi e mi trascino sui ghat a cercare qualche angolo d’ombra per fermarmi a leggere. Vorrei terminare il libro di Hermann Hesse, anzi, ora ho deciso di lasciarlo andare: non sono in sintonia con questo scrittore. Nel pomeriggio lungo il vicoletto della guest house incontro Edoardo, l’amico di mio figlio di Macerata che insegna italiano all’università di Delhi: ha dormito fino a poco fa ed è ancora assonnato. Ha trascorso tutta la notte, fino alle nove di mattina, sull’altra sponda del fiume insieme a dei baba Algorì, alla ricerca dei teschi dei morti. Gli Algori utilizzano i teschi per i rituali di magia nera.

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Varanasi, marzo 2016. Personaggio.

Nel pomeriggio il cielo si è annuvolato ed è caduta qualche goccia di pioggia che ha rinfrescato la temperatura. Mentre cammino per i viottoli di Bengali Tola, non lontano dalla mia guest house, c’è un gruppo di gente che blocca il passaggio per la visita a Varanasi di una rappresentante del governo dell’Uttar Pradesh. E’attorniata da uno staff di sole donne e per lasciar scorrere i passanti ora è entrata in un internet point e con un gran sorriso sulle labbra sta parlando ai suoi sostenitori.

Varanasi, 28 marzo 2016. Cottura sulle braci.

Varanasi, 28 marzo 2016. Cottura alla griglia lungo i ghat.

Verso sera vado al Chousatti Ghat ad ammirare il paesaggio: arriva, come ogni sera, Prakash, l’indiano dei calzini. Mi cerca ovunque, finchè mi trova. Domani andrò con lui a visitare il centro yoga dell’organizzazione internazionale Ananda Narga di cui fa parte.

Varanasi, 28 marzo 2016. Mattina al Dasashwamedh Ghat.

Varanasi, 28 marzo 2016. Mattina al Dasashwamedh-Ghat.

28 marzo 2016

Molto tempo della mattinata la trascorro all’ombra delle colonne rosa dell’acquedotto del Rajendraprasad Ghat, sulla scalinata che sta subito dopo il Dasashamedh Ghat. Qui stazionano sempre diversi sadhu con il corpo dipinto di bianco e i capelli lunghi infeltriti. Ci sono anche dei viandanti che allestiscono il loro habitat qui, stendendo carte e plastiche per terra, pulendo il pavimento intorno a loro, cucinando su dei sassi, stando seduti in cerchio a passarsi la pipa di terracotta accesa, facendo yoga, chiacchierando e divertendosi. Un sadhu del gruppo sta pulendo tutta la gradinata intorno a loro con uno scopino mettendoci una gran cura.

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Varanasi, 28 marzo 2016. Mattinata sui ghat.

Una bionda di mezza età sta lì immobile da almeno un’ora con gli occhi chiusi e in posizione yoga; il guru che pare essere il leader del gruppo, vestito soltanto di un panno bianco arrotolato intorno ai genitali, la scuote per offrirle una tazza di cjai appena arrivato dentro ad un sacchetto di plastica. Questo sadhu ha appena lavato delle verdure e le ha messe sul fuoco a cuocere dentro un vaso di terracotta. Un altro sadhu vestito con un drappo legato intorno ai fianchi sta sgranando dei melograni e li offre al gruppo ora più che mai impegnato a passarsi la pipa con il fumo.

Varanasi, 28 marzo 2016. Aspetti del Rajenprasad Ghat.

Varanasi, 28 marzo 2016. Aspetti del Rajenprasad Ghat.

Un occidentale come me se ne sta seduto più in alto ad osservare, poi scende accanto al gruppo e chiede alcune informazioni ad un ometto che parla inglese. Il sadhu leader si muove, parla, ride: si comporta come un attore, come se fosse uno showman su un palcoscenico. Quando il turista occidentale si alza per andarsene, il capo gli chiede un’offerta come fosse il prezzo dovuto per aver assistito ad uno show. Questi, senza opporsi, gli dà una bella mancia che il sadhu intasca soddisfatto.

Varanasi, 28 marzo 2016. Mattinata al Rajendraprasad Ghat.

Varanasi, 28 marzo 2016. Mattinata al Rajendraprasad Ghat.

Nel pomeriggio vado in motoretta con Prakash a visitare la struttura del centro di cui fa parte che sta ben oltre la città universitaria. Prakash vive nell’ashram dove c’è l’aula yoga, la cucina, il dormitorio, un grande parco tutt’intorno. In questo periodo non ci sono corsi di yoga e nell’ashram ci abitano solo due persone. Di fronte al centro vive una famiglia che fa parte dell’organizzazione: è composta dal capo famiglia, un impresario edile, dal suo anziano padre, dalla moglie, da cinque figlie e un maschio, tutti studenti universitari.

Varanasi, 28 marzo 2016. Il tempio dell'università.

Varanasi, 28 marzo 2016. Il Vishwanath Temple, il tempio dell’università.

Poco lontano da qui c’è un’altra sede della struttura dove si coltiva la terra con l’aiuto delle macchine agricole. E’ un pomeriggio torrido e qui un gruppo di ragazzi guidati da un monaco dell’associazione sta rifacendo la pavimentazione esterna utilizzando dei vecchi mattoni. Il monaco mi spiega che l’associazione è stata creata nel 1975 e si basa sul pensiero filosofico del guru Ananda Marga, morto nel 1999. L’associazione e i seguaci del guru si caratterizzano per il fatto che danno valore ad ogni religione, non ritengono ci siano delle verità assolute e non entrano in conflitto con le diversità teologiche. Amano dio e lo vedono nella natura, in ogni suo aspetto. Strutture legate a questo guru sono sorte in tutto il mondo e sono caratterizzate dal grande valore che viene attribuito alla meditazione e allo yoga nella formazione e durante la vita delle persone. Tutti i corsi hanno costi diversi e possono essere gratuiti o meno a seconda del reddito delle famiglie. La scuola forma anche i monaci attraverso dei corsi della durata di tre anni. Gli abiti che distinguono i seguaci di Ananda Marga sono di color arancione con un turbante dello stesso colore sul capo.

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Varanasi, 28 marzo 2016. Il campus universitario.

Sulla strada del ritorno ci fermiamo al grande tempio moderno Sri Wishwanath che sta al centro della vecchia città universitaria. Costruito una trentina di anni fa in mezzo ad un grande parco si erge nello spazio con le sue preziose cupole in pietra e le enormi logge colorate di rosa che si diramano tutt’intorno. Nella grande sala del primo piano alcune donne stanno mettendo dei soldi in una cassetta posta davanti ad un’immagine sacra. Un sacerdote sta cantando al microfono dei mantra accompagnato da un sottofondo musicale.

Varanasi, 28 marzo 2016, città universitaria. Il Vishwanath Temple.

Varanasi, 28 marzo 2016, città universitaria. Il Vishwanath Temple.

Gli spazi interni ed esterni di questo maestoso tempio sono molto accoglienti e favoriscono il sostare e lo stare insieme della gente.

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Varanasi, 28 marzo 2016, città universitaria. Il Vishwanath Temple, interno.

29 marzo 2016

Sono tornata al Rajendraprasad Ghat e ho trovato i sadhu indaffarati a gettare un misto di sabbia, acqua e cemento nella zona della scalinata dove stazionano abitualmente. L’impasto lo stanno spalmando con le mani e lo livellano battendolo con uno scopino. Più giù, dove ieri c’era il fuoco con il vaso di terracotta a bollire, c’è ora un sadhu che sta costruendo un focolare più alto e a forma di parallelepipedo. Il sadhu leader sta lavorando con passione ed è praticamente nudo. Mentre lavora, dirige contemporaneamente e con competenza l’operato dei seguaci.

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Varanasi, 29 marzo 2016. Il sadhu Shiva Raja Giri con i suoi  seguaci mentre eseguono dei lavori in cemento per costruire il loro habitat al Rajendraprasad Ghat.

Sono le 10.30 e fa molto caldo anche oggi. Ci sono degli altri aiutanti che portano l’acqua con le bottiglie di plastica da due litri ai lavoranti: loro, un po’ ne bevono e l’altra la gettano nell’impasto. Ripasso verso sera e il sadhu del focolare e il sadhu leader stanno ancora rifinendo le loro opere. Mi rifugio su un terrazzamento accanto al Dasashwamedh Ghat e mi immergo in una nuova lettura. Arriva Prakash, naturalmente, l’indiano dei calzetti: mi ha trovata anche qui!

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Varanasi, 29 marzo 2016, Rajendraprasad Ghat . Il sadhu leader Shiva Raja Giri mentre costruisce il suo focolare in cemento.

30 marzo 2016

Sono tornata ancora dai sadhu che abitano sulla gradinata del Rajendraprasad Ghat. Oggi il loro posto è affollatissimo di pellegrini che cercano un po’ di riparo all’ombra delle colonne rosa dell’acquedotto.

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Varanasi, 30 marzo 2016. Verso sera sui ghat.

Due baba stanno ancora lavorando intorno al focolare: trasportano le pietre sulle spalle dentro dei sacchi di plastica e le appoggiano sul ripiano ricoprendole poi di sabbia e acqua. Quello che appare come leader oggi è in relax, ma si concede per alcune foto dove posa mettendo una mano sopra il capo di ciascuno dei turisti indiani. Questi gli baciano i piedi, ma lui non gradisce queste effusioni e si allontana tenendo d’occhio i movimenti dei turisti che gli devono ormai delle offerte. Il sadhu leader si rilassa ancora: due giovani a turno lo massaggiano con molta abilità. Lui, si distende, si gira su un fianco, si rialza, si lascia tirare le braccia e aspira qualche boccata dalla pipa di terracotta, quando arriva il suo turno.

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Varanasi, 30 marzo 2016. Il massaggio al baba Shiva Raja Giri.

Di sera sto nella zona del Dasashwamedh Ghat quando si svolge la cerimonia: è sempre uguale, ma le persone che vi assistono sono sempre diverse e particolari. Nella piazza della cerimonia ci sono diversi sadhu e guru dipinti di bianco e agghingati con collane e fiori: stanno seduti individualmente su dei rialzi, ben in vista per ricevere le offerte di turisti e pellegrini.

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Varanasi, 30 marzo 2016. Rajendraprasad Ghat, l’habitat del baba Shiva Raja Giri e dei suoi seguaci.

31 marzo 2016

Mattinata ancora al Rajendraprasad Ghat tra i sadhu e i viandanti. Ora si sta svolgendo il rituale per la proclamazione a sadhu di uno spagnolo che viene spogliato e ricoperto soltanto con uno straccio bianco arrotolato intorno ai genitali. Un sadhu spalma di fango il suo corpo e lo accompagna a fare il bagno nel Gange. Viene colorato poi tutto di bianco e rivestito con un telo arancione a mo’ di gonna, come usano i sadhu. Lo spagnolo è un insegnate di yoga di Valencia e sta dividendo la sua vita fra la sua città e Varanasi.

Varanasi, 31 marzo 2016, Varanasi, Rajendaprasad Ghat. Cerimonia conclusiva di proclamazione di un sadhu spagnolo.

Varanasi, 31 marzo 2016, Rajendaprasad Ghat. Cerimonia conclusiva di proclamazione di un sadhu spagnolo.

Sul far della sera torno lì: il sadhu leader sta agitando due tamburelli in piedi sopra il nuovo focolare: a momenti si gira da una parte in altri dall’altra come se stesse facendo uno show, mentre un gran numero di altri baba se ne sta seduto sulle gradinate e sul piazzale in compagnia di qualche turista occidentale. Lì accanto a loro c’è una mucca distesa e un bambino sta dormendo accanto a lei. Sono ora in arrivo i bambini giocolieri e si fermano a salutarmi. Ieri, quando si sono esibiti con delle capriole ho detto loro di andare a scuola, ma oggi ho dato loro un’offerta seguendo l’esempio dei baba.

Varanasi, 28 marzo 2016. Mattina al Rajendaprasad Ghat.

Varanasi, fine marzo 2016. Mattina al Rajendaprasad Ghat.

Mi sposto a leggere più giù, vicino al Gange. Anche qui mi raggiunge Prakash, l’indiano dei calzini. Mi dice che partirà questa notte o domani per il Nepal. Deve fare degli acquisti da rivendere a dei negozi indiani, poi tornerà a Delhi dove abita.

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Varanasi, fine marzo 2016. Personaggi del Rajendaprasad Ghat.

1 aprile 2016

Scendendo le scale della guest house ho appena incontrato Edoardo che rientrava dopo la nottata trascorsa con gli Agorì baba. La ricerca dei resti umani è stata fortunata, mi racconta, in quanto hanno trovato il cadavere di una neonata che hanno utilizzato per l’offerta agli dei. Un baba ne ha mangiato un pezzo, crudo. Mi siedo alla tea-stall di Bengali Tola accanto ad un anziano indiano. E’ un militare in pensione che ora fa il taxista con un’auto propria. E’ di Calcutta, ma sua madre, morta qualche anno fa a 99 anni, si era trasferita qui a Varanasi e lui l’ha seguita per prestarle assistenza e vi è rimasto. Durante il lavoro nell’esercito si è laureato in economia e commercio e ora si sta interessando allo studio della storia indiana.

Varanasi, 1 aprile 2016. Pellegrinaggio in preghiera all'ombra del Rajendaprasad Ghat

Varanasi, 1 aprile 2016. Pellegrinaggio in preghiera all’ombra del Rajendaprasad Ghat.

Lasciata la tea-stall cammino anche oggi verso il luogo dei miei amici sadhu, al Rajendraprasad Ghat. Alle 9.45 arriva il sadhu leader: ha le collane con i semi di varie grandezze al collo, ma le pitture bianche sulla schiena e sui polpacci sono quasi scomparse e sembra stanco e affaticato. Si dirige un attimo verso il fuoco del nuovo focolare, dispone i tappeti nel suo habitat al loro solito posto, si fa portare dell’acqua da una bambina e lava la pipa di terracotta. Chiede dell’altra acqua e un seguace gliene porta subito un secchio che gli serve per lavare ancora la pipa. Sulla sinistra della scalinata, dove c’è dell’altra ombra, è appena arrivato un folto pellegrinaggio e uomini e donne stanno recitando una preghiera collettiva. In un attimo il luogo si è riempito di venditori di borse, cartoline, sonagli e collane che mostrano la loro merce aprendo e muovendo le braccia sulle quali sta appesa.

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Varanasi, 1 aprile 2016. Bigiotterie comuni.

Il sadhu leader nel frattempo si è disteso e si è coperto con un telo arancione dalla testa ai piedi. Un seguace ha appena iniziato a massaggiargli i muscoli delle gambe e poi tutto il corpo senza scoprirlo.

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Varanasi, aprile 2016. I personaggi del Rajendaprasad Ghat

Sotto la scalinata, nel piazzale del ghat, la famiglia circense sta suonando ed eseguendo le solite capriole. Il gruppo oggi è distante da dove sto seduta e oggi non dono loro nulla. Verso sera li vedo di nuovo sulla scalinata al di là del Dasashwamedh Ghat: la madre sta suonando il tamburo mentre il giovane padre, sempre vestito di nero, si esibisce nelle contorsioni. I due bambini stanno guardando nel vuoto, forse verso il fiume: uno dei due, il più grandicello, che potrebbe avere 7-8 anni, mi saluta con un cenno della mano.

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Varanasi, aprile 2016. Pellegrinaggi in sosta all’ombra del Rajendaprasad Ghat.

Percorro le stradine interne della città vecchia che fiancheggiano i ghat: guardo i negozi di bracciali e di lavori in legno, svolto a destra, a sinistra, vado dritta certa di tornare verso il Dasashwamedh Ghat. Incrocio ben tre funerali, uno dei quali con la salma dalla quale sporgono dei bastoncini con dei piccoli meloni infilati ad un’estremità. Mi rendo conto di essere nei pressi del Manikarnika Ghat ed esco sulla strada principale nei pressi di Godonia.

Varanasi, 28 marzo 2016. Pellegrinaggi al Main Ghat.

Varanasi, marzo-aprile 2016. Pellegrinaggi al Dasaswamedh Ghat.

2 aprile 2016

Alla tea-stall di Bengali Tola oggi incontro due indiani di Calcutta in vacanza a Varanasi per qualche giorno. Sono vestiti di bianco con il tradizionale telo allacciato intorno alla vita. Sono dei commercialisti e mi chiedono delle informazioni sulle motivazioni per cui trascorro molto tempo in India e vogliono offrirmi il cjai che ho già bevuto.

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Varanasi, Rajendraprasad Ghat. Il baba Shiva Raja Giri.

Al Rajendraprasad Ghat, alle 8.30 il baba leader è già seduto accanto al nuovo focolare, in battuta di sole. Sta parlando in inglese con una ragazza occidentale dai lunghi capelli rossi e vestita di bianco. Accanto alla ragazza c’è un’altra giovane donna in sari, con il capo coperto da un velo. Pian piano attorno al gruppetto si raduna una piccola folla di turisti e fedeli: chi per scattare delle fotografie chi per ascoltare quel che sta dicendo il guru oppure per ricevere da lui i simboli di Shiva disegnati sulla fronte. Nella parte della scalinata all’ombra invece ci sono gli altri sadhu insieme ad alcuni seguaci del capo. Quello che porta sul capo una coperta a spina di pesce arrotolata oggi si è messo un paio di Ray ban ed ha un aspetto molto interessante. Un altro ha indossato un’elegante giacca blu e anche se ha una vistosa macchia rossa sulla schiena conferisce al giovane una certa raffinatezza. Una pipa accesa sta già girando tra i gruppi e ora è arrivata al leader che sta ancora laggiù seduto, accanto al focolare: lui interrompe le sue spiegazioni alla ragazza che sta prendendo appunti e tira due, tre e forse più boccate di fumo.

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Varanasi, 2 aprile 2016. Pellegrini all’ombra del Rajendraprasad Ghat.

La zona d’ombra della scalinata è molto ambita in questo periodo e le folle dei pellegrini rincorse dai venditori ne riempiono ogni spazio. Nessuno però si azzarda ad occupare lo spazio dove stanno i sadhu e i seguaci del guru: se a volte qualcuno osa entrare nel loro spazio loro protestano indignati. Ora sono appena arrivati i venditori di tè con le loro cuccume infuocate munite di fornelletto a carbone e stanno distribuendo la bevanda bollente in bicchieri di plastica ad un folto gruppo di seguaci. Qualcuno ha offerto loro il cjai, naturalmente.

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Varanasi, aprile 2016. I piccoli attori di strada mentre pranzano alla mensa all’aperto della Main Road.

Là sotto stanno passando i bambini con il tamburo: sono tre oggi e mi salutano con un gesto della mano. La ragazza occidentale ora se ne sta andando via e il sadhu si alza per far martellare i due tamburelli che tiene nelle mani. Oggi fa delle acrobazie stando per lungo tempo su una sola gamba e portando l’altra all’altezza del bacino. Terminato lo show va nell’altra postazione, all’ombra, insieme alla ragazza in sari che continua ad ascoltarlo con molto interesse.

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Varanasi, aprile 2016. Panorama sui ghat.

Sono circa le 11.00: il sadhu e un suo seguace iniziano i preparativi per il pranzo. Da un grosso sacco di plastica tolgono dei pacchetti e versano il contenuto su un vassoio e su dei pezzi di giornale: è il riso e i legumi per il dhal che i pellegrini donano loro continuamente. Sul fuoco alimentato dallo sterco di vacca essiccato sta bollendo l’acqua nel solito vaso di argilla annerito: un altro sadhu se ne sta occupando.

Varanasi, 2 aprile 2016. Gruppo di baba in attesa dell'ora di pranzo nei pressi dell'Annapurna Temple.

 Varanasi, 2 aprile 2016. Gruppo di baba in attesa dell’ora di pranzo nei pressi dell’Annapurna Temple.

Verso sera incontro Sonu, il barcaiolo, al Chousatti Ghat. E’ appena tornato da un giro in barca con una coppia di canadesi. Li ha portati in mezzo al fiume dove la ragazza ha sparso le ceneri della madre, morta un mese fa.

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Varanasi, aprile 2016. Gruppi di mendicanti e baba sotto la gradinata del Rajendraprasad Ghat.

3 aprile 2016

Sono le 8.30 e ho già raggiunto l’Assi Ghat camminando verso Sud e seguendo il fiume. Sto andando da una massaggiatrice ayurvedica e fra poco lei mi raggiungerà per accompagnarmi nella sua abitazione. E’ presto ed è domenica. Qualche mendicante sta ancora dormendo sotto il grande albero di pipan nonostante le voci e i canti dei numerosi pellegrini arrivati qui per bagnarsi nel Gange. Laggiù, vicino alle barche ci sono numerose bancarelle che vendono taniche bianche di plastica. Non mancano anche quaggiù i santoni che sotto gli ombrelloni sorvegliano gli indumenti dei bagnanti e celebrano qualche veloce rituale.

Varanasi, 3 aprile 2016. La casa e lo studio della massaggiatrice ayurveda, nei pressi dell'Assi Ghat.

Varanasi, 3 aprile 2016. La casa e lo studio della massaggiatrice ayurveda nei pressi dellAssi Ghat.

La casa della massaggiatrice è una baracca di fango e lamiere. Ha 45 anni ed è vedova da 3 anni. Ha 6 figli grandi: due femmine sono sposate e vivono nelle famiglie dei rispettivi mariti mentre gli altri quattro, tra cui due maschi sposati con mogli e figli, abitano lì con lei. L’anziana madre sta distesa su un tavolo all’ingresso dell’abitazione ed ha l’aspetto di una persona malata. Quando torno verso l’Assi Ghat mi fermo ad osservare un giovane ben vestito e con un borsello a tracolla. Sta appoggiato ad un muretto e sembra dormire quasi in piedi. Ha due grossi bernoccoli sulla fronte: ogni tanto solleva le braccia e lascia ciondolare la testa. Un anziano indiano gli si avvicina per prestargli aiuto, ma il ragazzo gli risponde che non ne ha bisogno.

Varanasi, 3 aprile 2016. Tempietto all'Harishchandra Ghat, il piccolo borning ghat.

Varanasi, 3 aprile 2016. Tempietto allHarishchandra Ghat, il piccolo borning-ghat.

4 aprile 2016

Sono le 7.00 di mattina e sto attraversando i ghat verso Sud per andare anche oggi dalla massaggiatrice ayurveda. Diversi ghat sono già affollati di pellegrini che stanno facendo il bagno e celebrando con gli addetti i diversi tipi di puja. Altri gruppi stanno salendo sulle barche per andare all’altra sponda o per recarsi nella direzione del Golden Temple. Dalla massaggiatrice arrivo con 10 minuti di ritardo, ma lei non è ancora pronta a ricevermi. Si è appena alzata e sta lavandosi alla fontana della strada. Poi, si mette a recitare un mantra sulla porta di casa agitando in aria un braciere fumante. Il figlio più giovane, quello che guida un risciò in affitto si è appena alzato anche lui e mi spiega che quello che sta facendo sua madre è la puja della mattina e si svolge in tutti i luoghi prima di iniziare qualsiasi attività.

Varanasi, 4 aprile 2016. Ingresso al Nikailad Temple, un tempio induista accanto al Jain Temple.

Varanasi, 4 aprile 2016. Ingresso al Nikailad Temple, un tempio induista accanto al Jain Temple.

Sulla via del ritorno, al Nishadra Ghat, salgo la scalinata che porta ad un coloratissimo tempio induista: il Nikalad Temple. Sulla porta non c’è che un’anziana che chiede l’elemosina e all’interno, seduti a chiacchierare, quasi nascosti, scorgo due sacerdoti. Lì accanto, sul Jain Ghat, si trova un tempio jainista. Il guardiano mi apre delle stanze spoglie e disadorne: alle pareti ci sono alcune foto di guru in posizione yoga, rigorosamente nudi, poi, un’immagine del Buddha giovane, 1 scultura raffigurante la dea Kalì e un’altra con la dea Durga.

Varanasi, 4 aprile 2016. Interno del Shiva Temple nei dintorni dell'Assi Ghat.

Varanasi, 4 aprile 2016. Interno del Shiva Temple, nei dintorni dellAssi Ghat.

Più tardi, verso le 13.00 incontro Daniel, un ragazzo di Vienna conosciuto 5 anni fa in Birmania: siamo rimasti in contatto attraverso facebook. E’ un sociologo che lavora a Vienna con i rifugiati. Mi dice che ora non c’è lavoro in quel settore in quanto le frontiere dei Paesi europei sono chiuse, ad eccezione di quelle italiane. Lui ha viaggiato per tre settimane nello Sri Lanka, ora rimarrà altrettanto tempo nell’India del Nord e poi andrà in Iran.

Varanasi, 4 aprile 2016. Sulla scalinata del Kedar Ghat.

Varanasi, 4 aprile 2016. Sulla scalinata del Kedar Ghat.

5 aprile 2016

Ancora il percorso di primo mattino per andare all’Assi Ghat dalla massaggiatrice ayurveda. Sul lungo fiume, seduti su una scalinata ci sono gli allievi di una scuola di sanscrito tutti vestiti di bianco con le righe di Shiva disegnate sulla fronte: cantano e recitano dei mantra. Quando arrivo alla casupola studio della massaggiatrice trovo la famiglia già animata da bambini, ragazzi, madri, zie, nonne, uomini di buon mattino.

Varanasi, 5 aprile 2016. Ragazzi di una scuola recitano i mantra al sorgere del sole.

Varanasi, 5 aprile 2016. Ragazzi di una scuola recitano i mantra al sorgere del sole.

Appena fuori dalla stamberga gli uomini hanno acceso un fuoco ed il fumo sta arrivando alla tettoia sotto la quale sto seduta in attesa del massaggio. Stanno cucinando delle patate e le hanno sistemate in cerchio direttamente intorno al fuoco. Il ventilatore della camera dei massaggi oggi non funziona e sto grondando di sudore.

Varanasi, 5 aprile 2016. L'essicazione dello sterco di bovini nei pressi dell'Assi Ghat.

Varanasi, 5 aprile 2016. L’essicazione dello sterco di bovini nei pressi dell’Assi Ghat.

Verso le 12.30 torno al Rajendraprasad Ghat dove sta il gruppo dei sadhu: il baba leader è sempre attivo e sta impastando della sabbia con l’acqua per costruire dei cerchi che mette in forma attorno a delle ciotole raccattate tra le immondizie. Qui, infatti, lo yoghurt e il tè li servono in coppette di terracotta che si buttano ogni volta via. Una pentola di alluminio nera con delle verdure e il grosso vaso di terracotta con il riso stanno bollendo sul focolare. La pipa sta girando tranquilla tra i seguaci del guru. Quello con la coperta a spina di pesce arrotolata sul capo sta dormendo all’ombra di un gradino e all’altezza della sua testa ci sono i piedi di una donna anche lei addormentata. Un ragazzino di circa dieci anni mi si avvicina: forse è uno del gruppo delle capriole al suono dei tamburi. Gli chiedo della scuola e mi risponde che frequenta la seconda classe. Il leader appena lo scorge lo caccia via.

Varanasi, 5 aprile 2016, Rajendraprasad Ghat. Con il guru Shiva Raja Giri.

Varanasi, 5 aprile 2016, Rajendraprasad Ghat. Con il guru Shiva Raja Giri.

Il baba leader ora si è seduto accanto a me: si chiama Shiva Raja Giri, ha 54 anni, ha frequentato fino alla dodicesima classe e la lingua inglese l’ha imparata con la gente. Dice di essere sadhu e guru da sempre, nonostante sua madre abbia fatto degli sforzi per convincerlo a scegliere un’altra via. Oltre a Varanasi trascorre molto tempo ad Harishwar dove ha un ashram all’aperto come qui. Preferisce stare negli holy places, nei luoghi santi, in particolare in quelli situati sui monti dell’Himalaya. Ha un fratello e una sorella che stanno a Balia, nell’Uttar Pradesh, a 150 km da Varanasi, suo paese natale, ma non ha contatti con loro. La sua famiglia, mi dice, sono i suoi seguaci e anch’io quando vado a sedermi lì sono parte del suo nucleo. E’ molto fiero che io abbia assistito all’intervento della polizia quando è arrivata a chiedergli conto della costruzione del focolare. Mi dice che i poliziotti si sono fermati davanti a quella costruzione e lui, tranquillamente ha fatto proseguire i lavori nell’altra sua postazione. Io l’ho osservato mentre davanti ai poliziotti è rimasto tranquillamente seduto continuando a farsi la pedicure con un pezzo di mattone. Aggiunge che quando si sposterà ad Haridwar e sull’Himalaya qualche suo seguace rimarrà qui a fare la guardia alle costruzioni e si dice certo che nessuna autorità le farà demolire. Mi racconta che ha raggiunto il controllo delle emozioni e del sesso attraverso la meditazione e lo yoga. Sulla sua figura sono stati girati 448 video e me ne mostra uno con delle sue immagini sulla custodia : “Naked in Ashes” è il titolo del documentario. La regia è di Paula Fouce.

Varanasi, 6 aprile 2016. Panorama dal Rajendraprasad Ghat.

Varanasi, 6 aprile 2016. Panorama dal Rajendraprasad Ghat.

6 aprile 2016

Oggi lascerò Varanasi per andare a trascorrere gli ultimi giorni di questo viaggio a Vrindavan, uno dei luoghi sacri dell’India particolarmente frequentato dagli Hari Crishna. Nella tarda mattinata torno al Rajendraprasad Ghat e il guru leader oggi ha la barba raccolta in trecce e sta trafficando con dello spago. Accanto a lui ci sono due venditori di collane e lui se ne mette al collo alcune.

Varanasi, 6 aprile 2016. Col guru Shiva Raja.

Varanasi, 6 aprile 2016. Col guru Shiva Raja.

Ha appena terminato di infilare una bacca in uno spago: è un regalo per me e devo andare là, sul suo pulpito per il rituale di nomina a sua discepola. Mi disegna il simbolo di Shiva sulla fronte: tre righe bianche con il punto rosso in mezzo, mi infila altre due collane di semi al collo: una per me e una per mio figlio, mi dice. C’è un altro rituale ora ed è per un nuovo sadhu. Quest’ultimo ha lasciato la famiglia per seguire il guru Shiva Raja: i suoi figli sono ormai grandi-mi racconta- e ha maturato la scelta di vivere in libertà, nell’ashram all’aperto del guru Shiva Raja.

Varanasi, 4 aprile 2016. Panorama sul Gange dal Nikailad Temple, Assi Ghat.

Varanasi, aprile 2016. Panorama dal Nikailad Temple.

Nel tardo pomeriggio lascio con grande tristezza Varanasi: l’attraverso in risciò per andare alla stazione ferroviaria di Manduadih a prendere il treno per Delhi. Da lì proseguirò in pullman per Vrindravan. Durante la notte in treno ho sognato mia sorella con la quale non ho più alcuna relazione: stava arrivando in bicicletta dalla viuzza che sta appena sopra il duomo di Gemona del Friuli, dove anni fa, prima del terremoto, abitava la mia madrina. Mia sorella era stravolta e aveva la faccia magrissima, quasi come un teschio: era preoccupata per mia madre che alle 21.15 non era ancora rientrata e la stava cercando. In un attimo si è allontanata. Sono rimasta un po’ sveglia a pensare al significato del sogno così ho potuto assistere alla scena di un ragazzo che è arrivato silenzioso, ha baciato sulle labbra e poi stava toccando il sesso alla ragazza che dormiva di fronte a me. Gli ho tirato un calcio che l’ha colpito sulle spalle ed è scappato via rapidissimo. Al mattino ne ho parlato con la ragazza e sia lei sia le altre due ragazze dello scompartimento mi hanno raccontato di aver avuto altri episodi simili.

Varanasi, 4 aprile 2016. Shiva Temple nei pressi dell' Assi Ghat.

Chitrakoot (Madhya Pradesh) 2016

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Madhya Pradesh, Chitrakoot, febbraio 2016. Con Marissa (americana) e la signora del ristorantino con i suoi figli (foto di Reshef Szekely, israeliano).

9 febbraio 2016

Questa mattina ho lasciato anch’io Amarkantak e sto andando a Chitrakoot, un luogo sacro a qualche ora di distanza da Varanasi. Ho camminato per oltre 1 km con lo zaino sulle spalle per raggiungere la stazione degli autobus di Amarkantak. Il percorso in corriera per la stazione ferroviaria di Penta Road ora mi sembra molto più bello e interessante di quello in fuoristrada attraversato durante l’andata. Molti pezzi di strada sono sterrati e dissestati con delle buche che fanno spesso sussultare i passeggeri dell’affollata corriera. Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Raghavghat.

Madhya Pradesh, Chitrakoot, febbraio 2016. Raghavghat.

Donne avvolte in grandi scialli o coperte con bambini piccoli in braccio e uomini con borse di plastica salgono nei villaggi e scendono in mezzo alle colline per andare chissà dove. Davanti a noi c’è un’altra corriera che lascia dietro un nuvolone di polvere e impedisce di vedere cosa c’è davanti a noi. Molte donne dei villaggi che attraversiamo portano il velo colorato anche sul volto, forse per proteggersi dal polverone della strada. Sono quasi le 10.00 del mattino e si vedono alcuni bambini scalzi e poveramente vestiti che stanno andando verso la scuola.

Chitrakoot, 14 febbraio 2016. Casa tipica lungo il fiume.

Chitrakoot, febbraio 2016. Casa tipica lungo la riva del fiume.

Lungo un tratto di strada ci sono delle macchine scavatrici e spianatrici in movimento impegnate per l’allargamento della carreggiata. Vicino ad un villaggio incrociamo un camion e un trattore, a poca distanza l’uno dall’altro. Il percorso da Amarkantak a Pentra Road si svolge quasi interamente in mezzo alla foresta e spaventa le scimmie che stanno tranquillamente sedute in mezzo alla strada, sulla terra rossastra dei bordi o arrampicate sugli alberi intirizziti dal freddo.

Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Puja di pellegrini di Jagdalpur, Chhattisgah.

M. P. Chitrakoot, febbraio 2016. Puja di pellegrini di Jagdalpur.

Più su, nella parte alta della collina, la corriera si ferma per offrire una noce di cocco al tempio di Allomandi, una costruzione che sta su un cucuzzolo dall’altro lato della strada. Deve essere una consuetudine di questa zona: difatti anche ieri sera ho visto celebrare una puja su un’altra corriera, prima della partenza. Guardando attraverso le fitte sbarre che separano il mio sedile dall’autista osservo che nei tratti accanto ai villaggi la zona si fa quasi pianeggiante: ci sono dei laghetti, forse artificiali, ma ora le risaie sono quasi tutte secche a parte qualche piccolo raro appezzamento dove son già spuntate le piantine.

Chitrakoot, 13 febbraio 2016. L'ora del tramonto.

Chitrakoot, febbraio 2016. L’ora del tramonto.

Poco lontano dal tempietto in cima alla collina c’è una grossa mandria di mucche, tori e vitellini con un pastore che s’affretta a farli attraversare la strada. Più in là ci sono altri bovini che vagano sparsi nella vasta campagna. Non lontano da lì, tutte assieme in un campo, ci sono molte capre nere dal pelo lungo impegnate a brucare quel po’ d’erba che trovano. Le case di questa zona sono tutte larghe e basse, composte solo dal piano terra e hanno spesso sul davanti la stalla racchiusa da una staccionata. Sono costruite in mattoni o terra battuta dipinta di bianco e creano un paesaggio armonico con il contrasto marron rossastro delle tegole dei tetti.

M. P. Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Il lavoro delle donne.

M. P. Chitrakoot,  febbraio 2016. Il lavoro delle donne.

Attraversiamo un passaggio a livello con due binari e dall’aspetto movimentato delle strade sicuramente ci stiamo avvicinando a Pendra Road. Si sente l’atmosfera della città: le vie sono piene di negozi in muratura, le vetrine hanno esposto ogni tipo di merce, i ristoranti e le chajwalla sono indaffarati a cucinare i cibi speziati che gli indiani mangiano a colazione e a preparare il chai. Per le strade si vede la gente che cammina veloce o corre in bicicletta e scooter per andare a lavorare. Una moltitudine di adolescenti, vestiti elegantemente nella loro divisa bianca e azzurra si sta dirigendo veloci verso la scuola. A Pendra Road lascio una decina di minuti in custodia gli zaini ad un’anziana donna, probabilmente una mendicante. Quando torno le porgo 10 rupie che lei rifiuta con grande dignità. Più tardi vado a pranzo in un ristorantino che sta sulla via principale: lascio una mezz’ora i bagagli lì e faccio un giro nel simpatico mercato locale. Compro due tazzine, una grattugia, qualche limone, dei biscotti e del ginger.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, 11 febbraio 2016. Lavori sul fiume Mandakini.

Madhia Pradesh, Chitrakoot,  febbraio 2016. Lavori sul fiume Mandakini.

Il viaggio in treno su una classe privilegiata non è molto interessante. Ci sono dei ragazzi e delle ragazze, probabilmente di un college, che parlano continuamente in inglese, ad alta voce, tra di loro e si muovono senza rispettare le due donne che stanno nello stesso scompartimento. La signora più giovane è una professionista di counseling e opera privatamente. Abita a Raipur e sta accompagnando la suocera a casa, a Luknov. Commento con lei il comportamento dei giovani che per me rimane un’eccezione qui in India, ma lei mi risponde che la maggior parte delle nuove generazioni della classe medio-alta è così e secondo lei nei prossimi anni aumenteranno.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, 11 febbraio 2016.Pujia al Raghavghat.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, febbraio 2016.Pujia al Raghavghat.

Commento con lei anche l’episodio di qualche ora fa. Il mio posto sta lungo il corridoio e quando son salita ho dovuto chiedere alla giovane donna che stava seduta lì, di spostarsi. Stava con 2 bambini: un bambino di circa un anno e una bambina di poco più di due. Il viaggio era difficoltoso: i bambini si muovevano e arrivavano continuamente sul mio sedile. Ho alzato gli occhi e ho visto che sul letto sopra le nostre teste stava disteso tranquillamente il giovane padre dei bambini. Non parlavano l’inglese, ma aiutata dalla signora di Raipur sono riuscita a fare in modo che la giovane madre salisse sul letto soprastante con i 2 bambini e il padre venisse a sedersi accanto a me. Il genitore non si è mai occupato dei due figli durante il viaggio e quando ha aperto il suo letto tra il mio e quello della moglie ha trascorso diverso tempo al telefono parlando a bassa voce.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, 10 febbraio 2016. La siesta sul tetto a terrazza.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, febbraio 2016. La siesta sul tetto a terrazza.

Sono arrivata ora a Chitrakoot ed è mezzanotte ormai. Salgo su un autorisciò per farmi portare in centro, ma ci sono troppe variazioni di prezzi e non vengono rispettati gli accordi presi e decido di trascorrere la notte qui, vicino alla stazione ferroviaria.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, 12 febbraio 2016. L'albero secco di seesam, protetto.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, febbraio 2016. L’albero secco di seesam, protetto.

10 febbraio 2016

Con un moto risciò stracarico arrivo a Citrakoot centro e cerco una guest house dove stare. Le camere sono tutte buie e seguo l’indicazione di alcuni indiani che mi consigliano di alloggiare in una struttura governativa poco distante: il Mandakini (nome del fiume) Resort. La distanza a piedi è di circa 1 km e accetto il passaggio in motoretta di un giovane giornalaio che si offre di accompagnarmi fin qui. Il Resort è quasi vuoto e per 200 rupie ( meno di 3 euro) accetto di stare una notte nel dormitorio. Ci sono due indiani lì, ma alla sera si trasferiscono nell’altro stanzone vuoto e così mi ritrovo con una grande camera tutta per me, con tutte le comodità compreso l’accesso a internet.

M. Pradesh, Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Bagno di donne nel Mandakini River.

M. Pradesh, Chitrakoot, febbraio 2016. Bagno di donne nel Mandakini River.

Esco per visitare la cittadina e incontro al Rama ghat, sul Mandakini, lo stesso autista del motorisciò che l’altra notte mi chiedeva troppi soldi per arrivare fino qui. Sta su una motocicletta oggi: lo riconosco dal foular multicolore che porta arrotolato sul capo come i sick. Non è sick, mi dice: mi spiega a che variabile induista appartiene, ma non parla inglese e così non riesco a capirlo.

M. Pradesh, Chitrakoot,10 febbraio 2016. Raghavghat, sul fiume Mandakini.

M. Pradesh, Chitrakoot, 10 febbraio 2016. Raghavghat, sul fiume Mandakini.

Chitrakoot è un luogo molto frequentato da pellegrini e da sadhu per la sacralità che rappresenta. I motorisciò viaggiano sempre carichi e vanno avanti e indietro dalla e per la stazione ferroviaria che dista 9 km da qui. Lungo tutta la parte del Rama ghat ci sono delle barche colorate che trasportano i pellegrini in giro per i templi. Sulle barche ci sono dei conigli bianchi ben curati e tranquilli che servono da ornamento e per le foto dei turisti. Sulla sponda ci sono 4 enormi pupazzi di tigri: nei giorni successivi mi diranno che anche questi servono per attirare i turisti.

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Citrakoot, febbraio 2016. Giro in barca con Ben, Marissa e Reshef. La foto è di Reshef Szekely.

Un ragazzo del posto mi dice che Citrakoot è una cittadina integralmente indiana e che non è stata intaccata dalla colonizzazione inglese. Verso sera al Rama ghat chiacchiero un po’ con due famiglie che abitano vicino a Durg, nel Chhattisgah. Un ragazzo di 28 anni e sua moglie di 25 hanno 4 bambine la più grande delle quali ha 7 anni. Sono in viaggio in alcuni luoghi sacri soltanto con la figlia più piccola che ha 10 mesi già cammina da sola. Con loro ci sono pure il fratello maggiore del ragazzo e sua moglie: sono una coppia molto triste in quanto non possono avere figli.

Chitrakoot, sabato 13 febbraio 2016, mattina. Barcaioli e guru in attesa di clienti al Raghavghat.

Chitrakoot, febbraio 2016, mattina. Barcaioli e guru in attesa di clienti al Raghavghat.

Più tardi un indiano vestito di bianco mi invita a salire la gradinata del Rama Temple. Lassù ci sono sadhu e guru che si affacciano dalle porte delle cappelle che gestiscono per invitarmi ad entrare. Nell’ashram adiacente vivono anche molte donne anziane che ora stanno lì tranquille a chiacchierare insieme agli altri vicini.

Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Incontri al Raghavghat.

Chitrakoot, febbraio 2016. Incontri al Raghavghat.

11 febbraio 2016

Lungo il Raghavghat c’è una Lodge e il proprietario mi invita a visitarla. Le camere sono state costruite nel 1989, riducendo in parte lo spazio occupato dalla grande terrazza di un palazzo donato dal marajà al suo guru personale, un bisnonno dell’attuale giovane proprietario. Il vecchio edificio risale a 500 anni fa e ora è divenuto un monastero, il Badamath Monastery, con annesso ashram. L’intero complesso è di proprietà del ragazzo che ho incontrato al ghat che possiede anche dei campi coltivati a 30 km da Chitrakoot. Oltre a curare questi interessi il giovane mi dice che fa parte di un’associazione che si occupa della protezione delle donne e delle bambine ed è supportata da un’organizzazione tedesca.

Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Il ritorno delle donne dalla foresta.

Chitrakoot, febbraio 2016. Il ritorno delle donne dalla foresta.

Più tardi, seguendo su una scalinata una scia di pellegrini, arrivo al Sankar Temple, un edificio ricco di sculture e dipinti di dei e dee.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Decorazioni al Sankar Temple.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Decorazioni al Sankar Temple.

Ci sono all’interno diverse donne e ragazzine con dei secchi d’acqua e uno straccio, impegnate a lavare e decorare le sculture. Nella loggia del tempio ci sono ben due gruppi di donne sedute in circolo con l’attrezzatura necessaria per celebrare la puja.

Chitrakoot, 11 febbraio 2016. Sankar Temple.

Chitrakoot, 11 febbraio 2016. Sankar Temple.

Mi siedo accanto al gruppo di Sitapur (Uttar Pradesh). Sono molto cordiali ed accoglienti: la più anziana distribuisce a tutte, su un foglio di carta di giornale del chapati e della pastella dolce che mangeranno alla fine della cerimonia, porgendo anche a me un assaggio. Un bambino di circa 8 anni, vestito con camicia e pantaloni color cachi, se ne sta in disparte a guardare: è il figlio di una delle donne ed è escluso dal rituale.

Chitrakoot, 11 febbraio 2016. La scalinata del Sankar Temple.

Chitrakoot, 11 febbraio 2016. La scalinata del Sankar Temple.

La donna più anziana recita dei mantra dopo aver acceso delle candele appoggiate su delle foglie verdi e sopra dei pentolini. Tutte le partecipanti hanno i piedi colorati con l’hennè sia sul fondo sia intorno ai bordi e qualche donna ha anche lo smalto sulle unghie. Sopra al piede, sul davanti, vicino alla caviglia tutte hanno disegnato un grosso punto rosso. Intorno alle due caviglie portano dei caviglieri d’argento mentre ai polsi indossano numerosi bracciali di plastica coloratissimi. Anche il volto è abbellito da orecchini pendenti e percing infilati alle narici.

M. P. Chitrakoot, 11 febbraio 2016. Puja di donne al Sankar Temple.

M. P. Chitrakoot, 11 febbraio 2016. Puja di donne al Sankar Temple.

Alla fine della cerimonia ogni donna mette un pezzettino del suo cibo sulla mano della persona più grande. Lei lo annoda nel suo velo formando un sacchettino. Nel pomeriggio mi avventuro lungo la via che porta all’Hanuman Dhara Temple che sta a 3 km da qui.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Panorama dall' Hanuman DharaTemple.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Panorama dall’ Hanuman Dhara Temple.

Salgo su un motorisciò insieme ad un numeroso gruppo di pellegrini e raggiungo il tempio dopo una salita di oltre 700 gradini. Lassù hanno costruito un percorso che porta le persone a passare attraverso dei punti in cui sono costrette a versare un’offerta. I guardiani sono armati di una specie di manganello ornato da una striscia di stoffa rossa bordata con fili dorati che appoggiano con decisione sulla spalla sinistra della persona, bloccandola. Con ordini militareschi indicano, poi, ad ognuno, il vassoio dei soldi.

Chitrakoot, dintorni, 12 febbraio 2016. Panorama dal'Hanuman Temple.

Chitrakoot, dintorni, 12 febbraio 2016. Panorama dal’Hanuman Temple.

Al primo passaggio obbligato dono anch’io una moneta da una o due rupie, ma nei blocchi successivi mi rifiuto di stare al gioco e manifesto il mio disappunto ad alcuni ragazzi addetti al servizio.

M. P. Chitrakoot, 10 febbraio 2016. Motorisciò.

Citrakoot, febbraio 2016. La stazione dei moto risciò.

Verso sera lungo il Raghavghat incontro tre giovani viaggiatori occidentali: una ragazza americana, un ragazzo israeliano e uno australiano. Stanno andando alla Lodge che ho visitato nel pomeriggio e il proprietario ci sta guardando dall’alto della sua terrazza. Dico ai ragazzi che la Lodge è molto bella, ma che io alloggio al Mandakini Resort, una struttura governativa quasi vuota e ben attrezzata, che sta a meno di un km da qui. Al rientro al Resort poco dopo, li trovo lì, con grande piacere!

Chitrakoot, Raghavghat, 12 febbraio 2016. Mendicante e capretta.

Chitrakoot, Raghavghat, 12 febbraio 2016. Mendicante e capretta.

12 febb 2016

Il Raghavghat è un punto di riferimento importante per la cittadina. Qui, lungo il fiume, su dei tavoli si susseguono i guru con i loro rituali, i numerosi negozi di bigiotteria, di quadretti con le divinità, gli utensili per cucinare, gli olii per la pelle, le stoffe, i giocattoli e molte altri souvenr.

Chitrakoot, 13 febbraio 2016. Ristorantino.

Chitrakoot, febbraio 2016. Ristorantino.

Tra i negozietti ci sono anche dei piccoli ristorantini e delle chajwalla. Non mancano, naturalmente, i venditori che espongono le loro merci sulla pavimentazione in pietra del ghat. Risalgo la gradinata che porta al Panakuti Temple. C’ero già stata l’altro ieri, ma oggi incontro un indiano del posto che mi fornisce qualche informazione in più.

Chitrakoot,12 febbraio 2016, Raghavghat. Pellegrini all'ombra di un tempietto.

Chitrakoot,12 febbraio 2016, Raghavghat. Pellegrini all’ombra di un tempietto.

Secondo il suo racconto il tempio ha circa 700 anni ed è stato costruito da Lord Rama, un re arrivato in esilio dall’Orissa e rimasto a vivere qui, accanto alla foresta di Chitrakoot insieme alla moglie Sita per 11 anni. Il palazzo adiacente, l’Holi Palace, invece, è stato costruito 300-400 anni fa e accanto c’è una parte adibita ad ashram per i poveri, una costruzione molto più recente. Nel Panakuti Temple, il più grande del complesso, è sempre presente un bramino. Anche lui sta seduto insieme all’indiano che mi fornisce queste informazioni.

Chitrakoot, 12 febbraio 2016, Raghavghat. Dal guru.

Chitrakoot, 12 febbraio 2016, Raghavghat. Dal guru.

Mi racconta, attraverso la traduzione dell’altro indiano, che ha ricevuto in eredità dalla sua famiglia l’intero edificio, una proprietà tramandata di diritto attraverso i secoli. Accanto all’ashram del complesso c’è un altro piccolo tempio costruito circa 300-400 anni fa anch’esso, il Yagyavadi Nadir. All’interno ci sono le statuette raffiguranti tutti i componenti della famiglia del raja arrivato qui da Puri. Secondo il racconto di questo abitante di Chitrakoot questo raja ha fatto costruire qui, in questa zona ben 365 templi.

Chitrakoot, 11 febbraio 2016. Personaggio al Raghavghat.

Chitrakoot, 11 febbraio 2016. Personaggio al Raghavghat.

Rimane sempre difficile ricostruire la storia delle città indiane in quanto raramente le persone conoscono le date e forniscono delle informazioni che si contraddicono tra loro. Le date poi, non vengono riportate da nessuna parte e tutti gli opuscoli sono scritti solamente in indi. Scendendo la gradinata, vedo su una terrazza un grosso albero sacro sotto il quale un sacerdote sta celebrando la puja per un gruppo di pellegrini di Jagdalpur (Chhattisgarh).

Chitrakoot, 12 febbraio 2016, sera. Bambina che vende la composizione da offrire al fiume.

M. P. Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Bambini che vendono piattini con candele e fiori da donare al fiume.

Mi siedo sul muretto a guardare lo svolgersi della cerimonia fino alla raccolta delle offerte. Alla fine, il gruppo sale al tempio soprastante e lì rimangono le sporte e i sacchi di plastica, lasciati in custodia alla donna più anziana. Nel pomeriggio lungo il percorso dal Mandakini Resort al Raghavghat Ghat, in un vicoletto che porta al fiume, scorgo un maestoso albero secco. Mi addentro tra le case per fotografarlo e subito dalla terrazza in alto si affacciano i componenti di un’intera famiglia. Scende un ragazzino di 11 anni e mi racconta che l’albero, un Seesam, era una pianta medicinale ed è protetta dal corpo forestale. In questo lungo fiume di Chitrakoot ci sono diversi altri alberi e l’aspetto è simile ad un parco. Il padre del ragazzino è un giardiniere e si occupa sia di questa zona sia di tutti i parchi delle scuole e degli edifici governativi. Più tardi torno al Ramaghat e all’Haratghat, i ghat che stanno dall’altra parte del fiume Mandakini.

M. P. Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Sosta al Ramavghat.

M. P. Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Sosta al Ramavghat.

All’inizio del lungo fiume c’è un guru musicista che canta al microfono a tutte le ore, sotto il porticato del tempio. Oggi ha la voce più debole dell’altro giorno: pare stanco, ma non si ferma ancora. Anche in questo ghat ci sono vecchi palazzi e templi a non finire.

Chitrakoot. Un guru musicista che suona e canta in un tempio del Ramaghat.

Chitrakoot. Un guru musicista che suona e canta in un tempio del Ramaghat.

Il più importante è il Ram Temple dove alla sera si celebra il rituale della puja a suon di canti e musica trasmessi con degli altoparlanti. C’è un’altra importante cerimonia anche al Raghavghat dove partecipo la sera. Si svolge in contemporanea con quella del Ram Temple dalla quale giungono frammenti di suoni e canti.

Chitrakoot, Raghavghat, 13 febbraio 2016. Cerimonia serale.

Chitrakoot, Raghavghat, febbraio 2016. Cerimonia serale.

Qui, sul Raghavghat, accanto al tempio che s’affaccia più degli altri sul fiume Mandakini, la cerimonia si svolge con persone che si alternano ai microfoni: recitano i mantra, una suona uno strumento a percussione, altre cantano e pregano. I turisti e i fedeli pian piano s’infittiscono sulle gradinate: stanno seduti lì per seguire lo spettacolo. Sullo sfondo, lungo il fiume i battelli illuminati da filamenti di luci colorate trasportano lentamente i passeggeri avanti e indietro per fermarsi di fronte alla cerimonia finchè termina con l’accensione di lumini su 3 strutture ad alberello. La gente delle gradinate improvvisamente si alza e va ad accostare le mani al calore delle fiammelle. E’ uno spettacolo da favola!

Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Cerimonia in un tempietto sul Raghavghat.

Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Cerimonia in un tempietto sul Raghavghat.

M’incammino per il Resort: verso Ovest c’è una piccola falce di luna e il cielo è pieno di stelle. Lungo la strada, dai piccoli templi debolmente illuminati arrivano ancora suoni di musiche e canti: sono i Madir (templi), mi dice un ragazzo che sta lì fuori, sulla strada.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, 12 febbraio 2016.Bambine che lavano le sculture del Sankar Temple.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, 12 febbraio 2016.Bambine che tutti i giorni lavano le sculture del Sankar Temple.

13 febbraio 2016

Oggi è sabato e già da 4 giorni si sta svolgendo il festival del Durga Devi e i ghat sono affollati anche oggi già dal mattino. Nella tarda mattinata insieme ai tre miei compagni di dormitorio andiamo con il barcone addobbato a mo’ di carnevale e arredato con un comodo salotto di color rosso, al Glass Temple.

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Citrakoot, 13 febbraio 2016. In barca verso il Glass Temple (foto di Reshef Szekely).

L’edificio è nuovo e possiede diverse moderne rappresentazioni religiose in mosaico di vetro.

Chitrakoot, 13 febbraio 2016. Paesaggio nei dintorni del Glass Temple.

Chitrakoot, 13 febbraio 2016. Paesaggio nei dintorni del Glass Temple.

Il percorso in barcone permette di vedere i verdi paesaggi lungo il fiume abitati da animali e gente che trae la sua sussistenza da quel po’ che offrono quei luoghi.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, 13 febbraio 2016. La gradinata che porta al Glass Temple.

Madhia Pradesh, Chitrakoot, 13 febbraio 2016. La gradinata che porta al Glass Temple.

Nel fiume grandi e piccoli si insaponano e poi si immergono nell’acqua per risciacquarsi, lavano i panni, le verdure, i piatti e le pentole mentre gli animali si abbeverano e fanno il bagno lì accanto.

Chitrakoot, 13 febbraio 2016. Pellegrini al Glass Temple.

Chitrakoot, 13 febbraio 2016. Pellegrini al Glass Temple.

Nel tardo pomeriggio salgo al Charkari Temple che è aperto dalle 16.00. Un gruppo di parenti del bramino proprietario mi dice che il tempio ha 200 anni ed anche in questo caso è un’eredità trasmessa dalla famiglia nei diversi periodi. Accanto al tempio principale dedicato a Crishna c’è un Rada Crishna Temple con la statua del dio e della moglie Rada.

Chitrakoot, 10 febbraio 2016. Lungo le stradine interne.

Chitrakoot,  febbraio 2016. Lungo le stradine interne.

Nel cortile si aprono anche qui delle piccole stanze adibite ad ashram per i poveri. In questo tempio ogni giorno vengono distribuiti i pasti per i poveri. Anche ora, alle 18.00, c’è diversa gente seduta in terra e su delle sedie di plastica in attesa della cena. La famiglia del bramino è molto numerosa: è composta da sorelle, fratelli, cognati e cognate, figlie e figli della nuova generazione. Quasi tutti vivono con i redditi delle offerte del tempio.

Chitrakoot, 13 febbraio 2016. Il Raghavghat visto dal fiume..

Chitrakoot, 13 febbraio 2016. Il Raghavghat visto dal fiume.

Scendo al ghat e incontro due ragazzi dalla pelle bianca: sono due architetti, uno di Siviglia e l’altro brasiliano, ma figlio di genitori tedeschi. Stanno alla Lodge sul ghat, quella che ho visitato qualche giorno fa. Il ragazzo di Siviglia era già stato lì, un’altra volta, e aveva stretto amicizia con Babu, il proprietario. Oggi sono stati insieme a lui a visitare i villaggi dove Babu ha le sue tenute agricole. Mi raccontano che tutti gli abitanti gli si stringevano intorno e gli baciavano i piedi.

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Citrakoot, febbraio 2016. Con Marissa e la proprietaria del nosto abituale ristorantino.

Di sera, in dormitorio, parlo un po’ con Marissa, la ragazza di Las Vegas: ha 24 anni, non ha completato le scuole superiori e viaggia con un hula hoop smontato. Non sa ancora che lavoro farà in futuro: ha frequentato un corso di yoga a Richikesh e forse si orienterà in quel campo. I suoi genitori sono entrambi risposati con un altro patner. Sta insieme con Ben, il ragazzo australiano. Lui ha 25 anni, ha terminato gli studi di scuola superiore e per un periodo ha deciso di viaggiare. Più avanti, riprenderà gli studi universitari nel settore sociologico, ma soltanto per avere una laurea. Il ragazzo israeliano, Refef, ha 23 anni ed ha già prestato il servizio militare di tre anni obbligatorio nel suo Paese. Lui partirà domani per Mombay dove raggiungerà degli amici.

M. Pradesh, Chitrakoot, 12 febbraio 2016. Ristoratrice.

M. Pradesh, Chitrakoot, febbraio 2016. Ristoratrice.

14 febbraio 2016

Assisto alla cerimonia di mezzodì del Rama Temple. Il sacerdote ha già aperto le inferriate del tempio dove ci sono 3 grandi statue di donne, una delle quali raffigura Sita, la moglie del Raja dell’Orissa divenuto Rama.

Chitrakoot, 12 febbraio 2016. La scultura del Bade Hanuman Naya Gaon vista dal Rama Temple.

Chitrakoot, febbraio 2016. La scultura del Bade Hanuman Naya Gaon vista dal Rama Temple.

La cerimonia si svolge con un canto e una preghiera solitaria del sacerdote che si rivolge a una quindicina di fedeli. Una giovane del gruppo si apparta dietro ad una colonna per allattare il suo bambino mentre dei ragazzini mi si avvicinano incuriositi dal mio cellulare che uso per scattare qualche foto. Cammino un po’ verso Sud e mi siedo su una gradinata a leggere il quotidiano. S’intrecciano qui diversi canti e preghiere: dal solito tempietto ora non giunge la voce del guru musicista e più tardi mi accorgerò che al suo posto c’è un altro, più anziano che ha appena ripreso a cantare. Qui sulla gradinata arrivano le musiche delle barche che stanno tornando dal Glass Temple. C’è un’altra voce continua e assordante che giunge dall’altra sponda e trasmette dei discorsi religiosi per mezzo di un altoparlante. Attraverso il ponte e riguardo il cartello che indica la direzione dei due ghat principali: secondo me sono invertiti! Chiedo una spiegazione ad un militare in servizio lì accanto e lui mi dà conferma dell’errore riportato sul cartello. Nel tardo pomeriggio torno al ghat e salgo una ripida scalinata rivestita di piastrelle azzurre che porta ad un tempio. Mi si affianca subito un gruppetto di ragazzi molto, fin troppo invitanti. Non parlano inglese, non sanno fornirmi nessuna notizia, ma capisco che questo è il Barat Temple ed è anche questo dedicato a Rama e a sua moglie Sita.

Chitrakoot, 14 febbraio 2016. Barbieri.

Chitrakoot, 14 febbraio 2016. Barbieri.

Hanno molta fretta di farmi accomodare su un tappeto e di porgermi un modulo da compilare con il suggerimento dell’offerta da depositare. Capisco che anche questo edificio è una proprietà privata e più tardi, comunque, vedrò un folto gruppo di pellegrini scendere proprio da quella scalinata.

Chitrakoot, 12 febbraio 2016. La madre della ristoratrice nel suo negozietto.

Chitrakoot, febbraio 2016. La madre della ristoratrice nel suo negozietto.

Il percorso che i pellegrini fanno comprende anche questo tempio, il Barat, ma poi attraversano il fiume sul barcone per raggiungere gli altri due templi dedicati al dio Rama che stanno sull’altra sponda.

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Amarkantak (Madhya Pradesh) 2016

Amarkantak, 8 febbraio 2016. Pellegrini lungo la riva del Narmada.

M. Pradesh, Amarkantak, febbraio 2016. Pellegrini lungo il percorso del fiume Narmada.

4 febbraio 2016

Viaggio da Puri a Pendra Road, circa mille km in 22 ore con infiniti rallentamenti e lunghe fermate alle stazioni. Il viaggio comprende una notte e una giornata intera. La mattina quando mi sveglio il paesaggio si presenta tra il tardo autunno e l’inverno: le risaie, racchiuse nei loro terrapieni, sono rasate al suolo e tutta la campagna appare secca. In lontananza si vedono gruppi di alberi che più avanti si fanno più fitti. C’è un laghetto probabilmente formato in seguito agli scavi nelle miniere a cielo aperto di carbone e delle cave. Siamo nei pressi di Charadha.

Amarkantak, 8 febbraio 2016. Incontro di pellegrini lungo la strada che fiancheggia il Narmada.

M. Pradesh,  Amarkantak,  febbraio 2016. Incontro di pellegrini lungo la strada che fiancheggia il fiume Narmada.

Nei campi si vede qualche mucca pascolare, una donna tutta imbacuccata con in testa una sciarpa e avvolta in una coperta, con in mano un borsone sta attraversando la campagna. Vicino ad un casolare c’è un erpice di legno in attesa di essere usato. Sono le 8.00 di mattina e accanto a un piccolo corso d’acqua c’è già un grande bucato di lenzuola e tovaglie bianche stese sul terreno ad asciugare. Siamo appena giunti a Goilkera. Poco prima di entrare in stazione si vedono delle donne trasportare sul capo dei mattoni verso una casa in costruzione. Un’altra donna in sari sta accompagnando una mandria di mucche lungo una stradina polverosa e un’altra ancora sta andando in bicicletta lungo una via stretta, ma asfaltata. A Bistra salgono due donne con grossi cesti e una con un grande sacco sulla testa. Guardando dal finestrino di fronte si vedono degli operai con un piccone mentre scavano su un binario. Lungo il percorso vedrò diversi gruppi di operai lavorare, muniti di spranghe di ferro, sui binari. Ora c’è Raurkela, una stazione affollata con una rivendita di libri molto fornita.

donne del villaggio

Amarkantak, dintorni, febbraio 2016. Incontri di donne nei villaggi.

Uomini con il capo coperto dalla sciarpa annodata, ragazzi vestiti all’occidentale, qualche mendicante vestito da sadhu e alcuni sick passeggiano lungo la banchina. Spicca un grande cartello rosso con una scritta che vieta di fumare in quello spazio. Attraversiamo diversi ponti su fiumi quasi asciutti e arriviamo a Rajangpur. Anche questa zona appare immersa nella polvere sollevata dal movimento dei camion. Difatti, anche in questo territorio ci sono diverse miniere di carbone, delle fabbriche dismesse e delle centrali termoelettriche. Una fabbrica con numerose ciminiere si distingue dalle altre per la vastità della sua estensione e per i treni merci con i vagoni colmi di carbone intorno. In questa zona, come in diverse parti dell’Orissa, alcuni gruppi di abitanti si sono ribellati all’occupazione delle miniere da parte delle multinazionali. Si sono formati dei gruppi di terroristi che sono denominati “maoisti”e a volte accadono degli episodi di guerriglia e di azioni violente. Guardo dall’altra parte del treno e vedo che sono apparse delle colline alberate e più lontano le montagne.

Chhattisgarh, dintorni di Amarkantak, 7 febbraio 2016. Tramonto.

M. Pradesh, dintorni di Amarkantak, febbraio 2016. Tramonto.

Attraversiamo un altro lungo ponte che sovrasta un fiume quasi in secca e arriviamo a Champa, una grossa città. Il clima è decisamente caldo e la stazione è affollata di giovani seduti sdraiati sulle numerose panchine. Più avanti, vicino ad Akaltara, tra le strade polverose invase dai camion, si vedono due laghetti, probabilmente formati anche questi dopo gli scavi di sabbia e ghiaia. Si vede un trattore azzurro percorrere la stradina a fianco della ferrovia: un gruppo di persone stanno accalcate al posto di guida e due donne sono sedute nel cassone con i loro sari svolazzanti. Un altro trattore di color verde trasporta le pietruzze su cui poggiano i binari.

casa tipica, in terra battuta.

Amarkantak, febbraio 2016. Casa tipica in terra battuta.

Il treno rallenta: le reti ferroviarie indiane sono in continuo rifacimento e anche qui gruppi di uomini in posti diversi stanno sistemando le rotaie con le mazze. Ai lati della ferrovia si vedono delle risaie bruciate per la concimazione e si scorge qualche rara mucca che bruca qua e là quel po’ di erba che riesce a trovare nei campi giallognoli. In questa stazione si vedono file di donne e uomini allineati in attesa di salire sul treno.

Chhattisgarh, Amarkantak, 5 febbraio 2016. Negozio di verdure.

M. Pradesh, Amarkantak, febbraio 2016. Negozio di verdure.

Le donne portano dei grossi cesti e dei sacchi sulla testa. Molte hanno sia il capo sia la bocca coperti dal velo colorato del sari. A Bilaspur molti ragazzi e diversi uomini sono vestiti all’occidentale, ma portano la sciarpa sul capo legata intorno al collo e la camicia con le maniche corte. Tra i giovani si nota qualche troller, ma per lo più viaggiano con gli zaini. Qui salgono altri venditori con dei secchi di plastica pieni di succhi di frutta e d’acqua filtrata. Uno di loro ha trasformato un cesto in un negozio di cibi speziati e lo porta appeso al collo con un cordone.

Amarkantak, 8 febbraio 2016. Medicine ayurveda.

Amarkantak, febbraio 2016. Mercatino ayurvedico.

Una donna trasporta un cesto di banane tenendolo appoggiato alla vita in modo che i viaggiatori possano vedere la frutta. Tutto può diventare vendibile e tutto può essere utilizzato come banco di vendita portatile: secchi, cesti, scatoloni e giocattoli appesi alle braccia sono le bancarelle portatili più usate. Una donna cammina avanti e indietro con un mazzo di rametti verdi con appesi dei frutti piccoli e tondi dello stesso colore. Sta ripetendo come un mantra “cana, cana” che significa mangiare o cibo. Un giovane ne acquista due rametti e si mette subito a staccare le palline e a mangiarle con voracità. Un ragazzo di 28 anni vestito in modo elegante e laureato in storia mi chiede con insistenza delle informazioni riguardo alla mia famiglia. Vorrebbe venire in Italia ed essere aiutato a trovare qualsiasi lavoro. Riprendo più volte a leggere il mio e-book, lui si addormenta e poi se ne va, forse in un’ altra carrozza.

Chhattisgarh, dintorni di Amarkantak, 7 febbraio 2016. Pellegrini nel bosco dove, secondo la mitologia, la dea Narmada giocava da piccola.

Amarkantak, febbraio 2016. Pellegrini nel bosco dove, secondo la mitologia, la dea Narmada da piccola giocava.

Più tardi si siedono accanto a me due ragazzi di 22 anni: sono del Chhattisgarh e stanno andando a Delhi dove lavorano come ingegneri meccanici presso le Ferrovie dello Stato. In questo momento è arrivato Simone nella mia carrozza: non c’erano i posti vicini e abbiamo viaggiato in carrozze diverse: una alla sleeper 3 e l’altro alla 12.

Amarkantak, 5 febbraio 2016. Pellegrinaggio alla sorgente del fiume Narmada.

Amarkantak, febbraio 2016. Pellegrinaggio alla sorgente del Narmada.

Stiamo per arrivare a Pentra Road: il treno rallenta a fianco di un villaggio dove hanno acceso un grande fuoco, forse per bruciare i rifiuti. Dagli alberi scendono numerose delle scimmie di ogni età e alcuni viaggiatori le fotografano dalle sbarre del finestrino. Accanto alle baracche c’è un allegro tempio induista circondato da noci di cocco appese a dei nastri di colore rosso. I viaggiatori, quando il treno passa davanti al tempio congiungono le mani in segno di devozione. Ora ricompaiono le montagne che da un po’ erano scomparse: sono basse e ondulate e a volte vengono nascoste dagli altissimi alberi che fiancheggiano da vicino la ferrovia. Siamo arrivati a Pentra Road, nello stato federale del Chhattisgarh. Da qui c’è l’autobus per Amarkantak, ma non di sera. Ci sono diversi fuoristrada privati che vanno lassù, ma i prezzi sono molto alti rispetto ai mezzi pubblici e decidiamo di fermarci qui, a Pendra Road per una notte.

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Madhya Pradesh, Amarkantak. Pellegrini del Narmada.

5 febbraio 2016

Al mattino constatiamo che il fuoristrada collettivo per Amarkantak costa quasi quanto l’autobus e saliamo sul primo che incontriamo. Il percorso è tutto in salita su una strada immersa nella foresta e popolata da entrambe le tipologie di scimmie presenti in India. La cittadina è piccola, conta poco più di 7000 abitanti ed è un’importante meta di pellegrinaggio in quanto qui, tra le colline Maikas, nasce il fiume sacro Narmada. Cerchiamo un alloggio e visitiamo un ashram gratuito, ma le condizioni sono troppo spartane. Le stanze sono fornite soltanto di un materasso appoggiato sul pavimento di terra battuta.

Chhattisgarh, Amarkantak ashram, 8 febbraio 2016. Il sadhu.

Madya Pradesh, Amarkantak, febbraio 2016. Elari Ashram.

Ne visitiamo un altro, l’Elari Ashram, e qui ci accoglie un attivo sadhu di 65 anni di nome Elari, come il suo ashram. Ha ereditato la struttura dal suo guru che a sua volta l’aveva ricevuta in dono da un precedente guru e così la proprietà si è tramandata. Il sadhu e guru, ci racconterà nei giorni successivi che ha fatto questa scelta di vita a 25 anni, nel 1975.

Chhattisgarh, 8 febbraio 2016. Il guru dell'ashram.

Amarkantak, febbraio 2016. Il guru Elari.

Proviene da una famiglia di bramini, la casta più elevata ed è un seguace di Vishnu, una delle 3 principali divinità indù oltre a Shiva e Brahma. Suo padre era un politico ed è stato presidente dell’Uttar Pradesh. Suo fratello era il proprietario di un’importante università a Shrinagar, una città vicina ad Haridwar e Rishikesh. Ora questa università è divenuta proprietà del governo in quanto il fratello di Elari l’ha donata allo Stato indiano.

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Amarkantak, febbraio 2016. Elari Ashram.

Nell’ashram le stanze hanno meno dell’essenziale: un letto e ci forniscono le lenzuola e le coperte. I servizi igienici composti da una turca, da un rubinetto con l’acqua corrente e un secchio sono esterni. L’ashram, comunque, sta a due passi dal centro e, in alcune stanze, vi abita una famiglia indiana composta di 20 persone unita da strani rapporti di parentela. Una ragazza di nemmeno 20 anni è già madre di 3 figli e la bambina più grande ha 7 anni. E’ una parente acquisita del marito della signora più anziana.

Amarkantak, 8 febbraio 2016. Arrivo all'ashram di furgoni carichi di seguaci del guru.

Amarkantak, febbraio 2016, esterno dell’Elari Ashram. Arrivo di seguaci del guru nella giornata della luna nera.

In una parte dell’ashram ci sono delle altre stanze affittate per lo più a delle persone anziane. Le donne che abitano in questa parte dell’ashram sono sempre impegnate a preparare verdure che fanno bollire in una pentola su dei fuocherelli accesi accanto alle loro porte. Alcune di loro hanno tagliato a pezzi delle noci di cocco e stanno aspettando che si essicchino al sole girandole di tanto in tanto. All’esterno di una stanza, al pianterreno sono parcheggiate 3 motociclette: sono di un gruppo di giovani che da Raipur si sono stabiliti qui e lavorano nei campi come agricoltori.

Chhattisgarh, Amarkantak, 6 febbraio 2016. La preparazione del fuoco per cucinare durante un pallegrinaggio a piedi lungo il Narmada.

Amarkantak, febbraio 2016. Pellegrino del Narmada prepara il fuoco per cucinare.

Guardandomi intorno noto che il sadhu dialoga molto con tutti, ma ascolta con particolare interesse i bambini piccoli che si rivolgono spesso a lui. Questa mattina, quando siamo arrivati, stava tutto avvolto in una coperta di color rosa e con un copricapo di tela gialla attorcigliato intorno alla testa. Poco dopo, con l’aumentare della temperatura si è messo a dorso nudo e ha raccolto i suoi lunghi capelli infeltriti arrotolandoli intorno al capo come fosse un turbante. Sta seduto con le gambe incrociate davanti al porticato del tempio e sta fumando una sigaretta. Più tardi, dalla stanza accanto alla mia sbuca un ragazzo occidentale: è di Montreal ed ha interrotto i suoi studi universitari in storia dell’arte per viaggiare e svolgere piccoli lavori occasionali per mantenersi.

Chhattisgarh, Amarkantak, 5 febbraio 2016. Pellegrini al tempio.

Amarkantak, 5 febbraio 2016. Pellegrini in preghiera al tempio.

Nel pomeriggio, sul tardi, scendo al tempio costruito alla sorgente del Narmada, il fiume sacro denominato “Fiume del Sole”. Ci sono diversi pellegrini all’interno, vestiti nel modo più diverso immaginabile. Visitano le varie cappelle dove stanno collocate le divinità e dove siedono i preti che distribuiscono benedizioni indicando il contenitore delle offerte stracolmo di soldi. E’ quasi sera.

Amarkantark, 6 febbraio 2016. Omaggio al tempietto alla sorgente del Narmada.

Amarkantak, 6 febbraio 2016. Omaggio al tempietto della sorgente del Narmada.

Esco dal tempio: sul ponte nella direzione del mercato incrocio un gruppo di pellegrini con grandi borse sulla testa. Sono arrivati qui in corriera e stanno andando verso uno dei tanti ashram per trascorrere la notte. Molti fedeli percorrono a piedi la strada che va dalla sorgente del fiume alla foce e tornano poi al luogo di partenza: impiegano un anno di tempo. Molti altri, invece, fanno lo stesso percorso in pullman o in fuoristrada.

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Amarkantak, febbraio 2016. Sosta di pellegrini  in viaggio lungo il Narmada in auto.

Sul calar della sera la gente di quassù accende dei fuochi all’esterno delle case, dei negozi e dei ristoranti e molti si siedono intorno per scaldarsi, chiacchierare o giocare a carte. Amarkantak sta a 1047 metri sul livello del mare e di notte la temperatura scende anche ora, a febbraio, al disotto dello zero, mentre di giorno al sole raggiunge i 28 gradi.

Amarkantak, 6 febbraio, sera. Intorno al fuoco.

Amarkantak, 6 febbraio, sera. Intorno al fuoco.

Questa sera nell’ashram hanno acceso il fuoco sotto una loggia al centro del cortile. Un grosso tronco sta ardendo lentamente e il sadhu e la signora anziana controllano con professionalità l’evolversi della fiamma.

Chhattisgarh, Amarkantak, 6 febbraio 2016. Sosta per il pranzo dei pellegrini che percorrono a piedi il corso del fiume Narmada.

Madhya Pradesh, Amarkantak,  febbraio 2016. Sosta per il pranzo dei pellegrini che percorrono a piedi il corso del fiume Narmada.

6 febbraio 2016

La notte è stata molto fredda e per questa sera chiederò delle altre coperte. Poco fa ho sentito il rumore della chiusura lampo di una cerniera e la porta accanto alla mia aprirsi: il ragazzo canadese è partito, constaterò più tardi. Scendo lungo i ghat: ci sono uomini e anche donne che stanno facendo il bagno in una delle grandi vasche costruite alla sorgente.

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Amarkantak, febbraio 2016. Pellegrini ai ghat della sorgente del fiume sacro Narmada.

Sulla destra dei ghat, dopo un lungo spiazzo erboso c’è una loggia con delle persone vestite di bianco: sono i pellegrini che stanno percorrendo a piedi il cammino dalla sorgente alla foce del fiume per far ritorno poi qui, al punto di partenza. Sono quasi le 11.00 di mattina e questi pellegrini sono tutti indaffarati a preparare il pranzo: chi raccoglie la legna, chi prepara il fornello con dei mattoni recuperati qua e là, chi impasta e chi spiana il chapati utilizzando dei bicchieri, chi infine lo sta cuocendo su delle piastre.

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Amarkantak, febbraio 2016. Bagni e rituali alla sorgente del Narmada.

Nel pomeriggio torno alle vasche della sorgente: in una di queste ci sono numerosi pellegrini seduti sulle gradinate che stanno celebrando la puja e cantando dei mantra. Ogni coppia ha davanti a sé una tovaglietta con un altarino, un piattino e una candela accesa. Alla fine dei canti tutti si alzano in piedi e offrono le candele dei desideri al fiume accompagnandole con le mani sull’acqua.

Amarkantak, 8 febbraio 2016. Pellegrinaggi alla sorgente del Narmada per la festa della Luna Nera.

Amarkantak, febbraio 2016. Pellegrinaggi alla sorgente del Narmada per la festa della Luna Nera.

Al rientro in ashram trovo un numeroso gruppo di pellegrini provenienti dal Madhia Pradesh. Stanno seduti sul pavimento di terra battuta del corridoio antistante la camera di Simone. Dormiranno su dei sacchi di plastica stesi sul pavimento, avvolti con qualche coperta che hanno portato con loro. In altri grandi sacchi di plastica trasportano tutto l’occorrente per cucinare, dalla bombola del gas, al fornello e alle pentole.

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Amarkantak, febbraio 2016. Pellegrini all’esterno dell’Elari Ashram.

Ora stanno preparando e cuocendo il chapati e hanno già affettato le verdure da cuocere per il thali. Viaggiano su dei fuoristrada, probabilmente con un’organizzazione, e percorreranno a tappe tutta la strada dei pellegrini e torneranno alla fine qui, al punto di partenza.

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Amarkantak, febbraio 2016. Pellegrini.

7 febbraio 2016

Con altre due coperte pesanti ho dormito al caldo questa notte. Nella stanza accanto alla mia c’era un sadhu che ha tossito un bel po’ prima di addormentarsi. Forse fa parte del gruppo dei pellegrini del Narmada ora già tutti partiti. In genere fanno il bagno nel fiume al levar del sole e ripartono.

Chhattisgarh, Amarkantak, 5 febbraio 2016. Abitanti di un ashram.

Amarkantak, 5 febbraio 2016. Abitanti di un ashram.

Le vasche della sorgente e il tempio accanto sono sempre affollate dai pellegrini che raggiungono questo luogo in giornata. Ai ghat incontro dei ragazzi che abitano a 120 km da qui. Sono tutti studenti di ingegneria: meccanica, informatica, elettrica. Mi chiedono, come succede spesso, di scattare delle fotografie insieme a loro. A pranzo Simone ed io oggi veniamo serviti personalmente da Elari che mi insegna ad immergere il chapati nel dhal affinchè si ammorbidisca e insaporisca. Il risultato è davvero eccezionale. Alla fine del pranzo ci prepara un delizioso chai che beviamo insieme a lui.

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Amarkantak, febbraio 2016. Mendicanti in piazza.

Nel pomeriggio Simone ed io andiamo a camminare su una strada che conduce verso la foresta. Incontriamo un laghetto dove c’è un gruppetto di bambini che stanno immergendosi nudi in acqua per cercare di catturare i pesci con una rete. Proseguendo sulla strada sterrata arriviamo ad un villaggio dove, in una capanna fornita di altoparlante, abita un sadhu legato alla divinità Wishnu. Dalla capanna trasmette canti e mantra che arrivano fino all’ashram già dalle prime ore del mattino. Proseguendo il cammino ci imbattiamo in due giovani indiani vestiti di bianco: sono dei pellegrini che stanno facendo il percorso del Narmada a piedi. Più avanti arriviamo al parco dove, secondo la mitologia indiana, raccoglieva i fiori e giocava la dea Narmada quando era bambina. Sempre secondo uno dei tanti racconti mitologici, il fiume Narmada e la sua dea sarebbero nati entrambi da una lacrima di Shiva. Un uomo ci racconta che qui sta il punto dove si regge il mondo, che trova il suo equilibrio sulla sorgente del Narmada.

Pellegrini sostano nel bosco dove Narmada giocava quando era bambina.

Amarkantak, febbraio 2016. Pellegrini sostano nel bosco dove la dea Narmada giocava quando era piccola.

Nel parco incontriamo un gran numero di pellegrini vestiti di bianco, per lo più anziani: alcuni gruppi sono impegnati a cucinare, altri a chiacchierare seduti all’esterno degli ashram dove trascorreranno la notte. Qui e negli altri villaggi intorno ad Amarkantak vivono ancora i gruppi Adivasi, l’etnia che abitava l’India già prima che avvenissero gli incroci con le altre razze e culture. Nel parco sono stati costruiti diversi ashram per i pellegrini del Narmada Made o Narmada mother; ci sono pure diverse baracche adibite a negozi di quadretti e immagini sacre locali, qualche chajwalla o tea-stall e diversi venditori di erbe e radici medicinali.

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Amarkantak, febbraio 2016. Pellegrini nel bosco della dea Narmada.

Una di queste rivendite ha utilizzato un letto come bancarella, un’altra un tavolo, ma la maggior parte ha disposto i prodotti in terra, sopra dei teli di plastica o dentro dei sacchetti di carta. In un tempietto ora c’è un sadhu che sta tenendo una conferenza e quando termina di parlare raccoglie con attenzione le offerte dei fedeli.

Pellegrine che preparano il chapati.

Amarkantak, febbraio 2016. Pellegrine mentre stanno preparando il chapati.

Tornando verso Amarkantak imbocchiamo una strada diversa e poi saliamo verso un tempio con attaccata una capanna abitata da un anziano sadhu. E’ la festa della Prasada, oggi, cioè la giornata dedicata al cibo sacro e il sadhu sta distribuendo un cioccolatino e un pacchetto di biscotti per ogni persona. Accettiamo il cioccolatino che io divido con una scimmietta e salutiamo con un Narmade Ar, che significa Ave Narmada, il sadhu, e rientriamo nel nostro ashram per la cena.

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Amarkantak, febbraio 2016. Quasi sera tra un villaggio e l’altro.

8 febbraio 2016

E’ la giornata dedicata alla Luna Nera e una moltitudine di pellegrini è arrivata questa mattina alla sorgente del Narmada per fare il bagno nelle vasche e per celebrare le puja.

Amarkantak, domenica 7 febbraio 2016. Bagno al ghat della sorgente del Narmada.

Amarkantak, febbraio 2016. I bagni alla sorgente del Narmada.

Le ringhiere e le scalinate dei ghat si sono ricoperte di sari e di abiti di tutti i colori appesi e distesi al sole ad asciugare. Nel pomeriggio Simone ed io andiamo a camminare lungo il fiume, seguendo per un tratto il percorso dei pellegrini che si dirigono verso la foce.

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Amarkantak, febbraio 2016. Venditrici di cesti.

Sotto gli alberi, accanto ad un piccolo prefabbricato c’è un gruppo di donne indaffarate con fuochi e pentole. Abitano a Dindori, a 120 km da qui, a fanno parte di un gruppo di 36 persone in viaggio su 3 auto lungo il Narmada. Un volontario di un’associazione privata legata al partito di Modi sta sempre lì, accanto alla casetta di legno del parco, a disposizione dei pellegrini. Sono da poco passate le 16.00: lungo la stradina incrociamo diverse persone, sia pellegrini in cammino che stanno ritornando alla sorgente, sia studenti che rientrano ai villaggi al termine delle lezioni.

Amarkantak, 5 febbraio 2016. Il tempio costruito alla sorgente del Narmada.

Amarkantak, febbraio 2016. Il tempio costruito alla sorgente del fiume Narmada.

All’ashram troviamo numerosi pellegrini venuti da lontano per visitare il nostro sadhu. Lui se ne sta mezzo disteso, appoggiato al porticato, vestito soltanto con il doti che porta avvolto intorno alla vita e con le gambe alzate e i piedi appoggiati verticalmente ad una colonna. Man mano che i pellegrini arrivano gli rendono omaggio toccandogli e baciandogli i piedi. Gli portano dei sacchi di riso, farina, zucchero e altro cibo in dono, ma dal mazzo di banconote che più tardi consegnerà ad un sadhu di fiducia, gli lasciano anche delle generose offerte in denaro.

Amarkantak, 5 febbraio 2016. Il guru dell'ashram.

Amarkantak, febbraio 2016. Il guru Elari accanto al focolare del suo ashram.

Ci racconterà più tardi che conta 40.000 discepoli dislocati nei paesi vicini, in parte ereditati dal suo guru, un santone del quale ricorrerà l’anniversario della morte il prossimo 17 dicembre. Per quel giorno soltanto, l’ashram, distribuirà cibo gratuito a tutti i pellegrini, ma i festeggiamenti dureranno più a lungo.

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Amarkantak, febbraio 2016, sera. Mendicanti preparano la cena.

Verso sera accompagno a piedi Simone alla stazione degli autobus: sta partendo per Maheshwar, un altro luogo meta di pellegrinaggio del fiume Narmada. Lungo questo tratto di strada c’è una grande scuola aperta a tutti, ma privata. Simone mi dice che molte fondazioni di sadhu donano dei fondi per la costruzione e il funzionamento di queste scuole.

Amarkantak, 8 febbraio 2016. Il rituale del girotondo intorno all'albero sacro.

Amarkantak, febbraio 2016. La piazza gremita da mendicanti e da pellegrini che camminano intorno all’albero sacro.

Incrociamo poi un ashram particolare, molto sofisticato e ricco di sculture, affreschi, altari dedicati agli dei e a degli importanti guru.

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Amarkantak, febbraio 2016. Puja notturna di pellegrini sul ghat della sorgente.

Dall’interno provengono dei canti: in una specie di chiesetta, stanno, seduti sul pavimento, dei ragazzini vestiti di bianco. Quando mi vedono si girano verso me distraendosi per un attimo dal loro canto.

Amarkantak, 5 febbraio 2016. Pellegrini al tempio della sorgente del Narmada.