A Varanasi dal 1 al 17 febbraio 2019

Varanasi 1 febbraio 2019

Alba

Varanasi, 1 febbraio 2019. L’alba sul Gange visto dal Chousati ghat.

Eccomi arrivata a Varanasi, dopo un lunghissimo viaggio in treno! Sono raffreddata, probabilmente in seguito al prolungato bagno in mare e con i muscoli indolenziti dopo il vigoroso massaggio al quale mi sono sottoposta sulla spiaggia. E’ l’alba, ma è ancora buio e la guest house è chiusa. Aspetto che esca qualcuno e mi infilo dentro per appoggiare gli zaini e andare sul Chousati ghat. Che pace! Alle 9:00, arriva Sonu, il barcaiolo. Questa mattina ha dormito più del solito perchè ieri ha lavorato sodo fino a tardi. Tra le novità che mi racconta c’è il suo prossimo matrimonio che verrà celebrato a giugno o luglio. Ha visto soltanto la foto della ragazza, ma ha fiducia nella scelta fatta da sua madre.

Lungo i ghat mattino pelleg

Varanasi, 1 febbraio 2019. Passaggio di pellegrini sui ghat.

Torno alla guest house e il sacerdote del tempio mi indica la camera che mi hanno riservato. Porto su i bagagli, faccio un giro nella città vecchia e poi ritorno attraverso i ghat. Mi siedo a chiacchierare con un altro barcaiolo che conosco da tempo.La sua famiglia è aiutata da una signora francese sia nel pagamento della scuola privata che frequentano i suoi dei due figli sia per il loro abbigliamento. Il barcaiolo mi parla a lungo della difficile situazione politica in cui versa l’India a causa di questo governo che, a suo dire, tutela soltanto i ricchi. Fra poco ci saranno le elezioni e lui si aspetta un grande cambiamento. A pranzo, al ristorante si siede al mio tavolo una ragazza di 32 anni, originaria di un villaggio dell’Uttar Pradesh, che vive da una decina d’anni a New York, dove lavora nel settore informatico. Si è appena licenziata per poter intraprendere un lungo periodo di viaggio, ma poi tornerà là. Dopo un po’ si siede, accanto a meanche una signora anziana. Arriva dal Canada ed ha appena partecipato al festival induista denominato “Kumbh Mela” ad Allahabad. E’ vestita di bianco e porta i capelli rasati a zero. “Li ho tagliati con grande liberazione” mi dice!

Varanasi, 2 febbraio 2019

Al Chousati ghat incontro Sonu, molto preoccupato per il suo prossimo matrimonio e per il cambiamento che avverrà nella sua vita. Mi dice che lui vorrebbe rimanere libero, ma seguirà, comunque, la decisione di sua madre. Lascio Sonu ai suoi pensieri e vado a camminare sul lungo fiume, verso Sud.

Pellegrini e barche

Varanasi, 2 febbraio 2019. Pellegrini in attesa di attraversare il fiume sulle barche.

Guardo le numerose puje e i diversi rituali che si stanno svolgendo in continuazione sui piazzali dei ghat. Una delle tante puje è appena terminata e i famigliari maschi del defunto commemorato stanno portando i piatti ricolmi di palline, fiori e altri simboli al fiume. Lì vicino c’è l’Harishchandra ghat, il piccolo ghat delle cremazioni, con diverse pire avvolte dalle fiamme.

Gruppo Rajasthan

Varanasi, 2 febbraio 2019. Pellegrini del Rajasthan lungo i ghat.

Torno indietro un pezzettino e mi siedo a leggere sulla gradinata che sta accanto ad uno dei numerosi templi dedicati a Shiva. Sto completando il primo capitolo di “Guerra e pace” di Tolstoj e ho il mio bel daffare a memorizzare i ruoli dei tanti personaggi che si alternano nel romanzo. Una bambina di 12 anni si avvicina per vendermi delle cartoline. Parla un buon inglese pur non essendo mai andata a scuola. Mi dice che ha imparato la lingua sui ghat. Lei è la primogenita di sei fratelli e di un’altra sorella. Il padre fa l’elettricista. Nessuno dei fratelli frequenta la scuola perchè, secondo il racconto della bambina, anche quella pubblica chiede dei soldi che la sua famiglia non è in grado di pagare. Mi sento combattuta tra il voler stare tranquilla a leggere e la curiosità che mi ispira questa bambina, così intraprendente.

Passaggi

Varanasi, Kedar ghat, 2 febbraio 2019. Sadhu.

Forse, lei mi ricorda l’infanzia nella borgata, il vuoto delle mie giornate e il senso di fastidio che manifestavano i vicini quando ricevevano delle visite e io andavo nelle loro case. Verso sera esco per esplorare la viuzza a me familiare della città vecchia. Oggi c’è il calzolaio e approfitto per farmi riparare un’imperfezione delle mie scarpe “Prada”. Prima di me c’è un ragazzo di 23 anni, di Hampi. E’ affascinato da Varanasi, dalla sua antichissima storia. Mi dice che Hampi, in confronto a Varanasi, se pur antica, appare giovanissima, con i suoi 600 anni.

Città vecchia

Varanasi, Bangali Tola, 2 febbraio 2019. Incontri nella città vecchia.

Il ragazzo è di famiglia bramina, la casta più elevata della gerarchia indiana. Poteva continuare l’attività bramina nel tempio di famiglia, ma ha preferito fare altre scelte. Attualmente sta frequentando un master in bio-agricoltura e già lavora in quel settore a Dehradun. A Varanasi vive da un mese in un ostello e si fermerà qui ancora un po’ di tempo.

lingam

Varanasi, Kedar ghat, 2 febbraio 2019. Residui di rituali ai Lingam di Shiva.

Di sera, mentre si sta svolgendo la cerimonia al “Dashashwamedh ghat” incontro la guida indiana che lavora per “Avventure nel mondo”. E’ felice di raccontarmi di essere da poco tornato da un viaggio in Italia con la sua famiglia.

Lo yoth di Modi

Proprio in quel momento sul fiume, tra le tante barche spicca lo yoth del primo ministro Modi. Il costo del biglietto per vedere la cerimonia dal suo yoth è di 1500 rupje, quasi 20 euro e lo utilizzano, esclusivamente, i ricchi indiani. Faccio un commento critico riferito all’attività di business del primo ministro, anche sulla base di quanto riferitomi dai barcaioli, ma sia questa guida, sia altre persone diventano mute su questo argomento.

Varanasi, 3 febbraio 2019

Mentre me ne sto seduta alla Tea-stall del ghat, scaldandomi le mani infreddolite sul carbone rovente del braciere, due francesi della mia età mi chiedono delle informazioni sulle guest houses economiche della zona. Li accompagno alla Bramdew, dove sto io e dove fortunatamente troveranno una stanza libera. Sono appena arrivati da Khajuraho e hanno viaggiato tutta la notte in treno.

pel rec

Varanasi, 3 febbraio 2019. Fila recintata di pellegrini in attesa di entrare al Golden Temple.

Lascio i francesi alla guest house e vado verso Godowlia e poi proseguo verso Chowk. E’ domenica e i negozi sono chiusi, ma c’è un gran fermento di pellegrini, venditori con bancarelle, carretti, borse strappiene, appoggiate sulle biciclette o merce tenuta tra le mani e appesa alle braccia.

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Varanasi, 3 febbraio 2019. L’accesso al Golden Temple.

I ristorantini di strada si susseguono infiniti con per lo più uomini che tritano verdure, impastano farina e acqua con chissà che cosa che poi friggono nei pentoloni semisferici sui fornelli a gas. I venditori di cjai stanno appostati in ogni angolo e versano il the fumante in bicchieri di carta o di vetro. Questi ultimi vengono lavati alla meno peggio, passati prima in un catino e poi in un altro, senza cambiare mai l’acqua.

Pelleg di Jaipur

Pellegrino di Jaipur.

Già da Godowlia, all’incrocio con la strada principale che va verso Nord, la fila dei pellegrini che si recano al Golden Temple viene racchiusa all’interno di una staccionata, tenuta sotto controllo dai militari. Oggi è domenica e i pellegrini sono più numerosi che mai. Alcuni gruppi vengono da Hampi, altri da Jaipur e da altre zone del Rajanisthan. Indossano abiti coloratissimi e alcuni uomini anziani portano un turbante bianco sul capo. Diversi uomini e donne, come avviene nel Sud dell’India, indossano delle fasce di lana sul capo o delle cuffiette legate sotto il mento, per proteggere le orecchie dal freddo. Molti di loro sono scalzi.

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La fila all’interno della staccionata, non finisce mai e quando, fiancheggiandola, credo di essere arrivata al viottolo che porta al tempio mi accorgo che, dalla parte opposta, ne sta arrivando un’altra, altrettanto numerosa.

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Le decorazioni sulle mani di una pellegrina del Rajanisthan.

Dopo la seconda fila dei pellegrini, arrivata a Chowk, entro in un vicolo e tra una diramazione e l’altra riesco ad arrivare al Panchaganga ghat e a ritrovare i luoghi a me familiari.

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Varanasi, 3 febbraio 2019. Pellegrini lungo i ghat.

Anche i ghat sono affollati dai pellegrini perchè molti gruppi, quando scendono dai pullman, prendono la barca ed entrano di buon mattino al Golden Temple prendendo il viottolo che parte dal vicino ghat.

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Varanasi, 3 febbraio 2019. Pellegrini riposano lungo i ghat.

Ora, a metà mattinata, una gran massa di pellegrini sta ritornando ai barconi che li trasporteranno fino ai pullman, parcheggiati al grande ponte.

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Varanasi, 3 febbraio 2019. In partenza dai ghat.

Camminando verso Sud, passo in mezzo alle enormi cataste di legna del Manikarnika ghat, il grande ghat delle cremazioni. Ora c’è soltanto una pira accesa e intorno alle fiamme ci sono diversi parenti del defunto. Più distanti, alcuni turisti seguono con attenzione la cerimonia, illustrata dalla solita, improvvisata, guida indiana.

Pujia Manikarnika

Varanasi, Manikarnika ghat, 3 febbraio 2019. Celebrazioni per i defunti.

Sopra le gradinate, più famiglie insieme, stanno celebrando i rituali per le ricorrenze e gli anniversari di altri defunti. Intorno al ghat la vita continua con i suoi ritmi, con le bancarelle per i cibi e per il cjai, con il gironzolare di nuovi vitellini affamati e cagnolini denutriti. Sulla riva del fiume c’è una mucca in agonia, distesa su un fianco e coperta con un telo colorato. Superato il Manikarnika ghat, nel sottopassaggio successivo, c’è soltanto un “baba” in posizione yoga.

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Manikarnika ghat, 3 febbraio 2019. Il baba.

Forse è lo stesso di sempre, anche se mi sembra ringiovanito. Può darsi che sia lo stesso, ma lievemente ingrassato, ma potrebbe anche essere un altro, uno più giovane. Magri, con la barba e i capelli lunghi a me sembra si assomiglino un po’ tutti. Anche la location è più animata del solito, con fiori finti, manifesti e statuette di divinità mai visti prima d’ora lì.

sarees a stendere

Pellegrini lungo i ghat dopo il bagno.

Continuo la mia discesa verso il Dashashwamedh ghat. Passo davanti ad un hotel raffinato e noto che si è molto allargato verso il lungo fiume rispetto a tempo fa. Ora, sul davanti, c’è un vasto giardino con tavolini, sedie e grandi fioriere in terracotta. Più avanti, alzo gli occhi per ammirare i colori e l’archittettura dei palazzi che s’innalzano imponenti sui ghat. Davanti ad una porta mi fermo ad ammirare una capretta con un copri mammelle in stoffa legato al corpo.

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La casa della capretta con il copri-mammelle.

Nei pressi del Dashashwamedh ghat cerco la piccola bambina a cui mi ero affezionata, oltre un anno fa, ma non c’è traccia di lei. Chiedo delle informazioni qua e là, ma soltanto un indiano mi ascolta. Mentre questi mi parla viene aggredito verbalmente da due elegantissimi “Black baba” soltanto perchè mi sta rivolgendo la parola. Lui, mi accompagna presso un gruppeto dove c’è una bambina, ma non è quella che cerco. Più giù, poco oltre il Dashashwamedh ghat incrocio un gruppetto di nomadi sedute in cerchi su un terrazzamento.

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Varanasi, 3 febbraio 2019. Nomadi e baba lungo i ghat.

Alcune ragazzine sono già madri e stanno allattando con disinvoltura i loro bambini.

Varanasi, 4 febbraio 2019

Alla Tea-stall mi soffermo ad osservare la gente tutta infreddolita che passa davanti a me che sto seduta su un gradino a bere il cjai del mattino. Molti pellegrini portano un fagotto di tela sulla testa dal quale si intravedono le coperte usate durante la notte. Molte donne stanno strofinandosi i denti con un ramoscello. Alcuni indiani usano soltanto le dita per la pulizia dei denti.

bagagli

Varanasi, 4 febbraio 2019. Partenze.

Sono circa le 10:00 di una mattinata che si presenta già primaverile. Raggiungo il Dashashwamedh gath che, pur essendo lunedì, è già strapieno di pellegrini che stanno facendo il bagno e di altri che si stanno rivestendo.

direzione Gange

Varanasi, 4 febbraio 2019. Pellegrini in cammino verso il Gange.

Un giovane indiano, che mi sembra di riconoscere, mi spiega che il pienone è dovuto alla fine del “Kumbh Mela” ad Allahabad e al suo proseguimento qui, con il bagno nel Gange. Non ho capito esattamente per quanti giorni si protrarrà questo “Kumbh Mela” qui a Varanasi: forse una settimana o forse un po’ meno.

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Varanasi, 4 febbraio 2019. Nei pressi del Dashashwamedh ghat.

Cerco la via d’uscita dalla ressa tra borse che intralciano il passaggio, spintoni che mi arrivano da tutte le parti, venditori che s’infilano per vendere cjai, fiori, collane e taniche da utilizzare per portare a casa l’acqua del Gange. Esco dalla folla dei ghat e mi dirigo verso Godowlia. Sulla porta del gabbiotto dove c’è lo sportello automatico è appeso un cartello con scritto che il denaro è esaurito. Proseguo un pezzo verso Chowk e noto che oggi le staccionate della via per il Vishwanath o Golden Temple sono vuote, ma ne sono state montate altre, nelle direzioni del Gange e sono affollatissime. Sia lungo la via principale sia lungo i ghat i militari, uomini e donne in divisa, controllano attentamente ogni movimento. A volte stanno nascosti in guardiole o dietro degli angoli per passare inosservati, ma molti di loro si muovono tranquilli tra la gente.

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Varanasi, 4 febbraio 2019. Parte della fila dei mendicanti all’ingresso del Dashashwamedh ghat.

Dopo mezzogiorno torno sui ghat. Per me è un piacere stare a guardare tutta questa gente che arriva qui dopo lunghi viaggi per seguire la propria fede. C’è da dire che, almeno in questo campo, i due secoli di colonialismo non hanno inciso per nulla. Sia sulla scalinata che porta al Dashashawamedh ghat, sia lungo la via accanto si sono appostati numerossimi mendicanti ai quali i pellegrini donano riso o legumi prendendoli dai loro sacchetti e appoggiandoli nei piatti che loro porgono.

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Turista indiana distribuisce il cibo ai poveri sulla Main road.

Sulla strada principale è sempre in funzione il grosso pentolone che cucina e distribuisce cibo gratis a tutti. Mi soffermo ad osservare una ragazza indiana, vestita all’occidentale, con le mani curate e decorate, mentre  prende in mano un secchio di cibo e un mestolo e si mette a distribuirlo ai poveri.

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Dashashwamedh ghat, 4 febbraio 2019. Distribuzione del riso ai mendicanti.

Mentre scrivo questi appunti su un quaderno, seduta su una bancarella diroccata e unta del Dashashwamedh ghat, non ancora aperta, si avvicinano dei bambini. Due di loro, un maschietto di 10 anni circa e sua sorella di poco più piccola sono incuriositi dalla mia scrittura e cercano di riconoscere alcune lettere. Sono due bambini poveri, ma con una gran luce negli occhi. Non posso non pensare alla mia curiosità di sempre, mai abbastanza soddisfatta e sempre alla ricerca del perchè accadano le cose. Di certo, come lo è stato e lo è tuttora per me, anche questi bambini saranno salvati da questa curiosità. Mentre sto scrivendo, mi passa davanti una donna che trascina un grosso sacco di tela pieno di contenitori di plastica che sta raccogliendo tra le immondizie buttate qua e là dalla gente. Qui, in India, si vede concretamente la diversità della condizione dei poveri che qualcuno ha suddiviso in “operosi” e “oziosi”. In effetti ci sono tante persone che lavorano dall’alba al tramonto per poche rupje e altri, forse altrettanti, che giacciono distesi, a far nulla tutto il giorno.

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Varanasi, 4 febbraio 2019. Pellegrina distribuisce riso ai poveri nei pressi del Chousati ghat.

Al Chousatti ghat mi siedo a leggere un po’. Quando alzo per un attimo gli occhi, vedo passare l’anziano tedesco che stava nello stesso mio hotel di Puri. Deve andare in Nepal da qui, ma si è accorto di aver dimenticato nella sua stanza di Puri le chiavi delle valige. Qualcuno da là gliele ha spedite, ma stanno tardando ad arrivare. Torno nel pomeriggio sui ghat. Il Dashahwamedh sembra vuoto rispetto a qualche ora prima. Diversi pellegrini con il bagaglio sul capo risalgono la gradinata versando gli ultimi granelli di riso ai mendicanti. Sul Gange c’è qualche barcone carico di gente in partenza, mentre su un altro c’è un corteo nuziale che sta raggiungendo l’altra sponda al suono dei tamburi. Sulla riva molti sacerdoti stanno sonnecchiando mentre altri indiani giacciono distesi, immersi in un sonno profondo.

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Offerta della sera alla Madre Ganga. Nei pressi del Chousati ghat, sera del 4 febbraio 2019.

La sera scende velocissima. Vado verso il Raja ghat e arrivo fino al Kedar ghat, entrambi illuminati con fiammelle e lucette colorate per il “Kumbh Mela”. In una zona buia, di fronte al tempietto di Shiva, un gruppetto di donne con dei lumini su un piatto va verso il Gange, immerge i piedi nell’acqua e recita un mantra. Una di loro deposita alcuni lumini sull’acqua e il gruppetto se ne torna, pregando, rapido al tempio.

 

Varanasi, 5 febbraio 2019

Di notte fa ancora freschetto e dormo con due coperte e sopra appoggio anche i due giacconi che ho portato con me.

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Varanasi, 5 febbraio 2019. Prima mattina lungo i ghat.

A metà mattinata, quando esco dalla stanza, il sole è già alto e la temperatura mite.

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Chousati ghat, 5 febbraio 2019. Partenza dei pellegrini dopo il bagno.

Al Chousati ghat oggi c’è un grosso barcone a due piani; sta lì in attesa che i pellegrini salgano per poi ripartire. Questi pellegrini hanno già fatto il bagno e ora andranno al ghat che sta vicino al Golden Temple e, dopo un’interminabile fila rientreranno, in treno o pullman, ai loro paesi. Sul fiume c’è tutto un via vai di barche, sia a remi che a motore, mentre sugli argini, altri pellegrini si stanno immergendo nel fiume o ne sono appena usciti e si stanno già rivestendo.

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Puja di soli uomini lungo i ghat.

Più giù, poco prima del Kedar ghat, una serie di uomini sta celebrando una puja insieme al sacerdote, mentre le donne, sullo sfondo, si stanno rivestendo dopo il bagno. Anche oggi una giovane si ferma a chiedermi cosa sto scrivendo. Non parla l’inglese e alle dita dei piedi porta i tipici anelli delle donne coniugate.

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Accanto alla Tea-stall, dopo il bagno.

Mi fermo ad osservare due giovani donne del Sud sedute su un gradino: guardo le decorazioni disegnate sia sulle loro mani che sui piedi. Mi dicono che sono arrivate qui per la conclusione del Kumbh Mela che consiste con il tradizionale bagno nel Gange. Un gruppetto di ragazzi mi si avvicina per guardare la scrittura dei miei appunti. Due di loro sono di Kalkuta, hanno 18 e 15 anni e là frequentano la scuola privata del tempio. Con loro c’è lo zio ventenne del ragazzo più grande. Lui, lo zio, lavora l’oro qui a Varanasi e il nipote lo seguirà fra un anno, quando avrà completato gli studi.

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Kedar ghat, dopo il bagno.

Poco più avanti, una famiglia di nomadi con dei bambini in braccio e biberon in mostra per chiedere l’elemosina sta seduta su un ripiano. Non vogliono farsi fotografare perchè non dò loro dei soldi.

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Famiglia di nomadi al Kedar ghat.

Di fronte al Mahanrkani ghat stanno girando un film o qualcosa del genere, con la solita folla di curiosi animata nel seguire l’evento. Finalmente arrivo all’Assi ghat: è molto più ampio di come lo ricordavo.

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Assi ghat, 5 febbraio 2019. Spidocchiamento.

Hanno costruito altri tempietti simili a quello già esistente, con il focolare in mezzo e la possibilità di sedersi intorno. Anche sulla spiaggia ci sono delle nuove panche, una cabina per cambiarsi, ancora tavoli e diverse altre panchine.

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Assi ghat, 5 febbraio 2019. La spiaggia.

Un po’ dappertutto ci sono bancarelle e ombrelloni per ripararsi dal sole. Qua e là c’è qualche sacerdote seduto a distribuire benedizioni. Qui, sulla riva del fiume sono ormeggiati diversi grossi barconi, anche a due piani, oltre alle numerose barche alle quali si accede attraverso un ponticello, anche questo da poco costruito.

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Assi ghat, 5 febbraio 2019. Cerimonia e benedizione dopo il bagno.

Mi guardo intorno per cercare lo yoth del primo ministro, ma non sta ormeggiato qui. Seguo per un po’ il trafficare delle donne nel fare il bagno vestite e nel cambiarsi con molta disinvoltura e riserbo.

bagno uscita

Assi ghat, 5 febbraio 2019. Bagno di donne.

Non portano il reggiseno, ma soltanto un corpetto molto stretto che indossano sotto il sari. Ammiro anche l’attenzione che, sia gli uomini che le donne rivolgono ai loro anziani, accompagnandoli con delicatezza in tutto il percorso del Kumbh Mela.

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Dopo il bagno.

Mentre sto guardando la gente che attraversa il ponticello e va a sistemarsi sulle barche, una numerosa famiglia di Lucknow mi fa cenno di avvicinarmi. Sono molto sorridenti e cordiali ma non riusciamo a comunicare.

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Assi ghat. Bancarelle per le puja.

Gironzolo ancora un po’ per l’Assi ghat tra le mucche che vagano indisturbate, i cani che abbaiano, i sacerdoti che distribuiscono benedizioni o celebrano puje infinite, gente che fa il bagno, si riveste e se ne va. Torno verso la guest house attraverso la strada principale, nella direzione di Godowlia.

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Godowlia, 5 febbraio 2019. Il rientro.

Sul percorso incrocio una piccola moschea, che riconosco. Questa è la parte islamica di Varanasi ed è caratterizzata da donne in “chador” e burqa, coperte da abiti neri dalla testa ai piedi e da uomini con il “chippà”, il tipico cappello musulmano sul capo.

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Godowlia, 5 febbraio 2019. Le staccionate.

Man mano che proseguo, mi addentro sempre più nel caos del traffico e della massa di gente che va da tutte le parti. Ci sono molte vie chiuse con delle grosse corde o dei pali. Ritrovo le staccionate che contengono i pellegrini che vanno nelle due direzioni: quella verso il Gange e quella verso il Vishwanath Temple o nella direzione dell’uscita.

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Molti pellegrini stanno seduti sulla strada, sfiniti dalla stanchezza. Sulla strada, mi fiancheggia uno scooter con su un enorme sacerdote-bramino del Dashashwamedh ghat alla guida.

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Indiano del Rajasthan dentro la staccionata.

Mi offre un passaggio, ma preferisco camminare ancora.

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La staccionata per il Kashi Vishwanath Temple.

Vorrei anche prelevare del denaro allo sportello automatico lì accanto, ma anche oggi troverò appeso il cartello con la scritta: “No cash”.

Varanasi, 6 febbraio 2019

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Varanasi, 6 febbraio 2019. Donna guru di Bangalore al Kumbh Mela.

Oggi ho in mente, per prima cosa, di cercare di risolvere il problema del bancomat e della carta di credito. E’ una bella grana! Gli ATM della banca governativa non hanno soldi e negli uffici non danno liquidi, nemmeno con la carta Visa. Esco da una banca, entro nell’altra, ma non risolvo nulla. Non voglio pensarci per il momento. Vediamo se si risolverà la situazione quando si attenuerà il flusso del Kumbh Mela, fra pochi giorni.

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Il percorso tracciato dalle staccionate sulla Main street.

Torno sulla strada principale e lancio uno sguardo ailla massa di gente, sempre diversa, ma sembre racchiusa dentro le staccionate che da qui portano al Kashi Vishwanath Temple, il famoso Golden Temple, grande meta di pellegrinaggi.

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Percorsi nella direzione del Gange e, dall’altra parte, per il Kashi Vishwanath Temple

A Chowk incrocio due cortei funebri, uno di seguito all’altro, accompagnati, come i matrimoni, dal suono dei tamburi e dai canti. Le portantine con le salme, portate sulle spalle dai parenti maschi del defunto, entrano in un vicoletto e poi scompaiono. Stanno andando senz’altro al vicino ghat delle cremazioni, il Manikarmika.

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Pellegrine del Madya Pradesh.

Entro anch’io in un viottolo e mi dirigo verso destra per raggiungere il Gange. Ma, il caso, questa svolta mi porta nella zona adiacente al Kashi Vishwanath Temple, proprio lì, vicino al famoso tempio.

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Varanasi, 6 febbraio 2019. La spianata delle case intorno al Kashi Vishwanath Temple.

Guardo con orrore lo spettacolo che mi si presenta davanti: le antiche case che stavano nei viottoli intorno al tempio sono state completamente abbattute e al loro posto sono rimasti soltanto fango e detriti.

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Quel che rimane delle antiche case intorno al Kashi Vishwanath Temple.

Si, macerie dappertutto! E scavatrici in funzione, operai che spalano, militari che controllano, nessuno che si lamenti. Sonu, il barcaiolo, mi dirà, più tardi, che i proprietari delle case demolite sono stati retribuiti dal governo con del denaro che, seppur poco, ha messo tutti a tacere.

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La spianata delle antiche case presidiata dai militari.

Cammino tra gli inerti seguendo l’esempio di qualche pellegrino che se ne torna dal fiume dopo aver fatto il bagno. Penso a tutta questa parte di storia della città e dell’India intera, cancellata per un piazzale, magari un parcheggio per auto e pullman. Mi fermo a scattare qualche foto, ma un militare mi dice di allontanarmi.

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Rientri dopo il bagno al Lalita ghat.

Arrivo alla gradinata che porta al Gange. Solo quella, in questa zona, è stata lasciata integra.

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Sono nei pressi del Lalita ghat e già la scalinata è piena di gente in partenza con i bagagli sulla testa.

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Pellegrini di Shimla dopo il bagno nel Gange nei pressi del Dashashwamedh ghat.

Ormai è già passato mezzogiorno e la massa dei pellegrini, per oggi, si è già smaltita. Soltanto gli ultimi rimasti stanno facendo il bagno.

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Il bagno delle donne di Shimla.

Vicino al Dashashwamedh ghat c’è un gruppo di donne di Shima, tutte vestite di rosso e verde, che sta entrando timidamente nel fiume. Lì accanto, un gruppo di uomini vestiti di bianco e con il turbante in testa, mi chiede di unirmi a loro per la foto di gruppo. Sono senz’altro i mariti delle donne di Shimla! Ormai mi è difficile ricordare i luoghi di provenienza delle persone che incontro perchè arrivano da ogni parte dell’India.

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Dashashwamedh ghat, 6 febbraio 2019. Mendicanti curano il riso delle elemosine.

Nel tardo pomeriggio, camminando sui ghat verso Sud, mentre sto guardando incantata la gente che passa in fila con i borsoni sul capo, incontro uno dei due francesi che alloggiano nella mia stessa guest house.

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Mendicanti con il riso delle elemosine al Dashashwamedh ghat.

Non ho ancora capito la relazione che li lega, ma potrebbe essere una coppia gay. Fra qualche giorno andranno a visitare Bodhgaya, ma torneranno per un po’ di tempo qui a Varanasi.

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Primo pomeriggio a Chowk.

Domani andremo insieme all’ATM di Godowlia: forse, con il loro aiuto, riescirò a prelevare. Vediamo che succede!

Varanasi, 7 febbraio 2019

Come oggi, 71 anni fa si sposavano in tutta furia i miei genitori. Mia madre era incinta e 7 mesi dopo nascevo io!

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Rana ghat, 7 febbraio 2019. Donne di Patna alle prese con l’asciugatura dei sarees.

Stamattina sono andata al bancomat della “Kashmiri Bank” insieme ai due francesi e ad un altro loro amico. Sono riuscita a prelevare, ma soltanto con la carta di credito Visa e non con il bancomat! Durante il tragitto per Godowlia, attraverso la città vecchia, ho raccolto qualche informazione sui francesi. Il più anziano ha 74 anni e faceva l’educatore per i minori che gli venivano assegnati dal tribunale. L’altro, quello che sta in camera con lui, ha 64 anni e, come lavoro, organizzava viaggi in Cina e Vietnam. L’ultimo arrivato ha 62 anni e lavora ancora, sempre nell’ambito del turismo, nel Sud-Est asiatico. Viaggiano tutti tre insieme, ma il terzo alloggia in un’altra guest house, qui vicino.

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Rana ghat, 7 febbraio 2019. Sarees ad asciugare dopo il bagno e prima della partenza.

Sui ghat, anche oggi sfilano, in fila indiana, numerosi pellegrini,sempre con grossi bagagli sulla testa. Il primo gruppo che incontro viene da Patna: è composto prevalentemente da donne che, depositati i bagagli sulle pietre, si mettono a stendere i sarees ad asciugare.

Bambino con trattorino.

Rana ghat, 7 febbraio 2019. Bambino con il trattorino, dopo il bagno.

Più in su, oltre la scalinata del Rana ghat ci sono diverse studentesse dei colleges e dell’università. Stanno divertendosi con dei giochi in cerchio dove si alternano nella conquista del posto al centro. Alla Tea-stall vengono a sedersi tre di loro. Hanno 19 anni, frequentano l’università e sono al secondo anno della facoltà di inglese. Sono vestite in modo raffinato e portano divise composte da pantaloni neri e bluse lunghe, bianche. Più distanti ci sono delle altre ragazze, più giovani, sempre con i pantaloni neri, ma con la blusa rosa.

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Lungo i ghat, 7 febbraio 2019. Sadhu che si nasconde il viso.

Al Dashashwamedh ghat incontro il canadese che vive praticamente qui, nella mia guest house, da cinque anni. Ogni sei mese si reca in Nepal per rinnovare il visto, ma ora, al valico di Sonali, gli stanno creando dei problemi. Alla prossima scadenza andrà in una delle due altre frontiere, da lui già individuate. Qui, a Varanasi vive la sua routine quotidiana tra la guest house, il “Baba restaurant” e le passeggiate sui ghat. Legge sempre molto, ma si diletta anche a dipingere.

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Lungo i ghat, 7 febbraio 2019. Pellegrine del Bihar, dopo il bagno.

Poco dopo il Dashashwamedh ghat mi siedo a leggere sulle gradinate. Lì accanto, si è appena sistemato un gruppo del Bihar con tanto di guru al seguito. Sono molto particolari gli zoccoli di questo baba: in legno, con diversi strati di suola che li solleva un bel po’ da terra. Sopra, al posto della tomaia, c’è un giro di copertone rivestito da una fascia di morbida gomma gialla.

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Pellegrine del Bihar.

Alzando lo sguardo, sopra la gradinata, scorgo un anziano black baba che sonnecchia. Mi alzo per scattargli delle foto, ma lui, appena si accorge, scoppia in urla e imprecazioni per chiedere dei soldi. Più sotto, invece, c’è un gruppo di donne di Indore, che si mettono addirittura in posa, desiderose di farsi fotografare.

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Varanasi, nei pressi del Manikarnika ghat, 7 febbraio 2019. Il baba del sottopassaggio.

Sono vicina al Lalita ghat, quell’accesso al fiume dal quale sono arrivata ieri. Oggi, decido di effettuare il percorso inverso, ma deviando un po’ dalla zona demolita.

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Zona spianata, intorno al Kashi Vishwanath Temple.

Seduti su un gradino di un tempio ci sono, come sempre, degli indiani che riposano. Chiedo loro un parere su questi lavori in corso e mi rispondono che si tratta di un progetto del governo. Uno di loro mi riferisce che  la maggior parte delle persone è rimasta soddisfatta dei soldi ricevuti.

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Cucina di un ristorantino di strada a Bramnal Chowk, 7 febbraio 2019.

Mi confida che, lui stesso, si è trovato nella condizione di accettare l’accordo per evitare lo sgretolarsi della sua grande famiglia.

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Demolizioni.

Mi distraggo dalle macerie che vedo sempre sullo sfondo e mi fermo ad ammirare delle coloratissime donne del Rajasthan che stanno andando verso il fiume. Poi, scorgo una cucina con più uomini indaffarati nella preparazione dei cibi da vendere lì, sul vicolo.

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Più avanti, in un negozietti minuscolo, un ragazzo mi dice che i lavori delle demolizioni sono necessari per favorire il traffico verso il Kashi Vishwanath Temple.  Nel quartiere di Bramnal Chowk  ritrovo, per caso, il mio mercatino vegetale, esteso su più livelli. Due militari, uno dei quali con le stellette sulle spalline, mi fermano per chiacchierare, ma a me basta ricevere l’indicazione della stradina per arrivare a Godowlia e taglio corto.

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Godowlia, 7 febbraio 2019. La porta finta per accedere al tempio posta davanti alla spianata.

Ed eccomi sulla Main road sempre affollata di pellegrini ingabbiati dentro le staccionate. Ora, spiccano i pellegrini di Pune, muniti di cappellino bianco, tutti uguali.

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Mi fermo a guardare la finta porta innalzata provvisoriamente, prima della spianata, per indicare l’entrata nella zona del tempio.

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Ora, dopo la demolizione delle case, oltre la spianata, si vede nettamente spiccare la piccola moschea che fa parte del complesso del Kashi Vishwanath Temple.

Varanasi, 8 febbraio 2019

Fa freddo oggi. Esco con maglione e scialle e scendo ai ghat. Dopo la pioggia della notte, le pietre dei viottoli e dei ghat si sono ricoperte di uno strato di fanghiglia viscida e scivolosa. E’ un impasto di acqua piovana, sterco di mucca, feci di cane, urina umana  e immondizie varie.

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Chousat ghat, 8 febbraio 2019. No money, no photo.

Raggiungo la Tea-stall del Rana ghat per il cjai del mattino. Anche oggi trovo, appollaiata sul ripiano, la moglie del “ragazzo” e i loro due gemelli, di circa due anni. La moglie è un donnone enorme, mentre i marito è piccolo, magro e sembra più giovane di lei. I due gemellini assomigliano ai genitori: hanno entrambi una bocca grande e degli enormi occhi sporgenti, come loro.

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Dashashwamedh ghat, 8 febbraio 2019. Donna del Bihar al Kumbh Mela.

Di fronte alla Tea-stall e poco più su anche oggi ci sono le studentesse, ma spiccano soprattutto tre ragazzi vestiti di bleu, con giacca, pantaloni e cravatta. Hanno 17 anni e frequentano l’ultimo anno di un college privato. Nonostante il freddo pungente, i pellegrini si immergono nel fiume, anche oggi, per il bagno purificatore del Kumbh Mela.

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Dashashwamedh ghat, 8 febbraio 2019. Pellegrinaggio dal Bihar.

Le donne fanno soltanto pochi passi dentro l’acqua e tutte vestite mentre gli uomini, più disinvolti, fanno il bagno in mutande o soltanto con i genitali stretti in uno striminzito perizoma. Dopo il bagno segue, come tutti i giorni, ma con persone diverse, il traffico per l’asciugatura dei sarees.

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Dashashwamedh ghat, 8 febbraio 2019. Bambino vestito da divinità.

Al Dashashwamedh ghat c’è un dei tanti bambini che girano con la parrucca nera, il volto dipinto di bianco e truccatissimo, il vestito giallo, tipo pagliaccio. Avrà sei o sette anni e a me pare tanto triste. Lui si accorge, forse, del mio sguardo tenero e mi tende un pentolino chiedendomi dei soldi. Poi, si dirige veloce verso una bancarella di dolciumi chiedendomi di acquistargli qualcosa. Così fa con tutti i turisti, in continuazione!

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Dashashwamedh ghat, 8 febbraio 2019. Bambino con madre di spalle.

Dopo una settimana che giro sui ghat, per la prima volta incontro un ragazzo che tempo fa lavorava come barbiere e massaggiatore proprio qui. Ha le labbra e i denti più rossi di quando l’avevo conosciuto a causa del “paan” che, anche lui, mastica in continuazione.

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Partenze dal Dashashwamedh ghat.

Il paan è una combinazione di foglie di betel con noce di areca, talvolta mescolata al tabacco, che qui tutti masticano per la sua azione stimolante. Il ragazzo mi dice che sua moglie è in cura per un cancro e lui, in questo periodo, trascorre molto tempo in ospedale insieme a lei. Ha poco più di vent’anni e si è sposato sei mesi fa. Torno indietro e vado verso l’Assi ghat che sta dalla parte opposta.

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Dashashwamedh ghat, 8 febbraio 2019. Un momento di riposo.

Oltrepasso l’Harishchandra ghat dove diverse pire stanno bruciando e molta gente se ne sta seduta negli spazi soprastanti. Capre, capretti, cani,  mucche e anatre vagano per il selciato, sotto la scalinata, sempre alla ricerca di cibo. Lì accanto, proprio in fondo alla scalinata, c’è un gruppo di volontari del “Pronto soccorso sanitario” che sta medicando un ragazzo.

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Intervento di Pronto soccorso sanitario all’Harishchandra ghat.

Esco dai ghat all’altezza del Shivala sulla scia di un gruppo di uomini che probabilmente arrivano da una cerimonia funebre. Con un po’ di fortuna imbocco prima un vicolo e poi un altro e riconosco i luoghi a me familiari: la serie di templi, il mercatino, i negozietti, la latteria con le forme di formaggio pressate dalle pietre.

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La latteria.

Nel pomeriggio mi propongo di fare un giro attraverso delle altre stradine cercando di razionalizzare i percorsi anzichè abbandonarmi al caso.

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Godowlia, 8 febbraio 2019. Bambino che vende giocattoli appesi ad un palo.

Arrivo a Godowlia e ritrovo la piazzetta interna con i negozi di tessuti, quelli delle mercerie, il barbiere sull’angolo e il sarto sick. Esco sulla strada principale, cerco di proseguire sulla via di fronte, la “Luxa road”, facendomi largo tra persone, risciò, moto e vespini, ma più m’inoltro e più precipito nel caos dei rientri. Mi fermo a guardare un ragazzino, poco più di un bambino che si è fermato in un angolo con il suo negozietto di giocattoli mobile, appeso ad un palo. Una bambina gli si avvicina per acquistare qualcosa: sono due bambini entrambi, penso! Mi porto con fatica sull’altro lato della strada per tornare indietro.

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Godowlia, 8 febbraio 2019.

Sulla destra, nella rientranza, ritrovo le donne accovacciate del mercatino dei sarees usati e quello del latte con i coperchi dei bidoni contornati dalla paglia. Imbocco la via sulla destra, la “Sonarpura road” che mi sembra lievemente più scorrevole. Rivedo il ristorantino che frequentavo qualche tempo fa e la Tea-stall all’imbocco del viottolo che porta alla mia guest house. E poi, ecco, poco più giù, la K&J Bank dove ieri sono riuscita finalmente a prelevare, arrivando da un altro vicolo.

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Tempietto accanto alla Bramdew guest house.

Torno da qui al Chousati ghat dove trovo i due francesi della mia guest house. Mi siedo un po’ distante per osservarli, ma mi scorgono quasi subito.

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Rientri serali sui ghat.

Stanno aspettando il loro amico per andare in barca sull’altra sponda a raccogliere la sabbia da portare a casa, come souvenir. Si sono accordati proprio con i cugini di Sonu, i suoi grandi nemici barcaioli che stanno accanto. Mi invitano ad andare con loro, ma preferisco stare ad oziare qui, sui ghat.

Varanasi, 9 febbraio 2019

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Dashashwamedh ghat, 9 febbraio 2019. Sadhu di passaggio.

Oggi splende il sole e la temperatura si è alzata di qualche grado. Mentre me ne sto seduta a leggere su una panchina, poco prima del Dashaswamedh ghat, mi si avvicinano due fratelli di Bareilly nell’Uttar Pradesh, a oltre 500 km da Varanasi. Hanno partecipato, per quattro giorni, al Kumbh Mela divisi tra Allahabad e Varanasi. Uno dei due parla poco ed è senza un braccio a causa di un incidente con il moto risciò e non è sposato. L’altro, più loquace, lavora nella pubblica amministrazione, è sposato ed ha due figli. Il piacevole colloquio si conclude con il più loquace che mi chiede dei soldi per mangiare. Lo fa, indicandomi il braccio amputato del fratello. Non posso che rispondere loro di recarsi all’Annapurna Temple, dove distribuiscono il pasto gratuito a tutti i pellegrini.

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Dashashwamedh ghat, 9 febbraio 2019. Passaggi.

Mentre sto parlando con questi indiani passa il sadhu che ha una scuola di yoga al Dashashwamedh ghat. Si gira per lanciarmi un’occhiata terribile e se ne va. Da molto tempo è arrabbiato con me, da quando gli ho detto che, considerata la sua attività, è più un business-man che un sadhu. Difatti, i veri sadhu hanno abbandonato tutti gli agi di una vita comoda, non chiedono nemmeno l’elemosina e vivono con poco, utilizzando le donazioni a loro favore.

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Mammanandir ghat, 9 febbraio 2019. Black baba addormentato.

Qui, in India, e a Varanasi in particolare, si può stare seduti per lungo tempo in un posto e guardare quello che accade intorno, oppure scegliere di spostarsi cambiando più location: succede sempre qualcosa, comunque. Ora, mi sposto più su e vado a sedermi al Meer ghat, su una panchina poco distante da dove ha trovato il suo posto un anziano e aggressivo “Black baba”. Fa impressione pensare che questa categoria di persone si ciba dei residui dei morti, quelli che rimangono dopo le cremazioni.

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Mammanandir ghat, 9 febbraio 2019. Black baba.

Oggi, questo baba, sta dormendo profondamente e riesco così a fotografarlo, senza provocare le sue imprecazioni. Sto proseguendo nella lettura di “Guerra e pace”e dopo la prima parte dedicata a tutte le strategie delle battaglie ora lo trovo più scorrevole e coinvolgente.

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Meer ghat, 9 febbraio 2019. Coppia di musulmani al Kumbh Mela.

Arrivano a sedersi accanto a me due coniugi musulmani: lui di 38 anni, lei 35. Lui è un grossista di tappeti ed ha frequentato la scuola fino alla dodicesima classe. Lei, porta un velo rosso intorno al capo e un vestito lungo nero. Non parla l’inglese, ma mi fa capire che è indisposta e per questo mastica il “paan” che le dà sollievo.

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Meer ghat, 9 febbraio 2019. Donna musulmana.

Hanno entrambi i denti rossi e corrosi dal masticare questa combinazione di foglie di betel con noce di areca. Lui è vestito in modo classico e, mi racconta che, indossa l’abito bianco tradizionale soltanto in qualche occasione. Segue, però, assiduamente la tradizione della preghiera che si svolge 5 volte al giorno: tra le 4 e le 5 di mattina, alle 13.30, alle 16.25, alle 18.25 e alle 20.25.

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Meer ghat, 9 febbraio 2019. La raccolta dei rifiuti.

Lancio uno sguardo verso il fiume. Lì, è approdata una grossa barca piena di grossi involucri di stoffa con le immondizie all’interno. Gli spazzini ne stanno caricando degli altri che trasporteranno oltre il nuovo ponte di ferro, dove le bruceranno. Sui ghat, in particolare, ci sono diversi cestelli in acciaio che gli spazzini lucidano in continuazione, ma la gente non li usa e continua a gettare in terra quello che non gli serve più. E’ un ciclo continuo: di immondizie buttate dappertutto, spazzini che le raccolgono, barche che le trasportano, fuochi che le bruciano e via daccapo, allo stesso modo di sempre.

sui ghat

Lungo i ghat.

Accanto al barcone dei rifiuti, un vecchio baba, in perizoma, sta facendo il bucato con molta cura e lo va a stendere sulla staccionata di un elegante hotel. Poi, torna al tappetino della sua postazione, tra fumi di incenso, lumini accesi e statuette di divinità. Sotto il cavalcavia che sta prima del grande ghat delle cremazioni, saluto il mio dolcissimo baba sempre seduto in posizione yoga. Ora, è impegnato ad attizzare il fuoco e a smuovere la grossa legna del focolare che gli sta davanti.

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Manikarnika ghat, 9 febbraio 2019. Nuovi abitanti.

Proprio a ridosso del Manikarnika è stata piantata una specie di tenda che i giorni scorsi non c’era. Seduti accanto all’ingresso ci sono due sadhu, semivestiti di giallo. Alzo lo sguardo sulle case a più piani che s’affacciano sul ghat delle cremazioni; sono senz’altro abitate vista la numerosa quantità di panni stesi e di piante disposte sui balconi.

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Casette al Manikarnika, accanto al ghat delle cremazioni.

Lì, accanto alle scale che portano alla porta di ingresso ci sono delle grandi cataste di legna. Più avanti ancora legna di diverso tipo, grandi stadere in funzione per pesarla e gente che la trasporta alle pire sulle spalle.

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Pesatura della legna per le cremazioni, al Manikarnika ghat.

Attraversando questo ghat, mi saluta un indiano di mezza età, grassotello, mezzo pelato e senza due incisivi. Mi ricordo benissimo di lui perchè quando passavo di lì mi chiedeva sempre: “Quando muori?” Guardo oltre le pire che stanno ardendo e i numerosi parenti maschi che stanno loro intorno. Anche qui, è appena arrivato un barcone che sta raccogliendo gli involucri con i rifiuti e li porta via.

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Fila all’interno della città vecchia, non ancora demolita, per accedere al Vishwanath Temple. 9 febbraio 2019.

Mi siedo più su, al Scindia ghat, a leggere. Arriva quasi subito un giovane, desideroso di parlare. E’ un ingegnere edile del Gujarat. E’ bramino, e porta tre file di codoni beige a tracolla. Dopo il matrimonio, mi spiega, il marito bramino ne porterà sei di file, aggiungendone altrettante per la moglie. Mi dice, inoltre, che ha incontrato altri italiani sui ghat ed anche parecchi turisti coreani e cinesi. Lui ha viaggiato per 36 ore, in treno, per raggiungere Varanasi e ripartirà questa sera.

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Uscita dal Scindia ghat alla città vecchia di Bramnal.

Esco dal Scindia ghat e trovo per la maggior parte intatta questa parte di città vecchia. Ci sono già passata diverse altre volte, ma raramente sono salita da questo ghat.

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Bramnal Chowk, 9 febbraio 2019. Mercatino vegetale.

Arrivo a Bramnal Chowk, supero il mercatino vegetale e mi fermo a fotografare due donne sedute su una sporgenza in pietra, lungo la via. Forse, quella più giovane è la badante di quella più anziana.

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Donne sedute sulla stradina di Bramnal, 9 febbraio 2019.

Più giù, ritrovo anche la zona devastata del tempio e l’attraverso, sempre rattistata nel vederla.

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La zona demolita.

Esco a Bangali Tola, sulla via principale. Poco prima della fine di quel viottolo saluto la stiratrice e il marito lavandaio, sempre molto cortesi e indaffarati.

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Una delle numerose rivendite di paan, nella città vecchia.

Imbocco la stradina che porta alla mia zona ristoranti e guest house. Oggi, forse perchè è sabato, noto che ci sono molte più botteghe che vendono il paan. O forse, faccio più attenzione perchè sono rimasta colpita dalla donna musulmana che, oltre a masticare continuamente questo miscuglio, teneva una borsa in mano, con diverse riserve di paan impacchettate.

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Dashashwamedh ghat, puja serale, 9 febbraio 2019. Raccolta delle offerte tra gli spettatori.

Di sera faccio un altro giro sui ghat. Al Dashashwamedh si sta concludendo la cerimonia serale e un indiano con un grande vassoio già pieno di soldi sta passando tra gli spettatori a raccogliere le offerte.

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Ragazzina mendicante alla puja serale del Dashashwamedh ghat. 9 febbraio 2019.

Più in là, una ragazzina con un bambino in braccio e un pentolino in mano chiede l’elemosina soltanto ai turisti occidentali.

Varanasi, 10 febbraio 2019

Sono da dieci giorni qui, a Varanasi, e mi sembra di essere immersa in una dimensione senza tempo. Nelle stradine chiamate “gali” della città vecchia di Bangali Tola la mattina fa freddo fino a tardi, mentre il tepore, assorbito dalle pietre, rimane, poi, fino a sera inoltrata. Il barcaiolo del Dashaswamedh ghat mi mostra la statua della dea Saraswati, esposta sul retro del ghat sotto un coloratissimo baldacchino.

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Dashashwamedh ghat, 10 febbraio 2019. Esposizione della statua di Saraswati.

Saraswati è la dea della conoscenza e delle arti, musica e letteratura, poesia e pittura, ma anche della verità, del perdono, delle guarigioni e delle nascite. Il festival dedicato a questa dea, il “Basant Panchami”, ha inizio proprio oggi e in diverse scuole, pur essendo domenica, vengono celebrati i rituali delle puja con gli studenti. La festa del “Basant Panchami” segna, inoltre, la fine della stagione fredda e l’inizio delle temperature estive. Mentre sto salendo la scalinata per andare a vedere la statua della dea, passa il baba della scuola di yoga che mi lancia un’occhiataccia e scappa via. La dea Saraswati sta seduta su un trono con la chitarra indiana tra le mani. E’ sorridente e ai suoi piedi sono state deposte diverse borse con riso, patate, banane, altri vegetali e tanti fiori.

Saraswati

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Cammino un po’ intorno al Dashashwamedh ghat e saluto il giovane sacerdote che ieri stava celebrando una puja per un’occidentale. Tempo fa, mi ha parlato del suo percorso di studi e tutte le volte che passo davanti al suo palco, mi fa cenno di avvicinarmi, ma io fuggo sempre via. Non voglio trovarmi nella condizione di dovergli dare dei soldi. Un giorno l’ho visto rincorrere un occidentale che si era lasciato abbindolare dai suoi mantra e non gli aveva dato poi un’offerta adeguata.

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Sadhu e baba accanto ai pilastri del terrazzamento al Dashashwamedh ghat.

Mi sposto lentamente più su, cercando di scoprire cosa c’è di nuovo. Sotto i piloni che sostengono il terrazzamento più grande del ghat principale ci sono dei giovani sadhu con il fuoco appena spento. Tra loro c’è anche un baba anziano, grande e grosso, tutto dipinto di bianco, con i capelli legati lateralmente e con in mano un arpione. Questo baba lo vedo da tempo girare, sia sui ghat che per le vie e le “gali” di Varanasi. Di solito gira vestito soltanto con un perizoma, ma con la stagione invernale si è notevolmente coperto.

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Mammandir ghat, 10 febbraio 2019. Black baba con la collana di teschi.

Al Mammandir ghat c’è ancora il Black baba addormentato. Probabilmente sta sveglio di notte per eseguire i rituali di magia nera e poi, sonnecchia di giorno. Noto che in questo periodo del Kumbh Mela, tutta la zona che ruota intorno al Dashashwamedh ghat è invasa da gruppi di bambine zingare e mendicanti. Oggi hanno numerosi sacchetti pieni di riso, ricevuto in elemosina dai pellegrini. Andranno senz’altro a venderli a negozi e ristoranti. Mentre alzo lo sguardo verso la scalinata, vedo il Black baba in piedi con una grossa collana di teschietti appesa al collo. Sta ammirando le collane e i bracciali della vicina bancarella. Mi vede e mi chiede di cambiargli 50 rupje, l’equivalente di poco più di 50 centesimi, in euro.

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Mammandir ghat, 10 febbraio 2019. Bambini truccati e vestiti da divinità per chiedere l’elemosina.

Anche il gruppo di bambine lì accanto lo imita chiedendomi la stessa cosa e mostrandomi anche loro una banconota dello stesso valore. Queste bambine, mendicanti, hanno il volto dipinto di bianco o blu, il rossetto sulle labbra e portano una parrucca nera sul capo. Indossano anche dei vestiti da divinità, ma paiono dei clown. Assomigliano, nel modo di addobbarsi, a delle altre bambine che girano sui ghat, anche loro chiedendo l’elemosina. Mi siedo più avanti, al Meer ghat. Mi si avvicinano tre ragazzi: hanno 15, 17 e 18 anni e sono appena usciti dal fiume. Abitano poco sopra al ghat; i due più giovani sono cugini, mentre l’altro è lo zio del ragazzo più piccolo. Frequentano la scuola statale, ma hanno tutti delle ripetenze. Quello di 15 anni ne ha soltanto una, mentre gli altri due ne hanno parecchie. Dico loro che devono impegnarsi di più, ma in questo mi ascoltano soltanto i due ragazzi più giovani che vorrebbero diventare ingegneri. Chissà se l’immaginario di questi due ragazzi è abbastanza solido da poter realizzare il loro sogno! Per lo zio diciottenne non credo ci siano più speranze! E forse anche questi due cugini, mi avranno, forse, soltanto assecondata per cordialità.

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Il baba del sottopassaggio insieme ai suoi seguaci.

Lascio i ragazzi e mi sposto fino alla location del baba che si fa le canne nel sottopassaggio del Manikarnika,. Lo guardo in lontananza e, difatti, lui e i suoi seguaci si stanno passando, anche oggi, la pipa dello spinello. Proprio in quel momento, arriva, dalla scalinata del Lalita ghat, un corteo funebre che se ne va verso il vicino ghat delle cremazioni.

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Il Meer ghat allagato per la pulizia.

Torno un pezzetto indietro, ma trovo allagato il passaggio oltre il Meer ghat. Salgo la scalinata e guardando verso l’alto vedo appollaiato un uomo su un’impalcatura fatta di tre bastoni di bambù tenuti insieme da alcune grosse corde. E’ un imbianchino che sta tinteggiando l’esterno del palazzo a fianco.

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Imbianchino su impalcatura di bambù e corde.

Proseguo per la stradina in alto, parallela al fiume. Quassù, non si vedono turisti e nemmeno pellegrini. Ci sono diversi tempietti, tutti molto curati. In uno, più grande degli altri, c’è un sacerdote vestito di bianco che sta recitando un mantra e dando la benedizione a delle donne.

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Momento di pausa del sacerdote di un tempio e di una pellegrina sopra la gradinata accanto al Meer ghat.

Riprendo la “gali” orizzontale, e arrivo oltre la zona del ghat che stanno lavando. Ad ogni passo ci sono dei templi e degli alberi avvolti in fasce rosse con diverse statue e lumini appoggiati ai loro piedi. Mentre scendo la scalinata per tornare sul lungo fiume, vedo una veranda che sporge sul ghat e all’interno i tavoli affollati di un nuovo ristorante. Ripercorro il Mammandir ghat, dove c’è il Black baba in piedi. Appena mi vede inizia ad imprecare e, tutt’un tratto, si distende nella sua tana, coprendosi il volto con una mano. Pranzo a Bangali Tola, al primo piano di un grazioso ristorante frequentato per lo più da indiani. Eccezionalmente, vedo arrivare un gruppo di ragazzi occidentali: sono della Lituania, mi dicono. Più tardi, giù al ghat, incontrerò un gruppo di ragazzi polacchi.

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Bangali Tola, 10 febbraio 2019. Vista dal primo piano del ristorantino sulla Main street.

Dall’alto del ristorantino, ammiro il caos intenso che regna sulla via principale. Sono le 15.30 e già il calore del sole si sta affievolendo.

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Interno di un ristorantino di Bangali Tola.

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Bambino con piffero, alla Tea stall di Bangali Tola.

Torno al vicino Dashashwamedh ghat: qui c’è qualche semplice corteo nuziale che al massimo si concede un giro in barca fino all’altra sponda.

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Dashashwamedh ghat, 10 febbraio 2019. Corteo nuziale in partenza per l’altra sponda.

Qualcuno porta con sé i suonatori di tamburo e, a volte, si vedono anche galleggiare sull’acqua delle corde con i fiori appesi.

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Dashashwamedh ghat, 10 febbraio 2019. Puja di famiglia per sposi.

E’ quasi sera e, sui palchetti dei sacerdoti come accanto ai numerosi mendicanti della gradinata, abbondano i sacchetti di riso, verdure, monete e banconote, donati loro dai pellegrini.

Varanasi, 11 febbraio 2019

Al Chousati ghat stamattina vedo le zingarelle impegnate ad aiutare una donnona belga a scendere la scalinata.

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Chousati ghat, 11 febbraio 2019. Turista belga distribuisce abitini usati agli zingarelli.

Arrivate in fondo alla discesa, lei, da una borsa di tela, estrae una moltitudine di abitini usati e li distribuisce ai bambini.

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Chousati ghat, 11 febbraio 2019. Turista belga e zingarelli.

Loro li esaminano con uno sguardo rapido e le restituiscono quello che non vogliono. Più su, un gruppo di pellegrini sta osservando delle immagini plasticate del Lingam di Shiva. Sono incantati perchè muovendole assumono anche un’altra posizione. Cammino un po’ e, lancio un urlo, quando mi trovo di fronte ad un incantatore di serpenti con un cobra in mano. Sui ghat ce ne sono moltissimi di questi ragazzi che sanno far danzare i serpenti al suono del loro flauto.

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Dashashwamedh ghat, 11 febbraio 2019. Preghiera sul Gange.

Al Dashashwamedh ghat mi fermo a chiacchierare, più a gesti che a parole, con un gruppo di donne di Delhi. Vicino a loro, seduto su un palco, c’è un giovane, totalmente immerso in una intensa preghiera al Gange. Più in là, seduta sui gradini, c’è una famiglia di Devghar, nell’Jharkhand. E’ composta da due fratelli insegnanti. La scuola dove lavorano, mi raccontano, è rivolta ai bambini dai sei ai dodici anni. Il più giovane insegna matematica e scienze, l’altro, la lingua sanscrita. Insieme a loro ci sono le rispettive mogli e i due figli del fratello più giovane. Sono stati due giorni al Kumbh Mela di Allahabad e due giorni si sono fermati qui a Varanasi. Ripartiranno questa sera e li aspettano dodici ore di viaggio in treno.

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Dashashwamedh ghat, 11 febbraio 2019. Esercizi di ginnastica dopo il bagno.

Qui in India tutti sono desiderosi di comunicare. In genere, gli uomini parlano l’inglese molto più delle donne, le quali, se ne stanno in disparte, sempre sorridenti e cordiali. Nelle famiglie delle classi medie e alte, inoltre, le donne, raramente lavorano fuori casa.

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Arrivi di pellegrini al Meer ghat. 11 febbraio 2019.

Al palchetto accanto alla scalinata è arrivato ora un giovane sacerdote di casta bramina. L’ho già incontrato qualche giorno fa e mi raccontava del ruolo che ricopre nella celebrazione della puja serale al Dashashwamedh ghat. Oggi, mi parla anche del tempio di famiglia, dedicato alla dea Durga, dove lui celebra le puja per le persone che le richiedono, in cambio di offerte di cibo e denaro. Mi dice che la sua famiglia ha un tenore di vita medio e dà poca importanza all’accumulo di denaro. Lui, nutre una grossa fede nelle divinità che lo aiutano a dare senso alla sua vita.

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Attraverso le gali del quartiere islamico, 11 febbraio 2019.

Alla “State bank” di Godowlia c’è anche oggi esposto il cartello con la scritta “No cash”. Più giù, alla “J&K” bank riesco a prelevare con il bancomat, ed è un gran sollievo. Non è successo per caso: giorni fa ho scritto alla mia banca e lì hanno provveduto a modificare il mio profilo.

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Commercio di polli nel quartiere islamico. 11 febbraio 2019.

La “J&K” bank è sulla Sonarpura road e il traffico qui è davvero caotico e insopportabile. Mi infilo in una gali a caso e cerco di andare verso Sud, nella direzione dell’Assi ghat. Attraverso un viottolo tranquillo, abitato completamente da gente islamica. Sui muri ci sono numerose scritte e cartelli con un’infinità di pubblicità di sarees.

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Godowlia, quartiere islamico, 11 febbraio 2019. Allievi delle moschea a ricreazione.

A volte si sentono dei rumori di telai provenire da dietro le finestre sbarrate. Incrocio molte donne, tutte con l’abito nero e velate, uomini vestiti di bianco con il cappello islamico sul capo e la barba tinta con l’henna. In uno stretto vicolo compare una moschea e accanto un uomo che frigge dei dolci nell’olio bollente. Sono cibi da vendere agli allievi della scuola islamica che sta all’interno della moschea. Lì c’è un cancello chiuso, ma i ragazzini riescono a far passare le loro braccia tra le inferriate. Tendono le mani con le rupje per acquistare la merenda che un ragazzo, dall’esterno, porge loro.

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Vicoletti della citta vecchia. 11 febbraio 2019.

Ora , il vicoletto si è allargato e sono sbucata in una zona piena di negozi. “Sarò senz’altro vicina a qualche ghat”, penso fra me e me. Con un po’ di fortuna riesco a schivare uno spruzzo dietro l’altro di sputi di saliva e paan che gli indiani eliminano continuamente dalle loro bocche. Esco da una nuova gali, leggo la scritta “Assi ghat, 1 Km”, attraverso la strada e imbocco un altro viottolo, leggermente più largo del precedente.

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Ingorgo in una gali della città vecchia. 11 febbraio 2019.

Piombo in mezzo a due carretti, uno carico di limoni, l’altro di fagotti di chissà che cosa. Si sono incastrati nelle due direzioni e stanno bloccando il passaggio. Mentre i due conduttori stanno urlando sulle loro ragioni, riesco ad infilarmi in una fessura laterale e a superare i carretti. Prendo altri viottoli che si diramano a destra e a manca. Mi ritrovo sempre all’interno di una o di un’altra gali. Ad un certo punto mi accorgo di essere arrivata in un luogo che riconosco benissimo, per la vasca in pietra che sta su un crocevia di viottoli, ma vicino a Godowlia. Sono nella direzione opposta a quella dell’Assi ghat che pensavo ormai vicino. Dove avrò sbagliato?

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Bangali Tola, 11 febbraio 2019.

Ormai proseguo verso Bangali Tola e, poco prima di uscire sulla Main street, mi fermo ad ammirare due tempietti con esposta in entrambi la statua della dea Saraswati. Arrivata al vicino Dashashwamed ghat, sento arrivare i suoni dei tamburi che accompagnano i cortei nuziali.

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Dashashwamedh ghat, 11 febbraio 2019. Sposi che se ne vanno in motocicletta dopo i rituali sul Gange.

Oggi più che mai, c’è un via, vai continuo di sposalizi che arrivano al Gange e vanno sull’altra sponda. Un ragazzo mi spiega che i giorni 11 e 13 di questo mese sono particolarmente indicati per i matrimoni. Comunque, tutto il periodo che va da febbraio ad aprile, è propizio per celebrare le nozze.

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Meer ghat, 11 febbraio 2019. Barcone di uomini dal Gujarat.

Nel pomeriggio vado al Meer ghat dove c’è un barcone di pellegrini con il turbante bianco in testa. Arrivano dal Gujarat per il Kumbh Mela. Sono tutti uomini e viaggiano senza le loro famiglie.

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Dal Gujarat, 11 febbraio 2019.

Un pellegrinaggio di Jodhpur , invece, composto da diverse famiglie, viaggia insieme ad una guru donna. Una coppia del gruppo e tutti loro sono felici di comunicare e di farsi fotografare.

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Meer ghat, 11 febbraio 2019. Donna guru di Jaiphur.

Di sera, al Chousati ghat incontro un ragazzo che conosco da diverso tempo. Mi ricordo di lui perchè, qualche anno fa, mi aveva parlato di un negozio di abbigliamento che aveva da poco aperto in una gali di Bangali Tola.

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Meer ghat, 11 febbraio 2019. Bambina clown gioca con una turista indiana.

Si chiama Raji e ora lavora per “Avventure nel mondo”. Parla un buon italiano e sta andando in aeroporto a prendere quattro donne di Milano alle quali farà da guida. Gli chiedo se conosce l’altro indiano che lavora per la stessa agenzia e abita dalle parti di Chowk. Mi risponde che quell’indiano ora è poco richiesto da “Avventure nel mondo” in quanto ci sono state delle lamentele su di lui sia per le troppe visite ai negozi che fa fare ai turisti sia per il 40% delle commissioni che si prende.

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Pellegrini di Jaiphur al Meer ghat. 11 febbraio 2019.

Più tardi, mi sentirò chiamare proprio dall’indiano di Chowk, che, stranamente, se ne sta seduto alla Tea-stall della mia zona. Gli racconto qualcosa di quello che mi ha appena riferito l’altro giovane. Gli squilla il telefono proprio in quel momento: lui risponde e non mi rivolgerà più la parola. C’è una competizione terribile, spietata tra tutti qui. Anche tra queste due semplici guide turistiche.

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Bangali Tola, 11 febbraio 2019.

Lascio i ghat con la dea Saraswati ancora lì, al Dashashwamedh, in attesa di veder compiuto il suo destino. Verrà presto trasportata nelle vicinanze della città e gettata in fondo ad un laghetto, dal momento che, qui, ora, non è più possibile immergere le statue nel Gange.

Varanasi, 12 febbraio 2019

Nella camera della guest house fa ancora freddo, sia durante la notte che alla mattina, quando mi alzo. Però, appena arrivo sui ghat che stanno a pochi metri di distanza, sento subito il tepore del sole riscaldarmi il corpo. Arrivo alla Tea-stall lì accanto, mi siedo vicino al braciere e mi scaldo le mani gelate. Ci vorrà ancora una settimana, mi dicono, perché arrivi completamente il caldo. Inizio la camminata quotidiana senza sapere dove andare. M’incuriosisce l’idea del “Golghar market”, detto anche “Mercato delle spezie”, ma devo capire meglio come andare. Secondo quanto mi raccontano, io quella zona, fatta di negozi e bancarelle, l’ho già esplorata senza sapere che avesse quel nome. Sotto il porticato di pilastri del ghat che sta dopo il Dashashwamedh oggi c’è un sadu italiano, di Firenze. Mi dice che sta qui a periodi, alternando la sua vita tra Varanasi e Firenze.

Il baba fiorentino

Il baba di Firenze.

Al Mammanadir ghat la tana del Black baba è vuota, ma ci sono le sue coperte, il mantello grigio, l’arpione con due collane e un secchiello appesi, un fagotto appoggiato sulle pietre.

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Una delle bambine vestite da clown per chiedere l’elemosina. 12 febbraio 2019.

Accanto ad un giovane baba con il corpo ricoperto di cenere ci sono oggi due incantatori di serpenti. Loro sono di un villaggio non molto distante da qui, sempre in Uttar Pradesh. Questo baba ha il fuoco acceso, dice di essere indiano, ma i dati somatici rivelano la sua origine europea. Sta inzuppando d’acqua un riccio che poi ripone sotto le coperte. Intorno a lui ruotano anche due dei bambini mendicanti vestiti da divinità.

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Uno dei bambin- divinità in posa per le foto con i turisti.

I bambini, se ho ben compreso, hanno sette e dieci anni, e sono stati addestrati a chiedere con insistenza dei soldi ai turisti. Uno di loro mi segue per un bel pezzo sui ghat, mettendosi in posa, con le mani alzate, per farsi scattare delle foto a pagamento. Al giovane baba chiedo l’età, ma mi risponde, farneticando e gesticolando, che lui ha gli anni del cielo. Poi, mi mostra il suo lingam con una spilla infilzata nella pelle.

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Donne che cucinano il loro pasto sul ghat.

Più sotto, vicino al fiume, c’è un gruppo di donne con dei bambini. Stanno friggendo dei tondini di farina impastata con l’acqua. Il loro lavoro è molto ben organizzato: una, la più anziana impasta la farina con l’acqua, un’altra appiattisce i dischetti e l’ultima si occupa della frittura. Hanno portato da casa tutta l’attrezzatura, ma abitano poco lontano da Varanasi.

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Partenze continue sui ghat.

Proprio qui, si avvicina un gruppo familiare composto dal padre e da tre figli: due maschi e una femmina. I due ragazzi studiano ingegneria all’università, mentre la ragazza, frequenta la dodicesima classe.

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Donne di Jaipur si dipingono la fronte prima di andare al Vishwanath Temple.

Torno sulle terrazze del tempio che sta lassù in alto. Il baba ora non c’è e la porta del suo tempio è chiusa con catena e lucchetto. Ci sono, però, diverse donne di Jaipur che stanno colorandosi la fronte, prima di andare a visitare il Vishwanath Temple.

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Pellegrinaggio di donne da Jaipur.

Mi porgono le loro mani: alcune sono colorate con l’henna sulle punte delle dita e soltanto a volte compaiono dei tondi disegnati sui palmi. Scendo dal tempio attraverso una scaletta semi nascosta e salgo su una lunga terrazza che scorre fino ad arrivare quasi al fiume. E’ un posto magnifico.

sui ghat

Panorama sui ghat.

Dall’alto guardo lo scorrere della vita: barche che arrivano e partono, pellegrini che fanno il bagno, uomini e donne che vendono souvenir e cibi e pellegrini che li acquistano, capre e montoni che si corteggiano, bufali che gironzolano, uomini addormentati, gente che cammina.

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Panorama.

Dal Gange arriva il suono stridente di una sirena, ma è soltanto una nave mercantile che sta avvertendo le altre imbarcazioni del suo passaggio. Mi metto a leggere “Guerra e pace”. Sono quasi a metà e Tolstoj mi piace.

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Arrivano tre italiani con una guida indiana: due sono ciociari e uno è di Forlì. Quest’ultimo sta in India da due mesi ed ha visitato anche Delhi, Jaipur e Agra. Tutti insieme andranno a Kalkuta dove rimarranno un giorno soltanto. Poi, il ragazzo di Forlì andrà a Bali mentre gli altri due rientreranno in Italia. Poco dopo, un ragazzo francese, invece, sempre sulla terrazza, mi fornisce delle informazioni utili sull’Iran, la mia prossima tappa. Scendo dopo parecchio tempo dalla terrazza e incontro delle donne di Guntur, nell’Andra Pradesh.

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Donna che stende i panni sulla grande terrazza dei ghat.

E’ la città del mio amico architetto fantasma. Queste donne di Guntur, portano degli anelli d’oro sia appesi al naso che alle orecchie e sono cordialissime.

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Pellegrinaggio dall’Andra Pradesh.

Cammino verso il Dashashwamedh ghat ora. Mi arriva all’improvviso una testata sul fianco destro. Perdo quasi l’equilibrio e mi sostiene un gruppo di ragazzi giapponesi. Mi giro e vedo con terrore che un enorme bufalo è appena passato e una numerosa mandria lo sta seguendo. Ho preso un bel spavento e anche una gran botta.

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Donna di Guntur.

Esco nel piazzale di Bangali Tola per andare a pranzo da qualche parte. Seduto tra i mendicanti scorgo il “Black baba” del ghat. Gli chiedo se desidera un cjai, ma mi risponde che lui vuole soltanto soldi.

Black baba

Il Black baba a Bangali Tola.

Il ristorantino di oggi è quello che frequenta abitualmente mio figlio, quando sta qui a Varanasi, ed è sempre affollato di indiani, quasi tutti uomini. Mi siedo in fondo, nell’unico posto vuoto. Alle mie spalle, quasi attaccato c’è il lavandino, dove la gente arriva dopo aver terminato il pranzo per lavarsi la mano con la quale hanno mangiato.

Bambine alla font

Bambine giocano alla fontana di Bangali Tola.

Torno sui ghat: sono circa le tre e mezza e fa già freschetto. Dalla scalinata del Meer ghat arriva un allegro suono di tamburi con una moltitudine di persone che si alternano nelle danze in cerchio. Non vedo gli sposi, difatti, il corteo, arrivato alla fine della scalinata, sempre al suono dei tamburi, se ne torna indietro.

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Ritratto di donna dell’Andra Pradesh.

Mi fermo a parlare con un gruppo di Tirupati composto da due coniugi bramini e da alcune donne, tutte di 62 anni. Due di loro lavoravano in banca e le altre due insegnavano: una in un college e l’altra all’università. Il marito bramino ha 64 anni e non ha continuato l’attività sacerdotale della famiglia. Si è dedicato, invece, alla traduzione di testi di sanscrito nelle altre lingue indiane. Tutti quattro sono in pensione. Qui, in India, l’età della pensione è prevista a 60 anni.

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Donne dell’Andra Pradesh.

Ripasso davanti alla tana del “Black baba” che sta lì ora. Appena mi vede si nasconde il viso per non farsi fotografare e mi chiede soldi. La signora della bancarella accanto mi dice che lui ha ottanta anni e da sessanta vive a Varanasi. Ha già una girl-friend americana, ma è disposto a sposare me se lo pago diverse migliaia di rupje, in contanti. Tutta la gente intorno, la signora della bancarella, il baba e io stessa scoppiamo a ridere divertiti.

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Nuovi baba nei pressi del Dashashwamedh ghat.

Proseguo verso quell’altra parte del Dashashwamedh ghat che forse si chiama Man Mandir ghat, e vedo diverse nuove postazioni di baba. Uno è nudo e cosparso di cenere. Si è messo su un’altura e ha sistemato sopra una specie di baldacchino. Cosa fa per ricevere le offerte? Dà delle scopettate sulla testa a quelli che gli si fermano davanti. La scopa è morbida, come un grande pennello dal manico lungo, e questo baba ha parecchi clienti.

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Baba che distribuisce colpi con la scopa sulla testa.

C’è poi un gruppo di baba accovacciato sotto una tenda e sono nudi anche questi. Mi siedo su una panchina dove un indiano mi spiega che i ghat sono proprietà dello Stato e quindi tutti possono utilizzarli. E’ un appassionato lettore di Alberto Moravia e di Mario Puzo. Mi parla anche di un film tratto da un romanzo scritto da quest’ultimo autore: “The Godfather”. Digito sul cellulare i dati che l’indiano mi ha indicato. Si tratta de “Il padrino”, scopro entusiasta! Ma l’uomo se n’è  andato già via.

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Danzatrici del Kerala.

Mi alzo per andarmene anch’io, ma in quel momento arrivano delle giovani danzatrici del Kerala per un’esibizione sul palco che sta qui davanti. Le madri sono emozionatissime per l’esibizione delle loro figlie. E io mi fermo a guardare i bellissimi abiti di seta e la bravura nel danzare di queste ragazzine.

Varanasi, 13 febbraio 2019

Mattinata dedicata prima di tutto alla ricerca di un cavo nuovo per collegare il mio vecchio computer alla corrente. Già un’altra volta, qui a Varanasi, mi era successa la stessa cosa, probabilmente a causa dell’instabilità della corrente, che viene e va, in continuazione. Con il computer nuovo, che ho portato insieme al vecchio, non riesco a familiarizzare, mi mancano dei programmi da scaricare e non sono in grado di farlo da sola.

dal risciò, Godowlia Chowk

Godowlia, verso Chowk, 13 febbraio 2019. Vista dal risciò.

E così, devo andare fino a Durga Kund, mi dice un indiano elettricista, dove ci sono ben tre negozi che hanno tutto per i computers. A Godowlia contratto i prezzi dei risciò e, a pari costo, scelgo un ometto musulmano con la barba, piccolo e magro, che parla lentamente ed in modo carezzevole. Pedalando davanti a me, seduta sul calessino come una matrona, l’ometto mi porta a Durga Kund e si preoccupa di cercare il negozio che fa per me. Arriviamo nei dintorni dell’Assi ghat, proprio sul punto dove l’altro giorno avevo letto la scritta che indicava 1 km di distanza per raggiungerlo. Poi, da lì, mi ero disorientata, e senza rendermi conto, girando di qua e di là, ero ritornata indietro. L’ometto mi aspetta fuori dal negozio anche se gli avevo detto che sarei tornata a piedi. Veramente, come sempre, non so dove andare: all’Assi ghat? Oppure tornare a Godowlia?

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Zona del Golghar market, 13 febbraio 2019.

Scelgo di farmi portare al mercato di cui mi ha parlato la giovane guida indiana e mi faccio portare là, al “Golghar market” di Ghasi Tola. L’ometto è felice per la congrua somma di rupje che è riuscito a guadagnare, quasi due euro! Torniamo, quindi, indietro verso Godowlia, superiamo l’incrocio, ci inoltriamo sulla strada che porta a Chowk e lo superiamo. A momenti il risciò frena di colpo e io scivolo in avanti rischiando di venir sbalzata sulla strada.

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Vicoli della zona del mercato di Golghar, 13 febbraio 2019.

Passiamo attraverso il caos del traffico, tra gli scooter che strombazzano per farsi strada, i moto-risciò che accellerano, i ciclo-risciò spinti a piedi tra buche e dislivelli. Di là, sulla destra, c’è sempre la stessa staccionata con la lunga fila di pellegrini che attendono di entrare al Vishwanath Temple.

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Zona del Gholkar market.

Arriviamo nella zona del “Golghar market”, una parte di Varanasi che già conosco, ma forse non abbastanza.

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Mercatino tra le gali dalla parti di Chowk.

Di solito arrivo fin qui a piedi, ma oggi sono un po’ stanca: mi sono addormentata molto tardi, ero preoccupata per una mail dell’amministratore di viale Cadore che diceva che avevano venduto all’asta, per errore, il mio garage. Invece, esaminando le planimetrie, io e mio figlio, attraverso skype, ci siamo accorti che si tratta di due autorimesse diverse. Mi addentro nelle gali del “Golghar market”, ma qui non c’è null’altro che negozietti, niente di particolare!

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Zona Gholkar market.

Mentre le altre volte da qui mi spostavo subito verso il Gange, oggi mi soffermo di più sulla parte sinistra della zona. Ad un certo punto, inaspettatamente, vedo intensificarsi le bancarelle di fiori, cordoncini colorati, corone, piattini per le offerte.

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Zona del Gholkar market, 13 febbraio 2019. Il tempio di Shiva.

“C’è il tempio!” mi grida una ragazza indiana, sorridendo e svoltando un angolo. La seguo, e lì, ecco la folla di pellegrini in fila per entrare in un suggestivo antico tempio, dedicato a Shiva.

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Shiva Temple della zona del Gholdar market, interno.

All’interno, al centro, in una specie di tabernacolo c’è un baba che distribuisce benedizioni. Intorno alle pareti, una fila di uomini e una donna con una scopa morbida tra le mani.

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Benedizione dello scopino nel tempio.

“Ah, ecco dove ha preso l’idea il baba del Dashashwamedh ghat che spazzola le teste con la scopa”, penso tra me e me.

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Baba del tempio dedicato a Shiva. 13 febbraio 2019.

Difatti, qui, le persone appollaiate intorno alla parte rialzata del tempio, distribuiscono colpetti di scopa sulla testa dei fedeli. Una spazzolata passa anche sul mio capo, ma scatto qualche foto, ignorando le proibizioni, e scappo via.

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Momenti di benedizioni nel tempio.

Arrivo ad un mercatino vegetale su un viottolo, non è il solito, ma ci sono già passata tempo fa. Sono a Bramnal Chowk, ma quando chiedo informazioni su dove mi trovo ricevo ad ogni passo delle informazioni diverse. Probabilmente ci sono delle minuscole suddivisioni dei territori, capirle e ricordarle mi riesce troppo difficile. A parte il disturbo che arreco alle persone impegnate nella masticazine del paan, che a volte per rispondermi devono sputare il liquido o, al limite, parlarmi con la testa rivolta verso l’alto.

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Lavorazione dei sacchi di juta nei pressi del Gola ghat.

Esco sul Gange al Gola ghat e sono vicinisssima al grande ponte d’acciaio. E’ affascinante guardare da qui lo scorrere allineato di auto e treni. Il ponte è a due piani: sopra passano le auto, sotto il treno. Sul ghat splende un sole splendido e le pietre sono caldissime.

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La bicicletta parcheggiata in un vicoletto vicino al Gola ghat.

Non ci sono turisti quassù! Vedo soltanto dei bambini che gironzolano, uomini che stendono e raccolgono i panni, altri che fanno il bagno o stanno distesi al sole, donne con bambini in braccio, aquiloni che volano nel cielo. Mi si avvicina una ragazza incinta del suo terzo figlio. Mi sorride, mostrandomi la sua età con le dita delle mani. Ha 19 anni.

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Il grande ponte visto dal Gola ghat.

Scendo verso Sud, lentamente. Incrocio qualche famiglia di pellegrini con i bambini rasati a zero. Due di loro stanno facendo una partita a cricket con due bottigle di plastica. Verso il Lal ghat la zona è ancora semi deserta. Incontro soltanto qualche capra impegnata a brucare quel po’ d’erba che spunta, a volte, in qualche angolo nascosto. Al Panchaganga ghat c’è qualche guru seduto nelle sporgenze che danno sul Gange, con i ripari di tela sul tettuccio.

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Postazioni di baba al Panchaganga ghat.

Qui, mi saluta l’elegante e gentile venditore di tessuti che ha la moglie sarta. Arrivo al Jatar ghat e ammiro i suoi palazzi giganteschi e lineari e, sotto, vicino al Gange, il tempio con il tetto a cupola.

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Il tempio con il tetto a cupola.

Poi, attraverso il Mehpa ghat, già immerso nell’ombra dei suoi palazzoni enormi. Ed eccomi alla grande moschea: sul muraglione c’è la scritta: “Peshwa’s Shree Ganesh Mandir” e la data 1807. Lì vicino c’è l’hotel elegante che ha ampliato la sua zona lungo il ghat. Sotto, sul fiume, c’è una moltitudine di barche private raggiungibili attraverso una passerella.

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La passerella per le barche dell’hotel.

Il lungo fiume si anima quando arrivo al Shindia ghat dove s’intravedono numerosi templi e molti indiani che stanno facendo il bagno. Attraverso il Manikarnika con i fumi delle pire che arrivano fino in alto, sul percorso. Lì, sono comparsi dei paraventi arancione che nascondono chissà che cosa e subito dopo la zona delle cremazioni si è innalzata un’altra tenda, rossa, proprio accanto a quella tutta rapezzata. Più giù, mi fermo a guardare un gruppo di nomadi che sta pranzando vicino al fiume.

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Nomadi.

Mentre sto uscendo dal “Baba restaurant” di Bangali Tola incontro il canadese che vive praticamente qui.

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Mi siedo al tavolo con lui a guardare il suo album di disegni. Sono molto belli, sembrano disegnati velocemente, come per fermare l’attimo che lo caratterizza, con tutti i dettagli che lo animano.

Varanasi, 14 febbraio 2019

Vado a Godowlia per stampare i file delle spese di condominio che mi ha inviato mio figlio. Quando si tratta di conti, preferisco leggerli sulla carta stampata. Esamino i fogli, seduta su una lastra di pietra, in mezzo al rumore assordante del traffico. Poi, entro nel Gandhi shop lì accanto. E’ un negozio governativo e vende tessuti di cadhi, quelli lavorati con il metodo che usava il mahatma. E’ quasi mezzogiorno, ma una delle due saracinesche è ancora abbassata e all’interno c’è poca luce. Entro e guardo  i tappetti accatastati in mezzo allo stanzone. Ci sono i soliti due anziani commessi: uno sta chiacchierando con un ragazzo, l’altro, dalla parte opposta, è concentrato su un quaderno di contabilità. Dopo un po’, quello più vicino,  mi chiede cosa cerco e io gli mostro un campione di cadhi. Lui lancia un urlo e chiama quello impegnato nei conti il quale non risponde. Mi sposto da quella parte, ma il commesso non mi guarda nemmeno. Poi, rivolge un’occhiata al campioncino che tengo in mano e prende due balle di stoffa dagli scaffali,  le butta sul banco e se ne torna al suo quaderno. Vorrei vedere degli altri colori, ma mi dice che non c’è altro mentre continua a scrivere sul suo librone. Invece, riesco a scorgere, nella vetrina, oltre ai tessuti marroni e gialli che ho davanti, un’altra balla a righe azzurre e bianche.

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Divinità rivestita per il Khumb Mela.

Da Godowlia m’incammino verso Chowk per cercare un quaderno. Quello dei miei appunti è ormai terminato e ho urgenza di uno nuovo. Chissà perchè, quando sono in giro, mi piace annotare quello che vedo.

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Negozi di Chowk.

Chiedo informazioni a destra e a manca, mi mandano da una parte e poi dall’altra. Un uomo attento, che mi stava tenendo d’occhio, finalmente mi fornisce le indicazioni giuste. Non trovo altro, però, che un quaderno per tenere i conti, con le colonne per trascrivere numeri e dati, ma mi accontento.

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Negoziante.

Gironzolo ancora per quella zona: c’è la parte dedicata ai tessuti e ai sarees, quella degli utensili per la casa, delle stoviglie, dei mobili, delle bevande, dei ristoranti e delle tea-stall. Seguo il corteo funebre che sta passando sulla strada principale e s’infila in una gali. Va senz’altro al Manikarnika per il vicolo più breve, ma è troppo veloce e io mi distraggo facilmente a guardare intorno. Rivedo il mercato vegetale più importante e imbocco un’altro viottolo. Mi ritrovo nella zona demolita, con gli operai al lavoro sui muri diroccati.

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La zona delle demolizioni estesa fino al grande ghat delle cremazioni.

Deduco che, il nuovo piazzale, senza più le vecchie case, arriverà fino al Manikarnika ghat.

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Donna dell’Uttar Pradesh in pellegrinaggio.

Attraverso il ghat delle cremazioni, sempre in funzione e ovunque affollato; passo davanti al baba del sottopassaggio che sta cantando con un fil di voce. Mi siedo più giù a leggere un po’, ma arrivano immediatamente due studenti. Uno dei due è di casta bramina, ha 19 anni e studia commercio all’università. L’altro rimane in disparte, con l’aria insofferente, ad aspettare l’amico.

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Donna del gruppo con il cartellino di Modi.

Più giù, mi fermo a parlare con un gruppo di pellegrini dell’Uttar Pradesh. Portano tutti il cartellino con il nome del primo ministro Modi che mi mostrano orgogliosi.

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Barca con pellegrini vestiti di bianco.

Esco a Bangali Tola e noto che tutte le divinità dei tempietti sono vestite a festa. E’ per il Khumb Mela, mi dice qualcuno! Lì, tra i mendicanti c’è il mio Black baba, ma se ne sta andando via. Di fronte, dove distribuiscono il cibo a tutti, pellegrini e mendicanti, ora, un uomo sta pulendo la grossa pentola. Noto che è nuova ed è fornita di un mestolo a motore. Più giù, incrocio una delle tante coppie di sposi. Questa,  sta attendendo i parenti che stanno arrivando dalla scalinata del Dashashwamedh ghat.

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Bangali Tola, 14 febbraio 2019. Sposa.

Di sera, ceno al Chousati ghat con 4 melanzane fritte, due banane, un sacchetto di arachidi. In lontananza, sul Raja ghat, sono comparse due nuove tende. Da una esce del fumo da entrambe le aperture. Vado a vedere di che si tratta e scopro che c’è un baba che sta cucinando sul fuoco di sterco.

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Varanasi, Rana ghat, 14 febbraio 2019. Fumo dalla tenda dei baba.

Lì, incontro il barcaiolo del Dashashwamedh ghat che mi fornisce sempre delle interessanti informazioni. Questa sera mi parla dell’eccezionale numero di baba arrivati da Allahabad per il Khumb Mela. “E ne arriveranno ancora, domani e nei prossimi giorni”! mi dice sorridendo, mostrandomi i suoi denti rossi, corrosi dal paan.

Varanasi, 15 febbraio 2019

Stamattina presto è piovuto abbondantemente, ma sui ghat ci sono ugualmente dei pellegrini e nuove tende di sadhu. Nell’aria si respira un odore di fumo che proviene dai numerosi fuochi accesi accanto alle tende e non solo. A tratti, però, l’odore dell’ urina, fatta scorrere dalla pioggia, si fa sentire, più forte degli altri.

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Varanasi, 15 febbraio 2019. Dopo la pioggia, lungo i ghat.

Ha smesso, da poco, anche la pioggerellina, ma fa freddino, il cielo è nuvoloso ed è calata una sottile nebbia. Sotto la sporgenza, rimasta asciutta, di un palazzo del Chousati ghat ci sono tre baba che oziano infreddoliti, seduti sulle pietre e avvolti nelle coperte. Il ritmo sui ghat, dopo la pioggia pare più lento del solito. Sadhu panciuti e altri magrissimi, vecchi e giovani, a volte vestiti soltanto di vistose collane vanno su e giù per i ghat scalzi o in ciabatte, oppure se ne stanno rintanati accanto al fuoco delle loro tende.

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Accampamenti di sadhu lungo i ghat.

Verso Sud, dopo il Kedar ghat, si apre una distesa di accampamenti, con ripari di tutte le dimensioni e di svariati colori. All’Harishchandra ghat noto per la prima volta delle gabbie di ferro che servono per contenere le pire. Accanto a quella che sta bruciando, vicino al passaggio, ci sono delle caprette che brucano della paglia: una ha una maglia addosso e un’altra è vistosamente gravida.

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Harishchandra ghat, 15 febbraio2019. Caprette accanto ad una pira che brucia.

Mentre me ne sto seduta su una gradinata, poco più giù, mi si avvicina un ragazzo che lavora al ghat delle cremazioni. Mi dice che la sua è un’attività antica che la sua famiglia svolge da sette generazioni. Mi parla poi dei numerosissimi sadhu arrivati a Varanasi. “Non sono quelli i veri sadhu” mi racconta “quelli veri stanno negli ashram e si vedono raramente sui ghat. Le ricche famiglie da cui provengono e altre persone benestanti, fanno delle continue donazioni, che servono al loro mantenimento. Naturalmente, il ragazzo chiede anche a me di fare una donazione, senza dirmi il motivo.

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Sadhu lungo i ghat.

Guardo i diversi tipi di baba arrivati qui a Varanasi per il Khumb Mela: ci sono quelli vestiti di giallo, quelli cosparsi di cenere, quelli che girano nudi, quelli con soltanto il perizoma, quelli con dei gingilli appesi al lingam , quelli con i capelli infeltriti e quelli con una specie di chignon da un lato della testa. Alcuni diventano aggressivi e ostili se non dai loro dei soldi e altri, invece, che continuano a chiedere e richiedere, educatamente, la carità.

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Interno di una tenda con sadhu.

Sono quasi le due del pomeriggio e, forse, sta spuntando il sole e la nebbia si sta alzando. Ora si può vedere un po’ l’altra sponda del fiume. Di là, di fronte al Kedar ghat, ci sono non più di quattro-cinque tende, mentre più su, ce n’è qualcuna in più. Qui, sulla sponda Ovest del fiume, al Chet Sing ghat, gli accampamenti finiscono.

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Accampamento di sadhu nei pressi dell’Harishchandra ghat.

Osservo la cura che i sadhu dedicano al loro habitat: lasciano le calzature fuori dalla tenda, mettono i tappeti in terra e appendono le immagini dei guru o degli dei a cui fanno riferimento, costruiscono il focolare sul davanti o all’interno e puliscono continuamente tutto intorno.

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Qualche donna sadhu lungo i ghat.

Raramente si vedono delle donne tra i sadhu, ma ce n’è qualcuna. Esco dal lungo fiume prima del Kedar ghat e imbocco, ormai sicura, la gali giusta. Incrocio un numeroso gruppo di pellegrini del Rajasthan che sta tornando dal Gange che si ferma a salutarmi.

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Gruppo di pellegrini del Rajasthan nella città vecchia.

Più tardi, torno sul Gange attraverso la città vecchia di Bangali Tola, ma quando scendo al Dashashwamedh ghat inizia a piovere e, tutta inzuppata rientro veloce in guest-house. Dopo un po’ torno su ghat, e dal vicinissimo Chousati passeggio lentamente guardandomi intorno, supero il Dashashwamedh e vado un po’ più su. Guardo un barbiere che, senza clienti, si guarda allo specchio e approfitta  per sistemarsi i baffi.

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Barbiere sui ghat.

Rivedo il mio amico baba che suona il tamburello su un sopralzo. E’ arrivato oggi chissà mai da dove. Lui mi riconosce e mi saluta con un largo sorriso, ma sta ricominciando a piovere e corro a ripararmi sotto la passerella che porta al serbatoio dell’acquedotto.

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Puja serale sotto la pioggia al Dashashwamedh ghat.

La pioggia s’intensifica, ma gli spettacoli delle puja e gli show dei baba continuano. E il pubblico rimane lì, sotto la pioggia, a guardare.

Varanasi, 16 febbraio 2019

C’è uno strano silenzio questa mattina. Dalla finestra della mia stanza guardo verso il Gange: è completamente avvolto dalla nebbia. Non si sentono nè i soliti ronzii delle barche nè le allegre voci dei pellegrini che trasportano. Pian piano, man mano che le ore trascorrono, la nebbia si alza e compare un raggio di sole.

porticato babi

Sotto i pilastri del Dashashwamedh ghat. 16 febbraio 2019.

Alla Tea-stall del Rana ghat fa già caldo quando scendo. Dal gradino, coperto da una striscia di stoffa malandata, dove sto seduta, guardo i turisti che mi passano davanti con i loro grandissimi teleobbiettivi appesi al collo. Io, scatto le foto soltanto con il cellulare che non funziona quando c’è troppa luce o quando ce n’è poca.

baba sui ghat

Oggi cammino nella direzione Nord dei ghat. Sono le 10:00 e il baba con lo scopetto è già all’opera, mentre l’anziano Black baba del Manmandir ghat sta ancora dormendo, disteso sulle pietre. A momenti mi fermo ad osservare quello che sta avvenendo intorno. Ad un tratto due donne e un uomo del Panjab si fermano per parlarmi.

donne Pang

Donne del Panjab al Khumb Mela.

Una di loro, in particolare, mi spiega delle cose, ma io non capisco e ripeto meccanicamente quello che lei mi dice. E se ne vanno via contenti!

La giornata è diventata splendida: guardando in giro, in alto, verso il fiume e in tutte le direzioni si vedono panni stesi dappertutto: sulle staccionate, sulle ringhiere, sui pali delle barche. E’ sabato e per il week-end sono previsti numerosi arrivi per il Khumb Mela. Fotografi, venditori di collane, di immagini sacre, fischietti, girandole, cinture e cibi paiono raddoppiati rispetto ai giorni scorsi. Uno dei bambini-dvinità è già sui ghat, ma è distratto dal suo ruolo di mendicante e sta giocherellando con una ragazza che vende collane. Sopra la gradinata di un palazzetto, su un terrazzino stanno facendo esercizi  ginnici: vado a vedere. Già sul terrazzino coperto di foglie mi urlano di togliermi le scarpe. Lì, effettivamente c’è uno stanzino buio denominato “Club dei ginnasti” o qualcosa di simile.

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Il club dei ginnasti sopra il Dashashwamedh ghat.

Guardo giù verso il Gange: è più pieno che mai di barche a remi e a motore cariche di pellegrini che vanno e vengono. Sembra strano, ma sugli stessi percorsi, ogni volta, vedo delle cose nuove.

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Manmadir ghat, 16 febbraio 2019. Il bambino-divinità.

Al Manikarnika, il ghat delle cremazioni, scopro un edificio con numerosi, altissimi, camini d’acciaio: è il forno crematorio coperto. Salgo la gradinata di quell’edificio e mi affaccio allo stanzone: qui ci sono due file di gabbie di ferro, vuote, ognuna collegata direttamente al camino. Una pira soltanto sta ardendo.

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Varanasi, 16 febbraio 2019. Il forno crematorio del Manikarnika ghat.

Più sotto, vicino al passaggio, mi accorgo che ci sono delle altre gabbie, uguali a quelle che ho visto ieri nell’altro ghat delle cremazioni, ma paiono non in uso. Invece, laggiù, vicino al fiume ci sono delle pire a catasta che stanno bruciando. Qui, in questo ghat, c’è sempre un via vai di barche che trasportano legname, di uomini che lo caricano sulle spalle e lo portano dove stanno le bilance.

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Manikarnika ghat, 16 febbraio 2019. Mungitura.

Ci sono le solite capre e i cani che girano liberi mentre le mucche e i vitelli stanno legati con una corda ai ganci dei muri. Mi giro a guardare una mucca e vedo un uomo, accovacciato accanto a lei, con un secchio tra le ginocchia, che la sta mungendo. Tutto intorno, si vede gente diversa: sono i parenti maschi dei defunti da cremare. Ci sono anche delle persone fisse che girano qui, attente a catturare i turisti e a trascinarli in varie tipologie di business.

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Puja al Manikarnika ghat.

Sotto il colonnato del tempietto laggiù stanno celebrando una puja con i parenti uomini del defunto che, nel frattempo, hanno lasciato all’esterno.

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Manikarnika ghat, 16 febbraio 2019. La celebrazione della puja con la salma depositata all’esterno.

Lungo il passaggio, seduto su un’altura, un vecchio baba, mezzo nudo, sta prendendo delle piccole cose da un pentolino di ottone per mostrarle alla gente che passa, chiedendo l’elemosina.

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Il baba del Manikarnika ghat.

Saluto tutti i baba che incrocio: in particolare quelli anziani. Mi piace quello del sottopassaggio perchè se ne sta sempre lì, tranquillo e anche il Black baba del Manmandir ghat perchè è sempre arrabbiato. Mi è simpatico anche il sadhu della scuola di yoga che mi odia da quando ho messo in dubbio le sue contraddizioni.

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Passerella al Manmandir ghat.

Al tranquillo Ganga Mahal ghat mi siedo all’ombra a leggere un po’. Quando torno indietro, il vecchio baba è ancora lì, ma il piattino con i soldi delle elemosine ora è vuoto. Uscendo dal Manikarnika, alcuni indiani mi urlano di fare attenzione e di spostarmi verso il Gange. “Cosa avrò mai combinato?”, penso tra me e me. Alzo gli occhi e vedo degi operai che stanno demolendo il palazzo a fianco e lasciano cadere i pezzi di mattoni sul ghat, proprio sul passaggio. “Qui verrà costruito un grande piazzale” mi dice un indiano che sta ad una delle numerose Tea-stall del ghat. Sentire queste conferme e vedere in atto queste demolizioni provocano in me una gran dolore, ma anche qui, probabilmente sta avvenendo lo scempio che è stato fatto da noi negli anni ’50 e ’60.

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Passerella al Dashashwamedh ghat.

Oggi scopro un’altra novità sui ghat. Dal fiume in secca sono emerse delle passerelle di plastica che vengono utilizzate per collegare le barche ai ghat Manmandir e Dashashwamedh. Veramente io non me n’ero accorta che ci fossero e pensavo le avessero appena posate. Percorro i due ponticelli prefabbricati, a doppia corsia, in lungo e in largo e ammiro il panorama sui palazzi più lontani e quello verso l’altra sponda, più vicina. Mi stupisce il fatto di essermi accorta soltanto ora dell’esistenza di questi ponticelli!

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 Donna sadhu.

Pranzo con Alina, l’ex ragazza di mio figlio e il suo nuovo boy-friend. Sono entrambi del Kazakistan. Scegliamo un ristorantino di Godowlia dove andavamo spesso proprio con Simone, mio figlio. E’ piacevole stare con loro perchè amano la cultura e sono molto educati. Con le persone che usano l’inglese come seconda lingua mi è più facile comunicare che con quelli di lingua madre, ma me la cavo.

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Vedova al Khumb Mela insieme ad un pellegrinaggio di Delhi.

Nel pomeriggio torno sui ghat, ma si è alzato un po’ di vento e la temperatura è scesa in un attimo. E sono solo le 16 e 30!

Varanasi, 17 febbraio 2019

baba canna

Dalla guest house vado a Godowlia percorrendo soltando le gali. Devo prelevare dei soldi al bancomat per cambiarli in dollari con Alina. Ho una scorta di euro per l’Iran, ma nel dubbio che possano accettare soltanto dollari, preferisco avere una riserva anche di quelli. Ho saputo da poco che, in Iran, non accettano le nostre carte né di credito né di debito, ed è un bel problema! Lungo la gali incrocio una capra vestita con un pullover beige, senza maniche, che sta riposando distesa su una pietra. Più avanti, incontro una donna musulmana con un bambino per mano: indossa il burqa, l’abito nero che copre il corpo dalla testa ai piedi, lasciando liberi soltanto gli occhi. Se ne vedono parecchie di donne vestite così, a Varanasi.

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Godowlia, 17 febbraio 2017. Pellegrini, sempre in fila, per il Vishwanath Temple.

Dal viottolo, sbuco proprio davanti alla banca del J&K e, dopo il prelievo, mi fermo a guardare un gruppo di pellegrini del Rajasthan, seduti a far colazione su una panca.

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Accampamenti e pellegrini all’Harishchandra ghat. 17 febbraio 2019.

Proseguo sulla Sonarpura road fino a quando vedo indicato l’Harishchandra ghat e mi addentro sul lungo fiume.

fila tende riga

Le tende dei sadhu sono concentrate maggiormente intorno a questo ghat delle cremazioni. I nuovi arrivi sono moltissimi e i ripari continuano ad aumentare.

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Momento del cjai in una tenda di sadhu, nei pressi dell’Harishchandra ghat. 17 febbraio 2019.

Ogni tenda ha davanti il focolare costituito da un contorno in cemento, con i bordi rialzati per trattenere la legna e la cenere. I fuochi sono quasi tutti accesi e di fronte al focolare, all’interno delle tende, stanno seduti alcuni sadhu, quasi sempre nudi e ricoperti di cenere.

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Esterno di una tenda, con bicicletta, nei pressi dell’Harishchandra ghat.

Tra i sadhu ci sono parecchi giovani, anche stranieri che insieme ai numerosi anziani costituiscono un notevole numero di persone che stanno vivendo una dimensione alternativa. Dirigo lo sguardo verso l’alto e anche in questo ghat oggi noto, per la prima volta, due enormi camini d’acciaio che s’innalzano rigogliosi, sul tetto dell’edificio delle cremazioni.

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Il crematorio dell’Harishchandra ghat.

Proprio qui, incontro il mio amico canadese impegnato a disegnare un movimentato angolo dell’Harishchandra ghat. Più giù, finalmente vedo delle altre donne sadhu, vestite con dei teli arancione avvolti intorno al corpo.

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Donna sadhu al Khumb Mela.

Sono anziane e molto raffinate nel modo di relazionarsi. Più avanti, in una tenda, ne incontro altre due, una delle quali molto esigente sulla richiesta di denaro per lasciarsi fotografare. E’ particolare: ha il volto molto colorato, porta diverse collane ed ha i capelli o la parrucca raccolti in una specie di grande turbante. E’ molto spontanea ed anche simpatica.

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Donna sadhu che vuole dei soldi per farsi fotografare.

Pranzo anche oggi con Alina e il suo ragazzo e scegliamo di andare a Godowlia, in un altro ristorante che conosciamo da tempo. In quella zona c’è sempre un grande caos e, come tutti i giorni le file per visitare il Vishwanath Temple sono infinite. Per il cjai torniamo a Bangali Tola e poi accompagno i due ragazzi a visitare la zona delle demolizioni.

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Giovane donna che allatta nella zona della spianata.

Attraverso un contorto giro di gali, dopo lo spianamento, ci ritroviamo all’altezza di Chowk. Torniamo a Godowlia percorrendo la Main street e a Bangali Tola ci separiamo.

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Torno sui ghat a guardare le barche dei pellegrini, i gruppi seduti qua e là, le capre, i cani e le mucche che gironzolano e, su nel cielo, gli stormi degli uccelli e gli aquiloni che volano indisturbati. Sento delle urla rivolte verso di me. Mi stanno avvertendo che è in arrivo un enorme bufalo nella mia direzione e riesco a scansarlo appena in tempo.

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Pellegrini del Madhia Pradesh.

Sono ferma all’inizio della scalinata che porta alla lunga terrazza del Tripura Bharn ghat e vorrei tornare lassù a sedermi un po’.

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Il guru della Malesya al Khumb Mela.

Ma proprio qui vedo risalire dal Gange un corteo al seguito di un guru giovane, grande e grosso, con una folta barba nera, vestito di rosa e rosso, con un cappellino in testa, addobbato di collane e bracciali. Lo seguono diversi uomini vestiti in modo accurato, con il “Kurta”, il bianco pigiama tradizionale indiano. “Veniamo dalla Malaysia, “mi dice uno del gruppo, “per il “Khumb Mela”. Lo stesso uomo, ordina al guru di fermarsi e lasciarsi fotografare. Lui si mette in posa, sorride, si gira in tutte le drezioni come fosse un divo. Poi, la stessa persona, si rivolge ad una donna del gruppo per dirle di lasciarmi il biglietto da visita del guru. Lei, apre una borsetta elegante di pelle nera e me lo porge. Su c’è la foto del guru con sotto un grande simbolo che ricorda il Lingam di Shiva con il nome del gruppo scritto intorno e, di seguito, tutti i riferimenti per contattarlo.

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Donna del Madya Pradesh.

Non salgo più sulla terrazza sul Gange perchè me ne dimentico.

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Guru al Dashashwamedh ghat.

Mi fermo a parlare con dei pellegrini del Madhia Pradesh e poi, con altri del Rajashan e con altri ancora dell’Andra Pradesh.

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Dal Madhia Pradesh.

Da qualsiasi parte dell’India arrivino, dal Nord al Sud, dall’Est all’Ovest, sono sempre tutti fieri di spiegarmi in quale Stato si trova il loro paese o la loro città.

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Benedizioni della sera nei pressi del Dashashwamedh ghat.

 

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