Sarajevo (Bosnia), 14 aprile 2019

Esco tardi dall’ostello perché ho dedicato del tempo ad aggiornare il diario. Mi piace molto scrivere, cercare il dettaglio nelle cose che scopro. Oggi, ripercorro un po’ i luoghi delle uscite di ieri, quelli con le guide e quello con Rebecca, la ragazza di Helsinki che ho conosciuto in ostello. Il centro della città è vicinissimo all’ostello e mi oriento subito, senza problemi. Mi addentro nella zona pedonale e poco più avanti ritrovo la cattedrale cattolica del “Sacro Cuore di Gesù”, già intravista, velocemente, ieri.

la basil

La cattedrale del Sacro Cuore di Gesù.

La storia delle chiese cattoliche di Sarajevo risale al XIII secolo, ma questa cattedrale è stata costruita verso la fine del XIX secolo. Entro: c’è una porta chiusa e diversa gente sta guardando l’interno, attraverso i vetri, quasi non si potesse entrare. Forse, stanno fuori, perchè non vogliono disturbare la messa che il sacerdote sta celebrando. C’è qualche fedele che ripete le preghiere insieme al prete, in lingua inglese. Faccio un giro su di un lato, piano, piano, con molta cautela. La chiesa richiama lo stile neo-gotico e ricorda un po’ quella di Notre Dame di Parigi.

Chiesa internookk

Cattedrale del Sacro Cuore di Gesù. Interno.

E’ a tre navate con due file di colonne che sostengono degli archi colorati all’interno. C’è un altare principale diviso in 7 nicchie. La pietra che lo compone è in marmo bianco ed è sostenuta da 4 piccole colonnine di marmo rosso. A sinistra della nicchia principale ci sono: la statua di San Giuseppe e di San Francesco d’Assisi e anche quella di un Angelo. A destra riesco a scorgere le sculture di San Michele e del profeta Elia. E poi, più in là, vedo anche la statua del Sacro Cuore di Gesù. Alle pareti ci sono degli affreschi iniziati intorno al 1886 e terminati l’anno dopo.

interno ch

Interno della cattedrale del Sacro Cuore di Gesù.

I dipinti rappresentano l’”Incoronazione di Maria” e la “Resurrezione di Gesù”. Anche le grandi vetrate sono dipinte con motivi sacri.

Moschea Ferhadijaok

La moschea Ferhadija, XVI secolo.

Uscita dalla chiesa mi trovo di fronte alla moschea “Ferhadija”, costruita nel XVI secolo. Nel complesso religioso, oltre alla moschea, c’erano: una scuola pubblica, una fontana e la cucina. La moschea è in stile ottomano classico e lo si nota sia nel porticato che nel minareto, che si presenta alto e slanciato. Le pitture interne, scoperte nel XVII secolo, mostrano 4 dipinti di varie date: il più antico risale al XVI secolo.

Moschea Ferhadijaokk

Interno della moschea Ferhadija.

Sono le 13:00 e l’area pedonale è animatissima. Lungo le vie e nei pressi delle moschee si nota qualche donna con il chador, ma la maggior parte di loro non porta alcun copricapo. Qui, proprio in questa strada, sorgeva il vecchio quartiere del mercato, il “Bezistan”, costruito tra il 1537 e il 1557.

Mercatook

La porta del Mercato Bezistan.

Il Bezistan, è stato il punto focale del commercio di Sarajevo, in particolare per quanto riguardava la vendita delle tele di cotone e di seta. I negozi erano collocati anche all’esterno dell’edificio del mercato, lungo la Kujundziluk street, la zona più ricca della città, dove sorgevano le costruzioni più prestigiose. Dei 7 mercati di tutta la Bosnia di allora, ben 3 erano situati a Sarajevo. Il primo Bezistan, che era stato costruito nella prima metà del XVI secolo, venne demolito nel 1842, in seguito all’incendio che lo aveva distrutto, pochi anni prima.

merrcatook

Aspetti del Mercato.

L’ultimo intervento di restauro è stato effettuato nel 1968, recuperando la struttura architettonica originaria, sia all’interno che all’esterno della costruzione, ma dando un’impronta molto moderna alla disposizione di banchi e negozi.

mmmercatokkk

Il Mercato.

Entro nella Gori Husrey bey Madrassa Mosque, costruita in memoria della madre del sultano Seljuk, nell’anno 1531.

La Gazi Husrey bey Madrassa

La Gori Husrey bey Madrassa Mosque.

Danneggiata più volte, è stata restaurata nel 1931 e poi ricostruita nel 1968. Accanto alla moschea c’è un edificio nuovo con molta gente che entra, esce e si ferma a chiacchierare.

La madrasssa

Gente accanto alla nuova costruzione sorta accanto alla Gori Husrey bey Madrassa Mosque.

Chiedo informazioni sulle motivazioni di quel luogo così frequentato: mi rispondono che questa è la “Madrassa”.

la mosc museo Madassa

L’entrata alla  Gori Husrey bey Madrassa.

Cammino ancora un po’ lungo la via principale: ai lati si aprono degli spazi con il pavimento in ciotoli, adibiti a ristoranti eleganti e a negozi. Tutto è nuovo qui, fin troppo moderno e omologato. Di richiami alla tradizione c’è soltanto un vicoletto con dei negozi di bollitori per il caffè in rame ed alluminio, delle tazzine piccolissime, dei vassoi tondi in rame e acciaio. Sono soltanto delle imitazioni, però, costruite di recente.

lavori a maglia

Vendita di lavori eseguiti ai ferri.

Alla fine della via c’è un’altra moschea, in ristrutturazione. E’ la “Bascarija Mosque”, costruita nel 1528. In origine aveva delle parti in legno, andate distrutte da un incendio nel 1697. Non ho capito bene se è il quartiere di “Bascarija” che prende il nome dalla moschea o viceversa. Il nome deriva da “Bas” la grande e “Carsija” che significa piazza, area di mercato.

zzzona pok

Zona pedonale.

Così, da quel che ho capito, la grande area del mercato di Sarajevo si estendeva fin qui, in questo quartiere, e intorno a questa, ce n’erano delle altre simili, ma più piccole. Qui, nel XV secolo, c’era anche il nucleo principale, dove si concludevano gli affari importanti.

Fontana

L’antica fontana dove la gente attingeva l’acqua.

Mi sposto dall’area pedonale e vado verso il palazzo a righe gialle e marrone, visitato ieri con la guida del mattino. Leggo le scritte esposte accanto alla piazzetta: era il “Palazzo della città”, “The City hall”, il più grande e rappresentativo edificio di Sarajevo del periodo austro-ungarico.

la bibl naz

La Biblioteca Nazionale.

Il palazzo è stato usato per il governo del Paese fino al 1949, quando venne ceduto alla Biblioteca Nazionale. Nella notte tra il 25 e il 26 agosto del 1992 fu incendiato e nel rogo sono andati persi libri e documenti di grande valore.

pal bibliot

Vista laterale del palazzo della Biblioteca Nazionale.

E’ domenica ed è l’ora del pranzo. Le caffetterie, le pasticcerie e i ristoranti sono affollatissimi di coppie anziane, gruppi di donne, famiglie con bambini che trascorrono molto tempo, anche seduti all’aperto, nonostante il freddo non si sia attenuato.

Hisilicon Balong
Negozi di vecchi oggetti nella zona del mercato.

Mi siedo anch’io in un posto affollato e divido il tavolo con una coppia di anziani, senza scambiare nemmeno una parola.

Da Sofia (Bulgaria) a Sarajevo (Bosnia), 12 e 13 aprile 2019

Esco presto dall’ostello di Sofia e raggiungo a piedi la metro che sta poco distante da lì. Alla stazione degli autobus ci sono diversi uffici con le vetrine piene di indicazioni di luoghi raggiungibili in pullman: Istanbul, Tirana, Belgrado, Austria, Germania, Francia Lussemburgo, Ungheria, Italia.

Il pullman parte in orario: guardo fuori dal finestrino. La periferia di Sofia è piena di palazzi alti e anonimi, ma, poco più fuori, si vedono molte aree verdi, intervallate da grandi centri commerciali, grosse falegnamerie, capannoni, grosse costruzioni standard di case e negozi, concessionarie di auto. Sopra gli edifici, emergono le grandi firme delle multinazionali: Metro, Oulet, Renaut, Citroen. Compaiono, più avanti, campi arati e verdi, con distese di superfici coltivate che arrivano fin sulle cime dei colli. Poi, si vedono delle fitte pinete e dei boschi di latifoglie con le foglie appena spuntate. Siamo a Kalotina, al confine tra la Bulgaria e la Serbia. Qui sono fermi diversi pullman e moltissimi grossi camion che trasportano merci. All’uscita dalla Bulgaria dobbiamo scendere con il passaporto soltanto, mentre a quello della Serbia ce lo sequestrano e ce lo riconsegna l’autista, dopo circa mezzora. La Serbia è tutta verdeggiante, con alberi, prati verdi e distese di  campi gialli di colza. Ci sono parecchi frutteti in fiore e diversi vigneti, allineati e potati. Qui, si alterna il percorso tra il paesaggio di montagna e quello di vaste pianure. Compaiono le case con i tetti a spiovente: sono abitazioni per lo più unifamiliari o delle piccole palazzine, sparse. Non mancano le chiese: tozze e spesso a righe, verticali o orizzontali, con il campanile dipinto con gli stessi colori, ma basso e largo. Il pullman prosegue con calma, si ferma con largo margine di tempo in due aree di sosta. Siamo in ritardo di quasi due ore rispetto all’orario previsto, ma l’autista non si preoccupa. Lo informo che ho la coincidenza a Belgrado, per Sarajevo alle 16:00 e lui mi rassicura che arriveremo là per le 15:00. Invece, con mia grande ansia, arriveremo alle 15 e 54 minuti, appena in tempo per prendere al volo il pullman, che partirà in tutta fretta, un minuto prima delle 16:00. Usciamo da Belgrado con l’immagine di una grande fabbrica Ikea scritta su un palazzo, un’insegna Emmezeta, un’altra DM e un’altra ancora Huawei. Attraversiamo un ponte sul Danubio e lasciamo alle nostre spalle gli alti palazzi della città. Già sul pullman per Sarajevo, l’atmosfera è diversa da quella della Bulgaria. Qui la gente ti parla, ti sorride: è decisamente più disponibile a relazionarsi. Alle 19:00 usciamo dalla Serbia. Di nuovo, sequestro dei passaporti e riconsegna allo stesso modo dell’entrata nel Paese. Alla frontiera bosniaca, che sta proprio di fronte ad una grande chiesa a strisce verticali, bianche e marrone, ci controllano lasciandoci sull’autobus. Attraversiamo anche qui distese di campi intervallati da industrie e case. Qui, le tegole dei tetti sono piane e le abitazioni piccole e staccate le une dalle altre. Attraversiamo un ponte con un grandissimo fiume che poi fiancheggeremo per diverso tempo. E’ la Sana, mi dice un ragazzo che più tardi mi aiuterà a cambiare i soldi in marchi e a prendere il taxi ad un prezzo abbastanza onesto.

aspetti

Sarajevo, 13 aprile 2019. Il centro storico. Sullo sfondo, la torre che segna l’ora del tramonto.

L’ostello di Sarajevo è grazioso e molto accogliente. C’è anche la cucina e tutto il necessario per cucinare. Stamattina mi aggrego a Rebecca, la ragazza finlandese che sta nella mia camera: andremo a due giri diversi in città, con guida gratuita. Al mattino c’è Nema, un ragazzo, che ci parla della storia di Sarajevo partendo dal V secolo, quando Sarajevo non era altro che un insieme di villaggi raggruppati intorno al mercato e ad una fortezza.

zona ped con vecchia fontana pubbl

Sarajevo, 13 aprile 2019. La zona pedonale con sullo sfondo la vecchia fontana.

La fondazione della città, però, risale al 1461, quando gli ottomani trasformarono i villaggi in una città. Loro, influenzarono molto la cultura della Bosnia, in particolare perchè portarono qui la religione islamica. Usufruirono, però, anche di diversi elementi di questa cultura: i caratteristi “cevapcici”, il caffè, l’abilità nel costruire archi, i costumi tradizionali e presero anche alcuni elementi della lingua. Nel 1669 la città venne bruciata e rasa al suolo dal principe Ferdinando di Savoia che aveva condotto una spedizione contro gli ottomani. La città fu ricostruita in seguito, ma non si riprese mai completamente dalla devastazione e la capitale venne spostata a Travniìk. Dal 1878, per quarant’anni, ci furono gli austro-ungarici che occuparono la Bosnia: costruirono molti edifici e aprirono delle moderne industrie.

Hisilicon Balong
La zona del mercato.

Nel 1914 a Sarajevo ci fu l’attentato all’arciduca d’Austria Francesco Giuseppe e a sua moglie, evento che scatenò la prima guerra mondiale. Nema ci descrive dettagliatamente  i momenti che precedono questo attentato, sia nei movimenti dell’attentatore sia in quelli del sovrano e della moglie. A Sarajevo ci fu, poi, un monarca serbo e di seguito, nel 1940, quando la Germania occupò la zona, il re si rifugiò a Londra e fu il maresciallo Tito a liberare  il Paese. Tito fu eletto presidente e rimase in carica per 45 anni con una forma di comunismo non dipendente dalla Russia. Controllò le etnie slave e i diversi gruppi politici e culturali, elevò economicamente la Nazione e organizzo la struttura militare del Paese. Il momento di massima crescita della città si ebbe negli anni ottanta, quando, a Sarajevo, ci furono i giochi olimpici invernali.

I segni della guerra

I segni della guerra 1992-1995.

Nel 1992 , il 6 aprile, scoppiò una guerra civile, provocata dai serbi della Bosnia che volevano la separazione dal Montenegro. L’iniziativa era sostenuta dal presidente Milosevic. Ci furono 45 mesi di guerra atroce, fino all’ottobre 1995. La guerra è stata orribile, ha portato alla distruzione di quasi tutti gli edifici storici della città, ma secondo Nema, la guida, è stata una guerra importante.

Moschok XVI sec, più import

Moschea Alì Pascia, del XVI secolo.

Oggi, la Bosnia è divisa in tre regioni con un governo ciascuna, più un’amministrazione centrale. I partiti di governo sono formati da: serbi, bosniaci e croati, che non riescono mai a trovare un accordo tra loro. Le tasse nel paese sono sempre più elevate: il 60% degli introiti se ne va per le spese dei politici e soltanto il 40% viene gestito per la popolazione. Dopo la guerra civile, in tutta la Bosnia, c’è stata una fortissima emigrazione verso il Nord Europa, in particolare in Germania.

Cathedral of Jesus Sacred Heart, 1889.

La cattedrale cattolica del Sacro Cuore di Gesù, 1889.

Ci sono diverse chiese e moschee nella città; c’è anche una sinagoga, la sola in Bosnia. Qui, gli ebrei, secondo la guida, sono diminuiti notevolmente: ora, a Sarajevo se ne contano circa 600.

La bibl

La Bublioteca Nazionale.

Nema ci accompagna tra le varie costruzioni del centro storico ottomano e tra i palazzi di impronta austriaca, ora ricostruiti e trasformati in scuole, caserme e musei. Tra le varie costruzioni che la guida ci mostra, c’è anche un palazzo particolare, coloratissimo e molto moderno.

cost mod dett

Il palazzo moderno.

Passiamo davanti ad un birrificio del IX secolo sorto dove c’era una sorgente dalla quale la gente poteva attingere l’acqua. Il birrificio continuò a lavorare anche durante la guerra civile. Proseguiamo il giro guardando dall’esterno la moschea più importante di Sarajevo, quella di Alì Pascia, costruita nel XVI secolo, sotto l’Impero ottomano.

vecchia birreria

La vecchia birreria.

Di fronte alla moschea c’è il Vecchio mercato, ora, in parte, trasformato in museo. Lì vicino c’è una torre che segna l’ora del tramonto, ogni giorno diversa. Più in là c’è la cattedrale cattolica cristiana del Sacro Cuore di Gesù.

Ponte latino , XVI sec, sul fiume Miljacka

Il ponte latino del XVI secolo, sul Fiume Miljacka.

Nell’uscita del pomeriggio, ci guida una ragazza per parlarci dei luoghi della guerra. I militanti sparavano dalle colline, al di là del fiume, da dove tenevano il controllo della città.

Hisilicon Balong
I segni della guerra.

Nel dicembre 1992, una bomba provocò 11 mila morti. Nel mercato degli agricoltori nel 1992 un’altra bomba uccise 607 persone. In un parco vediamo una fontana monumento, con intorno le impronte dei familiari delle vittime. Di fronte ci sono dei cilindri ruotanti con sopra incisi i nomi dei morti tra il 1992 e il 1995, “ma”, ci dice la guida,  “era difficile contenerli tutti e, probabilmente, ne mancano diversi”. Poco distante da questi elementi scorrono numerose, nel prato del parco, le tombe ottomane, risalenti a 400 anni fa, uno dei pochi elementi antichi rimasti integri nella città.

Panor colline

Sarajevo, 13 aprile 2019. Panorama verso le colline.

La guida, ci mostra delle fotografie: in una c’è una donna con un bambina che sta camminando a fianco di un carro armato che sostava nella piazza, bersaglio delle sparatorie. Era un luogo pericolosissimo e il carro armato stava lì, per offrire cibo e aiuto alla gente. In questo episodio il mezzo si stava muovendo lentamente per coprire la madre e la bambina ed aiutarle ad attraversare la piazza.

monum a fami caduti guerra con impronte

Monumento con le impronte dei familiari dei caduti durante la guerra.

Un’altra foto rappresenta una giovane coppia sorridente. La guida ci racconta che loro avevano dato dei soldi ai serbi per poter attraversare il ponte, ma dei mercenari russi o serbi, li ammazzarono ugualmente.

Pal pres

Il palazzo del presidente.

Anche questa guida ci parla delle difficoltà politiche di questo governo e della grossa spesa che viene impegnata per mantenere in vita tutti questi livelli politici inconcludenti. La Bosnia, entrerà nell’Unione Europea soltanto nel 2037.

Il caffè con Rebecca, Finl

Il caffè con Rebecca.

Sofia (Bulgaria),11 aprile 2019

E’ piovuto stanotte e oggi fa freddo. La parte di città dove sta il mio ostello è senza luce dalle 8:00 di stamattina. Qualcuno mi ha detto che l’elettricità tornerà soltanto stasera.

Mercatino

Sofia, 11 aprile 2019. Il mercatino delle cose vecchie.

Quindi, esco prima del solito, passo attraverso il mercatino dell’antiquariato che sta aprendo le sue bancarelle proprio ora e vado verso il sito archeologico di Santa Sofia. Guardo dalla vetrata esterna il complesso archeologico delle vecchie chiese preesistenti, ma nemmeno oggi la porta è aperta, nonostante l’orario affisso all’esterno. Comunque, dalle vetrate che circondano il sito, là sotto, si vede una grande tomba, quella di Honorius. E composta da mattoni ed ha la forma semi cilindrica. E’ datata: prima metà del V secolo, inizi del VI. E’ stata scoperta nel 1989, insieme alle altre che le stanno intorno.

Statua filos pezzo 3 sec AD

Esterno del Museo archeologico: statua di un filosofo, III secolo a.D.

Mi sposto verso il Museo archeologico che sta nel centro della città. Intorno all’edificio ci sono diversi reperti esposti, con date che vanno dal I secolo al XIX secolo, a. D. Ci sono: capitelli, sarcofagi, architravi, are, frammenti di pietre tombali, una fontana e molti altri importanti pezzi archeologici. Appoggiata ad una parete c’è la statua decapitata di un filosofo del III secolo.

sarc 5-6 sec AD

Museo Archeologico: sarcofagi del V-VI secolo.

Più in là, due sarcofagi del V-VI secolo, degli enormi parallelepipedi con il coperchio a semibotte, molto semplici. L’eposizione dei reperti si estende fino al cortile di un elegante ristorante che sta sul retro del museo.

panor

Interno del Museo Archeologico.

Entro. Ci sono vasi, elmi, spade, fibie in bronzo, urne funerarie del IV secolo b.C.

terracotte neolitico primo

Museo Archeologico: terrecotte del primo neolitico.

E ancora vasi del X-IV secolo b.C. e brocche in terracotta del III secolo. Il museo è molto ampio e contiene diverse pietre lavorate del Paleolitico, selci e asce, vasi e tegami del Neolitico, in terracotta, utensili in bronzo e gioielli in oro e vetro.

Personificaz fiume2-3 AD

Museo archeologico. Personificazione del fiume, II-III a.D.

Ci sono poi diverse statue, tombe e stele votive scolpite in pietra nei secoli prima di Cristo e in quelli immediatamente successivi.

uomo con cane 6-5 BC

Museo Archeologico. Uomo col cane,  secolo VI-V b. C.

Là dentro trascorro due ore senza accorgermi del passare del tempo.

Museo bronzi

Museo archeologico. Bronzi.

Esco dal Museo archeologico felice per la parte di storia viva e ben ricostruita che mi ha offerto.

IV sec prima cr

Museo Archeologico. Carretto del VI secolo b.C.

Riprendo il mio gironzolare per la città. A momenti pioviggina, poi, ad un tratto ricompare il sole, ma fa freddo e sulle montagne intorno c’è un bel po’ di neve.

Mad bam mos vetro inizi XIV

Museo Archeologico. Madonna con bambino, mosaico del XVI secolo.

Oggi decido di andare a pranzo in uno dei ristoranti della zona pedonale, quelli racchiusi dentro le vetrate.

rist zona ped ok

Uno dei numerosi ristoranti-veranda della zona pedonale.

Lì, mi accorgo che tutte le foto scattate nel sito di Santa Sofia e al Museo archeologico sono sparite. Quando esco dal ristorante torno al Museo e scatto di nuovo alcune foto.

Donna seduta e donna serva 5-4 BC

Museo archeologico. Donna seduta con accanto la serva, V-IV secolo   b. C.

Torno verso il centro, scendo in uno dei tanti sottopassaggi che attraversano la città e ne percorro uno, diverso dai soliti.

donne e bamb inizi 3 sec AD

Museo Archeologico. Ritratti di donne e bambini, inizi III secolo a. D.

Imbocco proprio quello che sta sotto i grandi lunotti trasparenti della piazza principale di Sofia: qui sotto, c’è un’altra parte della vecchia Serdika, emersa dagli scavi.

serdika sotto ok

L’antica Serdika sotterranea.

Qui sotto ci sono anche i resti di un’antica chiesa ad una navata con 2 nicchie semicircolari e degli affreschi dipinti su un’intera facciata.

I resti chiesa

I resti della chiesa nel sito sotterraneo dell’antica Serdika.

Più avanti, tra le vecchie mura c’è un bar con un’esposizione di vecchie foto sbiadite della città, appese alle pareti. Sono circa le 16:00 e ho ancora un po’ di tempo prima che i musei chiudano; decido di andare a visitare il Museo etnografico che insieme alla Galleria Nazionale d’Arte sta nel Palazzo reale.

carretto

Museo etnografico. Carretto.

Lì dentro ci sono due donne, molto avanti negli anni ed anche sgarbate. Non parlano nemmeno una parola d’inglese. Io mi soffermo a leggere e a tradurre quello che c’è scritto sui cartelloni e il tempo passa in fretta. Una delle due donne inizia a camminare avanti e indietro per le stanze, nervosamente.

aaabit

Museo etnografico. Abiti tradizionali.

Ad un tratto mi dice che stanno chiudendo. Sono le 17 e 30 e il museo dovrebbe chiudere alle 18:00. Passa ancora un po’ di tempo e arriva anche l’altra donna a sollecitarmi di andarmene. Alle 17 e 50, per uscite diverse, siamo tutte e tre sulla strada.

culla

Museo etnografico. Culla.

Il museo, tra l’altro, non era molto interessante se non per i cartelloni con le parti di storia che avrei voluto leggere. All’interno del museo ci sono i vari costumi tradizionali bulgari, qualche attrezzo di lavoro agricolo e da calzolaio, un carretto, un tavolo da falegname, una macchina da scrivere anni ’60, una culla, la ricostruzione di un salotto e di un caffè, diverse fotografie ingrandite.

La casa del caffè

Museo etnografico. La casa del caffè.

Torno verso l’ostello e faccio un salto al mercatino dell’antiquariato. Mi piacerebbe acquistare qualcosa, ma non trovo niente che mi piaccia veramente. Provo un bracciale di lapislazzuli e lo compro. Mi accorgo subito dopo che sono pietre dipinte di azzurro e lo riporto indietro.

collane vetro 10-12 AD