Ritorno in India: Keylong, Manali, Delhi.

11 giugno 2015
Lascio la guesthouse di Kullu e mi dirigo verso la stazione delle corriere. Attraverso il ponte pedonale sul fiume Sarvari, il fiume che divide la città in due parti e mi fermo a scattare alcune foto alle venditrici di verdure che con le loro gerle e i loro abiti tradizionali abbelliscono il paesaggio.
Il percorso fino a Keylong è lunghissimo, ma con dei paesaggi stupendi.

ROHTAN~2

Rothan Pass, 3978 m. di altitudine, luogo di gite giornaliere da Manali.

La strada attraverso Manali è stata aperta da pochi giorni a causa delle intense nevicate che hanno caratterizzato quest’ultimo inverno e che si sono rivelate più intense degli altri. La neve sul bordo della strada a momenti raggiunge i tre metri di altezza. Il paesaggio presenta dei tratti ricolmi di neve e alcuni nevai, ma anche delle zone esposte al sole con i campi arati e le piantine appena spuntate. Intorno ai casolari e in prossimità dei villaggi il lavoro dei campi si presenta più intenso con ogni piccolo appezzamento di terra utilizzato. I terreni coltivati rispettano la pendenza della montagna e tutt’intorno al perimetro sono disposti dei sassi o dei rami per non lasciar scivolare via la terra con l’acqua delle piogge e dello scioglimento delle nevi.

Keylong, vista panoramica dal sentiero per il Shashur Gompa.

Verso Keylong, paesaggio.

La terra messa intorno alle piantine, gli appezzamenti di terreno a forma di quadrato, rettangolo e a volte semicerchio, le tracce lasciate dal rastrello sulla terra dopo la semina, i canaletti per far scorrere l’acqua e i muretti costituiscono un insieme di geometrie spontanee che vanno a comporre delle inquadrature di un grande valore estetico. Le strade a tratti sono trasformate in veri e propri torrenti alimentati dallo scioglimento delle nevi, con delle parti di asfalto aperte o corrose dal ghiaccio dei freddissimi inverni. Nel tratto più alto, ai 4000 metri del passo Rohtang ci sono delle piste per le slitte e dei muli a disposizione per il trekking.

Rohtang La pass, il valico tra Keylong e Manali, nella Lahaul Valley, 3978 m.

Verso Keylong, Rothan Pass, 3978 m.

La strada a disposizione della corriera è molto stretta; a volte si incrociano altri veicoli e ci si deve fermare per dare la precedenza. A volte, dei folti greggi di pecore rallentano il traffico e bisogna attendere che gli animali trovino uno spiazzo per raggrupparsi e lascino passare i mezzi. In un tratto molto innevato e turistico il traffico è bloccato dalle auto, dai fuoristrada e dalle moto parcheggiate lungo il tratto di strada ripulito dagli spazzaneve. Qui, la corriera deve rimanere ferma a lungo ad aspettare che qualche auto si sposti, ma sarà l’autista del mio pullman a dirigere gli spostamenti possibili per poter passare. Dove la neve è molto alta, ogni tanto arriva qualche rapace che vola tra gli alberi vicino alla strada ed anche disinvolto tra la gente.

IL Rohtang pass affollato di turisti indiani, visto dalla corriera.

Rothan Pass, sulla strada da Manali a Keylong.

Il percorso che si avvicina a Keylong appare più soleggiato: la neve rimane solo lassù, sulle vicinissime montagne. Nei tratti dove la neve è già sciolta l’erba è spuntata con un colore verde intenso. Qua e là si notano delle macchie di fiori bianchi e a volte spiccano dei bellissimi fiori viola, simili a dei crocus, ma con il gambo più lungo. Quassù a Keylong, l’altitudine supera i 3000 metri e la differenza di temperatura si sente. Arriviamo ad un posto di controllo e devo esibire il passaporto e subire un interrogatorio sulle motivazioni del mio viaggio in questa zona. Il territorio non è molto distante dal Kashmir e nemmeno dal Tibet, zone che lo Stato indiano controlla capillarmente. Il militare vorrebbe sapere per quanti giorni rimarrò a Keylong, ma non glielo so dire con precisione: decido sempre al momento quando partire da un posto. In corriera faccio amicizia con cinque ragazzi induisti di Jammu: due di loro sono pittori. Sono in vacanza e stanno facendo un giro per i santuari induisti di questa zona. Sono molto gentili e quando arriviamo a Keylong mi aiutano a cercare una guest house economica e accogliente. Loro domani andranno al Pangi Killar, un santuario distante oltre 100 km da qui: rimarranno fuori una notte e poi torneranno, forse, qui a Keylong, per poi proseguire il viaggio per gli altri templi indù della zona.

Rohtang valico.

Rothan Pass, 3978 m. luogo di gite giornaliere da Manali nel periodo estivo.

12 giugno
Keylong è una cittadina racchiusa tra le montagne dell’Himalaya con lassù in alto molte cime ancora ricoperte dalla neve. Gli inverni freddi e interminabili costringono la popolazione a lunghi periodi di isolamento. L’agricoltura e l’allevamento del bestiame sono le risorse della zona che consentono agli abitanti di rimanere autonomi quando le strade rimangono chiuse per la neve. L’altitudine esatta di Keylong è di 3350 metri e durante i mesi estivi, in particolare di luglio e agosto, si riempie di turisti indiani che cercano riparo quassù fuggendo dal caldo afoso delle grandi città sud. Le strade della cittadina sono molto strette e le case, anche di nuova costruzione, sono quasi attaccate le une alle altre, forse per difendersi dal freddo. I campi sono arati e seminati ovunque e protetti ai bordi da muretti e da cataste di legna, che servono anche per proteggere le colture dal vento e dal freddo. Mi dicono che in questo periodo è estate, anche se gli alberi da frutto sono soltanto in fiore e le piantine delle patate e dei legumi sono appena spuntate. Le mucche, le pecore e le capre pascolano tranquille nei prati e solo a volte, quando si allontanano, i proprietari le sgridano come fossero dei bambini disubbidienti. La cittadina è piena di negozietti di alimentari, di frutta e verdura, di abbigliamento, e anche di ristorantini e alberghi.

Keylong, panorama dal Shashur Gompa, XVII secolo.

Keylong, panorama dal Shashur Gompa, XVII secolo.

Di buon mattino salgo al Shashur Gompa che dista tre km da Keylong. Il gompa è dedicato al lama dello Zanskar Deva Gyatsho. La costruzione originaria risale al XVII secolo, ma le opere di restauro gli hanno dato un aspetto prevalentemente moderno. Lungo la salita si ferma un’auto con due novelli sposi di Delhi. Lui vende auto, lei insegna in una scuola privata induista. Mi regalano diversi depliant informativi sulla zona che io non sono riuscita a trovare. Ci scambiamo i nostri numeri di telefono e ci ripromettiamo di tenerci in contatto via facebook. Salendo per il sentiero incontro anche una ragazza molto giovane che sta zappando la terra intorno alle piantine di piselli. Dopo tre, quattro ore, quando ripasserò di lì, sarà ancora china sulle piantine.

Keylong, Shashur Gompa, secolo XVII.

Keylong, Shashur Gompa, XVII secolo.

Lassù al tempio, faccio girare un’enorme ruota della preghiera e anche le due file di quelle più piccole. Lì intorno ci sono alcuni frati impegnati a segare un tronco d’albero. Accanto al gompa c’è una piccolissima casa con un’anziana sull’uscio che sta aggiustando un sacco di juta con le mani imbrattate di terra. Il panorama da lassù è favoloso e spazia dalle montagne innevate, ai numerosi nevai, alle cascate che ne fuoriescono, alla moltitudine di alberi di giunco che dalla potatura effettuata ricordano molto i gelsi friulani.

Keylong, ragazza che lavora la terra lungo il sentiro per il Shashur Gompa.

Keylong, ragazza che lavora la terra lungo il sentiero per il Shashur Gompa.

Ci sono dei ginepri pure, carichi di bacche mature, cespugli di rosa canina di un colore rosa intenso, acacie e meli in fiore, campi coltivati a patate, cipolle, piselli, fagioli, aglio, carote che paiono disegnati con una grande precisione geometrica e delineano e colorano il paesaggio lasciato libero dalla neve.

Keylong, panorama dal tratto di sentiero tra il Lama monastery e il Khardong gompa.

Keylong, panorama dal tratto di sentiero tra il Lama monastery e il Khardong gompa.

13 giugno
Oggi, in corriera, ho raggiunto due città distanti entrambe una cinquantina di km da Keylong: Trilokinath e Udaipur, non lontane l’una dall’altra, entrambe a 2650 metri di altitudine.

Trilokinath, panorama dai campi in lavorazione.

Trilokinath, panorama dai campi.

Trilokinath è un villaggio agricolo con un particolare tempio, costruito 250 anni fa, che appartiene sia alla religione buddhista sia a quella induista in quanto entrambe le religioni vedono in Trilokinath un personaggio della propria fede. All’interno del tempio c’è una stanza con una grande ruota della preghiera e un monaco che la fa girare continuamente.

Trilokinath, il tempio buddhista e induista.

Trilokinath, il tempio dedicato a Trilokinath, adorato da entrambe le religioni: induista e buddhista.

Accanto ci sono due file di ruote piccole e lì vicino un altro monaco che fa passare dei granellini di sabbia dalle mani alla ciotola che tiene in grembo e viceversa. I contadini, per lo più donne, stanno zappando la terra attorno alle piante già cresciute. Qua e là si scorgono alcuni trattori parcheggiati, ma la maggior parte del lavoro agricolo è ancora manuale e aiutato solo da semplici attrezzi. Nel villaggio ci sono due o tre negozietti di abbigliamento, generi alimentari, frutta e verdura e qualche ristorantino.

Trilokinath, il bucato alla fontana pubblica.

Trilokinath,  bucato alla fontana pubblica.

Le due fontane pubbliche sono affollate di ragazze che fanno il bucato mettendo i panni sotto i piedi e calpestandoli più volte per togliere lo sporco.
Alle 13.00. dopo aver pranzato con i noodles, degli spaghetti in brodo, vado ad attendere la corriera alla fermata degli autobus. Lì ci sono due monache e una ragazza che sono arrivate a Trilokinath insieme a me. Le avevo già notate in giro per il villaggio mentre si scattavano diverse foto ricordo. Una delle due monache parla inglese e mi racconta la sua storia. Appartiene ad una famiglia di profughi tibetani che vive nel Karnataka, nel villaggio di Bylakuppe, tra le città di Mysore e Bangalore. Lei, ha 32 anni, è laureata in economia ed è entrata nel monastero di Sakya Runnery, a Deckiling, Dehradon, solo due mesi fa. Ha lasciato un lavoro in un’azienda commerciale importante ed anche il fidanzato per seguire un percorso di meditazione e preghiera e per cercare la libertà dai mali del mondo. L’altra monaca, è originaria di Shasna, un villaggio a metà strada tra Keylong e Udaipur e vive in monastero da 5 anni. Prima di farsi monaca lavorava nell’azienda agricola di famiglia. La ragazza che è con loro è la cugina della monaca di Shasna, e abita proprio lì, dove svolge la professione di veterinaria. Le due monache sono ospiti da lei, ma domani andranno a Manali a trovare un’amica e rimarranno là alcuni giorni. Le monache, ma anche i monaci hanno 45 giorni di ferie all’anno e possono trascorrerle in libertà.

Udaipur, Marikuba Mata Temple, risalente a 6000 anni fa.

Udaipur, il tempio Marikuba, in pietra e legno. La struttura originale è molto antica.

Udaipur è una graziosa cittadina, racchiusa tra montagne rocciose con una vasta zona pianeggiante utilizzata per le coltivazioni agricole.

Udaipur, il Marikula Mata Temple, costruito 6000 anni fa.

Udaipur, Marikuba Mata Temple.

Nel centro c’è un antichissimo tempio, il Marikula Mata Temple, costruito in pietra e legno. All’interno c’è una piccola statua di Shiva e tutt’intorno delle parti in pietra e in legno con incise delle splendide figure umane e dei simboli induisti. All’interno è vietato scattare delle foto, ma in genere negli altri templi sono tolleranti e mi azzardo a scattarne una tra le urla a non finire del custode.

Udaipur, vecchia casa abitata.

Udaipur, una casa antica tra nuovi palazzi.

Alle 16.00, insieme alle monache e alla loro cugina prendo la corriera per tornare a Keylong: loro si fermeranno a metà strada. Mentre salgo in corriera incontro il gruppo di ragazzi di Jammu. Stanno andando anche loro a Keylong, ma proseguiranno da lì in taxi, fino a Manali. Ieri hanno visitato un importante tempio induista a Pangi Killar e domani proseguiranno per Sundar Nagar.
Dopo una mezz’ora di strada la corriera si ferma per una foratura alla gomma davanti e dopo un bel po’ di tempo arriva un mezzo sostitutivo e riprendiamo il percorso tra le strade dissestate e gli strapiombi spaventosi, tra i nevai che arrivano fino al fiume e quelli che si trasformano più in alto in voluminose cascate. Lungo la strada incrociamo diversi greggi di pecore e capre e solo qualche mucca legata accanto alle abitazioni. Nei prati vicino alla strada, in diversi punti, sono state collocate numerose arnie per le api.

Trilokinath, un momento di riposo dal lavoro dei campi.

Dintorni di Trilokinath, un momento di riposo dal lavoro dei campi.

Arrivata in guest house mi fermo a chiacchierare con la titolare dell’alloggio. Ha 36 anni e quattro figlie con un’età che va dai 17 anni ai tre anni. Tutte le ragazze studiano e parlano bene l’inglese. Lei, la signora lavora tutto il giorno nella conduzione della guest house e del ristorante che dirige ed è molto orgogliosa dell’educazione che sta dando alle sue figlie. Il marito, invece, gestisce un negozio di frutta e verdura qui a Keylong, mentre il fratello l’aiuta nella conduzione della guest house e del ristorantino.

Keylong, sul percorso per il Lama monastery.

Keylong, sul percorso per il Lama monastery.

14 giugno
Intraprendo una grande camminata con l’intenzione di salire al Khardong Gompa con un trekking previsto di due ore per arrivarci. Invece, arrivata in cima ad una gradinata imbocco una stradina diversa e vado molto avanti, sbagliando il percorso. Quando incrocio qualcuno chiedo delle indicazioni per il monastero, ma evidentemente ormai la gente si riferisce a quello successivo e tutti mi rispondono che sono sulla giusta via. Lungo il sentiero, accanto ad uno stupa vedo sull’erba diversi piccoli rami con avvolta e intrecciata della lana di diversi colori. Più tardi delle monache mi diranno che quei rametti colorati fanno parte di un rituale volto a scongiurare una malattia o per chiederne la guarigione. Le persone incrociano due piccoli rami e intorno avvolgono della lana, poi li fanno ruotare e li lanciano nel vuoto.

Keylong, gruppo di donne sulla strada per il Lama monastery.

Keylong, gruppo di donne sulla strada per il Lama monastery.

Accanto alle abitazioni dei piccoli villaggi vedo dei ruticions, dello sclopit, delle ortiche che la gente qui non raccoglie. Nei campi ci sono anche quassù persone che zappano la terra accanto alle piantine di piselli, patate, fagioli, verze, cipolle e aglio. Tra gli ortaggi s’innalzano degli alberi da frutto: sono ciliegi, peri e meli in particolare.

Paesaggio6

Keylong, panorama dal tratto di sentiero tra il Lama monastery e il Khardong gompa.

Tra l’erba spiccano i non-ti-scordar-di-me, i millefiori, le fragole in fiore ed anche le stelle alpine ancora in bocciolo. Salendo ancora lungo il sentiero raggiungo il monastero, ma non c’è nessuno. Apro una porta e c’è un tempio ricavato da una caverna con una scultura e una fotografia di un guru su un altare e delle candele accese accanto. Il tempio è pulitissimo. Mentre giro per le casette del minuscolo villaggio, una monaca sbuca da un vicoletto e mi chiama facendomi segno di seguirla. Mi accoglie nella sua minuscola abitazione che divide con un’altra monaca. Mi offrono il cjai con dei biscotti preparati in casa da loro. Al piano rialzato si accede attraverso una scaletta in legno che ha accanto una discreta riserva di legna da ardere. La cucina e il soggiorno-camera sono puliti e ordinati e l’atmosfera è di grande serenità.

Keylong, Lama monastery. La cucina delle monache.

Keylong, Lama monastery. La cucina delle monache.

Una delle due monache, Angmo, parla un po’ d’inglese: ha 30 anni ed ha frequentato la scuola a Keylong fino alla quarta classe. L’altra, Chhomo, ha 32 anni e ha frequentato le scuole fino alla seconda classe. Entrambe le monache sono originarie di Goazag, un villaggio poco lontano da qui. Quassù vivono altre due monache e un lama che ora sono nei villaggi per delle commissioni.

Keylong, scritte buddhiste su dei sassi.

Keylong, scritte buddhiste su dei sassi lungo il sentiero per il Lama Temple.

Tutte le monache e anche il monaco si occupano dei due templi: quello che ho già visitato che è dedicato al guru raffigurato nelle immagini e un altro, il Lama Temple, arredato con cassapanche di colore rosso, ricco di decorazioni sulle pareti, con diverse campane intorno, tante candele accese in piccole ciotole, tamburi appesi al muro e gong. Le monache mi assicurano che c’è il sentiero che conduce al Khardong Temple, ma che il cammino per raggiungerlo è molto lungo. Mi accompagnano all’imbocco del sentiero passando davanti all’abitazione del Lama, una casetta fornita di parabola e pannelli solari.

Keylong, Lama monastery. Il tempio nella grotta.

Keylong, Lama monastery. Il tempio nella grotta.

Le due monache rimangono molto tempo a guardarmi mentre mi allontano e mi salutano agitando le braccia fino a che riescono a vedermi. Il paesaggio tra le montagne è splendido: dall’alto vedo Keylong, ma mi prende un po’ di panico e non sono tanto sicura di poterci ritornare. Quassù ci sono pini, ginepri carichi di bacche e betulle, mentre più in basso ci sono sempre tanti alberi di giunco, a volte potati a volte ancora con la loro chioma scapigliata. Molti non hanno resistito al freddo dell’inverno e si sono seccati.

Keylong, panorama dallo stupa KHardong.

Keylong, panorama dallo stupa Khardong.

Il sentiero a volte scompare e a momenti sono tentata di tornare indietro dalle monache, ma poi decido di proseguire. Ad un certo punto il sentiero s’interrompe del tutto: c’è un grosso nevaio da attraversare. Provo a salire lungo il bordo per raggiungere una parte più piana, poi, provo a camminarci sopra e mi accorgo che è solido e posso raggiungere tranquillamente l’altra parte del sentiero. Cammino con la speranza di incontrare qualcuno e finalmente vedo un ragazzo con un sacco sulle spalle: sta cercando pietre. Mi dice che c’è un gompa lì vicino, lo raggiungo ed è proprio il Khardong Temple, il tempio sostenuto da una struttura di pali in legno la cui origine risale a 900 anni fa. Qui non c’è proprio nessuno, ma la stanza della grande ruota della preghiera è aperta e un’infinità di ciotole con dentro il burro sono accese. Faccio girare la ruota per sette giri, ma lei continua a ruotare da sola per diversi altre volte, facendo suonare una campana al completamento di ogni giro.

Keylong, Khardong stupa, struttura originaria del XII secolo.

Keylong, Khardong stupa, struttura originaria del XII secolo.

Le pareti del tempio sono affrescate ed anche ilsoffitto è decorato, ma molte immagini sono state deteriorate dall’umidità e dal tempo. Anche il villaggio si chiama come il tempio, Khardon, e ci vivono una dozzina di monaci e monache, ma altri fedeli raggiungono il monastero per trascorrere qui un periodo di meditazione di tre anni tre mesi e tre giorni.

Keylong, Khardong stupa.

Keylong, Khardong stupa.

Scendo attraverso la stradina in cemento, ritrovo la strada sterrata, riconosco le case del villaggio che ho già attraversato andando oltre questo incrocio. Ritrovo l’altra parte di sentiero cementato, quello che mi porterà al ponte sul fiume Bhaga e a risalire verso Keylong. Incrocio il giovane fruttivendolo che ho conosciuto ieri, mentre guardavo il Museo etnografico che sta di fronte al suo negozio. Ha 21 anni ed è corrispondente di un giornale induista sui casi giudiziari esaminati dall’Alta Corte. Mi dice che per avere le informazioni è costretto a dare dei soldi agli avvocati che seguono le cause. Oggi è domenica ed eccezionalmente il museo è aperto e approfitto per visitarlo: è molto carino, con diverse fotografie e molti oggetti, attrezzi, costumi e informazioni sulle vallate intorno. Un ampio spazio è dedicato alle erbe medicinali della zona e ai loro benefici. Ci sono informazioni anche sulle risorse agricole oltre alle notizie storiche sui diversi monasteri presenti nelle vallate vicine: la Spiti, la Pattan e la Lahau Valleyl.

Keylong, sterco ad essicare, da utilizzare poi come combustibile.

Keylong, sterco ad essicare da utilizzare come combustibile.

15 giugno
Sono in viaggio, un percorso lunghissimo in corriera da Keylong a Manali, un tratto di strada che avevo già fatto per arrivare fin qui. La strada con qualche striscia di asfalto in parte erosa dal ghiaccio e dallo scorrere delle acque che scaturiscono dallo scioglimento delle nevi è trasformata a volte in dissestati torrenti, pieni di buche e di smottamenti. A tratti il percorso è quasi sommerso dalla ghiaia, dal fango e dai sassi che scivolano continuamente giù dalla montagna, insieme alla neve sciolta. Gruppi numerosi di stradini imbacuccati spalano con vanghe e picconi le masse di detriti e cercano di coprire le buche della strada riempiendole di sassi e sabbia, ma quel che riescono a fare è ben poca cosa rispetto ai grossi danni da riparare. La corriera avanza lentamente, ondeggia e sussulta di continuo; deve fermarsi ogni volta che incrocia un altro mezzo ed entrambi devono districarsi in difficili manovre per poter proseguire nelle due direzioni opposte. Nei tratti più esposti al sole, la neve ai lati della strada e sui prati in basso, verso il fiume, è già sciolta e guardando dal finestrino si possono scorgere in lontananza i campi lavorati e sul ciglio della strada una miriade di stelle alpine.

Rohtang 4

Rothan Pass, sulla strada per Manali.

Più avanti, verso il passo Rohtang, 3978 metri di altitudine, a una cinquantina di km da Manali, la neve è ancora talmente alta che non si riesce a vedere oltre i muraglioni di ghiaccio che fiancheggiano la strada. Sulle distese di neve del passo Rohtang ci sono numerosi turisti indiani che raggiungono questa località innevata in piena estate con una gita di un giorno da Manali. La strada per un lungo tratto è sempre invasa da auto, pullmini e motociclette parcheggiate in modo disordinato, che impediscono lo scorrere del traffico che rimane bloccato, nel caos, per ore.

Passo Rohtang, 3978 m.

Rothan Pass, località turistica a 3978 m. di altitudine, 5o km da Manali.

La zona offre numerose opportunità di divertimento sulla neve: slitte fatte risalire con lo skilif, percorsi a cavallo o sugli yak, giri su automobili per la neve ed anche dei percorsi di trekking. Molti si divertono a lasciarsi scivolare sulla neve oppure a tirarsi pallonate: lo scenario è molto simile all’animazione di un luna park. Numerose coppie anche avanti con gli anni scorrazzano su delle rombanti motociclette e con spontaneità si districano tra gli ammassi di auto e bus. Ci sono anche diversi gruppi di famiglie con figli piccoli che arrivano con dei fuoristrada, dei pullmini o delle auto messi a disposizione dagli alberghi dove alloggiano o dalle numerose agenzie turistiche presenti nella zona. Nel contesto del Rohtang pass non mancano dei fuochi accesi di venditori che abbrustoliscono pannocchie, pentoloni bollenti che distribuiscono cjai, bancarelle che cucinano cibi e vendono bevande.

Rohtang3

Rothan Pass, ingorgo.

Uscendo dal passo, nella direzione di Manali ci sono altri bancali che noleggiano tute e calzature da montagna. Più giù incontriamo un gruppo di turisti che affronta una salita in mountain-bike.

Manali, bambini giocoleri sul Mall, la strada principale.

Manali, piccoli artisti di strada.

A Manali faccio un giro per cercare una guest house economica, ma i prezzi sono altissimi ovunque e molte strutture sono al completo per la stagione estiva. Un negoziante mi indica la guesthouse del monastero: ci vado, ma le camere, costose anche qui, sono esaurite e c’è posto solo nel dormitorio.

Manali, sera. Venditrice di palloncini sul Mall.

Manali, sera. Venditrice di palloncini.

Accetto un letto in camerata per un prezzo di 3 euro, ma poi, passeggiando per Manali, cerco ancora una sistemazione adeguata. La trovo sul tardi, non lontana dal monastero e allo stesso prezzo delle camere di quella struttura religiosa: 15 euro. Mi trasferisco all’hotel, anche se ormai mi tocca pagare la notte al monastero.

Manali, il Mall, la via principale verso sera. Sullo sfondo il Durga Temple.

Manali, sera.

16 giugno
Giornata di relax con mattinata all’internet point, e poi, a gironzolare per il Mall, la strada principale di Manali, entrando e uscendo dalle stradine piene di negozi e zeppe di turisti. Nel pomeriggio vado al parco della città: una riserva naturale con degli alberi giganteschi e un laghetto artificiale fornito di pedalò che i turisti di ogni età usano per girarvi intorno. Pure le altalene e gli scivoli vengono utilizzati a volte dagli adulti, ma la maggior parte dei turisti passeggia nel parco e si siede sulle panchine o per terra a chiacchierare.

Manali, il laghetto del parco.

Manali, la riserva forestale.

Ci sono diversi gruppi di famiglie che comprendono più generazioni: in genere vengono dalle città più a sud dove il caldo è torrido. C’è un gruppo di turisti che viene dal Panjab e spicca per i coloratissimi abiti tradizionali che hanno affittato lì per farsi fotografare. Mentre sto scattando una foto ad una tranquilla signora che se ne sta seduta tutta sola sul terreno, si avvicina una ragazza che si offre per scattare una foto a me e alla signora. La ragazza è in vacanza qui per 4 giorni. E’ arrivata, insieme al marito commercialista, al suo socio e alla moglie. Sono tutti di Hampi e hanno viaggiato in treno fino a Delhi e da lì in pullman fino a Manali. Qui, hanno acquistato un pacchetto da un’agenzia di viaggi per avere a disposizione un’auto con autista e visitare le zone intorno: domani andranno al passo di Rohtang e dopodomani a Vashisht. Entrambe le coppie appartengono alla terza casta e sono sposate da tre mesi con un matrimonio deciso dalle famiglie. La ragazza con la quale parlo maggiormente ha 27 anni ed è un’insegnante di arte nelle classi che vanno dai 6 ai 17 anni. Per quanto riguarda il matrimonio mi dice che è contenta e che la prassi si è svolta attraverso due incontri tra le famiglie avvenuti a casa di lei. In quei due incontri lei ha potuto conoscere il futuro marito che non aveva mai visto prima. Ci salutiamo con molto affetto scambiandoci i nostri contatti facebook.

Manali, Parco naturale. Donne in costume e con un coniglio d'angora a disposizione per le foto dei turisti.

Manali, donne in costume e con un coniglio d’angora per farsi fotografare dai turisti, dietro compenso.

17 giugno
Giornata molto intensa. Nella mattinata cammino fino al villaggio di Vashisht che dista 3 km da Manali ed ha un’altitudine di 1982 m. E’ un bel villaggio: nel nucleo s’intrecciano insieme sia attività legate al turismo sia lavori agricoli e allevamento del bestiame.

Vashisht, essicazione di grano e fieno in un cortile del villaggio.

Vashisht, aspetti di vita contadina.

Camminando lungo le stradine si vedono sia mucche sia pecore e capre legate vicino alle loro stalle, del grano disteso nei cortili ad essiccare, diversi contadini che lavorano negli orti. Le case più antiche sono state costruite in legno e pietra e alcune conservano dei preziosi intagli. Visito l’antico Vashisht Rishi Temple anch’esso costruito in legno e pietra: comprende le terme pubbliche formate dalla sorgenti di acqua bollente solfurea. Le terme hanno delle zone separate per gli uomini e le donne.

Vashisht, il tempio dedicato a Vashisht Rishi, personaggio mitologico.

Vashisht, il tempio dedicato a Vashisht Rishi, personaggio mitologico.

Di fronte al tempio piramidale dedicato alla figura mitologica di Vashisht Rishi c’è un altro tempio più piccolo, dedicato a Shiva. Più in alto, salendo su una gradinata, c’è un tempio che risale a 500 anni fa e dedicato a Lord Ram Chandra Ji.

Vashisht, aspetti di vita contadina.

Vashisht, vita contadina.

Ritorno verso Manali attraverso una scorciatoia che arriva fin sulla strada principale, a due passi dalla città. Appena imboccato lo stradone, si ferma un motorisciò con un passeggero per propormi un passaggio. Contratto il prezzo, il taxista accetta la mia proposta irrisoria e salgo sul mezzo. Però, ero quasi arrivata a piedi! Dal parcheggio dove mi lascia, cammino fino allo Hadimba Temple che dista 2 km dalla città.

Manali, Hadimba Temple, costruito nel 1553, ma il sito sacro è molto più antico. All'interno ci sono anche simboli buddhisti.

Manali, Hadimba Temple, Costruito nel 1552, il sito è molto più antico.

Questo edificio è stato costruito nel 1553, ma il sito secondo alcune voci pare risalire al secindo secolo d.C. ed è dedicato a Hadimba Devi, la moglie di Bhima La Pandava ed è situato in mezzo alla grande foresta di Dhungri. Il tempio, costruito in legno e pietra, presenta dei rilievi lignei con figure di danzatori sulle pareti. Accanto al tempio c’è un albero sacro che viene venerato in quanto rappresenta la figura di Ghatotkach, il figlio di Hadimba e Bhima.

Manali, parco Dhungri.

Manali, parco Dhungri. Scenari per foto ricordo.

Il parco è affollatissimo e la fila per entrare al tempio è lunghissima e diventa interminabile per il numero di parenti che si aggiungono gradualmente a chi ha tenuto il posto anche per loro. Anche qui ci sono le donne in costume tradizionale con il coniglio d’angora in braccio pronte a farsi fotografare in cambio di denaro, ma, a differenza degli altri posti, in più ci sono un uomo con uno yak al guinzaglio e una donna con un agnellino. Si offrono anche loro come scenario per le foto dei turisti. Anche quassù ci sono numerosi gruppi di donne e anche uomini che si fanno fotografare con il costume tradizionale che hanno affittato lì. E’ sempre lo stesso scenario da luna park che si ripete, come nel parco della riserva naturale e sulla neve del Rohtang pass.
18 giugno
Cammino per 3 km nella direzione della Old Manali dove c’è il Manu Rishi Temple. La vecchia Manali ha diversi edifici antichi con la stalla incorporata o adiacente.

Old Manali, incontri sulla strada per il Manu Temple.

Old Manali.

Le mucche e qualche agnello stanno legati all’esterno e muggiscono e belano per farsi ascoltare. I contadini nei cortili all’esterno della loro abitazione, ma anche sulla strada mettono ad asciugare distese di paglia che poi, due persone insieme arrotolano come fossero delle lenzuola da strizzare e poi le torcono ancora piegandole a metà.

Old Manali. lContadini raccolgono in fasci la paglia messa ad asciugare sulla strada.

Old Manali.

Il giallo tappeto di paglia che ricopre la stradina viene continuamente calpestato dalle persone e dai mezzi che vanno al Manu Rishi Temple, ma i contadini sembrano non farci caso. L’antico Manu Rishi è l’unico tempio in India dedicato a questo personaggio. Anche l’antico nome di Manali era Manu-Alya che solo in seguito è stato pronunciato “Manali”. Manu Rishi è vissuto qui, nella Old Manali, e qui ha scritto la prima costituzione indiana chiamata “Manu Samriti”.

Old Manali, Manu Temple, un sacerdote riceve i fedeli, mentre altri pregano. Sulla porta dell'altare dedicato a Manu sono appese delle spighe di grano.

Old Manali, Manu Temple, interno.

Nel pomeriggio prendo il bus per Delhi, ultima tappa prima del ritorno in Italia, dopo oltre 4 mesi.
La nuova stazione dei bus di Manali è abbastanza distante, più di quanto pensassi e m’incammino verso là con i miei due zaini e la borsa con l’attrezzatura per il the. Il percorso è lungo almeno due km: accetto l’offerta di aiuto di un indiano per portare lo zaino piccolo e la borsa con il necessario per il the.

Manali, personaggi locali sulla via del Mall.

Manali, coniugi.

Trovare il mio pullman non è facile: ce ne sono un’infinità! L’indiano che mi accompagna lavora come cuoco in un hotel della periferia di Manali e quando ci lasciamo mi chiede una piccola ricompensa. Lì, accanto al mio pullman c’è una coppia di Calcutta che sta tornando a Delhi dopo aver trascorso tre notti a Manali, in un hotel vicino al Hadimba Devi Temple. Durante il soggiorno si sono concessi una gita di un giorno al passo di Rohtang organizzata da un’agenzia del posto. Lavorano entrambi: lei è impiegata in una ditta di cosmetici, lui lavora presso la segreteria di una scuola. La ragazza mi racconta che la classe media indiana è notevolmente aumentata negli ultimi anni: è quella che si concede dai 3 ai 5 giorni di vacanza in località del tipo di Manali. Secondo la ragazza poi, la maggior parte della popolazione indiana vive nei villaggi agricoli e non dà importanza alla frequenza della scuola in particolare per quanto riguarda le bambine.

Manali, vecchia stazione degli autobus. Calzolaio di strada.

Manali, vecchia stazione degli autobus. Calzolaio di strada.

19 giugno
Sono a Delhi, fa un caldo torrido! Delhi è un po’ la tappa del ritorno a casa. Domani notte ho l’aereo per Zurigo e poi da lì la coincidenza con il volo per Venezia.

Old Delhi. La linea metrò tra Chandni Chowk, vicino al Red Fort e Ramakrisna station, vicino al Main bazar.

Old Delhi. La linea metrò tra Chandni Chowk, vicino al Red Fort e Ramakrisna station, vicino al Main bazar.

20 giugno.
Prendo il metrò dalla stazione di Ramakrisna e vado a Chandni Chowk, verso il Red Fort. Sono meravigliata per la modernità e l’efficienza tecnologica della struttura. Tutti i treni e gli spazi di movimento della metropolitana sono affollati: sembra di essere a Londra o a Berlino. Dalla numerosa gente che incontro lungo questo tragitto in metrò trovo conferma riguardo alla notevole dimensione della classe media indiana. Poco prima di arrivare al Forte, lungo il tratto di strada che lo separa dal metrò, mi trovo di fronte al Digambara Jain Temple, un tempio jainista del ‘500, ma ora è chiuso e aprirà nel pomeriggio.

Old Delhi, Red Fort, costruito tra il 1638 e il 1648, da Shah Jahan, mughal (islamico). Nella foto il Lahore Gate (rivolta verso il Pakistan).

Old Delhi, Red Fort, costruito tra il 1638 e il 1648, da Shah Jahan, mughal (islamico). Nella foto il Lahore Gate (rivolta verso il Pakistan).

Il Forte rosso è stato costruito tra il 1638 e il 1648, da Shah Jahan, il celebre legislatore Mughul, islamico, che regnò qui per un breve periodo. Il Forte rappresenta la maestosità dell’impero Mughul che è durato in India per ben 200 anni. La struttura è considerata un capolavoro architettonico con la sua impronta persiana, e con alcune tracce dello stile indiano. Le mura esterne hanno un perimetro di due km e la porta principale è rivolta verso Lahore, in Pakistan. Dalla porta Lahore si apre un porticato con delle arcate che ospitano un mercato coperto, come avveniva un tempo. Allora, però, era riservato alla vendita di articoli che servivano alla vita di corte, oggi si possono trovare oggetti e souvenir di ogni tipo.

Old Delhi, Red Fort, Bazar Coperto dove un tempo si vendevano solo gli aticoli necessari alla vita di corte, come gioielli, oro, sete pregiate.

Old Delhi, Red Fort, Bazar Coperto dove un tempo si vendevano solo gli aticoli necessari alla vita di corte, come gioielli, oro, sete pregiate.

All’interno delle mura si apre un grande parco, molto curato, ma gli edifici del Forte Rosso non sono accessibile e si possono visitare solo all’esterno a parte qualche spazio aperto di alcune logge. Si può accedere al grande loggiato del Diwan-i-Am che era la Sala delle udienze pubbliche, dove l’imperatore seduto su un’alcova di marmo e pietre preziose riceveva i suoi sudditi.

Old Delhi, Red Fort. Hammam.

Old Delhi, Red Fort. Hammam.

Il Diwan-i-Khas Palace, in marmo bianco, invece, aveva una sala per le udienze private con all’interno un prezioso trono rivestito d’oro e pietre preziose. Questo trono, denominato Trono del Pavone è stato trasferito in Iran da Nadir Shah, nel 1739. Il Kash Mahal Palace era l’abitazione privata dell’imperatore, suddivisa in diversi ambienti per le varie attività della vita quotidiana di corte. All’interno del parco c’è un edificio adibito a Museo archeologico che contiene: ceramiche, miniature, dipinti, abiti e anche armi della cultura Mughul.

Old Delhi, Red Fort, Kash Mahal, il Palazzo dei coloro, abitazione privata dell'Imperatore Mughul, 1638-1648.

Old Delhi, Red Fort, Kash Mahal, il Palazzo dei colori, abitazione privata dell’Imperatore Mughul, 1638-1648.

Più tardi, di sera, durante il tragitto in auto verso l’aeroporto, il taxista mi fornisce alcune informazioni sull’India. Mi conferma il fatto che la classe media indiana è notevolmente aumentata negli ultimi anni. Riguardo all’alta efficienza tecnologica della rete metropolitana di Delhi, mi riferisce che il governo si è servito della Germania per gli acquisti e la messa in opera della struttura. Il taxista ha due figli, un maschio e una femmina che studiano entrambi al college. E’ riuscito a comprasi un’ auto che utilizza per i trasporti delle persone soltanto nella città di Delhi, ora. In passato portava i turisti in diverse località dell’India, ma ora è vicino all’età della pensione che qui in India è fissata a 60 anni e preferisce limitarsi ai trasporti in città.
Eccoci arrivati all’aeroporto! Ciao India, ritornerò!Manali, suonatore di flauto lungo il Mall, la Main road.

Ritorno in India: Mandi, Rewalsar, Kullu.

5 giugno 2015
Stamattina parto per Chamba e da lì dovrei andare a Manali, ma il viaggio si presenta al limite del surreale. Lascio l’hotel di Bharmour poco dopo le 6.00 di mattina, sotto un diluvio violentissimo accompagnato da fragorosi tuoni. Da Chamba a Manali c’è un unica corsa giornaliera che parte da lì alle 11.30. Sono carica dei due zaini, della borsa con il necessario per fare il the nella mia stanza, con l’album degli ingrandimenti che riproducono le miniature esposte al museo di Chamba in mano. Un signore mi aiuta a salire sulla corriera tirandomi per un braccio insieme al mio carico. A circa 15 minuti dalla partenza la corriera si ferma: c’è una grossa frana sul percorso e la strada è chiusa. Piano, piano si forma una fila di auto, camion e pullman nelle due direzioni; dalla corriera si può assistere allo spettacolo. L’autista e il bigliettaio, dopo alcune telefonate si infilano sotto una coperta, distesi in posizione opposta l’uno dall’altro sui sedili uniti del fondo della corriera e si mettono a dormire. Passano le ore: ormai il pullman per Manali non riuscirò a prenderlo e dovrò cambiare programma. Scende da un altro pullman un europeo che avevo già notato nella piazza degli 84 templi mentre chiacchierava con un indiano. E’ di Salisburgo, ma sta facendo un lavoro di ricerca sulla mobilità a Goa. Ha 38 anni, si sta laureando in antropologia qui in India. E’ sposato con una ragazza coreana e ha due bambine: una di 12 e una di 4 anni. Ha un visto di tre anni, prorogabile per altri due. Vive molto tempo a Dharamsala e anche a Goa. Si guadagna da vivere traducendo dei testi in tedesco, inglese e coreano. E’ arrivato a Bharmour da Dharamsala, a piedi, attraverso le montagne, e ora sta rientrando là, dove soggiorna la sua famiglia. Parlando con questo ragazzo e il bigliettaio modifico il mio percorso di viaggio: andrò a Mandi dal momento che quella corriera parte alle 16.00 da Chamba. L’autobus su cui mi trovo ora sta tornando indietro e ripartirà da Bharmour alle 11.00. C’è ancora un po’ d’aspettare perché la ruspa termini il lavoro di rimozione dei massi e del terriccio, ma alle 14.00 finalmente arriviamo a Chamba. Pranzo nel mio solito ristorantino dove incontro il ragazzo che mi ha aiutata a trovare la guest house economica la settimana scorsa e poi prendo il cjai nella solita tea stall accanto alla stazione. Il viaggio per Mandi è un tormento: il pullman ritorna a Dharamsala e poi viaggia fino alle prime luci del giorno attraverso un percorso di curve con salite e discese continui. A Pantantok sale un gruppo di ragazzi: quello che si siede accanto a me è un ingegnere civile di 25 anni che insegna in una scuola privata di Chardighar. Abita a Dharamsala con i genitori entrambi medici: il padre ha una clinica privata e la madre si occupa di medicina ajurvedica come privata. La nonna, ormai ottantenne è ginecologa e lavora ancora. Il fratello del ragazzo è ingegnere pure lui, vive a Delhi e lavora per una multinazionale nel campo della ricerca medica. Ad una stazione, poco prima di Mandi c’è un cambio di autista e bigliettaio: il mio percorso fino a Mandi ha bisogno di una piccola integrazione, nonostante sul biglietto ci fosse scritta questa destinazione.

Mandu, il tempio Panch Bahktar e la baraccopoli accanto, nel punto dove confluiscono il fiume Beas e il torrente Suketi Khad.

Mandi, il tempio Panch Bahktar e la baraccopoli accanto, nel punto dove confluiscono il fiume Beas e il torrente Suketi Khad.

A Mandi tutti gli hotel sono pieni e mi devo accontentare di una misera guest house abbastanza costosa per la scarsità di servizio che offre. E’ proprietario un ragazzo di 25 anni, laureato in economia e in possesso anche di un master : insegna una materia legata al business nella scuola superiore statale che in India viene denominata college. Domani, comunque, mi trasferirò in un hotel più accogliente e leggermente più economico. Dopo un riposo di due ore mi avvio a conoscere questa città: incontro subito i primi due templi induisti frequentati da uomini e donne molto pii. Poi, attraverso la piazza del mercato con intorno le bancarelle della frutta e delle verdure e piena di negozi disposti sui tre piani della struttura circolare della piazza. Nella parte centrale del piano interrato ci sono delle gradinate che sembrano ricalcare l’architettura di un teatro greco-romano. Alberi, piante e prati erbosi caratterizzano la parte centrale di questa piazza giardino assieme ad un tempio che si erge in verticale. Tutt’intorno, oltre alle gradinate, sono state collocate delle panchine tutte occupate da persone di ogni età. Anche qui, come a Chamba, la piazza rappresenta il punto d’incontro degli abitanti della citta, ma a Mandi sono rare le persone che stanno sedute in cerchio sull’erba.
7 giugno
Nella mattinata, appena uscita dalla guest house incrocio un corteo nuziale. Lo sposo è in macchina insieme ad un gruppo di familiari e sta con il volto coperto da una maschera fatta a strisce di stoffa.

Mandi, puja nuziale1

Mandi, celebrazione della puja per lo sposo.

Cappello, abito, scarpe sono di taglio tradizionale e tutta la parte davanti del vestito è ricoperta da carta moneta disposta in modo decorativo. Prima che lo sposo scenda dall’auto i suoi parenti mettono in scena una danza al suono di un’orchestra, poi, tutti insieme scendono al ghat per celebrare le numerose fasi della puja nuziale. Il rituale è composto dai vari prodotti della terra e da acqua, latte, fuoco e incensi che bruciano continuamente mentre delle banconote vengono ammucchiate come regalo destinato agli sposi. La prima parte delle puja, con anche la cerimonia specifica dedicata ai piedi dello sposo che vengono lavati nel latte dai suoi genitori, riguarda solo lo sposo, mentre la seconda fase coinvolge anche la sposa.

la sposa

Mandi, l’arrivo della sposa.

L’età dei due sposi è rispettivamente di 20 per la ragazza e 22 per lo sposo. Il matrimonio, mi dicono, è stato concordato dalle due famiglie, e non verrà registrato. In questa zona non se ne parla di registrare i matrimoni! Entrambe le famiglie degli sposi appartengono alla categoria dei piccoli commercianti: possiedono dei piccoli negozi dove lavorano anche i due ragazzi. La loro casta di appartenenza fa riferimento al terzo livello. La cerimonia delle puja continuerà anche domani, il giorno dopo che la sposa si sarà stabilita nella casa dello sposo.

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Mandi, cerimonia nuziale con celebrazione della puja per entrambi gli sposi.

Lascio la cerimonia in pieno svolgimento nonostante i calorosi inviti a rimanere e vado a prendere i miei bagagli alla guesthouse per trasferirmi nell’altra, più economica ed anche più bella e pulita.
Nel pomeriggio m’incammino lungo il fiume: sotto il ponte in un vialetto che per un tratto fiancheggia il fiume sta il mercato degli abiti usati. Faccio un giro di lì, ma non c’è nulla che mi piaccia. Le famiglie dei rivenditori di abiti usati vivono accampate qui. Osservo i loro bambini che giocano e qualcuno che si dondola su due altalene legate con una corda ai rami di un albero. Ritorno verso il ponte e mi inoltro lungo una stradina che fiancheggia il fiume. Chiedo qualche informazione riguardo ai templi, ma quasi nessuno mi capisce. Un signore mi fa segno di seguirlo: credo mi stia conducendo ad un tempio importante, invece mi ritrovo in una tea stall dove c’è un ragazzo che parla inglese e mi indica la strada per i numerosi templi.

Mandi, Shiv Rudhra Mandis Lord Shivan Vishnud, XIX secolo.

Mandi, Shiv Rudhra Nandis Lord Shivan Vishnud, XIX secolo.

I primi due sono dello stesso stile dei templi di Chamba e Bharmour, ma molto più recenti: hanno circa 200 anni. Anche il tempio che mi dicono dedicato a Shiv Rudhra Nandis Lord Shiavand Vishnu non ha più di 200 anni. E’ coloratissimo con un portale ricco di sculture tra le quali emerge un toro afferrato per la coda da un uomo. Questa scultura si ripete anche nei templi più recenti ed è caratteristica della zona.

 

Mandi, Punch Bahktar Temple Lord Shiva, XVII secolo.

Mandi, Punch Bahktar Temple Lord Shiva, XVII secolo.

Più avanti, attraversato il ponte sul torrente Suketi Khad raggiungo il Panch Bahtar Temple, una costruzione ricca di pietre scolpite che risale a 400 anni fa. Accanto al tempio, sulla riva del fiume Beas, c’è un ammasso di tende e baracche abitate da famiglie poverissime e piene di bambini piccoli. Per raggiungere l’altro tempio, quello che sta di fronte devo attraversare il ponte sostenuto da grossi cavi d’acciaio che si eleva sul fiume Beas.

Mandi, una baraccopoli lungo il fiume Beas, accanto al Panch Bahktar Temple.

Mandi, una baraccopoli lungo il fiume Beas, accanto al Panch Bahktar Temple.

Al di là del ponte c’è un antico piccolo tempio dello stile scivaita e il fruttivendolo che ha una bancarella lì accanto mi dice che si tratta del Nilkadid Mahadev Temple.

Mandu, scultura del Punch Bahktar Temple. XVII secolo.

Mandu, scultura del Punch Bahktar Temple. XVII secolo.

Raggiungo il Triloknath Temple e qui trovo delle informazioni incise su pietra riguardo alla data di costruzione: 1520.

Mandi, il Triloknath Temple, costruito nel 1520, sorge di fronte al Panch Bahktar Temple, sull'altra sponda del fiume Beas.

Mandi, il Triloknath Temple, costruito nel 1520, sorge di fronte al Panch Bahktar Temple, sull’altra sponda del fiume Beas.

Il tempio è veramente bello: le statue e le incisioni delle pietre, le colonne interne sono incantevoli. Sta cadendo qualche goccia di pioggia che si fa sempre più fitta.

Mandi, particolare del tempio Triloknath, 1520.

Mandi, particolare del tempio Triloknath, 1520.

Mi fermo a ripararmi sulla scala interna di un alloggio: salgono due ragazzi, poi scende una ragazzina alla quale chiedo un’informazione riguardo all’antico tempio di Mandi, risalente al VII secolo. Non ne sa nulla, ma sullo stesso pianerottolo si affaccia un signore con la moglie e mi invitano entrambi ad entrare nel loro appartamento. Lui parla bene l’inglese: è un poliziotto di 49 anni, in servizio a Mandi. Abita con la moglie e uno dei due figli in questa casa, di proprietà dello Stato. Ha due figli: il maggiore studia ingegneria all’università di Delhi. E’ originario, come la moglie che ha 44 anni, di un villaggio nei dintorni di Dharamsala dove possiede una grande casa e dove abitano i suoi genitori. Mi fornisce numerose informazione su Mandi e dintorni, anche aiutandosi con internet a cui accede con una chiavetta. Trascorriamo delle belle ore insieme e ci lasciamo con l’accordo di tenerci in contatto via chat.
8 giugno

Mandi, interno del Bhutnath Mandir Temple, VII secolo, costantemente sotto il controllo di militari e di una videocamera.

Mandi, interno del Bhutnath Mandir Temple, VII secolo, costantemente sotto il controllo di militari e di una videocamera.

Il tempio Bhutnath Mandir sta proprio a due passi dal mio hotel. Risale al VII secolo ed è molto suggestivo per le celebrazioni quotidiane che vi si svolgono e per la frequentazione devota e continua della popolazione. All’interno della cappella principale ci sono delle donne che preparano il cibo ricevuto dalle offerte dei fedeli per donarlo alla divinità e quello che rimane ridistribuirlo ai fedeli. Candele e incensi accompagnano i rituali. Alle 10.00, accompagnata da un intenso suono di tamburi e da un fragoroso scampanellio della campana principale posta all’interno del tempio ha inizio un rituale celebrato da due preti che prosegue con delle processioni intorno al tempio e tra i fedeli. I preti portano una serie di piccole candele disposte su un vassoio. Una poliziotta segue e controlla ogni fase della celebrazione, ma alzando lo sguardo intravedo la luce accesa di una telecamera che riprende i fedeli. Il tempio è molto bello: colonne incise, figure scolpite sulle pietre rappresentanti Shiva e Parvati ed altre divinità accanto alle quali le persone si fermano a pregare e meditare. C’è una donna con un figlio quasi adolescente: lo obbliga a togliersi i pantaloni dietro un paravento per avvolgersi intorno alla vita un telo bianco. Poi, lo spinge sull’altare e lo affida al prete per una puja specifica per lui. Una donna che si occupa del funzionamento del tempio mi dona una banana. Più tardi anche la moglie di una specie di guru che collabora al funzionamento del tempio e abita in una delle stanze intorno mi farà dono di una banana che regalerò insieme all’altra a due mendicanti. Esco dal tempio e m’incammino per la città vecchia ricca di negozi di stoffe dai quali spuntano uomini con il tipico turbante dei sikh.

Mandi, avvocati in attesa di clienti all'esterno della Corte Suprema.

Mandi, avvocati in attesa di clienti all’esterno della Corte Suprema.

Tornando verso la piazza dove è stata collocata una statua di Gandhi, salgo su una gradinata che presuppongo, dal via, vai che vedo, porti in un posto frequentato. E’ la sede dell’Alta Corte di Giustizia di Mandi. Nel piazzale esterno, seduti accanto a dei tavoloni, stanno gli avvocati in attesa che le persone si rivolgano a loro. Nella mattinata le consultazioni sono soltanto a pagamento, dopo le 17.00 vengono invece assegnati gli avvocati d’ufficio. Questi consulti, mi spiega un giovane avvocato, non sempre sono gratuiti: dipende dalla consistenza del problema. Anche in India la giustizia è suddivisa in penale e civile. Per quanto riguarda i divorzi, viene notato un certo aumento nelle grosse città, dove i matrimoni vengono più frequentemente registrati. Gli avvocati di ogni età lavorano lì all’esterno usando delle vecchie macchine da scrivere. I computer li possono utilizzare solo all’interno della sede, dove c’è la corrente elettrica. Alcuni avvocati più anziani mi chiedono delle informazioni riguardo alla professione che svolgevo e al paese di provenienza. Comunicano in inglese, con molta facilità di dialogo. Subito dopo la statua di Gandhi trovo l’ingresso per il mercato di vegetali del quale mi aveva parlato il poliziotto ieri. Lì accanto scopro anche un coloratissimo tempio, denominato Mata, dedicato a tutte le dee.

Mandi, il tempio Mata, tra i palazzi del centro.

Mandi, il tempio Mata, tra i palazzi del centro.

Nel pomeriggio mi inoltro lungo una scalinata, in salita. Dei negozianti mi dicono che a poco più di 100 metri c’è un tempio antico. Cammino per oltre mezz’ora e una giovane signora mi rassicura che non mancano più di 10 minuti al tempio. Ci arrivo trafelata: si tratta del Tarna Temple, più conosciuto come Syamakali Temple, dedicato alle dee Kali e Tarna.

Mandi, il Tarna Temple denominato anche Syamakali, con i dipinti delle diverse reincarnazioni della dea Kali, XVIII secolo.

Mandi, il Tarna Temple denominato anche Syamakali, con i dipinti delle diverse reincarnazioni della dea Kali, XVIII secolo.

E’ stato costruito 300 anni fa e c’è un sacerdote che si occupa delle preghiere. Il tempio tutt’intorno è ricoperto di dipinti delle varie incarnazioni della terribile dea Kali. Accanto al tempio, dipinto di un intenso colore rosso, c’è un albero con appesi ai suoi rami un’infinità di bracciali femminili.

Mandi, i bracciali lasciati dalle donne al Mata Temple denominato anche Syamakali, XVIII secolo.

Mandi, i bracciali lasciati dalle donne al Mata Temple denominato anche Syamakali, XVIII secolo.

Più tardi, mentre attingo l’acqua filtrata dal distributore che sta in strada incontro uno dei giovani avvocati che avevo conosciuto in mattinata nel cortile della Suprema Corte e gli chiedo alcune informazioni su Rewalsar, il villaggio che dista 25 km da Mandi e dove andrò domani, in giornata, facendo ritorno a questo accogliente hotel.
9 giugno 2015

Rewalsar Lake. Il lago sacro e sulla collina la statua di Padmasambha, una reincarnazione del Buddha, alta 12 metri, del Zigar Drokpa Institute.

Rewalsar Lake. Il lago sacro e sulla collina la statua di Padmasambha, una reincarnazione del Buddha, alta 12 metri, del Zigar Drokpa Institute.

Rewalsar è carina, ma i templi sono tutti recenti, anche se la storia fa risalire l’origine della cittadina all’VIII secolo. Si racconta, che nel XVII secolo, buddhisti, induisti e sikh si riunirono qui, presso il lago, per organizzare la difesa contro la pulizia etnica attuata dalle popolazioni Moghul.

Rewalsar, allievi del Debung Kagyud Gompa mentre giocano.

Rewalsar, allievi del Debung Kagyud Gompa mentre giocano.

Prima ancora di questo episodio, già nell’VIII secolo, un monaco indiano, Padmasambhava, partì da qui per andare a diffondere la religione buddhista in Tibet. Diversi templi buddhisti della zona sono dedicati a questo personaggio. Il tempio più vecchio, però, potrebbe essere il Gurdwara dei sikh, costruito nel 1930.

Rewalsar, preghiera e simboli sikh al tempio gurdwara.

Rewalsar, preghiera e simboli sikh al tempio gurdwara.

Il villaggio è piccolo, con delle vecchie strade ricolme di negozietti. Anche il lago è carino e percorribile a piedi quasi tutto intorno. Le scimmie lo animano con i loro piccoli aggrappati al seno: cercano il cibo tra l’erba del parco. Alcune si tuffano nel lago e riemergono dopo un po’ di tempo cariche di energia che manifestano saltando e arrampicandosi sulle ringhiere che racchiudono la riserva naturale. Appena arrivata visito il Tso Pema, un gompa molto ricco di dipinti raffiguranti scene della vita del Buddha. All’interno ci sono diverse statue buddhiste e monaci in preghiera. Salgo anche lungo la collina e raggiungo il maestoso Zigar Drukpa Gompa con la sua enorme statua di Padmasambhava. Scendo poi nella cittadina e entro in un tempio induista dedicato al saggio Rishi Lomas che visse qui per sciogliere un voto fatto a Shiva.

Rewalsar, statua di Rishi Lomas, un saggio che per un voto a Shiva fu costretto a fare penitenza qui.

Rewalsar, statua di Rishi Lomas, un saggio che per un voto a Shiva fu costretto a fare penitenza qui.

Degli studenti diciottenni mi si avvicinano per offrirmi una nespola: approfitto per chiedere loro qualche informazione sulle denominazioni dei templi, ma non sanno rispondermi. Subito dopo, incontro un tibetano in pensione che vive tra qui, Dharamsala e Delhi e mi fornisce delle informazioni sui siti buddhisti della cittadina. C’è una grotta sopra il gompa Zigar Drukpa, dove si racconta che Padmasambhava si ritirò a meditare. E’ raggiungibile in autobus, ma ora è troppo tardi per andarci e le corse sono già terminate. Il tibetano mi racconta che lassù, in quel luogo solitario e sacro, vivono diverse monache buddhiste. Ora, qui a Rewalsar, convivono tre diverse religioni (induisti, buddhisti, sikh) che accolgono i pellegrini delle loro fedi nei diversi monasteri e gompa buddhisti, nei templi induisti, nel grande tempio sikh, in un’atmosfera di grande collaborazione.

Rewalsar, allievi del Debung Kagyud Gompa mentre giocano sotto lo sguardo di un monaco.

Rewalsar, allievi del Debung Kagyud Gompa mentre giocano sotto lo sguardo di un monaco.

10 giugno
Un ultimo saluto al vecchio animato tempio Bhutnath Mandir e partenza per Kullu. Al tempio trovo la stessa poliziotta dei giorni precedenti e l’anziana signora vestita di giallo che trascorre le sue giornate lì. Mi riconoscono e la signora mi regala una delle banane che poco prima un fedele aveva offerto a Shiva. Le altre banane, la soldatessa le ha tagliate a pezzi e disposte su un piatto a disposizione dei fedeli. Ero passata di lì anche due sere fa, a salutare il tempio: al posto della soldatessa era di sorveglianza un militare, ma la signora in giallo era sempre la stessa, sempre lì presente.
Arrivo a Kullu, una città mercato. Fruttivendoli, negozi di abbigliamento, utensili di metallo e plastica, attrezzi agricoli, tea stall e ristorantini, pasticcerie ed anche qualche fast-food, rivendite di cellulari e altri articoli elettronici pullulano ovunque, ma manca ancora la connessione a internet.

Kullu, il ponte sul fiume Sarvari che divide in due parti la città.

Kullu, il ponte sul fiume Sarvari che divide in due parti la città.

Sul ponte d’acciaio che sovrasta il fiume Sarvari ci sono numerosi rivenditori nascosti dagli ombrelli aperti per ripararsi dal sole. Alcune donne vendono dei gioielli che paiono d’oro, da loro stesse realizzati. Altri, uomini e donne indistintamente vendono piccole quantità di albicocche e lamponi, qualche pianta e delle sementi. C’è anche un giovane uomo con un bambino piccolo che vende occhiali da vista e da sole. Intravedo diverse donne con dei fazzoletti annodati sul capo che assomigliano alle nostre contadine di un tempo. Kullu,venditrice di verdure sul ponte che congiunge le due parti della cittò, divisa in due dal fiume Salvari.

Kullu,venditrice di verdure sul ponte che congiunge le due parti della cittò, divisa in due dal fiume Salvari.

Incrocio due spettacolari donne vestite di rosso scuro, con il fazzoletto annodato alla contadina sulla testa, dello stesso colore dell’abito: sono madre e figlia della vicina Udaipur, qui in visita a dei parenti.

Kullu, madre e figlia turiste da Udaipur.

Kullu, madre e figlia turiste dalla vicina Udaipur.

Mi fermo in un negozio sulla riva a guardare i coltelli con il manico di legno fatto a mano: ne compro uno e il negoziante me lo affila provocando una luminosa pioggia di scintille. Nel pomeriggio vado a visitare il tempio Raghunath, il luogo sacro più importante di Kullu; percorro un tratto di strada con due insegnanti della scuola cristiana privata inglese che sta accanto al tempio e al palazzo appartenuto ai raja. Le maestre mi dicono che in questa regione, nell’Himalach Pradesh non ci sono le vacanze estive nemmeno per le scuole statali. Qui, le scuole rimangono chiuse per due mesi, in gennaio e febbraio quando fa molto freddo. Il tempio che dovrebbe racchiudere diversi altari dedicati a Raghunath, il raja venerato come un dio, è chiuso a quest’ora, ma anche in orario di apertura le opere non sono attualmente visitabili in quanto in fase di restauro. Faccio un giro intorno al cortile interno accompagnata dal prete del tempio. E’ un ragazzo di 26 anni che ha frequentato la scuola per sacerdoti induisti, in un college proprio qui a Kullu e ora svolge questa professione e abita accanto al tempio. Anche il giovane figlio dei proprietari della guest house dove alloggio ha frequentato la stessa scuola e ora svolge il lavoro di sacerdote, ma non ha un tempio: celebra i rituali delle puja soltanto quando lo chiamano nelle famiglie e nei matrimoni. Il tempio Raghunath funziona per le puja che vengono celebrate a orari stabiliti, in più momenti della giornata, ma l’insieme dell’edificio, secondo quanto mi riferisce il sacerdote, è in fase di restauro. Forse per questa attesa il tempio appare trascurato, ma il bel portale che sta poco distante dal tempio, ricco di colorate sculture, sembra quasi non farne più parte in quanto nettamente soffocato e quasi nascosto dai palazzi costruiti quasi addossati a lui. Se il tempio ha quattrocento anni, come mi riferisce il sacerdote, gli interventi di restauro finora apportati e gli edifici costruiti accanto non hanno fatto altro che togliergli i segni della sua storia ed anche la sua maestosità.

Kullu, il palazzo appartenuto alle famiglie dei raja di Kullu. Il Raja Rupi.

Kullu, il palazzo appartenuto alle famiglie dei raja di Kullu. Il Raja Rupi.

Lì, a due passi dal tempio c’è un edificio appartenuto alle famiglie dei raja, il palazzo Raja Rupi, anche questo in un cattivo stato di manutenzione. L’ingresso si presenta a forma di cupola con delle piccole statue colorate disposte intorno. Nell’interno compaiono delle belle porte e dei ballatoi in legno con delle pregevoli incisioni. Una parte dell’edificio è abitata: lo si può dedurre soltanto dal bucato steso sulla terrazza di legno. La sensazione è di forte degrado.

Kullu, guru sul ponte che congiunge le due parti della città.

Ritorno in India:Dharamsala, Chamba, Bharmour.

22 maggio 2015
Arrivo a Dharamsala alle prime luci del giorno, assonnata e stanchissima. Riposo un’oretta nella guest house di LcLeod Gani, il villaggio che dista 4 km dalla città ed è la residenza ufficiale del Dalai Lama e la sede del governo tibetano in esilio. McLeod Gani, verso il 1850 è divenuto un presidio britannico e fino al disastroso terremoto del 1905 è stato la sede del governo coloniale. La cittadina è rimasta abbandonata fino al 1960, quando, in seguito all’invasione cinese del Tibet, il Dalai Lama e il suo seguito ne hanno chiesto asilo politico. Attraverso delle strade in salita e in discesa raggiungo il Tsuglagkhang Complex dove si trova la residenza ufficiale del Dalai Lama: è composto dal Namgyal Gompa, dal Museo Tibetano e dalla Tsuglagkhang, la Cappella Centrale. Nel Museo sono esposte le immagini della invasione cinese nel territorio tibetano ed anche dei cartelloni con la ricostruzione dell’antica storia del governo di questo popolo che risale ai primi secoli A.C. Dharamsala e i suoi villaggi, in particolare quello di McLeod Gani sono divenuti un centro importante per gli studi sulla religione buddhista, per la presenza sia della struttura politica e religiosa sia per il numeroso nucleo di esuli tibetani che vi abitano. Tornando in guest house incontro una ragazza australiana che sta qui a Dharamsala da un anno per studiare la filosofia naturale e spontanea del popolo tibetano. Lei studia filosofia e sta svolgendo questa ricerca soltanto per un suo interesse personale, non rivolto alla tesi di laurea.

Dharamsala, ore 11.00 di domenica 24 maggio 2015. Pranzo al Namgyal Gompa del Tsuglagkhang Complex.

Dharamsala, ore 11.00 di una domenica di maggio 2015. Pranzo al Namgyal Gompa del Tsuglagkhang Complex.

Tutti gli spazi del complesso sono affollatissimi per l’ora della preghiera che monaci, profughi tibetani e qualche turista recitano assieme. I tibetani fanno girare continuamente le piccole ruote del mandala che tengono in una delle mani mentre con l’altra sgranano la corona dei mantra.
Lungo la salita che porta allo svicolo dove si diramano le strade che attraversano il villaggio vengo assalita da una signora insistente che fornendomi una lista di nomi mi chiede dei soldi per i profughi tibetani. Le dò 10 rupie e se ne va via indignata, in malo modo, senza nemmeno aggiungere il nome all’elenco di donatori che poco prima mi aveva mostrato. Non avrei dovuto darle niente! Avevo già notato sia sul treno che da Varanasi mi portava a Delhi sia sul pullman per Dharamsala questo modo sfacciato di chiedere l’elemosina. La pretendono come fosse un diritto loro dovuto, con molta abilità. Lo fanno, in genere, delle donne indiane, sorridenti e loquaci, ben vestite nei loro sari colorati.
23 maggio

Dharamsala,artigianato di stampi per henna lungo la strada tra McLeod e Bhagsu.

Dharamsala,artigianato di stampi per henna lungo la strada tra McLeod e Bhagsu.

Raggiungo a piedi Bhansu, il villaggio che sta a 2 km da McLeod Gani. Visito il tempio indù e poi raggiungo la cascata che sta sulla montagna, a circa 2 km dal villaggio. Bhansu, come McLeod Gani sono degli insediamenti turistici nuovi e in espansione, ricchi di negozi, alberghi, agenzie di viaggio. Le stradine sono quasi impossibili da percorrere a piedi per le numerose auto che le attraversano alternandosi nel senso di marcia per poter passare. A Bhansu c’è un tempio induista dedicato a Shiva che risale al XVI secolo; accanto hanno costruito una piscina che utilizza una sorgente di acqua termale. La piscina pare essere frequentata esclusivamente da uomini. I due villaggi, sia quello di McLeod Gani sia quello di Bhansu sono in evidente espansione: si vedono nuovi edifici in costruzione ovunque. Anche le immondizie sono di grande mole, accatastate negli spazi accanto ai villaggi. Probabilmente non esiste un sistema di smaltimento adeguato, nonostante ci siano qua e là dei cestini con delle scritte che invitano a tener pulito l’ambiente. Lungo la stradina costruita recentemente sulla montagna per facilitare il percorso a piedi fino alla cascata spuntano continue capanne dove vendono bevande dissetanti di ogni marca, nazionale e internazionale.

Dharamsala, turisti alla cascata del villaggio di Bhagsu.

Dharamsala, turisti alla cascata del villaggio di Bhagsu.

Tutto il torrente sotto la cascata è affollato da numerosi giovani, anche monaci, che fanno il bagno e prendono il sole. Lavano anche i loro abiti e li mettono a stendere sulle lastre di ardesia del torrente. Lassù, sotto la cascata diverse decine di giovani stanno facendo il bagno nell’acqua freschissima, cantano e parlano ad alta voce facendo un grande chiasso.

Dharamsala, villaggio di Bhagsu. Offerta nel tempio induista dedicato a Shiva.

Dharamsala, villaggio di Bhagsu. Offerta nel tempio induista dedicato a Shiva.

Il posto è molto bello, ma forse per il fatto che oggi è sabato, è estremamente affollato e rumoroso. La temperatura quassù è freschissima e all’ombra addirittura ci si congela. Se penso ai 49 gradi raggiunti i giorni scorsi a Varanasi, comprendo la felicità di questi giovani e delle famiglie arrivate fin quassù per il week end.

Dharamsala, Bhansu. Foto ricordo con suonatore lungo la strada che porta alla cascata.

Dharamsala, Bhansu. Foto ricordo con suonatore lungo la strada che porta alla cascata.

Torno a McLeod Gani e lungo la strada incontro una signora russa che vive qui e lavora come guida turistica. Le chiedo informazioni sui mezzi per raggiungere Chamba e lei mi accompagna in un’agenzia di viaggi e poi all’ufficio governativo per acquistare il biglietto senza alcun sovraprezzo. Partirò dopodomani pomeriggio, sul tardi. Dopo aver pranzato con il solito thali nel ristorantino di ieri, entro nel tempio dedicato a Buddha che sta lì accanto. Su indicazione di un anziano tibetano che sta lavorando all’interno, salgo tutti i piani e incontro, oltre ad un bellissimo panorama sulle montagne innevate, una statua enorme del Buddha.

Dharamsala, villaggio di McLeod. Veduta dal tempio di Buddha.

Dharamsala, villaggio di McLeod. Veduta dal tempio di Buddha.

Nel pomeriggio, sul tardi torno al Tsuglagkhang Complex. Osservo un po’ la gente e noto che oltre a tanti tibetani ci sono moltissimi monaci e monache che si parlano amichevolmente in attesa della preghiera. Un finestrone che dà sulla Cappella Centrale è aperto e all’interno ci sono alcune persone che la stanno riordinando. Scatto di nascosto due, tre foto, anche se la cosa è proibita. Poi, mi siedo nel parco a leggere. Noto che sia i templi buddhisti sia quelli induisti accolgono le persone al loro interno come se fosse una grande casa comune, dove le famiglie in alcuni momenti si raccolgono in preghiera e in altri consumano i pasti e si relazionano tra di loro. Percorrendo la stradina principale incontro la ragazza australiana che sta studiando qui: ci salutiamo lunga la ripida riva dissestata che porta alle nostre vicine guest house.
24 maggio

Dharamsala, McLeod Ganj. Aspetti del Tsuglagkhang Complex nella zona intorno al Namgyal Gompa.

Dharamsala, McLeod Ganj. Aspetti del Tsuglagkhang Complex nella zona intorno al Namgyal Gompa.

Oggi mi prendo una giornata di relax e mi avvio verso il tempio della residenza ufficiale del Dalai Lama. Lungo la strada mi fermo in una tea stall con wi.fi. per aggiornarmi sulle novità di figli, nipoti, amici. E’ molto interessante osservare la vita che si svolge nel tempio e intorno al parco dove hanno sede gli uffici del Governo tibetano. Oggi è domenica e probabilmente per questo il complesso è più affollato del solito. Alle 11.00 viene servito il pranzo a migliaia di persone. Le donne indossano l’abito tradizionale tibetano, una specie di scamiciato con una camicetta sotto e il grembiulino a righe sul davanti. Gli uomini portano sul capo un cappellino di tela con una fascia multicolore sul davanti. Se fa freddo le donne si coprono con uno scialle, gli uomini indossano una specie di gilet, più simile ad una giacca senza maniche. Uomini e donne pregano facendo girare le loro piccole ruote della vita e contemporaneamente continuano a sgranare le loro corone. Ci sono monaci di tutte le età, monache, pellegrini, alcune famiglie della religione sikh, qualche viaggiatore occidentale.

Dharamsala,McLeod Gani. Sadhu che pranzano in uno spazio del Tsuglagkhang Complex.

Dharamsala,McLeod Gani. Sadhu che pranzano in uno spazio del Tsuglagkhang Complex.

Da grossi pentoloni a base di riso con colorate verdure all’interno viene distribuito il pranzo a qualsiasi persona lo richieda e oltre al piatto di riso viene data una tazza di yoghurt. Per chi ne volesse ancora ci sono dei volontari che girano tra la gente con dei secchi di riso e dei mestoli per riempire i loro piatti. Per bere, vedo girare delle grosse teiere di alluminio con il becco avvolto in un panno per evitare gocciolamenti. La gente tutta si è portata da casa il piatto, la scodella e il bicchiere: alla fine del pasto, se qualcosa è loro avanzato, lo mettono in un sacchetto di plastica e se lo portano a casa. Dopo terminato il pasto, ognuno provvede a lavare le proprie stoviglie e a riporle nella borsa che portano sempre con loro assieme al cuscino per sedersi e alle coperte da stendere sul pavimento per pregare ed anche per coprirsi quando dormono.

Dharamsala, McLeod Gani. Preghiera di tibetani profughi al Namgyal Gompa del Tsuglagkhang Complex.

Dharamsala, McLeod Gani. Preghiera di tibetani profughi al Namgyal Gompa del Tsuglagkhang Complex.

In questo spazio, oltre a pregare e a consumare i pasti, la gente trascorre in armonia molto tempo: tutti parlano tra loro, dai monaci alle famiglie, agli anziani. I bambini giocano felici nella zona del giardino, rincorrono palloncini e palline rimbalzanti, si arrampicano sugli alberi in libertà e qualche giovane monaco si unisce a loro.
25 maggio

Dharamsala, il Buddha della Cappella Centrale, la Tsuglagkhang, parte del Tsuglagkhang Complex, sede del governo tibetano in esilio.

Dharamsala, il Buddha della Cappella Centrale, la Tsuglagkhang, parte del Tsuglagkhang Complex, sede del governo tibetano in esilio.

Mattinata trascorsa in una tea stall a rispondere ai messaggi che mi arrivano, poi un giro a salutare l’accogliente complesso del Governo tibetano in esilio e i fedeli raccolti in preghiera al tempio e via verso l’autostazione di Dharamsala con una lunga attesa per l’autobus diretto a Chamba. In corriera e durante le fermate chiacchiero un po’ con un giovane medico che lavora in un ospedale governativo a 80 km da Chamba. E’ un ragazzo molto gentile e mi dà alcune informazioni sulle zone che stiamo visitando e sui luoghi interessanti dei dintorni. Subito dopo Dharamsala si vedono dei bellissimi terrazzamenti: l’agricoltura qui è rivolta prevalentemente alla coltivazione di grano e riso. Attraversando la città di Palampok si notano diverse strutture turistiche. La cittadina, difatti, è meta di villeggiatura grazie alle coltivazioni delle piante di uno speciale tè molto benefico per la salute. Palampok però è frequentata anche per il suo clima fresco, un’alternativa alla calura delle città che stanno più a sud.
Il viaggio in corriera è simpatico, ma a oltre metà percorso circa diventa faticoso per un gigantesco indiano che viene a piazzarsi proprio accanto a me. Ogni tanto si addormenta e si posiziona comodamente con braccia e gambe su di me e ogni tanto devo allontanarlo con cautela, temendo una sua reazione aggressiva. Arrivo a Chamba dopo l’una di notte, e mi fermo a dormire in corriera con i viaggiatori che proseguiranno il loro viaggio: la corriera ripartirà alle cinque di mattina. A quell’ora arrivano sia l’autista sia il bigliettaio e mi svegliano per avvertirmi che devo scendere.

Chamba, il centro. Sullo sfondo si vede il Chaugan, il parco dove si svolge gran parte della vita sociale e culturale della città.

Chamba, il centro. Sullo sfondo si vede il Chaugan, il parco dove si svolge gran parte della vita sociale e culturale della città.

Aspetto le sei nella sala d’attesa della stazione degli autobus per poi andare a cercare una guest house: tutto pieno per l’alta stagione! Mi fermo al Jimmi ill hotel dove hanno delle camere libere, ma molto più costose rispetto agli altri posti da me visitati. Inoltre il bagno della stanza è sporchissimo e riesco a malapena a trattenere il vomito. Getto diversi secchi d’acqua nel water per ripulirlo dei resti lasciati da altri turisti, mi lavo e mi cambio i vestiti e inizio il mio pellegrinaggio alla ricerca di un’altra guesthouse per i giorni successivi. Una guida turistica mi informa sui prezzi ancora più elevati degli altri alberghi, ma non demordo. Lo studente di economia che lavora nella tea stall dove bevo il cjai mi indica qualche nome di lodge e girando e rigirando, chiedendo informazioni alle persone e visitandone i luoghi, con l’aiuto di un bambino di circa dieci anni che mi rassicura sul fatto che lavora in quella guest house soltanto quando non c’è scuola, forse ho trovato un alloggio, a quasi metà prezzo.
Non sarà quella la mia nuova sistemazione: all’una, quando mi presento all’appuntamento, il bambino della guesthouse mi passa davanti senza fermarsi e con il muso imbronciato. Si presenta invece un giovane dicendomi a gesti che lo ha incaricato il proprietario di ricevermi. In realtà, nella mattinata avevo parlato con un signore che pensavo fosse il proprietario della guesthouse. Con lui avevo concordato il prezzo e preso appuntamento per quest’ora per visitare la camera. Insomma, questo ragazzo mi fa salire nella camera disponibile, a dir il vero molto trascurata e polverosa. Vabbeh, penso, è in centro, ha una bella vista sulla città, la pulirò! Il ragazzo si siede sul bordo del letto e chiede, sempre gesticolando, anche a me di farlo. Penso: “Sarà per provare il materasso”! Mi alzo, dico che la camera la prendo e scendo lungo le scale. Lui vuole darmi la mano e io penso sia per concludere l’accordo. Invece, vuole anche un bacio sulla guancia e poi, velocissimo cerca di toccarmi i seni. Gli urlo la mia disapprovazione e lui fugge scomparendo non so dove. Non ho mai compreso il comportamento del bambino e nemmeno quello del signore della mattina e tantomeno l’atteggiamento equivoco di questo ultimo giovane. Il caso vuole che stia passando proprio in quel momento una signora a cui avevo chiesto qualche ora prima dove fosse un’altra lodge che mi avevano indicato come economica.

Chamba, incontro al Nehru Park.

Chamba, incontro al Nehru Park.

Lei, nel frattempo, molto gentilmente aveva chiesto informazioni e l’aveva trovata e ora me la stava indicando proprio lì vicino. Vedendola così umana le confido quanto successo e lei lo spiega perfettamente ai ragazzi del ristorantino di fronte. Devo dire che tutti si sono indignati, e soltanto più tardi ho avuto modo di rimproverare il bambino, quando l’ho rivisto al suo posto di lavoro della reception. In realtà lui cercava di nascondersi sotto il bancone, ma io gli ho detto comunque che disapprovavo la sua ambiguità.

Chamba, il Chaugan, con la sua vita sociale e culturale, di sera.

Chamba, il Chaugan, con la sua vita sociale e culturale, di sera.

Uno dei ragazzi del ristorantino accanto, un ragazzo di 18 anni, mi accompagna in cerca di una guesthouse economica e la trova proprio nel momento in cui mi stavo rassegnando a rimanere nel mio costoso e lurido hotel. Quindi, domani mi trasferirò alla governativa M.C. guest house, al prezzo di meno di tre euro per notte. Sono molto curiosa di conoscere questa struttura che ho visitato velocemente fermandomi soltanto in un ufficio polveroso e per scegliere la mia camera tra le due rimaste libere. E’ veramente minima la negatività di questo popolo ed è compensata dall’enorme umanità della maggior parte delle persone che vi appartengono.
27 maggio

Chamba, scultura simbolica al Chmunda Devi Temple.

Chamba, scultura simbolica al Chmunda Devi Temple.

Nella mattinata salgo lungo una ripida scalinata e poi percorro il tratto di strada fino ad arrivare al Chamunda Devi Temple. Costruito in pietra e legno, restaurato nel XVII secolo contiene diverse importanti sculture in bassorilievo degli stessi materiali. Ai due lati di una porta, sotto il portico ci sono due dipinti di donne, quello a destra rappresenta la dea Kali che calpesta Shiva, quella di sinistra raffigura il dipinto di Chamunda Mata. Kali rappresenta l’energia e la forza femminile, sempre attiva e dirompente, che scaturisce senza limiti e con una potenza inarrestabile. Chamunda Mata alla quale è dedicato il tempio, è una dea che libera dal dolore gli esseri umani portandoli al superamento del male. Quassù, al tempio, c’è un prete che lava gli altarini, brucia gli incensi e prega girando intorno ai luoghi sacri. Ci sono anche due fratelli di 11 e 12 anni che frequentano la scuola governativa e ora sono in vacanza per due mesi, mi dicono. Dal tempio si gode un bellissimo panorama su Chamba e sulle montagne intorno ancora ricoperte di neve, nonostante il grande caldo.

Chamba, Bansi Gopal Temple, costruto nel XVI secolo, quando il culto di Krishna divenne popolare sulle colline.

Chamba, Bansi Gopal Temple, costruto nel XVI secolo, quando il culto di Krishna divenne popolare sulle colline.

Al ritorno mi fermo a visitare un tempio colorato di rosa: è il Bansi Gopal Temple, dedicato a Krishna, costruito con uno stile sikhikara nel XVI secolo, quando il mito del dio divenne popolare sulle colline. Prima di arrivare al gruppo di templi denominato The Laxmi Narayan Group of Temples ed in altri spazi intorno, sparse qua e là, ci sono delle altre costruzioni a capanna molto simili, costruite nello stesso stile sikhara.

Chamba, il Laxmi Narayan Group, un complesso di templi in pietra, risalenti al X-XI secolo, costruiti in stile sikhara tipico dell'Himachal.

Chamba, il Laxmi Narayan Group, un complesso di templi in pietra, risalenti al X-XI secolo, costruiti in stile sikhara tipico dell’Himachal.

Il gruppo di templi del Laxmi Narayan Group più antichi risalgono al VI secolo, mentre i più recenti sono stati costruiti tra il IX e l’XI secolo e rappresentano una testimonianza antica dello stile sikhara. I templi sono stati costruiti in marmo bianco: tre dei sei principali templi sono dedicati a Shiva e tre a Vishnu. Una caratteristica di questo complesso sono le stratificazioni ad ombrello con supporti in legno collocate sulla cima per proteggere le costruzioni dagli agenti atmosferici e fungere anche da ornamento.

Chamba, tempietto accanto ad uno dei sei templi a capanna del Lakshmi Narayan Complex, secoli X-XI.

Chamba, tempietto accanto ad uno dei sei templi a capanna del Lakshmi Narayan Complex, secoli X-XI.

Oltre a questi ci sono diversi piccoli templi sparsi all’interno dell’area, alla quale si accede attraverso un portale. C’è anche un piccolo museo nel porticato che contiene diverse stampe che rappresentano aspetti della vita di corte durante il regno di Rani Sharda Varman e delle fotografie con i personaggi che hanno governato l’India in questi ultimi secoli. Tornando verso la città per andare a prendere gli zaini nell’hotel ed effettuare il cambio di alloggio, attraverso un lunghissimo e affollato mercato di vegetali, ma anche di altri generi. Con l’aiuto del ragazzo che mi ha fatto trovare questa praticissima guest house trasporto gli zaini e allestisco il mio habitat: è una stanza veramente molto comoda. Pago tre notti a quello che io penso sia l’impiegato della guesthouse che, naturalmente non mi rilascia nessuna ricevuta.

Chamba, sculture al Laxmi Narayan gruppo di templi, secoli X-XI.

Chamba, sculture al Laxmi Narayan gruppo di templi, secoli X-XI.

Verso sera, mentre me ne sto seduta su un ripiano in pietra di forma circolare, davanti ad un tempietto dedicato a Vishnu, arriva il medico di 25 anni che avevo incontrato in pullman due giorni fa. E’ di passaggio a Chamba e sta tornando a Kangra dove abita e studia per una specializzazione. A Bharmour era andato per un convegno, ma là ha anche il suo lavoro in un piccolo ambulatorio. Sono molto contenta di averlo rivisto e di aver scambiato con lui i nostri indirizzi facebook.
28 maggio
Oggi, vado a visitare il museo di storia di Chamba, il Bhuri Singh Museum. Lungo la strada mi fermo al parco che sta accanto all’ospedale e scatto delle foto ad alcuni tipi caratteristici.

Chamba, una coppia in preghiera in un tempietto lungo la strada per il Sui Mata Temple.

Chamba, una coppia in preghiera in un tempietto lungo la strada per il Sui Mata Temple.

Poi, lasciato il parco, incontro, per caso, una piccola moschea dipinta di verde, che pochi conoscono e a quest’ora è chiusa. Pensavo fosse quella la chiesa protestante di Sant’Andrea che invece sta sulla riva di fronte. I cristiani di Chamba sono soltanto 200-300, mentre i musulmani rappresentano il 25% circa della popolazione e il rimanente, intorno al 74% è di religione induista. In questa zona non ci sono buddhisti e nemmeno templi dedicati a questa religione. Il Bhuri Singh Museum contiene numerosi dipinti in miniatura risalenti al XVIII e XIX secolo, appartenenti alle scuole di pittura di Chamba, Kangra e Basohli.

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Chamba Museum, miniatura del XVIII secolo.

All’interno del museo si possono ammirare diverse testimonianze etnografiche provenienti dalla valle di Chamba e appartenute ai raja: porte e portali di legno accuratamente incisi, lastre di fontane finemente intagliate, documenti incisi su lastre di rame anche risalenti al XVI secolo. Non resisto alla tentazione di acquistare una serie di poster con le copie di alcune delle miniature esposte al museo. Spero che arrivino intere in Italia!

Chamba, pulizia mattutina del tempietto accanto alla mia guesthouse.

Chamba, pulizia mattutina del tempietto accanto alla mia guesthouse.

Nel pomeriggio ricevo nella mia stanza la visita dell’indiano che ha un laboratorio video al piano terra della guest house. Pensavo fosse un dipendente dello Stato e che il suo laboratorio fosse l’ufficio della guest house. Invece anche lui paga l’affitto allo Stato per la stanza che occupa. E’ venuto ad informarmi che il responsabile delle guesthouse governative gli ha telefonato per dirgli che non è possibile ospitare stranieri in questa struttura in quanto è riservata soltanto ai cittadini indiani. Gli dico che vorrei fermarmi ancora qualche giorno: sto molto bene qui, sia nella guest house sia nella città. Non credo ci sia un capo che abbia sollevato dei problemi! Comunque, voleva poi bere della birra nella mia stanza e quando gli propongo di uscire mi risponde che qui in India non è considerata una buona azione uscire a bere. Così, gli chiedo di scendere nel suo studio dove ci sono delle altre persone che lavorano per lui. Arrivati lì, incarica subito uno dei lavoranti di andare a comprare delle birre che beviamo poi in compagnia. Mi racconta che ha 39 anni ed è sposato: sua moglie e i suoi due figli di 14 e 15 anni vivono in un villaggio a 350 Km da qui, dalle parti di Chandigarth. Lui, li raggiunge una volta al mese o ogni 15 giorni in motocicletta. Il suo lavoro si svolge in particolare sul montaggio dei video di matrimoni che le famiglie di ogni ceto sociale, indistintamente gli commissionano. Le riprese video originali le realizzano i suoi collaboratori, mentre la fase di montaggio e sonorizzazione la cura lui stesso. Riguardo ai matrimoni, la sua versione conferma che persiste l’usanza delle decisioni prese dalle famiglie, ma precisa che la registrazione successiva si è diffusa in quanto tutela il coniuge per l’eredità e perché offre delle facilitazioni considerevoli per l’acquisto del cibo.
29 maggio

Chamba, il tempio dedicato alla principessa Sui Mata che sacrificò la sua vita per placare il dio dell'acqua.

Chamba, il tempio dedicato alla principessa Sui Mata che sacrificò la sua vita per placare il dio dell’acqua.

Salgo sulla collina a visitare il Sui Mata Temple. Si racconta che quando fu costruito l’acquedotto l’acqua non riusciva ad arrivare alla città di Chamba. Sui Mata, una principessa locale, secondo la leggenda, sacrificò la sua vita per placare lo spirito dell’acqua e porre termine alla grave siccità abbattutasi sulla città. Prima di iniziare la gradinata verso la collina incontro un’insegnante di informatica che mi accompagna a visitare la sua aula computer. Si tratta di una scuola privata e i computer sono simili ai nostri di almeno 30 anni fa. Lei, 47 anni, sposata con un matrimonio di famiglia ad un marito appartenente alla sua stessa casta, la prima, sin dall’infanzia è innamorata di un compagno di scuola. Lui vive a Delhi, è un ingegnere ancora scapolo, che corrisponde all’amore della signora, ma limitandosi a dialoghi telefonici e a rari abbracci. La signora mi chiede di pregare una divinità per lei, perché possa realizzare totalmente il suo amore.

Chamba, preghiera del mattino all'Hari Rai Temple, costruito nell'Xi secolo.

Chamba, preghiera del mattino all’Hari Rai Temple, costruito nell’XI secolo.

Lungo la stradina per il Sui Mata Temple, sia all’andata che al ritorno per un percorso alternativo, ci sono diversi templi: è mattina e le persone prima di andare al lavoro e gli studenti a scuola, si fermano a recitare la loro preghiera alla divinità preferita. Torno al Bansi Gopal Temple, già visitato qualche giorno fa, ma sempre affascinante, molto frequentato e adorato dalla popolazione. Mentre sto ammirando l’esterno di questo tempio dipinto di rosa, mi si avvicina un signore per darmi ulteriori informazioni su Chamba. Lui, un pensionato, ora svolge un lavoro di volontariato per aiutare alcolisti e drogati. Rivisito il tempio con calma, soffermandomi ad osservare la signora che lava le sculture, prega e accende incensi, con grande devozione.

Chamba, la signora che lava le sculture sacre del Bansi Gopal Temple e poi accende gli incensi..

Chamba, la signora che lava le sculture sacre del Bansi Gopal Temple e poi accende gli incensi.

Ritorno anche al Lakshmi Narayan Temple Complex, per osservare di nuovo le splendide sculture su pietra dei templi a capanna, le immagini delle divinità racchiuse all’interno dei recinti di protezione, la serie di tempietti che ci stanno intorno.

Chamba,Akhand Chandi Palace, la residenza del raja ora sede dell'università. Giardino interno.

Chamba,Akhand Chandi Palace, la residenza del raja ora sede dell’università. Giardino interno.

Al ritorno mi fermo davanti al maestoso Akhand Chandi Palace, ex residenza del raja di Chamba. Il palazzo, costruito nel 1764 ora è divenuto la sede dell’università di Chamba.
30 maggio
Ieri, l’incaricato della guest house, un personaggio fantasma che mi dicono sia stato assunto a contratto dal Governo, non si è presentato ai diversi appuntamenti che mi aveva fissato attraverso l’operatore video. Ieri sera, al mio rientro, ho trovato il laboratorio video trasformato in una frenetica cucina con l’aiutante che spianava i chapati con il mattarello e il suo capo che li cuoceva ad uno ad uno, con grande abilità. Già nel pomeriggio, su un fornello elettrico collocato sotto il letto, c’era una pentola a pressione che sbordava di dhal, il contorno per il piatto di riso chiamato thali. Vabbeh, il boss che doveva decidere se lasciarmi rimanere fino a lunedì nemmeno durante la mia assenza si è presentato. Ha telefonato solo questa mattina al video-maker per comunicargli che posso rimanere. Ora vado a cercare il tempio Hari Rai che sta proprio accanto al parco Chaugan, vicinissimo alla mia guest house. E’ stato costruito nell’XI secolo, con la forma a capanna, ed è composto da pietre incise e immagini sacre scolpite con pregevole raffinatezza. Anche qui, in questo bellissimo tempio, persone di ogni età, si fermano a pregare con grande devozione. Mi sposto poi verso la moschea dipinta di verde e entro nel cortiletto dove ci sono le fontanelle per lavarsi i piedi. Ritorno poi alla chiesa protestante di Sant’Andrea e, nel pomeriggio attraverso l’affollatissimo parco di Chaugan. Qui, ragazzi, donne, uomini, bambini trascorrono molto del loro tempo a chiacchierare e a godersi l’aria fresca all’ombra dei giganteschi alberi.

Chamba, Chaugan in un primo pomeriggio di sabato..

Chamba, Chaugan in un primo pomeriggio di sabato.

Il parco Chaugan rappresenta il centro della vita culturale e sociale della città ed è animato in tutti i vari momenti della giornata. Nella zona del mercato, verso sera c’è una rissa tra due venditori: entrambi vengono trattenuti dai militari che cercano di allontanare l’uno dall’altro. Sembra di assistere ad uno spettacolo teatrale per la folla numerosa che osserva l’evolversi della rissa. Separati i due nemici il grosso gruppo di spettatori si suddivide in due parti dove i due protagonisti, separatamente, raccontano ai loro fan le loro ragioni.
31 maggio, domenica

Chamba, preghiera domenicale di quasi solo donne al Hari Rai Temple costruito nell'XI secolo.

Chamba, preghiera domenicale di quasi solo donne al Hari Rai Temple costruito nell’XI secolo.

Oggi a tratti piove a momenti sembra che il cielo stia schiarendo; ora si sta alzando un forte vento che spazza via gran parte delle nuvole. Mi siedo su una panchina al parco Chaugan, di fronte alla vista sul fiume che taglia in due la città di Chamba. Sento delle voci che cantano all’Hari Rai Temple, il tempio dell’XI secolo, e vado ad inserirmi nel gruppo di donne che pregano lì ogni domenica, con grande devozione. Mi accolgono con molta cordialità e quanto mi alzo per andarmene mi donano due piccoli, tondi dolci gialli, in segno di fraternità.

Chamba, Hari Rai Temple, secolo XI.

Chamba, Hari Rai Temple, secolo XI.

Nel pomeriggio tira ancora un gran vento, ma il Chaugan è ugualmente affollato. Mi siedo su una panchina a leggere: mi si avvicinano due calzolai di strada. Mi dicono che di domenica non ci sono i soliti turisti indiani qui in quanto preferiscono andare nella cittadina di Khajjar, dietro la montagna, ad una altitudine maggiore. Entrambi i ragazzi sono sposati con un matrimonio deciso dalle famiglie: quello di 26 anni ha la moglie e la figlia di 6 mesi in una cittadina del Panjab, mentre, il ragazzo di 22 anni non ha figli e abita a Chamba, in una casa d’affitto. Mi raccontano che non hanno provveduto a registrare il matrimonio per seguire la tradizione delle loro famiglie. Il ragazzo più giovane parla l’inglese, ma non è mai andato a scuola e non sa leggere e scrivere. L’altro ha frequentato la scuola fino alla 5 classe. I due calzolai mi raccontano ancora che qui a Chamba non c’è la possibilità di avere i pasti gratuitamente presso i templi come a Dharamsala e a Varanasi e molto spesso entrambi si trovano senza lavoro e senza soldi. Gli uffici del Governo a volte li aiutano, a volte no. Quando cala la sera mi sposto al centro della cittadina, mi appoggio al muretto del tempio che sta in mezzo alla piazzetta dove stanno sedute anche delle altre persone; a tutte piace scambiare qualche chiacchiera con me.

Chamba, personaggi e souvenir nei pressi del Laxmi Narayan Group of Temples.

Chamba, personaggi e souvenir nei pressi del Laxmi Narayan Group of Temples.

Un negoziante mi offre con grande cortesia un cjai e una banana. Veramente vorrebbe offrirmi qualcosa da mangiare al ristorantino che sta accanto ad uno dei suoi negozi, ma non mi sento di affrontare più di un pasto al giorno e ho già mangiato il thali a pranzo.
1 giugno, lunedì.
Sono in corriera e sto andando a Bharmour, a circa 69 km da Chamba, attraverso una strada costruita intorno alle montagne che pare sospesa sopra degli strapiombi spaventosi. Là sotto c’è un fiume che scorre irruento tra grossi massi, allargandosi poi in un pianoro fino a formare un lago per poi riprendere il suo scorrere più lineare e tranquillo. Qua e là ci sono delle case, addossate alle montagne e circondate da numerosi terrazzamenti, con i muretti che a volte s’incurvano per allargare lo spazio dei terreni coltivati. Lungo la strada, alle fermate della corriera, s’incontrano dei filari di bancarelle che vendono il cjai, qualche cibo veloce e poche cianfrusaglie. Sono allestite per i passeggeri che attendono la corriera per raggiungere i centri abitati che stanno in entrambe le due direzioni. Bharmour sta a 2195 metri di altitudine e d’estate è popolata dai pastori nomadi Gaddis che qui stazionano con le loro greggi e da qualche turista indiano.

Bharmour, panorama sulla piazza degli 84 templi.

Bharmour, panorama sulla piazza degli 84 templi.

E’ una cittadina ricca di storia e di templi rimasti a testimoniare un importante passato. Bharmour è stata la capitale del principato di Chamba dal VI al X secolo, fino al 920 d.C. Raggiungo la piazza degli 84 templi Chaurasi costruiti tra il VI o VII e il X secolo. La leggenda vuole che nel X secolo 84 uomini visitassero Bhaumour e nominassero un loro governatore nella persona di Sahil Verman, il quale aveva 10 figli e una figlia, Champavati, dalla quale derivò poi il nome di Chamba. Alcuni templi già esistevano, altri li ha fatti costruire Sahil Verman durante il suo governo. Salendo la stradina che porta ai templi, distratta da uno splendido panorama di montagne innevate mi si presenta davanti quasi a sorpresa il gruppo di templi Chaurasi.

Bharmour, il tempio Manimahesh affollato da gruppi familiari in contrattazione per i matrimoni.

Bharmour, il tempio Manimahesh affollato da gruppi familiari in contrattazione per i matrimoni.

Fra le costruzioni del complesso spicca la forma a torre del Manimahesh Temple costruito nel VII secolo. Forse il più antico è il Lakshna Devi Temple, a pianta quadrata, con la sua importante porta intagliata, ancora ben conservata nonostante le intemperie a cui è stata esposta per secoli, ed i suoi pilastri in legno, anch’essi intagliati e originali, risalenti al VII secolo.

Bharmour, puja al tempio Narasingha, X-XI secolo.

Bharmour, puja al tempio Narasingha, X-XI secolo.

Sono davvero numerosi i templi qui, anche molto piccoli, sparsi intorno alla piazza. A parte il Lakshna Devi Temple, sono tutti dei santuari shivaiti, costruiti in pietra in stile sikhara, con ampi tetti ad ombrello, ricoperti da lastre di ardesia. Gli altri due, dei quattro grandi templi, hanno la forma di tozze torri e sono: il Ganesha Temple e il Narasingha Temple eretti tra il X e l’XI secolo.

Bharmour, il portale in legno del Lakshna Devi Temple, VII secolo, costruito durante il regno del raja Meru Verma .

Bharmour, il portale in legno del Lakshna Devi Temple, VII secolo, costruito durante il regno del raja Meru Verma .

Fa freddo quassù e la gente del posto è ancora vestita con abiti pesanti. Molti ragazzi indossano dei giubbini in stoffa o pelle e ricordano molto l’abbigliamento che portavano i nostri playboys negli anni 50-60. Mentre me ne sto seduta accanto alla scultura dorata del toro simbolo di Shiva e sto provando delle inquadrature, un indiano si stacca dal suo gruppo per scattarmi alcune foto sullo sfondo dei templi. Sono tre coppie della mia età, sposate da oltre quarant’anni con un matrimonio di famiglia. Due di loro sono fratelli e abitano uno a Jaipur e l’altro a Mombay: uno è ingegnere elettronico, l’altro è un commerciante di prodotti chimici. Entrambi ora sono in pensione. L’altro, un amico, fa il medico in un ospedale di Jaipur. Le mogli lavorano soltanto in casa. E’ molto piacevole dialogare con loro, in particolare con i maschi in quanto le donne non parlano inglese. Una di loro è decoratissima ed ha sia le mani sia i piedi disegnati con l’henné. Con l’ingegnere e sua moglie condivido l’esperienza che anche loro hanno vissuto a ben due corsi di meditazione Vipassana e ne parliamo con entusiasmo. Con questa coppia ci scambiamo i contatti su facebook.
2 giugno Bharmour

Bharmour, Manimahesh Temple, VII secolo. Le contrattazioni per concordare il futuro matrimonio. Sono presenti solo i maschi delle due famiglie.

Bharmour, Manimahesh Temple, VII secolo. Le contrattazioni per concordare il futuro matrimonio. Sono presenti solo i maschi delle due famiglie.

Mattinata intensissima a Chaurasi, la piazza degli 84 templi. Ci sono ben tre gruppi di famiglie intorno al Mani Mahesh Temple: sono composti da soli uomini, che sono in attesa di stipulare l’accordo economico di matrimonio tra le parti. Alla fine un gruppo mi invita a partecipare al piccolo party composto da un cjai e un biscotto senza zucchero. Gli incontri tra le due famiglie dei futuri sposi contemplano anche la presenza di una persona che sappia mettere per iscritto al momento quanto concordato a voce. In un altro tempio, al Narasingha Temple c’è un’affollatissima puja celebrata da un prete.

Bharmour, particolare della celebrazione di una puja al Narasingha Temple, costruito tra il X e l'XI secolo.

Bharmour, parte finale della puja con canti al Narasingha Temple, X -XI secolo.

Le decorazioni al centro sono formate da grano, riso, noci, banane e altri prodotti della terra. Dopo la preghiera, i fedeli, composti in maggior parte da donne, si alzano per eseguire dei canti melodiosi e poi, si siedono di nuovo per consumare il pasto composto dagli stessi prodotti della terra che hanno adorato. Il prete, dopo aver ricevuto diverse mance, ridistribuisce qualche soldo ai bambini e alle bambine che si sono allineati sul gradino del tempio.

Bharmour,dopo la puja, il prete regala dei soldi spiccioli ad ogni bambino dopo aver ricoperto il capo delle bambine.

Bharmour,dopo la puja, il prete regala dei soldi spiccioli ad ogni bambino dopo aver ricoperto il capo delle bambine.

Il sacerdote diversifica il dono sulla base dell’età e del sesso. Alle bambine, un attimo prima aveva posto sul capo un velo rosso. Verso sera, al suono di un orchestrina, arriva ai templi Chaurasi un corteo nuziale che fa una visita veloce ai templi principali e poi se ne va verso casa. Nella piazza c’è un dolcissimo anziano guru con la lunga barba bianca.

Bharmour, un guru delle montagne sceso a pregare ai templi.

Bharmour, un guru delle montagne sceso a pregare ai templi.

E’ appena sceso dalla montagna dove abita e sta donando delle monete ai bambini che gli stanno intorno. Mi avvicino a lui per scattargli qualche foto: lui mi sorride e non mi chiede nulla.
3 giugno

Bharmour, pastore sul sentiero per il Bharmani Temple, la dea patrona della città.

Bharmour, pastore sul sentiero per il Bharmani Temple, la dea patrona della città.

Oggi mi incammino verso il Bharmani Devi Temple, la dea patrona di Bharmour. Dista 4 km dalla cittadina e si raggiunge scalando una montagna che offre una splendida vista sulla Budhal Valley. La leggenda narra che la dea abitava nella Bharmour Chaurasi prima che iniziassero i pellegrinaggi. Quando Shiva arrivò in Bharmour, la dea si trasferì sulla cima di una collina conosciuta come Bharmani. La dea però ordinò a Shiva di stabilire il vincolo che le giornate della consacrazione della pace al Manimahesh rimanevano incomplete senza che i devoti visitassero il suo tempio. Da allora è rituale visitare il Bharmani Devi Temple prima del rituale al Manimahesh.

Bharmour, il percorso per raggiungere il tempio della dea Bharmani Devi, la patrona della città.

Bharmour, il percorso per raggiungere il tempio della dea Bharmani Devi, la patrona della città.

Per arrivare lassù, salgo attraverso il sentiero che sta all’inizio della cittadina e ritorno per la stradina che arriva alla piazza degli 84 templi Chaurasi. Lungo il percorso in salita incontro molte donne che stanno conducendo al pascolo le mucche e altre che sorvegliano sia le mucche che i cavalli. La prima donna che incontro cammina con me per un tratto, fino a una distanza di una mezz’ora dal tempio. Mi procura un bastone per alleviarmi la fatica della salita.

Bharmour, incontro di pastore lungo il sentiro che porta al tempio della dea Bharmani Devi, patrona della città.Sullo sfondo la Budhal Valley.

Bharmour, incontro di pastore lungo il sentiro che porta al tempio della dea Bharmani Devi, patrona della città.Sullo sfondo la Budhal Valley.

Per queste donne, sorvegliare i pascoli, sferruzzare e dialogare è un insieme di attività che svolgono con molta serenità. Anche il modo con cui danno degli ordini alle mucche e ai tori è interessante perché nella maggior parte dei casi gli animali le obbediscono. Li chiamano se si allontanano in una direzione o nell’altra e se necessario le donne si alzano per andare a dirigere gli enormi corpi nella direzione più opportuna. Proseguendo il cammino incontro altri gruppi, sempre di donne che mi offrono l’acqua da bere e mi chiedono alcune informazioni su marito e figli. La vita delle donne indiane è imperniata sulla famiglia e il loro interesse sociale è rivolto soltanto alle dinamiche di questi nuclei. A volte scorgo qualche raro pastore, ma se ne sta per conto proprio e le donne non li incoraggiano ad inserirsi nei loro gruppi. Tutto intorno, fino ad alta quota sono stati spianati i terrazzamenti sostenuti dagli splendidi muretti. Sono coltivati per lo più a patate e ortaggi, ma anche i frutteti di mele riempiono un grande spazio dell’altura. Qua e là non mancano le rigogliose piante di maryuana che tappezzano i margini dei ruscelli anche quassù. Sul prato, con meraviglia scopro delle piccole macchie di stelle alpine: sono fantastiche e ne raccolgo alcune da conservare tra le pagine della mia agenda.

Bharmour, il tempio della dea Bharmani Devi, la patrona della città.

Bharmour, il tempio della dea Bharmani Devi, la patrona della città.

Arrivata in cima, a poche centinaia di metri dal tempio, c’è una stalla arroccata e una donna affacciata al ballatoio che gentilmente mi offre dell’acqua. Il Bharmani Devi Temple è molto trascurato. Intorno ci sono delle vasche di raccolta dell’acquedotto; l’acqua sgorga dalla sorgente che sta lì accanto. Diversi ragazzi stanno facendo il bagno, nuotando nell’acqua gelida e facendo poi degli esercizi ginnici per scaldarsi.

Bharmour, vasche di acqua sorgiva utilizzate come piscina da alcuni giovani. Accanto, il Bharmati Temple, dedicato alla dea patrona della città.

Pioviggina. Visito il tempio: chiusa in gabbia c’è un’immagine sacra che s’intravede appena. All’esterno, tre dipinti recenti raffiguranti delle divinità induiste. Lassù c’è anche un piccolo negozio di alimentari e una stanza con un letto. In uno spazio esterno ci sono dei grossi rami bruciacchiati; anche vicino al tempio ci sono i resti di un fuoco. Seguendo le indicazioni dei ragazzi che stanno nella piscina prendo la strada che mi porterà a valle. Scendendo, incontro quasi subito una coppia di turisti inglesi che si lamentano per il percorso scivoloso della strada e mi dicono che faranno ritorno attraverso il sentiero che ho percorso all’andata.

Bharmour, tipologie abitative con tetti in ardesia e parti in legno.

Bharmour, tipologie abitative con tetti in ardesia e parti in legno.

Sta piovigginando ancora: mi fermo sotto un portico dove ci sono due turiste indiane con un bambino ciascuna: stanno attendendo i loro mariti. Quando questi arrivano mi invitano a seguirli nella casa che hanno affittato da un amico militare in pensione. Li seguo. Lungo la strada incontriamo un gruppo numeroso di turisti indiani con guida che stanno attendendo al riparo che smetta di piovere per poi proseguire la salita al tempio. Mi sento molto orgogliosa di non far parte di un gruppo e di non aver avuto bisogno della guida per l’escursione. Arrivata a casa del militare in pensione, con grande sorpresa mi trovo di fronte ad un ragazzo di 35 anni, che dopo 16 anni di lavoro alle dipendenze dello Stato indiano ha potuto andare in pensione. Ora si occupa degli affitti delle stanze e dell’organizzazione dei pasti per i turisti che ospita, ma sta cercando un altro lavoro. Il giovane pensionato è sposato ed ha due figli: uno di sei anni e l’altro di otto. In questa casa, familiari e amici, trascorrono molto tempo tutti insieme in una stanza, a volte anche per riposare. Diversi sono fratelli del militare in pensione, altri sono turisti indiani amici, altri, come una coppia di buddhisti che vive lì, semplicemente dei vicini. La signora buddhista proviene da Dharamsala come il marito che insegna qui al college. Lei, molto colta, potrebbe fare l’insegnante, ma il marito non desidera che lavori fuori casa. Hanno una bambina che frequenta la scuola materna. Gli indiani della famiglia mi portano prima il cjai e poi mi chiedono se voglio pranzare. Sono quasi le 16.00 e penso che anche gli altri turisti incontrati sulla strada del tempio debbano pranzare, ma invece viene servito solo a me uno special thali buonissimo. Pian piano la stanza dove mi hanno fatta accomodare si svuota e rimane solo la signora buddhista a tenermi compagnia. Poi, le dà il cambio un simpatico ragazzo che parla un buon inglese. Vado a salutare tutti, e li trovo rintanati al buio a riposare in una stanza, distesi sopra un grande letto; altri due ragazzi sono a leggere in un’altra stanza, distesi anche loro su letto matrimoniale. Ringrazio per il buonissimo thali e uscendo, nel cortile, scorgo degli uomini di varie età indaffarati intorno ad una grandissima serie di enormi recipienti in ottone. Alcuni pentoloni contengono già il cibo pronto altri sono sul fuoco, in preparazione: è la cucina della grande casa.

Bharmour, la vita intorno alla scultura del toro, simbolo di Shiva.

Bharmour, i parenti maschi, in attesa della stipula dell’accordo di matrimonio.

In serata passeggio nella piazza dei templi Chaurasi. E’ piena di bambini di tutte le età, con i loro maglioncini fatti a mano, che giocano a rincorrersi negli spazi dei templi accessibili. Qui, molti bambini, bambine, ragazzi e ragazze frequentano le scuole private. Rimangono a scuola fino alle 16.00. Li incontro spesso, quando rientrano con le loro divise diversificate a seconda dell’istituto che frequentano e con il loro pentolino per il pranzo vuoto. Qui, le scuole statali in questi due mesi di giugno e luglio rimangono chiuse, mentre continuano a funzionare le private ancora per questo mese. Nella piazza degli 84 templi, mentre me ne sto seduta davanti al toro di Shiva vedo donne e uomini, ma anche molti giovani, fermarsi a baciare il gradino del Mani Mahesh Temple prima di rientrare a casa. Qua e là, all’imbrunire hanno acceso degli incensi e la bancarella con l’uomo che grattugia le patate e le cucina a forma di polpetta sta ancora là. Una stanza, con all’interno un grosso lingam di Shiva e delle altre immagini sacre, è divenuta l’abitazione di un guru che ospita anche i pochi sadhu che vagano intorno. Al calar del buio, ogni sera, all’interno del tempio, il guru accende un grosso fuoco e insieme ai suoi ospiti contempla le fiamme e recita i mantra.
4 giugno

Bharmour, la vita contadina tra le abitazioni tipiche.

Bharmour, la vita contadina tra le abitazioni tipiche.

Oggi mi prendo una mezza giornata tranquilla di lettura. Nel pomeriggio passeggio fino alla grande curva dov’è collocato un tempietto dedicato alla dea Kali. Una donna con un grande carico trasportato sul capo si ferma ad offrire una preghiera alla dea e poi prosegue lungo la discesa che fiancheggia per un tratto un torrente che fornisce l’acqua ai villaggi che stanno a valle. Lungo la strada ci sono delle guest house, ma quasi deserte, o al limite frequentate da qualche famiglia indiana. Un edificio riporta la scritta “Ospedale Ajurvedico Governativo”: sul terrazzo si affaccia un infermiere dicendomi che l’ospedale è in funzione, ma solo come ambulatorio, in questo periodo. Trascorro la serata in una piazzetta animata da numerosi bambini che giocano intorno al Mani Mahesh Temple, mischiandosi tra le donne che sferruzzano e chiacchierano e gli uomini che parlottano tra di loro. E’ una serata dalla temperatura mite, rispetto alle altre sere, e la gente di ogni età si è riversata qui, nella piazza sacra.

Bharmour. Tramonto accanto alla scultura dorata del toro, simbolo induista.